Genesi 21,5.8-20 e Matteo 8,28-34
mercoledì 30 giugno 2021
Una promessa molteplice
martedì 29 giugno 2021
Ho combattuto la buona battaglia ...
Atti 12,1-11; 2Tim 4,6-8.17-18 e Matteo 16,13-19
lunedì 28 giugno 2021
Genesi 18,16-33 e Matteo 8,18-22
La preghiera di Abramo tra peccatori e giusti
Ci sarebbe molto da dire circa il peccato di Sodoma e di Gomorra, che attraverso una lettura e uno studio approfondito del testo, supera la convinzione tradizionale acquisita circa il peccato di sodomia. Ma rileggendo il testo si giunge a una evidenza che va oltre anche all'esperienza di intercessione nei confronti dei giusti e il legittimo giudizio per delle città "il cui grido è troppo grande e il peccato è molto grave".
Cosa c'è al centro di questo brano di Genesi?
Scrive papa Benedetto XVI: "Abramo non chiede a Dio una cosa contraria alla sua essenza, bussa alla porta del cuore di Dio conoscendone la vera volontà. Certo la distruzione di Sodoma doveva fermare il male presente nella città, ma Abramo sa che Dio ha altri modi e altri mezzi per mettere argini alla diffusione del male. È il perdono che interrompe la spirale del peccato, e Abramo, nel suo dialogo con Dio, si appella esattamente a questo. E quando il Signore accetta di perdonare la città se vi troverà i cinquanta giusti, la sua preghiera di intercessione comincia a scendere verso gli abissi della misericordia divina". È questa la potenza della preghiera. Perché attraverso l’intercessione, la preghiera a Dio per la salvezza degli altri, si manifesta e si esprime il desiderio di salvezza che Dio nutre sempre verso l’uomo peccatore; il suo desiderio è sempre quello di perdonare, salvare, dare vita, trasformare il male in bene”.
domenica 27 giugno 2021
Quotidianità con il risorto!
Sap 1,13-15; 2,23-24; Sal 29; 2 Cor 8,7.9.13-15; Mc 5,21-43
Non solo miracoli e segni, non solo discorsi e insegnamenti. I vangeli, nel proporci la narrazione della persona di Gesù, hanno comunque una grande cura nel raccontare la quotidianità della sua vita; un poco per volta scopriamo la sua vita di tutti i giorni fatta di relazioni, di incontri, di umanità!
E così come, il toccare Gesù, l'essere toccati da Lui, corrisponde anche a un lasciarsi toccare il cuore. È un mettere completamente in relazione la propria umanità, la propria persona con la sua..
Ed ecco che Gesù si gira, si avvicina, si affaccia al dolore: “non temere, soltanto abbi fede”. Giunti alla casa, Gesù prende il padre e la madre con sé; prende con sé anche i suoi tre discepoli preferiti, li mette alla scuola dell’esistenza. Non spiega loro perché si muore a dodici anni, o perché esiste il dolore, ma li porta con sé nel corpo a corpo con l'ultima nemica: la morte: «Prese la mano della bambina».
Bellissima immagine: Dio e una bambina, mano nella mano. Non era lecito per la legge ebraica toccare un morto, si diventava impuri, ma Gesù profuma di libertà e di vita. E ci insegna che bisogna toccare la disperazione delle persone per poterle rialzare.
"Talità kum". Bambina alzati.
Ecco descritti come i sentimenti e le situazioni di vita di un padre la cui figlia è gravemente malata, in fin di vita, entrano in contatto con i sentimenti e la persona di Gesù. E a seguire una donna umiliata, da tanti raggiri, ormai stanca di chiedere ancora consulti ed aiuti, tenta furtivamente di garantirsi la guarigione, ma quel toccare il Signore è come una accusa: "non fai nulla per me ..."
Di fronte a questa vita quotidiana, il lasciarsi toccare di Gesù è volersi coinvolgere.
Tutto ciò supera il fare un gesto straordinario; ma è un toccare in profondità, è un toccare il cuore di un padre disperato, è il toccare il cuore di una donna frustrata, è il toccare il nostro cuore e generare un affidamento a Lui che diviene progressivamente fede.
La nostra vita quotidiana è il luogo della relazione con il Signore.
È la quotidianità lo spazio nel quale nell'incontrare Gesù, la fede, ben lungi da un ragionamento o da una adesione formale, diviene condizione di salvezza: "desidero essere salvato dall'amore di Gesù".
È in questo ordine di esperienza che è possibile il cambiamento, la conversione della vita; proprio perché la relazione con il Signore, l'incontro con lui tocca la mia umanità, se mi lascio toccare ...
Per noi oggi il toccare di Gesù, il lasciarci toccare, e il volerlo toccare è riferito al Gesù vivo, risorto e glorioso.
È il risorto che entra in relazione con la nostra quotidianità, non un ricordo di altri tempi. È il risorto che tocca a nostra umanità, che ci tocca nel profondo, non si tratta di gesti scaramantici o rituali che invocano una salvezza: noi oggi siamo toccati dal risorto cioè dalla salvezza vera.
sabato 26 giugno 2021
Mamre: accoglienza e promessa.
Genesi 18,1-15 e Matteo 8,5-17
Il racconto inizia con quell'ospitalità di Abramo che inconsapevole accoglie Dio stesso che gli si manifesta. È una situazione tipica del deserto nella stagione più calda ... Quasi a rassicurarci che la quotidianità è lo spazio preferito da Dio per rivelare le sue "promesse". Di questo brano mi piace sottolineare l'inadeguatezza di Abramo e di Sara, una inadeguatezza che si è via via generata nel tempo, negli anni in cui la delusione e l'amarezza si sono in un certo modo smussate fino a divenire quella sottile ironia che, la descrizione (della coppia Abramo e Sara) dell'autore di genesi, sottintende: "Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!".
Ma è proprio questo ciò che la promessa vuole affermare nella nostra vita: il superamento dei nostri limiti, per inaugurare un tempo di grazia e il tempo della fedeltà di Dio verso di noi. Il figlio che nascerà indipendentemente dalla sfiducia dei due patriarchi, indipendentemente dalla inadeguatezza dovuta alla sopraggiunta vecchiaia è un segno; ma è soprattutto la possibilità di aprirci al mistero di un amore, quello di Dio, che ci pervade e che porta a compimento realmente ogni nostro desiderio più radicato e soprattutto la nostra vocazione, ovvero la nostra chiamata a realizzare le grandi opere di Dio.
Anche io, ora che sono vecchio e celibe, mi accorgo con stupore di aver scoperto la paternità come dono di Dio! È bellissima ed è fonte di gioia e di pienezza, come anche condizione necessaria per qualsiasi fecondità!
venerdì 25 giugno 2021
La concretezza della promessa
Genesi 17,1.9-10.15-22 e Matteo 8,1-4
giovedì 24 giugno 2021
Secondo le promesse ...
Isaia 49,1-6; Atti 13,22-26 e Giovanni 1,57.66-80
Natività di Giovanni Battista
La storia umana è anche la storia di Dio. C'è un grande fraintendimento nel nostro modo di percepire questo inevitabile intreccio che rappresenta il tempo e il suo divenire. Non siamo di fronte a due linee parallele che mai si incontreranno e neppure a due binari uniti a intervalli da traversine. La storia di Zaccaria ed Elisabetta, come anche quella di Giovanni Battista, le loro personali vicende sono anche Il tempo di Dio. È il tempo concreto in cui le Promesse rivelate anche nei profeti trovano realizzazione. Ma non è ingerenza, non è una violazione della libertà dell'uno e dell'altro; questo è vero, se la storia rappresenta il divenire positivo della piena realizzazione della verità. Quando in un'ottica di autonomia, invece, Dio è percepito come un possibile antagonista, oppure come un ingiustificato ingerente nella libertà ed emancipazione dell'uomo, la frattura è tale che ciò che rappresenta il sacro divine inevitabilmente parte avversa. È questo lo scontro culturale che spesso si consuma all'interno del nostro mondo occidentale. Ma d'altronde, quando l'autonomia si prefigura come autosufficienza delle istituzioni, ecco che non c'è più spazio per il mistero. Il cristianesimo invece nell'evolversi della storia umana è erede delle stesse promesse fatte al nostro padre Abramo e poi ai profeti, al suo popolo Israele ecc... Il cristiano vive compreso nel mistero di Dio nel tempo della fede e delle Promesse, che trovano costantemente manifestazione nelle vicende personali, come anche nelle nostre. Siamo di fronte a un modo differente di percepire la realtà ... Di questo non possiamo scandalizzarci. Però quanto è consolante per tutti noi vivere nella stessa promessa di Abramo, il quale poté alzare lo sguardo al cielo e contarvi le stelle. In quelle stelle vide la promessa della sua discendenza, vide anche noi. Un vedere che ci coinvolge totalmente e che chiede la nostra responsabilità - che non può mai essere partigiana -, in questo cammino nel tempo, cioè nel portare a pienezza le promesse stesse; è questo guardare il cielo che ci permette di vivere meglio l'essere nella terra.
mercoledì 23 giugno 2021
"Che cosa mi darai?"
Genesi 15,1-12.17-18 e Matteo 7,15-20
martedì 22 giugno 2021
Un cuore e una promessa
Genesi 13,2.5-18 e Matteo 7,6.12-14
lunedì 21 giugno 2021
Un viaggio in uscita
Genesi 12,1-9 e Matteo 7,1-5
Iniziando la lettura del capitolo 12 di genesi, ci affacciamo alla storia di Abram, a lui Dio chiede di assumersi la responsabilità della propria vita: non saranno più altri a condurlo. Ma sarà lui che dovrà seguire la chiamata che Yhwh gli rivolge nel cuore. Rispondere alla propria vocazione significa, per Abram e anche per noi, accettare di uscire dal nostro essere bambini per introdurci nell’avventura della vita – avventura in cui Dio, sia si pone come garante di nulla, e non si sostituisce mai a noi, ma ha un unico obiettivo: ci vuole fare crescere. Uscire significa incamminarsi verso il futuro, a partire da ciò che siamo, e da quanto c'è ora. Ecco allora che ciascuno di noi deve guardare ad Abram come un modello di vita, e pensare di essere chiamato da Dio a vivere la stessa traiettoria di uscita dalla “casa paterna” per attuare la propria vocazione, per esercitare la propria fecondità nel mondo. È necessario uscire dal nido, è necessario uscire nel mondo per dare concretezza alla personale chiamata. Uscire dal cerchio ristretto che ci ha generato ma che non è lo spazio della nostra esistenza e che non permetterà mai alla nostra vita di sbocciare nella sua vera fecondità. Ciò che accompagna il viaggio in uscita di Abram, non è solo il desiderio di avventura, non solo l'atrattiva per un mondo nuovo e migliore, ma tutto si unisce al mistero del Dio accanto, con cui Abram intesse una relazione intensa e di amicizia. È questa relazione intima che porta Abram a maturare l'affidamento e l'abbandono, che è la fede.
domenica 20 giugno 2021
Tempesta di salvezza!
Gb 38,1.8-11; Sal 106; 2 Cor 5,14-17; Mc 4,35-41
Il mare di Galilea, un laghetto di piccole proporzioni per girarci intorno a piedi si percorrono 53 km .... Se pensiamo al nostro lago di Garda occorre camminare per 143 km, è un quindi un piccolo laghetto ... Ma per quella terra e per i tempi di Gesù è un vero e proprio mare, dove si incrociano popolazioni, culture, storie e la vita di tutti i giorni.
Un lago solcato da barche per la pesca e per il trasporto di merci, un lago che permette gli scambi e il mercato, e dà lavoro a tanta gente.
Quel lago intorno, conserva tuttora i tratti dei monti e delle colline che anche Gesù ha visto, perché non dobbiamo dimenticarlo, questo laghetto è lo spazio privilegiato da Gesù per annunciare il Regno di Dio ... Intorno a quel lago, Gesù, ha vissuto circa tre anni.
Nella mia esperienza della Galilea quelle rive le ho percorse camminando attorno, quando il lago nella sua calma rappresenta uno spazio di pace e di ristoro. Quelle acque sono un vero refrigerio nel caldo dei mesi estivi dove le temperature al sole raggiungono anche i 35, 40 gradi. Quel lago, scendendo dalle colline attorno, è di un azzurro cielo, quando tutto intorno è arso dal sole e dalla siccità e il contrasto tra il giallo e l'azzurro propone un prezioso accostamento tra l'oro e il turchese! Ma ho visto anche un lago ombroso, tra correnti impetuose, sferzato da raffiche capaci di piegare fino a lambire le acque le palme piantate sulla riva. Vento, fulmini, correnti, nubi nere e che rapidamente si muovono da una l'arte all'altra, rovesciano impetuose, le cataratte del cielo. Un laghetto che si trasforma in un luogo di terrore e paura dove le barche possono ben temere di affondare rovinosamente.
Vi ho raccontato alcune immagini del lago di Tiberiade, ovvero Mare di Galilea, perché sono il luogo dove questo Vangelo prende vita, dove ha avuto origine quanto oggi la parola di Dio ci ha narrato.
È su questo lago, dove si sviluppa una relazione quotidiana con il Signore, dove l'amicizia si stringe con il lavoro, gli affetti con l'ascolto, e dove i discepoli imparano a riporre in Gesù ogni fiducia, ogni aspettativa: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?"
Ma la fede nasce proprio in una esperienza, nasce nel passaggio dal dubbio alla presa di coscienza della propria paura. Questi discepoli di cosa hanno paura se non di morire? "Maestro, non t’importa che siamo perduti?"
Su quel lago, i discepoli di Gesù hanno sperimentato la gioia di scoprire un amico, nella bellezza di un luogo che faceva cornice a una gratificazione inappagabile. Stare con Gesù ascoltarlo, guardarlo, mangiare con lui, appagava i desideri e dava gioia e felicità. Ma forse non erano ancora arrivati a comprendere il vero spazio di possibilità che Gesù determinava nella loro vita. Ma ora nella tempesta, quello stesso luogo diviene lo spazio del nostro limite, della nostra Paura, della morte, cioè la paura di non riuscire a tenere nelle nostre mani la vita ..., come se questa vita da un momento all'altro possa sfilarsi tra le nostre dita.
Questo è il contesto in cui per la prima volta Gesù provoca i discepoli circa la fede personale. Tutto precipita nella paura, non solo rispetto alla tempesta o alla morte, ma rispetto allo spazio della Sua possibilità. È questa situazione limite che ci porta a confrontarci con la nostra fede in lui, a considerare che colui che dorme durante la tempesta è il risorto dalla morte, dalla più sconvolgente tempesta e abisso di cui l’uomo con paura fa esperienza, ma appunto se Gesù è risorto, anche se noi moriamo, Lui è con noi ed è il risorto, il Signore della vita. È questa certezza che cambia tutto!
La vita e la familiarità con Gesù sono lo spazio per trasformare la paura in amore, il timore in una fratellanza, lo stupore in consapevole fede. Anche noi dobbiamo imparare a conoscere Gesù, nessuno di noi può avere la presunzione di conoscerlo di già! Allora se Lui è con noi, a salvarci da tutti i nostri naufragi, è qui già prima del miracolo: è qui nelle braccia forti di quegli uomini che non mollano i remi; è nella presa salda del timoniere; nelle mani che svuotano il fondo della barca dall'acqua che le onde continuano a riversare. Lui è in tutti coloro che, insieme, compiono i gesti che proteggono la vita è che conducono la barca anche nella tempesta.
sabato 19 giugno 2021
La forza nella debolezza!
2 Corinzi 12,1-10 e Matteo 6,24-34
venerdì 18 giugno 2021
Sono a servizio di Cristo?!
2 Corinzi 11,18.21-30 e Matteo 6,19-23
giovedì 17 giugno 2021
Forse perché non vi amo? Lo sa Dio?
2 Corinzi 11,1-11 e Matteo 6,7-15
mercoledì 16 giugno 2021
Saremo ricchi per ogni generosità!
2 Corinzi 9,6-11 e Matteo 6,1-6.16-18
martedì 15 giugno 2021
È bellissimo mettere alla prova il nostro amore ...
lunedì 14 giugno 2021
A servizio di Dio ... Per servire i fratelli!
2 Corinzi 6,1-10 e Matteo 5,38-42
domenica 13 giugno 2021
Il regno di Dio non è una storia per immagini
Ez 17,22-24; Sal 91; 2Cor 5,6-10; Mc 4,26-34
sabato 12 giugno 2021
Isaia 61,10-11 e Luca 2,41-51 - Cuore Immacolato di Maria
venerdì 11 giugno 2021
Sentirsi amati da Dio ...
giovedì 10 giugno 2021
La gloria rifulge in noi
2 Cor 3,15-4,1.3-6 e Matteo 5,20-26
È questo mistero di comunione che rappresenta il cuore dello svelamento della gloria. Se di fronte alla gloria, i nostri padri stavano in una adorazione velata, per noi invece, il mistero ci introduce nello svelamento, cioè conoscer il Padre attraverso la conoscenza-comunione con Cristo. Ecco allora un piccolo aiuto o insegnamento Paolino circa il nostro ministero/servizio: Siamo infatti chiamati, ciascuno secondo i talenti che ha ricevuto, a riflettere la luce con la quale Cristo illumina il nostro cuore, affinché il mondo che ci circonda possa esserne altrettanto beneficato.
mercoledì 9 giugno 2021
Specchiati e Trasformati
2 Corinzi 3,4-11 e Matteo 5,17-19
martedì 8 giugno 2021
Il "si" di Cristo e il nostro "amen"
2 Cor 1,18-22 e Matteo 5,13-16
lunedì 7 giugno 2021
La consolazione ...
2 Corinzi 1,1-7 e Matteo 5,1-12
domenica 6 giugno 2021
Desiderio di essere uno ... Un solo corpo ...
Es 24,3-8; Sal 115; Eb 9,11-15; Mc 14,12-26
Nella comunità cristiana dei discepoli di Gesù a partire dal quarto secolo, troviamo la memoria del luogo dell'ultima cena. Viene fissata e per secoli riconosciuta, e visitata, come luogo in cui Gesù spezzò il Pane e lo diede ai discepoli come suo corpo; dove prese del vino e lo diede ai discepoli come suo sangue. Il tutto come segno del dono della sua vita, del sacrificio che sarebbe stato consumato sulla croce.
Questa priorità della Chiesa delle origini esprime l'importanza e l'urgenza non certo di rintracciare i luoghi archeologici per i nostri pellegrinaggi, ma per esprimere nel tempo ben di più di una memoria, ma una continua attualizzazione di quel gesto fatto da Gesù.
Trovare quel luogo fu una necessità esistenziale, al punto che non ci si meraviglia scoprire che forse non era proprio quello il luogo del cenacolo, ma che in verità si trova in una parte di Gerusalemme (il seminario della Chiesa Armena) di cui si erano perse le tracce, in quanto dal 70 dC è fin oltre il secondo secolo, zona dell'accampamento Romano in città, e quindi interdetto a tutti.
Ma la comunità Cristiana non può fare a meno di un luogo dove riconoscere rendere attuale quel darsi di Gesù nel pane e nel vino.
Per noi oggi, quindi, a cosa serve un Pane, un Dio, chiuso nel tabernacolo, da esporre di tanto in tanto alla venerazione e all’incenso?
Gesù non è venuto nel mondo per creare nuove liturgie, ma figli liberi e amanti e vivi in forza della sua vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Corpo e sangue indicano tutta la sua esistenza, la sua vicenda umana, è tutto il mistero della incarnazione.
Diceva il Vescovo Giovanni giovedì sera in Cattedrale: "Senza l'eucaristia non possiamo vivere"! E questa condizione quando ci è stata pesante in questi mesi di pandemia e in quelle settimane di divieti.
Una provocazione vera nel senso che non possiamo vivere cristianamente senza l'eucaristia; e che se ci priviamo dell'eucaristia, che vita è la nostra?
Fare la festa del Corpus Domini, ci riporta a una concretezza necessaria e rigenerante.
Raramente infatti, prendiamo coscienza che il mistero dell'incarnazione rivela ed esprime il dono della vita di Dio agli uomini. Gesù non è venuto solo per perdonarci i peccati ma per darci la sua vita: "... prese il pane, lo spezzò e lo diede loro e disse ... Mangiatene tutti ..."
Non è una consegna simbolica, ma un agire intenzionale; da quel darsi per noi cambia tutto ... Eppure siamo sempre così superficiali, indifferenti ... Così insipidi rispetto alla relazione/amicizia che Gesù ci offre...
Forse a volte non vogliamo ammetterlo, ma ci abituiamo a una vita priva del suo pane ... Una vita che diviene grigia e senza fragranza...
Oggi vogliamo recuperare quel corpo spezzato ... Il pane consacrato come il mio nutrimento per la vita eterna, a partire da questa vita che è già la premessa per quella vita che in me, supererà e vincerà la morte se unita al Signore.
Oggi voglio bere e quel sangue versato. Il vino donato, purifica il peccato del mondo e scorre nel sangue di tutti gli uomini distruggendo ogni barriera e divisione. Quel sangue versato da Cristo sulla croce, quel vivo dato come sangue ai discepoli impasta (unisce) la terra al cielo. Abbiamo lo stesso sangue, per cui ogni uomo è mio fratello ... E se da cristiano penso che qualcuno possa essere trattato diversamente da come io voglio essere trattato, considerato, conosciuto, allora disconosco e annullo il segno del Sangue di Cristo. E vanifico la fratellanza.
sabato 5 giugno 2021
Fare conoscere le opere di Dio.
Tobia 12,1.5-15.20 e Marco 12,38-44
A conclusione della narrazione, l'autore sacro introduce un tema che generalmente non viene preso in considerazione, il tema della ricompensa. Tobia e Tobì, ora si rendono conto di avere ricevuto tanto, molto più di quanto si aspettavano. L'incontro con Azaria-Raffaele, pone in essere una nuova prospettiva che non si limita alla retribuzione, ma dilata e ribalta il nostro modo umano di comprendere la categoria della gratuità, ovvero della grazia. Alla luce della quale, anche l'osservanza della Thorah (delle leggi di Dio) acquista un'altra risonanza. Se da una parte si vuole esprimere il giusto desiderio di contraccambiare i doni ricevuti, ciò che deve emergere è che Dio non "prende" nulla in cambio per i suoi doni. Il suo obiettivo è un altro: istaurare una relazione di amore e fiducia con lui. Raffaele testimonia che colui che opera il bene (Dio) e vuole la vita per le sue creature, dispone tutto in modo che si passa riconoscere e riconoscerlo in ogni gesto di amore.; ogni gesto di bene non va perso, anche quando le apparenze sembrano affermare il contrario.
Anche noi, facciamo esperienza della bontà di Dio, ma quando facciamo esperienza del riconoscere la sua piena gratuità? E cosa cambia in me questo gratuita di Dio?
venerdì 4 giugno 2021
Una storia a lieto fine
Tobia 11,5-17 e Marco 12,35-37
giovedì 3 giugno 2021
Una "storia" - chiamata - narra la nostra esistenza!
mercoledì 2 giugno 2021
La fatica della sofferenza
Tobia 3,1-11.16-17 e Marco 12,18-27
martedì 1 giugno 2021
Messo alla prova
Tobia 2,9-14 e Marco 12,13-17