Genesi 44,18-45,5 e Matteo 10,7-15
La situazione precipita: la madre, Rachele, entra in agonia. Ma la levatrice riesce a estrarre la creaturina: un maschio. La pone, ancora insanguinata, sulla madre per darle coraggio. Essa, con un filo di voce, mormora il nome da imporre al bambino: Ben-onî!, che in ebraico significa “figlio delle mie doglie”. E subito dopo muore. Giacobbe è travolto da due sentimenti contrastanti: l’immensa sofferenza per la perdita della moglie che tanto aveva amato più di tutte, e la gioia per quel bambino che gli ha donato proprio nell’ istante della morte. Ecco, allora, la sua decisione: il nome di questo piccolo non sarà triste come voleva la madre, ma sarà un augurio festoso. E Giacobbe gli impone il nome di Beniamino, in ebraico Ben-yamîn, “figlio della destra”, ossia “figlio della fortuna, della prosperità, del buon auspicio”.
uella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».
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