domenica 13 luglio 2025

Un segno equivoco nella storia

Es 1,8-14.22 e Mt 10,34-11,1

Nel tempo in cui i figli di Giacobbe si trasferirono in Egitto, crebbero e divennero un popolo, possiamo affermare che ora Israele non è più solo Giacobbe ma, d'identità dello stesso popolo, che da ora inizia l'epopea della conquista della Terra. Tutto inizia con un faraone che non ha conosciuto Giuseppe e con un Dio che si affaccia a vedere il suo popolo che subisce l'avversione degli Egiziano, una ostilità che si esprime contro la vita dei figli maschi di Israele. Ciò che emerge ci deve essere di guida anche oggi, tempo nel quale occorre custodire e difendere soprattutto l'amore per le persone, specialmente le più indifese e deboli, adesso a prescindere.

Chiesa Samaritana e Locanda

Dt 30,10-14   Sal 18   Col 1,15-20   Lc 10,25-37

Ci sono due situazioni che le parole di Gesù della Parabola risuonano immediatamente nella Chiesa: Samaritana, e Locanda ospitale. Ai tempi di Gesú essere samaritani era una disgrazia, una condizione deprecabile ... oscena, ma per Gesù diventa condizione prediletta e condizione scelta da Dio per coinvolgersi nella storia del popolo di israele, una condizione che diviene prioritaria per configurare la Chiesa.
Una Chiesa Samaritana che cosa significa?
In realtà si tratta semplicemente di essere discepoli di Gesú... alla scuola del maestro!
Con altre parole: Insegnaci, Signore, la prossimità che risolleva e fa vivere,
che sceglie di farsi carico e non vuole mantenere distanze.
Come il Samaritano, possa il nostro sì a te diventare un sì a favore della prossimità, della cura, della fraternità.
Non è Samaritana se non si comprende che per Gesù non è possibile umanamente essere suoi discepoli a prescindere dalla prossimità ...
Una Chiesa Locanda accogliente che cosa significa?
Essere una Chiesa spazio accogliente e di ospitalità, dove sperimentare concretamente l'esito della missione e la fratellanza nella fraternità, che per il Signore non è impresa impossibile. Quello che Dio chiede non è oltre noi stessi, non è oltre le nostre possibilità.
Chiesa locanda non vuol dire che è un albergo ma che è il luogo dove Gesú  buon Samaritano porta e fa curare il malcapitato finito nelle mani dei briganti; la locanda è l’immagine di quella Chiesa che accoglie e si prende cura dei malcapitati della storia e del tempo, è l’immagine di una Chiesa dell’ospitalità che vede nel debole e nel malato la carne di quel Cristo che tanto predica e prega.
Essere locanda significa aprirsi alla missionarietà ovunque.
Erio Castellucci, commentando la pagina dei discepoli di Emmaus ed evidenziando la straordinaria attualità di essa nell’oggi della Chiesa, scrive: “I due discepoli aggiungono un posto a tavola. Non hanno paura di allargare lo spazio della loro casa, non si barricano dietro alla loro porta. Hanno intuito, sentendo parlare Gesù, che quello straniero può solo arricchire la loro vita. Hanno capito, senza forse averlo sentito direttamente da Gesù, quello che aveva detto alla fine del Vangelo di Matteo: “ero straniero e mi avete accolto”.
L’esperienza dell’essere accolti e dell’accogliere è uno degli elementi fondamentali della Chiesa.
Oggi le nostre comunità dovrebbero semplicemente crescere ancor di più in questo senso e in questo stile.



sabato 12 luglio 2025

Non tutte le terre sono la "promessa"

Gen 49,29-33; 50,15-26 e Mt 10,24-33

Giacobbe muore e lascia detto che vuole essere seppellito a Macpela, la caverna sepolcrale di famiglia. La narrazione è densa e serve per annubciare che non resteranno sempre in Egitto, ma che torneranno nella terra promessa. Il messaggio, ancora una volta è di fede. Credere nel disegno che Dio ha immaginato per ognuno di noi e per la comunità. Mai, come in questa fase storica, l’uomo si sente al centro della propria vita. Autonmia difficilmente derogabile. Questo stare insieme è l’Ecclesia, è il vivere insieme, il confrontarsi, il decidere. In quanto “uomo contemporaneo" è difficile affidarsi ad un disegno divino; non so se ho la forza di arrendersi alla reale volontà di vivere con un altro.

venerdì 11 luglio 2025

San Benedetto

Pr 2,1-9 e Mt 19,27-29

Che cosa rappresenta per noi la Parola di Dio?
Occorre prestare attenzione alla parola di Dio, perché è parola di saggezza, che può renderci saggi per la salvezza. Occorre che siamo convinti che le parole di Dio sono la fonte della saggezza e della comprensione, e che non abbiamo bisogno di desiderare di essere più saggi di quanto la Parola ci renderà. Dobbiamo tendere allz Parola il nostro orecchio e applicare le Parole al nostro cuore. Dobbiamo, di conseguenza, ricevere la parola di Dio e accoglierla, senza presunzione e pregiudizio, mormorii o contestazioni. Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta!


giovedì 10 luglio 2025

Riconciliarsi

Gen 44,18-21.23-29; 45,1-5 e Mt 10,7-15

Un brano narrativo: Giuseppe ha sofferto a causa dei suoi fratelli, ora  li mette alla prova, non si rivela immediatamente, prova a capire se i fratelli lo riconoscono. Cerca di comprendere se esiste ancora un legame di indissolubile appartenenza, se esssere fratelli va oltre le conseguenze del loro agire, vuole scoprire se l’hanno dimenticato. Ma è la riconciliazione che fa il suo cammino di evidenza. Alla fine  non importa cosa si è provato, non importa l’abbandono, il dolore, le sofferenze; ci sarà sempre un momento in cui sarà importante riconciliarsi con l’altro e con sé stesso. Fare pace con sé stessi è il primo passo per amarsi ed amare.

mercoledì 9 luglio 2025

Una storia umana continuamente ferita

Gen 41,55-57; 42,4-7.17-24 e Mt 10,1-7

Il brano narra della vicenda di Giuseppe durante la carestia. È il racconto di un dolore e della necessità della sua redenzione: quasi il desiderio di “restituire” il medesimo dolore a chi gliel’aveva causato. Giuseppe è addolorato e, non potendo dare una ragione al proprio dolore vuole capire quanto tutto ciò abbia inciso anche sulla vita dei fratelli che lo abbandonarono al suo destino.
Ma comprendere il dolore, è possibile fuori da un’otti

martedì 8 luglio 2025

Da Giacobbe a Israele

Gen 32,23-33 e Mt 9,32-38

Nel contesto attuale dire Israele, per molti risuona male,  crea imbarazzo o disagio ... Eppure dobbiamo trovare, al di là dell'attualità dei fatti la profondità di un mistero: l'umana fragilità del "Soppiantatore" - Giacobbe -, diviene lo spazio della sua stessa vocazione: "Dio è forte" - Israele -. Il confronto serrato di quella notte è una lotta che non indebolisce ma dà forza, e trasforma Giacobbe profondamente. In questa lotta si compie la sua identità, da scartato, peccatore, diviene forte al punto da vincere contro Dio e contro gli uomini. In realtà a vincere è Dio che non rivela il suo nome, mantiene intatto il suo mistero. La lotta invece lascia Giacobbe-Israele zoppicante, segno dell’incontro con Dio che rende manifesta la sua  trasformazione.

lunedì 7 luglio 2025

Di nuovo la promessa ... e tre ...

Gen 28,10-22 e Mt 9,18-26

La vicenda iniziale di Giacobbe si dispiega in venti anni: un viaggio, una fuga, la ricerca della sua identità e vocazione. Anni segnati dalla chiamata personale di Yhwh, dalla promessa che Dio fa a Giacobbe e dalla benedizione che si estene a tutta la terra. Siamo in una continuità con la narrazione dei patriarchi. L’alleanza tra Dio e Giacobbe rinnova le sue promesse in modo personale a Giacobbe e, per suo tramite, a tutti gli uomini. Qusta alleanza è "porta del cielo", punto di confine e luogo sacro. Giacobbe risponderà alle promesse di Dio con la sua fedeltà, riconoscendo il Signore come proprio Dio e tributandogli il culto. Dunque il Signore si pone in relazione reciproca con l’uomo, relazione la cui rappresentazione sarà quella della scala del sogno di Giacobbe, elemento di congiunzione tra il cielo e la terra.

domenica 6 luglio 2025

Molta messe pochi operai per il regno

Is 66,10-14c; Sal 65; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20


Una tensione: "la messe è tanta ma pochi sono gli operai" ... e ... "È vicino a voi il regno di Dio".È all'interno di questa dinamica che va collocata la realtà del mondo che oggi viviamo. Una messe abbondante e la scarsità di risorse umane necessarie per prendersene cura. In questa abbondanza e scarsità ci siamo noi, c'è la missione della Chiesa; una missione necessaria non perché debba produrre qualcosa; non perché abbia qualcosa da offrire; non perché possa risolvere i problemi dell’umanità; ma perché la missione testimonia dunque che anche lì, proprio lì, il Signore sta venendo. La missione non è primariamente un intervento socio assistenziale o culturale religioso, ma in un modo molto particolare, è il segno, un anticipo di ciò che sta per accadere. Non sarà così importante ciò che fa, ma sarà importante quello che dice e annuncia: la venuta di Cristo nel mondo, la sua presenza. Il regno dei cieli è vicino, è veniente, sta "lievitando" nella storia, dentro l'impasto di questa nostra storia contemporanea: questo, noi testimoni del Vangelo, credenti in Cristo dovremmo, con coraggio annunciare. Lo dovremmo dire a chi non ha più speranza, a chi non vuole più averla, a chi ha chiuso il cuore e rifiuta l’amore. Noi, come i discepoli mandati da Gesù, proprio questo dobbiamo vivere e annunciare. Con uno stile libero e leggero, disarmato e accogliente, occorre ricondurre a Cristo il cuore dei nostri fratelli:

- di fronte ai tatticismi e ai compromessi iniqui;
- di fronte alle azioni di forza di uno sterile riarmo e alle prepotenze diplomatiche:
- di fronte all'indifferenza e alle menzogne di Fake News di convenienza;
- di fronte alle ingiustizie e alle esclusioni;
- di fronte a chi ha la presunzione di decidere e di condizionare la tua vita e di condurre anche alla morte;
è questa la messe abbondante, dove i discepoli nella loro insufficienza sono oggi chiamati ad annunciare Gesù Cristo.
Dice Papa Leone, forse con uno stile più pacato e certamente meno enfatico di tanti potenti: “Il cuore della Chiesa è straziato per le grida che si levano dai luoghi di guerra, in particolare dall’Ucraina, dall’Iran, da Israele e da Gaza”.
"Non dobbiamo abituarci alla guerra, anzi bisogna respingere come una tentazione il fascino degli armamenti potenti e sofisticati. In realtà poiché nella guerra odierna si fa uso di armi scientifiche di ogni genere, la sua atrocità minaccia di condurre i combattenti a una barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati.
Pertanto in nome della dignità umana e del diritto internazionale, ripeto ai responsabili politici ciò che che soleva dire papa Francesco: "La guerra è sempre una sconfitta". E con Pio XII: "Nulla è perduto con la pace tutto può esserlo con la guerra".
Inoltre, “oggi assistiamo, sgomenti, all’uso iniquo della fame come arma di guerra. Affamare una popolazione è un modo molto economico per fare la guerra”.
E ancora: “Risorse finanziarie e tecnologie innovative vengono distolte dall’obiettivo di sradicare la povertà e la fame nel mondo per la produzione e il commercio di armi“.
Ma proprio nella Striscia si stanno moltiplicando episodi di uccisioni di massa di persone che aspettano aiuti alimentari nei centri di distribuzione che hanno spinto funzionari dell’Onu ad accusare Israele di uso della fame come “arma di guerra”, appunto.
I discepoli di Cristo, inviati dal Signore e dalla Chiesa, offrono a tutti, anche se non accolta la pace, i discepoli non giudicano, non accusano, non fanno guerra.
Occorre che ci facciamo custodi e promotori di pace perché non vada perduta, e per poterla offrire in ogni villaggio, città e casa dove entriamo.
Quali sono i nostri villaggi, città e case?

sabato 5 luglio 2025

Eppure la benedizione di Dio passa nell'umano

Gen 27,1-5.15-29 e Mt 9,14-17

Leggendo Genesi, resto sempre affascinato, perché riesco a cogliere la concretezza della promessa dentro la quotidianità della vita fatta di bene e di male di verità e di inganno. Tutti i personaggi del brano sono accomunati da un tratto di debolezza: per la vecchiaia, la condizione femminile, perché prevaricati o peccatori. Eppure Dio si serve proprio di quella debolezza per manifestare la sua potenza. Questa vicenda, nel suo sovvertire le logiche umane, ci suggerisce che proprio nella nostra debolezza, nella nostra mancanza, Dio può manifestare la sua presenza e la sua grandezza. 

venerdì 4 luglio 2025

Di chi è quella terra

Gen 23,1-4.19; 24,1-8.62-67 e Mt 9,9-13

Abramo muore senza vedere realizzata la promessa. Egli è straniero in terra di Cana, e l'unica terra che possiede è la proprietà sepolcrale dove ha deposto il corpo di Sara. Tutta la promessa è quel piccolo fazzoletto di terra e in un unico figlio? Forse disilluso poteva rinnegare l'alleanza fatta con Yhwh, ma invece si lascia condurre dalla promessa di Dio e manda un servo a cercare moglie per il figlio Isacco presso i suoi parenti, nella terra da cui tanti anni prima è partito. "Il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che mi ha preso dalla casa di mio padre e dalla mia terra natia, che mi ha parlato e mi ha giurato: Alla tua discendenza darò questa terra”. Ma cosa significa la promessa? È un possesso esclusivo? O è un affidamebto in custodia di una terra che è di Dio, una terra anche diversamente abitata? L'interpretazione è un problema più che attuale!

giovedì 3 luglio 2025

Condizioni nuove

Ef 2,19-22 e Gv 20,24-29

Come eravamo? Quale era la nostra condizione?
Eravamo senza Dio e senza speranza, morti nella nostra fragilità e ripiegati nella idolatria.
La nostra situazione era paganesimo. Ma Dio stesso, in Gesú svela il suo mistero e condivide con noi quella relazione intima che è la fede. In Gesù si aprono nuovi orizzonti umani e nuove possibilità di "credere". Ora siamo figli di Dio!
Abbiamo con Dio più che un "patto": una libera relazione, garantita da Gesù stesso, ‘poiché è lui che è la nostra pace’; e per mezzo di lui possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito cwpace di fare di tutti noi un edificio che si costruisce su Cristo, pietra angolare, per essere abitazione fin da quaggiù, per lo Spirito.

mercoledì 2 luglio 2025

Dio ascolta il nostro pianto

Gen 21,5.8-20 e Mt 8,28-34

Un racconto simile a quello già incontrato nel capitolo 16; simile, non identico, con diverse incongruenze, che fanno pensare a due tradizioni narrative diverse per spiegare i rapporti di parentela tra Ismaeliti (gli Arabi per la tradizione biblica) e Israeliti. Oggi come allora le circostante e gli atteggiamenti dei personaggi esprimono cinismo e crudeltà, invidia e gelosia. Abramo sembra oscillare, ma in realtà si rifà all’antichissimo codice di Hammurabi, che già regolamentava la questione di figli avuti da schiave e il rapporto schiava-padrona. Dentro tutto questo emerge che Dio ascolta la voce di chi piange; il "non temere" attraversa tutta la storia della Salvezza ... forse anche la nostra storia di oggi, fatta di profughi e di diseredati, in attesa di un compimento.

martedì 1 luglio 2025

Una mano anche oggi

Gen 19,15-29 e Mt 8,23-27

Un testo complesso, dove la distruzione e di Sodoma e Gomorra sembra prima di tutto la sco fitta del male, pri a che una punizione per la perversione morale. La stessa richiesta di Abramo in un dialogo intimo e speciale con Dio, rivelano la tensione di chi cerca di comprendere il mistero di Dio nella concretezza della vicenda umana e degli eventi, anche catastrofici della natura. Altra immagine suggestiva nel racconto, e piena di tenerezza è Lot che fugge guidato da un angelo che lo prende per mano. A volte per cambiare, per salvarci, ci vuole qualcuno che ci prenda per mano e che ci dia una forte spinta, per non guardare indietro, e fermarsi! Se anche i nostri sono tempi di cambiamento, a nulla vale fermarsi e rimpiangere il tempo passato: occorre fare un passo avanti, e poi un altro.

lunedì 30 giugno 2025

La promessa è fatta di misericordia

Gen 18,16-33 e Mt 8,18-22

Il testo di Genesi, motiva il perché della scelta di Dio nei confronti di Abramo: scelto per dare compimento alla promessa della misericordia di Dio.
Una promessa che vuole realizzare il fine e il senso dell'umanità. Ma la promessa che Dio fa ad Abramo, ha anche una risonanza nel Patriarca, egli infatti riveste i panni dell'uomo giusto, che accoglie e vuole realizzare la misericordia; egli si pone come l’amico che intercede per il bene altrui. Ognuno è chiamato ad agire con giustizia e ad invocare misericordia per i giusti, i miseri, gli ultimi, i piccoli del mondo. Ma ci si troveranno sempre persone in grado di agire secondo giustizia per salvare il mondo dall’aridità del male? 

domenica 29 giugno 2025

Ma tu?

At 12,1-11 Sal 33 2Tm 4,6-8.17-18 Mt 16,13-19

Chi è Gesù per la gente di oggi? L'ho chiesto all'Intelligenza Artificiale, va molto di moda oggi chiedere alla IA. Questa è stata la risposta sintetica :
La figura di Gesù continua a suscitare interesse e riflessioni diverse, a seconda del contesto culturale, religioso, personale e sociale. Per la gente di oggi, Gesù può rappresentare molte cose, e il suo significato varia da persona a persona. In sintesi oggi Gesù è una figura multiforme: per alcuni è Dio incarnato, per altri un esempio di giustizia e amore radicale, e per altri ancora una figura mitica o simbolica. La sua immagine continua a evolversi con la società.
Se volete potreste approfondire i vari esempi tipologici, ma alla fine di tanti ragionamenti saremo ugualmente costretti a confrontarci con una domanda personale:
Devo essere sincero, la risposta se pur corretta letteralmente è una grande delusione!
Ma tu… La domanda di Gesù è preceduta da una contrapposizione: Ma tu ..., Tu invece, che cosa dici? Tu che mi segui da anni, tu che vieni regolarmente a messa la domenica; che mi hai visto sorridere, piangere, respirare nella quotidiana vita della comunità e ai chinato il capo quando trasformo il pane e il vino … .
Pietro risponde: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. E Gesù: su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Pietro senza Gesù non è roccia di nulla, forse può anche essere una pietra, ma una pietra soltanto ...
Pietro è roccia quando il suo essere pietra unisce le altre pietre e costruisce la Chiesa ..
Il suo essere roccia, la sua solidità parte dalla sua risposta, parte dalla relazione che garantisce con Gesù e che gli permette di riconoscere in Gesù il Cristo, il figlio di Dio, il vivente. È da questa risposta che nasce la Chiesa, che per sua volta è roccia per l’uomo, proprio nella misura in cui ripete che Dio si è donato in Cristo, che Cristo, crocifisso, è vivente, che tutti siamo figli nel Figlio. Questa è la fede, questa è la roccia. Che bello il ruolo di Pietro, un ruolo che gli permette di essere il primo a sperimentare la roccia, un ruolo che fa (fare) la Chiesa.
Come Pietro, modello nel credere, anch’io sono chiamato a fare esperienza di solidità a sperimentare la roccia che dà appoggio, sicurezza, stabilità per il fratello che mi è affidato; anche a me è data la chiave che apre le porte belle di Dio, di un Regno dove la vita fiorisce; anch’io sono chiamato a legare e a sciogliere, a creare cioè nella mia storia strutture di riconciliazione, di prossimità.
Quindi, tu, chi dici che io sia?
Signore tu non sei uno da comprendere, ma sei uno che mi attrae; non sei uno da interpretare a seconda delle circostanze, ma uno che mi afferra con la sua originalità.
Non sei un ideale astratto o spiritualmente consolatorio, ma la roccia a cui aggrapparci per non scivolare nel dirupo della storia umana.
Tu, chi dici che io sia? Mi ricordo che tu sei quello che afferra Pietro e lo trattiene quando sta per affogare nel lago di Galilea: "Signore Salvami!"

sabato 28 giugno 2025

Cuore immacolato di Maria

Is 61,10-11 e Lc 2,41-51

È necessario dare contenuto alla devozione per non trasformarla in ideologia. Ecco che la lettura di Isaia ci permette di pensare a Maria nella sua relazione speciale con Dio mediante lo stesso suo figlio Gesú. Una relazione speciale che si realizza nei segni della sponsalità: è un abito di gioia, del quale oggi ci possiamo vestire anche noi. C’è una parola che caratterizza in modo straordinario questa vestizione: il termine “salvezza”. Le vesti di cui si è rivestita sono vesti della salvezza e, prosegue Isaia, “mi ha avvolto con il mantello della giustizia come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli”. Ricordiamo che il nome Gesù significa “salvezza di Dio”. Questo abito di salvezza ciascuno di noi l'ha ricevuto il giorno del suo battesimo: ci siamo rivestiti di Cristo.

venerdì 27 giugno 2025

Sacro cuore di Gesù

Ez 34,11-16 e Lc 15,3-7

Ezechièle esorta ed invita chi conanda, e chi ha un ruolo di guida, ad usare del potere conferito con buon senso e con disponibilità verso chi viene da loro affidato.
Il pensiero di tanti secoli passati, è perfettamente attuale, le stesse raccomandazioni che Ezechièle rivolge ai capi del popolo di Israele possono essere applicate alle persone che oggi sono chiamate a realizzare il bene della gente. È un segno evidente che la parola di Dio non conosce l'invecchiamento del tempo, ed è perfettamente adatta ad ogni stagione dell’uomo, a dare senso alla vocazione umana che ha cone fine il bene comune attraverso il superamento dei propri egoismi ed il proprio tornaconto personale.


giovedì 26 giugno 2025

Lo chiamerai Ismaele

Gen 16,1-12.15-16 e  Mt 7,21-29

Da Abramo nasce, in via di Agar la schiava di Sara, un figlio, Ismaele. E' un tema molto interessante, per la lettura storica e antropologica della situazione attuale dell'oriente e della configurazione religiosa presente. Gli esegeti biblici e gli esperti di antropologia culturale ricordano che la sua nascita vuole dare radici ad un'intera popolazione: si tratta forse, dunque, di un mito fondante delle popolazioni arabe. Ma quella strana tentazione di voler fare da se stessi prende forma anche in questa vicenda che oppone ora Ismaele a Isacco. L'attuale contrasto tra i discendenti di Ismaele e di Israele, forse sarebbe stato meno complesso se la relazione tra Agar, Sara e Abramo avesse assunto toni diversi. Ma nel disegno di Dio, anche per Ismaele esiste una promessa di fecondità, per cui .... quando questi fratelli potranno darsi una mano, un bella stretta di mano?

mercoledì 25 giugno 2025

Che cosa mi darai?

Gen 15,1-12.17-18 e Mt 7,15-20

Il Signore lancia una sfida: lui può fare tutto. La premessa è: «non temere». E Abram accetta la sfida e crede. Ma, visto che Abramo, come ogni uomo ha bisogno di concretezza, chiedere una sorta di garanzia, un patto con il Signore. Forse, a questo punto Abram capisce di aver esagerato, e sprofonda nel terrore e nell’oscurità. Ma nonostante questa paura si va avanti con il patto e si conclude l’alleanza. Forse a Dio piace quest’uomo audacece coraggioso in battaglua e pure un po sfacciato nel dialogo con il Creatore: che non teme di lamentare la sua condizione disonorevole: non ha figli, per cui chiede un erede. È in questo dialogo/dinamica che Dio rinnova la promessa: la discendenza di Abram sarà come le stelle del cielo. Dopo il paragone con la polvere della terra, ora l'immensità del cielo.

martedì 24 giugno 2025

Nascita di San Giovanni Battista

Is 49,1-6 e Lc 1,57-66.80

La pagina di Isaia ha molta assonanza con uno scritto di Geremia, dove dice: "Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato". Dio sceglie l’uomo per uno scopo, e lo fa chiamandolo per nome. Il chiamato, però ha fallito e i suoi sforzi sono stati inutili. Di fronte a qu3sta "sconfitta",  Dio non si arrende ma alza il tiro. Se essere il suo servo non è sufficiente per cambiare il destino di Israele, allora occorre qualcosa di più grande, qualcosa che superi le umane fragilità. Dunque, il servo diventerà "luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra". Ecco una buona notizia!

lunedì 23 giugno 2025

Una promessa non un possesso

Gn 12,1-9 e Mt 7,1-5

È stupefacente la densità di questi pochi  versetti, talmente densi che decifrarne il significato può anche portare fuori strada, fino ad arrivare a snaturare il senso della rivelazione. Una cosa è certa, in Abramo si realiza una benedizione cosi speciale che diviene benedizione per tutti i popoli. È in questa benedizione che va ricompreso il dono e la promessa  della terra, non come possesso esclusivo, e neppure come occasione di sterminio dei popoli incontrati nel suo cammino da nomade. La vicenda di Abramo va ricalcolata a partire dalla chiamata di Dio, all''improvvisa partenza e dall'accampare con  una tenda in Carran, Sichem, Betel, nella terra di Canaan, e nel Negheb. Abramo sembra intuire che quei luoghi saranno riferimento per altri, dopo di lui. La sua a consapevolezza è l'abbandonare le radici per una chiamata a diventare qualcos’altro.

domenica 22 giugno 2025

Abbiamo mangiato, ora condividiamo ...

Gn 14,18-20; Sal 109; 1Cor 11,23-26; Lc 9,11b-17

"Nel cuore della Terra Santa ferita, nel luogo stesso in cui Cristo ha donato la sua vita per amore dell’umanità, risuona con forza il: “Date voi stessi da mangiare”. Così ha esordito il Patriarca di Gerusalemme, il cardinal Pizzaballa, nella Solennità del Corpus Domini, giovedì scorso.
"Guardando la fame che abita il nostro tempo, guardando a ciò che accade in Palestina" sembra di rivivere la fatica di quella giornata raccontata di Luca: una folla stanca e affamata che, nonostante tutto, rimane con Gesù. Una folla che non si lascia sopraffare dai bisogni materiali, ma cerca qualcosa di più: cerca la Sua presenza, la Sua parola, il Suo pane. È una domanda che tocca anche noi oggi: di cosa abbiamo veramente fame?
Una domanda che oggi assume un peso drammatico e reale. Non si parla solo di fame simbolica o spirituale, ma di una fame concreta, legata alla povertà, all’insicurezza, alle ferite di un conflitto che continua a strappare dignità e futuro a intere famiglie. «Penso a Gaza – ha detto il Patriarca – ma non solo. Alle tante situazioni di povertà che il conflitto ha creato».
Ma ciò che accade in tutto il mondo è drammatico, è fuori da ogni vera logica umana, è segno di crudeltà, di ingiustizia e menzogna.
Di fronte a questa realtà la Chiesa è l'eucaristia, è segno sacramentale di quel pane spezzato e moltiplicato, di ieri, di oggi e per sempre, quindi non si rassegna di fronte al nascondimento della verità.
Non possiamo fare finta di nulla, disinteressati delle folle, ovvero dei nostri fratelli e mandarli via, lasciare che ognuno pensi a sé?
Gesù come ai discepoli, chiede a noi di condividere il poco, offrire noi stessi, diventare dono. L’Eucaristia, cuore della fede cristiana, non è solo celebrazione, ma stile di vita: è condivisione nella povertà, forza nella fragilità, comunione nella differenza.
«Date voi stessi da mangiare» non è solo un comando: è la chiamata alla conversione pastorale della Chiesa. Occorre lasciarsi coinvolgere dal Signore e correre a mangiare il suo pane per poter essere casa.
Aci di dare il pane a chi ha fame, perché siamo chiamati ad essere eucaristici,cioè donare noi stessi, insieme al pane consacrato.
È questa Eucaristia che dà forma alla comunità, infatti Gesù non moltiplica il pane per una massa anonima, ma per una folla divisa in piccoli gruppi. L’Eucaristia, dunque, non solo nutre la comunità, ma la costruisce, le dà volto, identità, relazioni. L'Eucaristia in questo modo non genera una istituzione ma fa delle comunità lo spazio dove maturare e crescere la fraternità e la fede con semplicità e pazienza reciproca.
Ed ecco che ciò che si condivide diviene abbondanza, possa questa Eucarestia dare forza al cammino della nostra comunità.

sabato 21 giugno 2025

Mi vanterò …

2Cor 12,1-10 e Mt 6,24-34

Ancora una volta in questo brano, Paolo riparte da una situazione considerata onorevole anche dai “super-apostoli” che lo osteggiano: le rivelazioni celesti! Paolo si accorge che non vi sono meriti possibili, o diritti acquisiti per accampare la pretesa di salire al cielo ed avere visioni celesti! Ma tutto ciò che ha vissuto è grazia e, se è così, tutto va vissuto e ricordato in un atteggiamento di pura gratuità. Paolo è consapevole che non si può vivere come pretesa ciò che ci raggiunge come grazia. La misteriosa “spina nella carne”, che l’Apostolo delle genti implora gli venga rimossa, funge così da antidoto allo spirito di potenza, che umanamente abita nel cuore di chiunque.

venerdì 20 giugno 2025

La forza della debolezza

2Cor 11,18.21-30 e Mt 6,19-23

Venticinque situazioni elencate da Paolo rappresentano il suo vanto, cioè essere rimasto fedele in ogni cosa alla missione affidatagli dal Signore. È in questa prospettiva che il suo vanto non si traduce in in un crescendo di superbia, ma smascherato i suoi oppositori, Paolo si appella alla sua debolezza, che trova piena evidenza nelle difficoltà della vita e della predicazione. È a questo punto che la debolezza diviene espressiobe del suo onore e spazio della poenza paradossale di Dio: la debolezza di Paolo, come la nostra, diviene per Dio punto di forza, un vero e proprio punto di appoggio per lo Spirito e la sua forza rigenerante e trasformatrice.


giovedì 19 giugno 2025

Coinvolgimento paolino

2Cor 11,1-11 e Mt 6,7-15

Nella parte conclusiva della lettera Paolo da sfogo quasi come un fiume in piena comunicando le sue sensazioni, emozioni ed esperienze, senza usare mezzi termini.
Paolo parla ella gelosia nei confronti dei Corinzi, esprime la preoccupazione che la loro fede possa essere corrotta da falsi insegnamenti e falsi predicatori. Nello stesso discorso, Paolo si difende dalle accuse di essere inferiore agli altri apostoli, mettendo in evidenza la gratuità e l'umiltà del suo annunciare. Ed ecco che Paolo mostra la sua forza, egli non teme la fragilità, ma oppone a tutti la sua particolare vocazione, la chiamata all'apostolato da parte di Dio.

mercoledì 18 giugno 2025

La forza del donare

2Cor 9,6-11 e Mt 6,1-6.16-18

In questo passo della lettera, Paolo mostra la sua grande capacità di legare insieme citazioni bibliche e esperienze della vita. Citazioni di Salmi e Libro dei Proverbi, ricomprese a partire dalla situazione attuale in cui vive la comunità. Abbondanza, ricchezza; Paolo, esorta ad essere magnanimi ed a elargire con generosità, Pro 11,24. Ma sembra riecheggiare con forza la parola di Atti (forse di Gesù): "vi è più gioia nel dare che nel ricevere", espressione che mette in luce il cuore del vangelo del Regno di Dio 2Cor 9,6-11 e Mt 6,1-6.16-18

La forza del donare

In questo passo della lettera, Paolo mostra la sua grande capacità di legare insieme citazioni bibliche e esperienze della vita. Citazioni di Salmi e Libro dei Proverbi, ricomprese a partire dalla situazione attuale in cui vive la comunità. Abbondanza, ricchezza; Paolo, esorta ad essere magnanimi ed a elargire con generosità, Pro 11,24. Ma sembra riecheggiare con forza la parola di Atti (forse di Gesù): "vi è più gioia nel dare che nel ricevere", espressione che mette in luce il cuore del vangelo del Regno di Dio.

martedì 17 giugno 2025

Una colletta di ecumenismo

2Cor 8,1-9 e Mt 5,43-48

Paolo è un uomo estremamente concreto che per realizzare la colletta, invia Tito a Corinto per fare la raccolta. Le altre chiese hanno contribuito ben oltre ogni aspettativa, in particolare quelle della Macedonia. Ecco che l’Apostolo esorta i Corinzi ad essere altrettanto generosi. Quale è il senso della colletta per la Chiesa di Gerusalemme? È per fare delle comunità tra i pagani l'unità di tutti in Cristo; è fare comunione attraverso le differenze per uno scopo più elevato e superiore. Un gesto di generosità capace di sincerità, onestà, e amore per generare unità. Siamo all'inizio di una sorta di ecumenismo nel variegato panorama delle comunità delle origini. Anche oggi, quanto è urgente l’esigenza di un ecumenismo del cuore e dello spirito: l'unità nella diversità! 

lunedì 16 giugno 2025

Come ministri di Dio ...

2Cor 6,1-10 e Mt 5,38-42

Paolo vive il proprio ministero come collaborazione con l’agire stesso di Dio, nel quale scopre “il momento favorevole”. La vita dell’Apostolo é una consacrazione totale a questo “momento favorevole”, ossia all’annuncio della resurrezione di Gesù, che illumina e svela tutta la storia, passata, presente e futura. È il fulcro del cristianesimo che si irradia e avvolge la vita di ognuno di noi. Proprio per questo l’Apostolo ci esorta a riflettere sulla nostra condotta di ministri di Dio. In ogni situazione, infatti, siamo chiamati a vivere con fermezza e la fiducia in Dio, certi che non ci farà mai mancare la sua amorevole custodia.

domenica 15 giugno 2025

Nelle nostre mani tutto

Pr 8,22-3; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15

"Ai tempi di Erode, la notte in cui nacque Gesù, gli angeli portarono la buona notizia ai pastori. C’era un pastore poverissimo, tanto povero che non aveva nulla. Quando i suoi amici decisero di andare alla grotta portando qualche dono, invitarono anche lui. Ma lui diceva: “Io non posso venire, sono a mani vuote, che posso fare?”.

Ma gli altri tanto dissero e fecero, che lo convinsero.

Così arrivarono dov’era il bambino, con sua Madre e Giuseppe. Maria aveva tra le braccia il bambino e sorrideva, vedendo la generosità di chi offriva cacio, lana o qualche frutto. Scorse il pastore che non aveva nulla e gli fece cenno di venire. Lui si fece avanti imbarazzato. Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori, depose dolcemente il bambino tra le braccia del pastore che era a mani vuote…"


Più che sforzarsi di capire un mistero, certamente più grande di ogni comprensione teologica e umana possibile, questa semplice storia, come anche il vangelo di Giovanni di questa domenica ci invita ad accogliere il mistero e a fare nostro ciò che lo Spirito annuncia e ci vuole donare, ovvero ciò che dello spirito ci si chiede di accogliere in noi.

Tutto hai messo nelle nostre mani, ma non per distruggere e per distruggerci, perché l'uomo nella sua fragilità e nessuno peccato è capace di trasformare il mistero di Dio nel suo destino di morte e di distruzione.

Il salmo 8 che abbiamo pregato ci dice come tutto il mistero che nasce da Dio è nelle nostre mani, ma la realtà ci dà testimonianza di come la bellezza del mistero sia oscurata dal brutto del male; come la comunione e l'amore siano sfregiate da odio e violenza; come la verità che da senso alla vita sia soffocata dalle parole di menzogna che vogliamo aggiungere noi nel tentativo di spiegare il mistero.

Accogliere Dio Trinità, scoprire la sua vita, entrare in relazione con lui, metterlo al centro di noi stessi. avrebbe dovuto dare forma a un modo di vivere capace di comunione e di pluralità, di concordia e accoglienza; di abbracci e di diversità ossia molteplicità, cioè a contenere insieme la molteplicità e la singolarità.

La Trinità… forse più che capirla va vissuta nei modi di vita quotidiana. Sperimentando il gusto delle realtà molteplici e diverse, come anche quella singolarità che è la sintesi della comunione, cioè quella spinta o forza di amorevolezza che ricrea, rinnova, risveglia, ripara, sorregge, spinge, muove la vita nel mondo e nella nostra storia personale, nelle nostre relazioni, nei desideri.

Credere in un Dio Trinità ci regala ogni giorno il coraggio della differenza. Credere la Trinità ci mostra Dio e a credere nel suo venire tra noi fragile uomo, prima che onnipotente.

Credere la Trinità ci offre la possibilità di un Dio camminatore insieme con noi vivendo una quotidianità che ci restituisce una fede viva.

  • Sarebbe molto più facile credere in un Dio più definibile;
  • in un Dio tutto d’un pezzo che o dà o toglie;
  • che fissa una volta per tutte dove sta il bene e dove sta il male.

Ma lo Spirito, che nel Risorto riceviamo e che può aprirci alla novità e alla verità di Dio, ci spinge oltre e ci fa sentire l’ebbrezza di una fede che è sempre in bilico tra l’abisso e la pienezza, tra l’errore e la possibilità, tra il sentire profondo e il non riuscire a capire ancora, tra l’uno definito e il differente …

Questo ci permette di aprirci definitivamente a Dio.



sabato 14 giugno 2025

La sua carne ci salva

2Cor 5,14-21 e Mt 5,33-37

Chi più di Paolo ha fatto esperienza di quell'amore di Cristo che ci possiede? Lui ha vissuto e compreso la profonda trasformazione causata dall’incontro con il Risorto! La sua esperienza personale ora muove tutta la sua vita: un rapporto nuovo ed esclusivo, rivoluzionario, con Cristo. Paolo vorrebbe che tutti a Corinto potessero fare parte della sua esperienza, ed entrare in questa nuova dimensione di fede. È Lui, il Signore che ci permette di uscire dal guscio delle nostre chiusure, dai nostri nascondimenti, dai nostri tradimenti e dalle vigliaccherie, tese tutte a garantire l’immagine di noi stessi. Ma solo il Signore può sigillare la nostra storia sotto il segno della misericordia e nella sua carne, in modo definitivo, elimina ogni pretesto di separazione possibile, una volta per tutte.

venerdì 13 giugno 2025

Un tesoro speciale

2Cor 4,7-15 e Mt 5,27-32

Paolo ci insegna che tutti siamo chiamati a custodire un tesoro di cui nessuno in alcun modo può sentirsi padrone. Il tesoro coincide con il vangelo della gloria, ossia con il dono incommensurabile dell’essere figli  del Padre e coeredi, in Gesù, del suo stesso Spirito!
E pertanto nessuno può, accampare proprietà su nulla: neppure sul Vangelo o sul Regno. Dio ci ha donato un tesoro ed è straordinario che l’abbia affidato alle nostre mani: di comuni mortali, creature, esseri imperfetti, fragili vasi di creta. Dio dunque, sembra benedire la fragilità della creta chiamandola con fiducia al servizio più alto: quello di custodire e contenere la sua stessa potenza e di trarre dal nulla tutto ciò che serve per fare nuove tutte le cose.

giovedì 12 giugno 2025

Anche noi veniamo trasformati

2Cor 3,15-4,1.3-6 e Mt 5,20-26

Paolo, apostolo per conversione, continuamente nella sua vita fa riferimento a quella trasformazione che ha inizio dall'iniziativa di Gesù. La sua vicenda personale ci presenta il passaggio da lettore e studioso zelante della Torah, a essere testimonianza vivente della rivelazione di Cristo nella e sulla sua stessa carne. Ma sorprendentemente l'evento di Damasco, ha forgiato tutto il cristianesimo e cambiato le nostre esistenze per sempre! Grazie al passaggio dalla cecità di Saulo alla conversione di Paolo ora tutti noi siamo stati inseriti più chiaramente nella gloria di Dio e nella visione del volto di Cristo.

mercoledì 11 giugno 2025

San Barnaba apostolo.

At 11,21-26;13,1-3 e Mt 10,7-13

L’annuncio del vangelo, fin dalle origini, è per la comunità credente espressione diretta della propria relazione con Gesù risorto. Con il Battesimo la missione ed essere missionario diviene esperienza di normalità per condividere nelle opere la Carità ricevuta in dono dal Signore. L’evangelizzazione non è quindi una prerogativa di “specializzati” nella materia, di chi studia le cose di Dio, ma di ogni membro che nella Chiesa. L'annuncio è fatto di coraggio, coerenza, di ascolto dello Spirito Santo, tutto questo apre le vie al Vangelo, la cui diffusione risulta sia opera di Dio, che opera della Chiesa, che per suo ruolo e natura è in ascolto del cuore degli uomini.

martedì 10 giugno 2025

Un SI che aggrega

2Cor 1,18-22 e Mt 5,13-16

Nella parola di Dio, non c'è incertezza, non c'è dubbio, al punto che Paolo invita i Corinti ad essere chiari, limpidi e onesti nelle risposte. Lo fa richiamandosi ad una formula che probabilmente èil contenito del vangelo di Matteo: "il vostro parlare sia “sì, sì!”; “no, no!”: il di più viene dal maligno". Ma che cosa è il si di Dio? Paolo ci porta a comprendere che Gesù, è il Vangelo fatto carne, è il “sì” insuperabile di Dio, il sigillo definitivo su ogni promessa fatta al popolo dell’alleanza. Dietrich Bonhoeffer concretizza il si di Dio in queste parole: "Dio non realizza tutti i nostri desideri, bensì porta a compimento tutte le sue promesse".

lunedì 9 giugno 2025

È gia nata la Chiesa

At 1,12-14 e Gv 19,25-34

Una manciata di versetti per raccontare in modo molto particolaeggiato un fatto accaduto subito dopo la risurrezione del Signore: l'obbedienza a un comando; l'attesa del compimento della promessa dello Spirito; il dimorare nel luogo della Cena; il gruppo degli undici; la perseveranza nella preghiera; infine, nel Cenacolo ci sono altre persone, tra cui Maria, la madre di Gesù, e i fratelli di Lui, cioè altre persone legate al Signore da vincoli di parentela. E’ la Chiesa!

domenica 8 giugno 2025

Sempre e tutto

At 2,1-11 Sal 103 Rm 8,8-17 Gv 14,15-16.23-26

Siamo la parrocchia dello Spirito Santo, e quindi questa Solennità liturgica per noi è festa patronale e anche, essendo anno giubilare, possiamo avere pure la grazia dell'indulgenza plenaria.

Tutte ottime premesse ma non sufficienti ... per motivarei ciò che stiamo vivendo con la nostra festa, che per molti può sembrare solo tradizione e per altri un rinnovato copione che garantisce uno standard qualitativo ecclesiale essenziale.

Mi lascio condurre da due suggestioni: Non ci lascia quindi soli. Se lo amiamo, lo portiamo nel cuore e lui abita. Ecco che il Signore è addirittura in noi. Con il dono dello Spirito inizia la sua nuova presenza, l’alleanza nuova ed eterna, sancita con la parola  SEMPRE. Un sempre dentro una relazione con lui fatta di amore, ascolto e presenza.

Esperienza molto umana ... che ci appartiene e caratterizza.

Questo significa che lo Spirito è fatto di SEMPRE, non é un qualcosa che si aggiunge alla mia vita ogni tanto quando lo invoco.

Quindi quel sempre si realizza non solo nella vita ma realizza l'esistenza di ogni uomo, perché ogni uomo è figlio di Dio, e per ogni uomo Gesù ha dato la sua vita e il dono dello Spirito Santo, SEMPRE; ma solo nella fede possiamo riconoscerlo ... Forse è per questo che oggi lo Spirito dell'amore è ai più sconosciuto, e prevale lo spirito dell'indifferenza e dell'odio.

É l’amore per Gesù e non solo di Gesù che ci fa entrare nella nuova alleanza, stabilendo un rapporto con Dio fondato sul suo amore di Padre.

Che bello ora scoprire o ricordate che tutto ... ecco la seconda suggestione, TUTTO è in Gesù, il Signore che ci ama: amare lui è il comando che ci rende TUTTI  simili a lui.

Che bello ricordare o riscoprire che TUTTO ciò che è essenziale nella Chiesa nasce dall’amore di Gesù per lei. Non si tratta di un sentire vago o estatico, ma di un conoscere e mettere in pratica le sue parole.

Noi a Santo Spirito siamo custodi del sempre e del tutto! Aia … Aia … Aia …

Dice il Cardinal Pizzaballa" "la presenza dello Spirito nella vita dei credenti non è un evento occasionale, straordinario, ma una presenza quotidiana e costante, una vita dentro la nostra vita.

Lo Spirito non è con noi e fra noi solo nei momenti bui e difficili, e nemmeno solo nei momenti importanti, ma sempre, generando costantemente la vita del Cristo in noi.

Ma se lo Spirito viene sempre, allora tutto è pieno di vita e di senso.

sabato 7 giugno 2025

Dopo tre giorni

At 28,16-20.30-31 e Gv 21,20-25

Dopo tre giorni ... ci rimanda immediatamente alla resurrezione di Cristo. Il tratto finale della vita dell’apostolo delle genti sembra segnata drammaticamente dall'attesa della morte, ma in realtà emerge la luce particolare della vita dopo la morte. La prigionia a Roma è molto interessante, l’apostolo si trova ai domiciliari in una casa presa in affitto, sotto vigilanza di una guardia. Vive così due anni potendo parlare con grande libertà di Gesù. Lo fa senza sosta e senza freni. L’avvicinarsi della morte non diminuisce il suo vigore spirituale, ma lo aumenta. Paolo rimase a Roma, annunciando il regno di Dio.

venerdì 6 giugno 2025

Per raccontare Gesù

At 25,13-21 e Gv 21,15-19

Per il governatore Festo e il re Agrippa stare a discutere se Gesù sia morto, ma ancora vivo, non pareva una questione così delicata e grave. Mentre per  Paolo è talmente decisiva la vicenda che ha per lui una percezione completamente nuova della morte. Credendo fermamente nella vita eterna non si sente abbandonato in quanto prigioniero, in catene, in attesa di andare verso una probabile condanna. Per lui in realtà inizia l'occasione di grazia che è annunciare la fede in Cristo risorto alla comunità di Roma. Per questo si appella a quel tribunale, non certo per un tentativo di salvarsi ma solo per raccontare di Gesù anche a Roma.


giovedì 5 giugno 2025

Mi darai testimonianza anche a Roma

At 22,30;23,6-11 e Gv 17,20-26

In questo passo di Atti - leggiamolo tutto - troviamo per la terza volta la chiamata di Paolo, sulla via di Damasco. Il racconto ci permette di fare una breve biografia della sua vita: nato a Tarso di Cilicia, quindi di cultura greca, educato sin da ragazzino a Gerusalemme alla scuola di Gamaliele, quindi giudeo abituato ad un rispetto rigoroso della legge, era solito perseguitare i cristiani e aggiunge di essere stato presente al martirio di Stefano. Tutto è cambiato quando sulla via di Damasco gli è apparso Gesù Cristo. Alla fine racconta di avere la cittadinanza romana, e questo gli salva temporaneamente la vita, in quanto cittadino aveva diritto ad essere giudicato a Roma.

mercoledì 4 giugno 2025

Testamento spirituale ... seconda parte

At 20,28-38 e Gv 17,11-19

Paolo rimette a fuoco il cuore della sua predicazione cioè la fede in Gesù Cristo come  esperienza di gioia, ma anche pazienza e perseveranza nella prova. Paolo ha vissuto anni entusiasmanti di viaggi missionari e incontri straordinari, ma non esita a confidare tra le tante lacrime versate i patimenti vissuti. In questo "testamento" spirituale Paolo invita a comprendere il senso della Chiesa e della sua prassi organizzativa; la predicazione su Gesù Cristo; lo Spirito Santo e la scelta dei vescovi; l'attenta carità verso i più poveri. E tutto si compie in una preghiera intensa e piena di commozione: "Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in pianto e, gettandosi al collo di Paolo, lo baciavano (...).


martedì 3 giugno 2025

Il testamento di Paolo a Mileto

At 20,17-27 e Gv 17,1-11

Sono tante le vicissitudini che hanno condotto Paolo a Mileto; ovunque il suo annuncio del Vangelo gli aveva suscitato numerose avversità a causa appunto del insegnamento su Gesù Cristo figlio di Dio, e sul superamento della Legge. Ora la nave fa tappa a Mileto e Paolo si prepara ad un discorso drammatico, che risulterà una sorta di testamento spirituale. Non avendo tempo per raggiungere Efeso, fa chiamare quelle persone su cui aveva imposto le mani e a cui era profondamente affezionato. Un discorso fra le lacrime, con grande commozione e tristezza. Paolo è sereno perché il suo unico scopo è predicare Gesù Cristo a più persone possibili. Oggi è possibile vivere così intensamente la fede in un contesto cosi radicalmente minato dall’indifferenza?

lunedì 2 giugno 2025

Come e cosa annunciare

At 19,1-8 e Gv 16,29-33

Siamo a Efeso e Atti ci immerge nell'opera di evangelizzazione di Paolo: "Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori di ciò che riguarda il regno di Dio". Non mancano pe difficoltà, ma è evidente che Paolo fa costantemente una scelta di contenuti: annunciare agli efesini il battesimo nel nome di Gesù, insegnando loro il significato dello Spirito Santo. Spiegando che il battesimo di conversione predicato da Giovanni era solo preannuncio della venuta di Cristo; impone le mani affinché scendesse lo Spirito Santo e venissero battezzati in Cristo. A Efeso assistiamo all'inizio della vita di una comunità, in cui la fede si genera  nell’annuncio di Gesù Cristo.

domenica 1 giugno 2025

Desiderare il paradiso

At 1,1-11   Sal 46   Eb 9,24-28;10,19-23   Lc 24,46-53

Recentemente ho rivisto la scena del film su San Filippo Neri, in cui alla nomina a cardinale risponde al papa: "Santo Padre, preferisco il paradiso!"
Solennità dell'Accensione ... non è certo facile descrivere la dimensione religiosa, psicologica e teologica di questa Solennità. Nell'immaginario passato della Chiesa si è delineata una visione in cui Gesù è una sorta di vettore che di innalza nel cielo ... d'altronde certe espressioni dei vangeli non lasciano dubbi a supportare questa immagine iconografica.
Ma se devo essere sincero ... la trovo poco calzante col mistero dell'Incarnazione e col Dio con noi che è l'Emmanuele!
Mi ritrovo più a mio agio con l'idea che Gesù doveva ascendere. Lui, che è diventato carne della nostra carne, ossa delle nostre ossa, doveva ascendere per accendere in noi il “desiderio del cielo”… Ritornando al Padre ci ha donato lo Spirito Santo, che radica in noi il desiderio di Dio.

Con la solennità dell’Ascensione celebriamo un mistero: il nostro desiderio di ritornare al Padre. “L’uomo è desiderio, l’uomo è un essere finito che si apre all’infinito, quindi gli manca sempre qualcosa. Grazie a Dio, gli manca l’infinito”, gli manca il paradiso. Che Gesù Ascende al cielo, in realtà o coinvolge anche tutti noi oppure resta un evento teologico ininfluente, per cui nel Figlio asceso al cielo, l’umanità di cui anche Dio si è impastato, siede alla destra del Padre, accanto al Padre. La nostra umanità, anche quella fatta di carne ferita, colpita, uccisa, è con il Signore, nel Signore, accanto al Padre dei cieli, accanto al Signore e Creatore del tempo e dello spazio. C’è una frase che appartiene al vangelo di Matteo che riempie di senso e ci corrisponde umanamente: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Sono le ultime parole del Vangelo di Matteo. Ecco, lui è con noi tutti i giorni perché noi siamo con lui nel  cuore del Padre, lì dove è la sorgente di ogni vita. Lui è con noi perché nella sua ascensione non c’è più cielo e terra, ma nel cielo ora c’è anche la terra. È questa la straordinaria certezza che ci deve accompagnare, è questo ciò che vorrei riempisse le nostre giornate colme oggi di crudeltà e disumanità. Gesù Asceso al cielo trasforma il desiderio di cielo in annuncio del Vangelo … al punto che Gesù risorto e vivo possa riempire il cuore e la vita di chi è in questo mondo e chi lo abita. Il Vangelo ci chiede di alzare gli occhi, di spostarli dal nostro ombelico, all'orizzonte di Dio ... ed è in questo tentativo che impauriamo l'esperienza dell'assenza, e ci chiede di fare lo sforzo di desiderare una fede che riesca a spingersi sempre un po’ più oltre. Non un oltre noi, ma un oltre con noi. Una fede forte di una certezza: siamo fatti per il cielo, la nostra umanità, noi siamo accanto a Dio, noi siamo con Dio, lì dove lui è. È questo il pensiero che dovrebbe disarmare ogni nostro gesto, ogni parola, ogni pensiero nemico.

sabato 31 maggio 2025

Festa della Visitazione

Rm 12,9-16b e Lc 1,39-56

Oggi si celebra la festa della “Visitazione di Maria ad Elisabetta”! 
Maria va dalla parente per condividere un sentimento! Maria, la futura  mamma di Gesù, sente la necessità di condividere la sua gioia, la sua perplessità, i suoi sentimenti con chi sta vivendo la sua stessa esperienza: Elisabetta! Proprio come dice san Paolo nella prima lettura di oggi …, "attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno" ...
La “Visitazione” è una festa che celebra l’incontro di due mamme e due bambini che, fidandosi della voce dello Spirito, hanno cambiato la sorte dell’umanità!
Beata colei che ha creduto! Beati noi se riusciremo a credere e a fidarci!

venerdì 30 maggio 2025

Paolo continua a insegnare

At 18,9-18 e Gv 16,20-23

Il brano di Atti ci parla della permanenza di Paolo a Corinto, dove viene incoraggiato dal Signore a continuare a predicare. Ma viene anche raccontato come Paolo, dopo aver lasciato la sinagoga a causa della resistenza degli ebrei, fonda una nuova comunità cristiana nella casa di Tizio Giusto. In questo periodo, Crispo, il capo della sinagoga, e molti corinzi si convertono e vengono battezzati. L'inizio non è un fermento a sestante, ma si innerva nelle dinamiche della vita reale, quasi l'evienza di una continua incarnazione.

giovedì 29 maggio 2025

Discepoli dinamici

At 18,1-8 e Gv 16,16-20

Nella interessante narrazione di atti emergono nomi e particolari che ci danno indicazione del dinamismo dei primi discepoli e delle prime comunità. Un dinamismo fatto che di grandi spostamenti. In questi quadro si sviluppa l'annuncio paolino, il cui entro è Gesù Cristo! Paolo annuncia che “Gesù è il Cristo”. Ma lo sviluppo di questo annuncio, che trova spesso opposizione tra i Giudei, sarà una scelta determinante: “D’ora in poi me ne andrò dai pagani”. Atti sottolinea che questa svolta è del tutto nella volontà del Signore, che in una visione notturna gli dice: “Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso”.

mercoledì 28 maggio 2025

Ascolto frutto di relazione

At 17,15.22-18,1 e Gv 16,12-15

Non è scontato che all'annuncio della Buona Novella tutti si convertano. L'esperienza di Paolo ad Atene testimonia come aprirsi al Risorto non è la conseguenza di un atto soprannaturale o magico, ma è la conseguenza di una relazione, che nasce a partire da  un incontro. Gli Ateniesi hanno donato il loro tempo e spazio per incontrare e conoscere Paolo ..., ma solo alcuni hanno aperto il cuore e la vita e come nel battesimo hannkdatk corso all'Effetà.
Così è fatto per le persone di Atene: "hanno donato il loro tempo e spazio per conoscere Paolo.. forse che, osservando un cristiano, si siano anch’essi cristianizzati?! La maggioranza hanno incrociato l’annuncio ma non lo hanno ascoltato.

martedì 27 maggio 2025

Cosa devo fare per essere salvato

At 16,22-34 e Gv 16,5-11

È un momento importante della predicazione di Paolo e Sila che, giunti nella città di Filippi, trovano ad affrontare diverse situazioni, anche interessanti per le interazioni sociali che si generarono tra cui anche il carcere. La missione non è una astrazione ministeriale ma si innerva nella quotidianità e anche la prigione - che potrebbe sembrare un limite insuperabile -, può divenire una occasione di conversione e di annuncio. Il carceriere, infatti,  accortosi che era accaduta una cosa strana, si precipitò dentro «e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila poi li condusse fuori e disse: “Signori, che cosa devo fare per essere salvato?”

lunedì 26 maggio 2025

Aprì ...

At 16,11-15 e Gv 15,26-16,4

Lidia, una donna che adorava Dio, e che stava ad ascoltare, ma non era una Giudea, ma credeva nel Dio di Israele; il Signore aprì il suo cuore per farla ascoltare le parole di Paolo. La parola qui tradotta con «aprì» descrive un’opera divina. Oggi questo «aprì» può riportarci al battesimo al rito dell'effetà ... Atti ci chiede di aprirci e donarci senza la pretesa di un tornaconto personale perché, come insegna il cuore, l’unico modo che hai per vivere è donare, l’unico modo che hai per amare è donarsi.

domenica 25 maggio 2025

Parola, Pace, Ricordo

At 15,1-2.22-29; Sal 66; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29

Nel vangelo di questa domenica, come in questi capitoli del suo vangelo, Giovanni ci immerge nell'esperienza che lui stesso ha fatto di Gesú, ci racconta le sue parole non per farcene un resoconto ma per dirci cosa quelle parole, nel tempo hanno suscitato in lui e nella comunità. 
Ci sono tre immagini che sii tracciano, tre situazioni che si rincorrono: la parola, il ricordare e la pace. Sono le realtà che oggi più di altre interagiscono con la nostra vita, con la nostra quotidianità e con la nostra fede.
La fede ha bisogno della Parola;
La quotidianità ha bisogno della pace;
La vita ha bisogno del ricordo.
Giovanni ci riporta alla Parola che è Gesù stesso, che per un discepolo è il criterio di giudizio della realtà. Proprio Gesù - Parola di Dio incarnata -, è il criterio di giudizio della realtà per tutti coloro che vogliono vivere secondo la volontà del Padre. Dobbiamo imparare ad usare il criterio della Parola, e pensare sempre all’esempio di Gesù e alla sua predicazione, per capire quali scelte fare, quali strade prendere, come rispondere a chi ci interpella o ci provoca, come affrontare difficoltà che la vita ci pone davanti.
Osservare la Parola significa fare della vita lo spazio esistenziale dove Dio dimora, rendendo il nostro cuore capace del mistero. E solo così la fede si alimentare e illumina la vita.
Giovanni risuona della parola detta da Gesù vivo e risorto: la mia pace è per voi! 
Non c’è forse qualcosa di cui oggi avremmo più bisogno? E credetemi, per quanto sappia quanto necessaria sia la pace tra i popoli, in questo momento, di fronte al Vangelo di Giovanni e a quella bellissima promessa di Gesù – «Vi lascio la pace, vi do la mia pace».
Se infatti penso alle parole e ai gesti di Gesù non come a delle formule magiche, capaci di risolvere i problemi del mondo con interventi divini straordinari, allora quella promessa di pace mi sembra qualcosa di molto più sconvolgente, che interpella la coscienza e non può essere silenziata. Il dono della pace di Gesù si radica in profondità; è un dono interiore, che annienta il timore e annulla le titubanze; è quella pace profonda che rende ogni persona capace di ascoltare lo Spirito, i suoi moti interiori, le sue istanze, i suoi effervescenti suggerimenti. La pace di Gesù, è quella che dobbiamo continuamente chiedere, nella consapevolezza che è un dono promesso e che, se accolto, rende ognuno strumento di pace… con lo stile di Dio!
In ultimo il ricordare ... L’invito a ricordare ritorna spesso con insistenza proprio perché l’uomo, da parte sua, tende a dimenticare.
Ma cosa significa realmente ricordare se non cercare in ogni modo di  riportare alla mente per fare rivivere e dare presenza nel reale, non nella immaginazione, al punto che la memoria interagisce col presente, con il quotidiano. Una grande fragilità umana è infatti la dimenticanza ... ci si dimentica degli amici, dei parenti, degli impegni presi ... ci si dimentica pure di Dio, e ci si rivolge ad altro. Ma quando l'uomo dimentica, perde la propria identità, perde se stesso, perde la vita, perché noi siamo interattivi con la memoria, con il ricordate, con la Parola che Dio dice in noi e per noi.
Giovanni, per primo, lui che ha vissuto gli anni della sua giovinezza con il Signore, ci fa dono della sua esperienza di memoria. Il suo stesso vangelo non è un racconto, una cronaca, ma uno spazio di memoria attualizzata, dove Gesù si rende presente e concreto, sempre. Il ricordo non ci spinge semplicemente a compiere un’azione piuttosto che un’altra, a ricordare una Parola piuttosto che un’altra, in ragione di Gesù, ma a rivivere ciò che Gesù ha vissuto, o, meglio, a vivere come Gesù ha vissuto. Allora, potremmo dire, che lo Spirito ci risuona della parola, per ricordarci che la pace è il dono del vivente ... egli ci riempie di pace.

sabato 24 maggio 2025

Orizzonti sempre nuovi

At 16,1-10 e Gv 15,18-21

Dopo le vicende narrate della vita della Chiesa nascente, siamo a una svolta nel racconto di Atti: l'annuncio della Parola, cominciata a Gerusalemme ora si dirige al mondo ellenista. Fino ad ora il campo d’azione restava sempre l’Asia Minore, caratterizzata da una forte affinità culturale per la presenza di comunità giudaiche e di proseliti. Ora c’è il salto qualitativo ultimo: “lo Spirito” non permette di predicare nella provincia di Asia. La visione notturna di Paolo, dirotta il suo cammino verso l’Europa, in Grecia. Paolo e i suoi compagni dovranno confrontarsi con il mondo greco-ronano, molto diverso da quello dell’Asia Minore. Occorreranno modi nuovi di approccio e di annuncio ... nulla di scontato. Anche oggi ci sono mondi nuovi, e non solo geografi in cui portare il Vangelo.

venerdì 23 maggio 2025

Una buona lettera

At 15,22-31 e Gv 15,12-17

La Chiesa delle origini non solo si accorda con ciò che è scritto nella Bibbia, ma di essa sceglie di seguire le pagine più profetiche, spinta dal soffio dello Spirito. Ecco perché nella lettera che i capi della Chiesa da Gerusalemme inviano ad Antiòchia viene scritto "è parso bene allo Spirito Santo e a noi": perché quella comunità sa bene che da sola non avrebbero avuto il coraggio di intraprendere una strada così nuova, una strada che segnava la differenza con l'ebraismo. La nuova strada intrapresa dai capi della Chiesa ispirati dallo Spirito Santo li spinge nella missione e si sentono incoraggiati perché si sentono seguiti dalla cura premurosa degli apostoli e sentono di far parte dello stesso corpo. Il cui capo Gesú  è conloro "fino alla fine del mondo".

giovedì 22 maggio 2025

Il criterio sella Parola

At 15,7-21 e Gv 15,9-11

Come derimere la grande discussione? Tutto è originato dalla Parola; che è la pietra di paragone e il criterio di giudizio della realtà. Proprio Gesù - Parola di Dio incarnata -, è il criterio di giudizio della realtà per tutti coloro che vogliono vivere secondo la volontà del Padre. Dobbiamo imparare ad usare il criterio della Parola, e pensare sempre all’esempio di Gesù e alla sua predicazione, per capire quali scelte fare, quali strade prendere, come rispondere a chi ci interpella o ci provoca, come affrontare difficoltà che la vita ci pone davanti. La Parola permette di non fare distinzioni, eccezioni, a imporre pesi insopportabili, ed arrogarci il diritto di ammettere o meno all”Eucaristia chi, secondo noi, è più o meno degno. Occorre proprio che la Chiesa superi la logica "delle etichette” e prevalga, finalmente, il Regno di Dio.

mercoledì 21 maggio 2025

La Chiesa è Sinodale

At 15,1-6 e Gv 15,1-8

I momenti cruciali della vita della Chiesa sono sempre Sinodali. La Sinodalità - cioè il cammino insieme -, è garanzia dell’autenticità del legame della Chiesa con la figura storica e l’insegnamento di Gesù, affinché anche da un conflitto di idee o divergenze dottrinali dove scaturire la direzione da seguire, valida per tutta la Chiesa. Questo ciò che accadde a Gerusalemme, in quello che viene chiamato il Primo Concilio. Ciò che normalmente emerge nel dialogo e nel confronto è che nessuna pratica religiosa, solida e per quanto rigidamente osservata, è in grado di salvare l’uomo, né di generare la gioia nel suo cuore, solo l'amore di Gesù salva, converte e rinnova la vita.

martedì 20 maggio 2025

Dio opera nella missione

At 14,19-28 e Gv 14,27-31

Dall'esperienza di Paolo e Barnaba, impariamo anche oggi che chi vive nella Chiesa deve essere pronto a subire di tutto per Gesù, anche il temtativo di lapidazione. Poi che niente può fermare l’opera evangelizzatrice di chi sente la chiamata missionaria: Paolo è appena scampato alla morte e va con Bàrnaba a predicare a Derbe, suscitando nuovi discepoli. Ed ecco che come sintesi di tutto ciò che si vive, il riconoscono che quanto hanno fatto non dipende da loro, ma dall’opera che Dio ha compiuto per loro tramite. La lode al Signore che opera attraverso di noi è la forza che ci sorregge nella vita quotidiana, per realizzare la grande missione che si vive nella Chiesa.

lunedì 19 maggio 2025

Raccontiamo le opere di Dio

At 14,5-18 e Gv 14,21-26

Paolo e Bàrnaba, nel loro primo viaggio missionario sperimenrano di tutto dopo la guarigione miracolosa: tentativo di lapidazione e poi anche di incoronazione; essere scambiati per Dei, ecc ... la realtà reagisce nei modi più diversi all'annuncio del vangelo. Una lettura distorta del miracolo, provocherebbe una ricaduta assurda, capace solo di deviazioni devastanti rispetto alla verità dell'annuncio. Ciò che emerge di rilevante è che tornati ad Antiochia, radunarono la Chiesa per raccontare le grandi cose che Dio aveva compiuto per mezzo di loro. È molto importante che ognuno di noi impari a raccontare le opere di Dio agli altri. Dio fa "cose" nella vita di ciascuno di noi che gli altri non sanno se non le raccontiamo noi. 

domenica 18 maggio 2025

Un popolo anaffettivo

At 14,21-27 Sal 144 Ap 21,1-5 Gv 13,31-35

Come ama Dio? Gesù ci mostra come Dio ama ... umanamente!
Papà Francesco ha scritto: "Come vorrei che ognuno nella Chiesa, ogni istituzione, ogni attività riveli che Dio ama l’uomo!. 
Ma come ama Dio? Non credo esista una risposta capace di soddisfare questa domanda.
Gesù non ci ha parlato dell'amore di Dio con i suoi stessi sentimenti, gesti, pensieri, azioni, ecc ... Non ha parlato di un amore astratto o sentimentale, ma ha espresso l'amore come qualcosa che si rende evidente attraverso le possibilità della nostra umanità, un amore incarnato; ci ha lasciato un comando che ci permette di viverecamando, con due modalità di attuazione:
- Amatevi gli uni gli altri;
- Amatevi come io vi ho amato.
La prima condizione da evidenza a tutta la nostra umana fragilità perché la reciprocità, gli uni gli altri è faticosa, fatta di gesti concreti che traducono l'amore ogni giorno,
La seconda condizione impone una imitazione senza appello, una totalità da riconoscere come condizione senza la quale non è possibile amare. Amare come Gesù ama, significa gratuità e dono. Nell'agire di Gesù non c’è il "ti do perché tu mi dia", ma c’è semplicemente il dono, puro e semplice, fatto senza pretesa né contraccambio alcuno.
Se la reciprocità ci fa sperimentare l'amore fraterno, la totalità ci pone nell'amore che è Dio.
L'esperienza umana e cristiana di amare non è allora una esperienza di sentimenti buoni, o affettivi, ma è un continuo misurare la realtà vissuta col metro che è Gesù stesso, un metro che misura anche i sentimenti e gli affetti. Alla luce di questo allora, l’amore è la sola risposta per gli appelli della nostra storia contemporanea, alle tensioni internazioni, ai disagi sociali, alle tante forme di discriminazione e odio. Amare non è buonismo ingenuo, ma sequela cristiana consapevole e moralmente responsabile.
Detto questo, chi seguire davvero Gesù impara ad amare. Solo chi sa farsi discepolo del Vangelo può amare come il Risorto ha amato. Non è una prerogativa esclusiva dei cristiani, ma chi si dice cristiano non può non può non amare, benché sia molto più facile fare altro. Chi si dice cristiano non può non mettere in campo scelte all’insegna della bontà: anche se questo renderà fragili, vulnerabili, contestabili. Il comandamento dell’amore è la sola e vera eredità che il Maestro ci ha consegnato, non ne abbiamo 10 più 1, ma ne abbiamo fondamentalmente uno, che deve essere, il nostro criterio quotidiano nella vita, nelle relazioni, nelle lotte e nelle ripartenze di ogni singolo istante. Dall’amore avremo tra di noi gli altri ci riconosceranno. In quell’amore potranno vedere Dio. Dal nostro amare potranno lasciarsi convincere della presenza di Dio che è amore. Se siamo anaffettivi, dove si vedrà Dio?

sabato 17 maggio 2025

La salvezza fino all'estremità della terra ...

At 13,44-52 e Gv 14,7-14

“Ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani”: e che questo sua una cosa buona si vede dai frutti: i pagani gioiscono per le loro vite, glorificano il Signore, e accresce il numero dei credenti. È la stessa dinamica che vediamo accadere nel Vangelo: come conseguenza di ogni miracolo compiuto da Gesù, aumentabil numero dei discepoli. É lo stesso movimento che si origina ogni volta che la Chiesa apre nuove piste di comprensione del Vangelo nel mondo di oggi, che si tratti del rapporto con tutti gli uomini del mondo – a qualunque religione appartengano – o del rapporto con il mondo che ci circonda o dei nostri stessi fratelli di fede, con cui costruire una nuova comunità di fede: la gioia del cristiano è segno inequivocabile dell’adesione alla gioia del Vangelo.




venerdì 16 maggio 2025

Il compimento è Gesù

At 13,26-33 e Gv 14,1-6

Sàulo sta ancora parlando agli Ebrei di Antiòchia di Pisìdia, ma nel dialogo non sono più "uomini di Israele" ma sono diventati "fratelli, figli della discendenza di Abramo": vuole talmente coinvolgerli nel cammino di salvezza che li aiuta a leggere ogni cosa accaduta a Gerusalemme come manifestazione della volontà di Dio. Allo stesso modo “la promessa fatta ai padri si è realizzata” in Gesù, il figlio di cui si compiace Dio Padre cone dice il salmo 2. Ma di quale promessa si tratta? Quella del "Dio con noi", ovvero la perfetta incarnazione della Parola in Gesù, ma anche la perfetta incarnazione dell’amore di Gesù in uomini e donne concrete e vive, perché l’amore di Dio agisce sempre nella storia concreta di ciascuno, risollevandola dopo ogni caduta e rinnovandola giorno dopo giorno.

giovedì 15 maggio 2025

Il filo della storia

At 13,13-25 e Gv 13,16-20

Da questo punto in poi, nel libro degli Atti, inizia in modo dettagliato e univoco la narrazione della vicenda legata a Paolo, che da persecutore è ora apostolo dei pagani.
Il suo intervento è quello di un Ebreo che ha imparato a leggere la storia del popolo di Israele da una prospettiva nuova, quella della missione di Gesù. La storia del popolo eletto narrata nelle scritture antiche ha un finale nuovo, che apre l’antica alleanza a una prospettiva più ampia con la figura di Giovanni il Battista. Paolo si rende conto di essere in quel filo rosso che percorre la storia, che è il cammino della salvezza: amche lui come tanti altri è stato chiamato per annunciare il Vangelo, nel mondo in cui vive. E noi?

mercoledì 14 maggio 2025

Scelto secondo il cuore di Gesù

At 1,15-17.20-26 e Gv 15,9-17

Reintegrare il numero dei dodici, è il primo atto della comunità dei discepoli dell'origine, un atto che pone uncriterio, a fondamento della comunità stessa: l'integrità di un numero per garantire la comunione. E così come Giuda ha abbandonato il posto nel ministero e nell’apostolato “per andarsene al posto che gli spettava”, la scelta di Mattia è in ogni modo un necessario evento di risurrezione. Anche oggi la scelta dei Vescovi nella chiesa contemporanea, rappresenta il modo di consegnare tutto al Signore “conoscitore del cuore di tutti”.

martedì 13 maggio 2025

La fede: Gesù è il Signore

At 11,19-26 e Gv 10,22-30

Vari sono i modi in cui lo Spirito agisce: non abbandona coloro che sono dispersi  a causa della persecuzione, seguita alla lapidazione di Stefano, anzi li accompagna fino a farli divenire nuovo seme di discepoli. È lo Spirito che suscita in alcuni discepoli il desiderio di annunciare la fede anche ai Greci di Antiòchia, nonostante la consuetudine di avvicinare solo persone di origine ebraica; è lo Spirito che suscita stimola nuovi apostoli, da inviare nella grande città di Antiochia per consolidarne la fede. Non dobbiamo aver paura di riconoscere il soffio dello Spirito anche al di fuori del piccolo orticello delle nostre comunità, dobbiamo riconoscere che i “segni dei tempi” ta sono fuori della vista del nostro micro orizzonte.

lunedì 12 maggio 2025

Non poniamo impedimento

At 11,1-18 e Gv 10,1-10

C'è una notizia straordinaria: il “vangelo” coinvolge persone di altre tradizioni spirituali e culturali. Il testo ci descrive l’opera stessa di Dio, e quindi gli interrogativi, le obiezioni e i “pensieri nuovi” provocati dal Signore stesso. Di frone a questa nuova e buona parola, crollano gli schemi che normalmente costruiamo anche a livello religioso. Anche Pietro è messo in questione dal suo mondo proprio per essersi posto come annunciatore dei doni che Dio vuole offrire a tutte le genti della terra. Pietro prende gradualmente coscienza di una salvezza che ora deve dilatarsi dal popolo di Israele a tutte le nazioni: “chi ero io per porre impedimento a Dio?”

domenica 11 maggio 2025

Nessuno ci strapperà ...

Gv 10,27-30

Nessuno può strapparci, separarci, allontanarci da Dio, neppure noi stessi e il nostro senso di inadeguatezza.
Ogni giorno possiamo dire che non c’è caduta, non c’è giudizio, non c’è peccato che possa escluderci dalla vita di Dio.
Nelle parole di Gesù scopro che nella comunione con Dio posso sempre ricominciare, so che in Dio posso sempre fare esperienza di misericordia, potrò sempre sentire compassione, delicatezza, misericordia, amore, gratuità. Quando Gesù si è presentato come il Buon Pastore, credo che prima di tutto abbia guardato quelle persone con compassione perché stanche, disorientate, assetate di un qualcosa che era oltre il senso religioso, oltre le leggi e le prescrizioni dei sacerdoti del Tempio, oltre i riti e i sacrifici, che consolavano ma non aprivano alla speranza certa dell'amore di Dio per noi. La paura di Gesù era che qualcuno di quelli che stava guardando, camminasse nel silenzio nel cuore, la solitudine che divora e nella quale ci si perde. Gesù il Buon Pastore vuole sempre raggiungerci, accompagnarci, indicarci la vera meta della vita.
Il Buon pastore vuole condividere con noi un segreto che solo condiviso da senso a tutto: la sua vita è incrocio di vite, è comunione di storie, è incontro tra diversi, la vita è lo spazio che possiamo riempire della sua presenza di eternità.
 

sabato 10 maggio 2025

È Cristo che agisce

At 9,31-42 e Gv 6,60-69

Non è un genere letterario petrino presentare Pietro che compie gli stessi miracolosi di Gesù, perché dobbiamo rimettere tutti e sempre al cemtro il Signore e imparare a stupirci anche dell’idea che un uomo possa operare un miracolo. Il brano di Atti mette in evidenza come i miracolid8 Pietro (anche quelli di Gesù) non sono illusioni fuori dalla realtà ma avvengano in contesti di quotidianità e semplicità; nella vita semplice delle persone, in mezzo ai fatti di tutti i giorni. Il legame indissolubile che ciascuno ha con Cristo, gli permette di essere straordinario nell'ordinario quotidiano.

venerdì 9 maggio 2025

Un intreccio di grazia

At 9,1-20 e Gv 6,52-59

Gesù agisce nella storia e nella sua Chiesa attraverso il suo Spirito, che parla ora con voce di tuono, ora con sussurro leggero. Ma non può fare niente se noi non prestiamo attenzione al sussurro, o se resistiamo alla forza del tuono: se Sàulo o Ananìa non avessero permesso allo Spirito di farsi strada in loro, forse la storia dell’evangelizzazione sarebbe stata diversa.  E se noi oggi non crediamo che lo Spirito continua a suscitare profeti e apostoli per la sua Chiesa, non sapremo riconoscerli, anzi, non li aiuteremo a riconoscere in loro stessi la chiamata del Signore e a compiere la missione, pensata dal Padre per il bene della Chiesa e di tutti.