Neemia 8,1-4.5-6.7-12 e Lc 10,1-12 (San Girolamo)
giovedì 30 settembre 2021
Il libro della legge
mercoledì 29 settembre 2021
Santi arcangeli, mistero e presenza oltre il tempo
Daniele 7,9-14 e Giovanni 1,47-51
martedì 28 settembre 2021
Abbiamo udito che Dio è con voi ...
Zaccaria 8,20-23 e Luca 9,51-56
lunedì 27 settembre 2021
Dio sogna ... Noi lo sogniamo?
Zaccaria 8,1-8 e Luca 9,46-50
domenica 26 settembre 2021
Disconnettersi & connettersi
Numeri 11,25-29 / Salmo 18 / Giacomo 5,1-6 / Marco 9,38-48
In questi giorni una notizia mi ha colpito, e mi ha suscitato un senso di disagio e di paura.
Afganistan, nuovi orrori, i Talebani hanno condannato un giovane ragazzo di 18 anni alla amputazione in pubblico di una mano e di un piede, perché il ragazzo era accusato di furto. La terribile condanna rappresenta l’applicazione più spietata della shaaria, è stata eseguita nella provincia di Herat. La gente del posto è stata invitata ad assistere allo "spettacolo" - un modo per dissuadere a compiere ulteriori furti, dicono i talebani -. Il giovane è stato tenuto prigioniero un mese, prima di essere processato sommariamente in pubblico e sottoposto alla terribile condanna. Ma anche altre notizie simili arrivano ora da quella terra, comprese le lapidazioni pubbliche di donne adultere e la fustigazione, sempre pubblica, dell'uomo colto in fragranza di adulterio.
Mi ha fatto molto pensare questo estremismo nell'applicare il Corano, che per un islamico, rappresenta anche il fondamento della legge morale, giustificato col dire: “se io non giudico le vostre leggi occidentali, perché dovete giudicare le nostre?”
Di fronte a tutto ciò ... ci possiamo voltare dall'altra parte e fare finta di nulla.
Ma per me il Vangelo di oggi, dice qualcosa di veramente illuminante. Un Vangelo che ci impedisce di trasformarci in cinici esecutori di una legge morale che serve solo a punire e a reprimere l'uomo dentro le sue frustrazioni e fragilità, rinchiudendolo dentro il suo peccato e riconoscendolo solo come peccatore.
La punizione quando non serve a sollevare la persona e a restituirla alla sua vera dignità è solo una condanna a morte. La punizione in realtà, per un credente in Dio, è un cammino di riabilitazione di fiducia e di speranza: perché la tua umanità che è immagine di Dio, appartiene a Dio ed è amata da Dio; una punizione non può ridursi a condanna e persecuzione ... A volte dimentichiamo che tutto di noi è salvato dal figlio di Dio, Lui che ha vissuto l'esperienza di una atroce è ingiusta sentenza e condanna.
Ma allora queste parole "chi scandalizza un piccolo è meglio che si butti in mare con una bella pietra al collo ... Se la mano è motivo di scandalo, tagliala; se l'occhio è motivo di scandalo, toglilo; se ...
Non fanno così i Talebani oggi? Noi non dovremo avere lo stesso tenore, la stessa fermezza morale?"
Cosa significa tagliare, togliere, gettarti nel mare ... Per Gesù queste immagini sono di una forza estrema, proprio per farci entrare in quella dinamica profonda di male che con il nostro agire siamo capaci di generare, e nello stesso tempo ci immerge nella drammaticità della pena/punizione che una giustizia puramente umana, sarebbe capace di esprimere: solo conseguenza della violenza e della barbarie che abita la nostra disumanità.
Tagliare, togliere, gettarti in mare ... Oggi potremo sostituirli col concetto di disconnettersi!
Orecchie, occhi, mani, cuore ... Sono parti del nostro corpo, ma rappresentano anche quanto si compromette con le scelte di male: con le inclinazioni al peccato; con le seduzioni dei nostri appetiti sensuali, narcisistici e di possesso; con l'attaccamento alla ripetitività dei nostri limiti morali e fragilità.
Disconnettiti, significa tagliare, staccare, gettare fuori di te stesso, quanto ti tiene schiavo e ti lega a una realtà che ti intossica, ti priva di libertà, ti condiziona.
Oggi capiamo che la "connessione"non dà scampo, pretende tutto da te, una volta connesso tutto è condiviso.
Ecco perché è fondamentaleconnettersi con ciò che non distrugge la tua umanità. Gesù si propone come Vangelo della vita, come colui la cui connessione ti costruisce nella libertà.
Ecco allora che non possiamo mai limitarci come cristiani, all'applicazione di una condanna, o a promulgare una giustizia/giudizio solamente è rigorosamente umano, ma dobbiamo sempre avere in noi la connessione con il Risorto, con il Signore della vita e dell'amore, colui che della condanna ha fatto l'occasione di salvezza.
Disconnettiamo la nostra quotidianità dalle fragilità che ci sono vicine, cercando di connetterci con quella parola di verità che è capace di mettere in crisi e discussione il nostro modo di pensare e di amare i fratelli.
In questo modo tutto diventerà come un fresco bicchiere d'acqua. Cioè il Vangelo in noi ci permetterà di avere semplicità, misericordia, speranza e tenerezza, ma soprattutto la forza di realizzarlo, in una proposta nuova e veramente umana.
Un bicchiere di acqua rappresenta un segno povero ma pieno di possibilità. Tutti l'abbiamo, e nel momento che è dato, esso diventa una possibilità di vita per chi lo riceve. Chi è di Cristo è uno che da non un bicchiere d'acqua, ma tanti bicchieri di acqua, quante ne occorrono per generare la comunione.
È in questa disponibilità ad essere di Cristo che nasce l'esserci della Chiesa.
Incoraggiati da Papa Francesco, togliamo il male che ci ferisce (che ci rende gelosi e cinici gli uni verso gli altri) e che rende impossibile la gioia del mondo e nella Chiesa stessa.
Ognuno, con il dono che ha ricevuto, con le luci che il Signore gli da, deve togliere ciò che è di scandalo, cioè disconnettersi, ed aiutare il resto dei membri della Comunità a trovare la via dell'amore, della pace, della giustizia e della fraternità, cioè a restare connessi con Gesù.
sabato 25 settembre 2021
Gerusalemme città di tutta la terra
Zaccaria 2,5-9.14-15 e Luca 9,43-45
Ancora una visione profetica, quella di Zaccaria, illumina la prospettiva di chi crede: non solo Dio abita Gerusalemme, non solo il Tempio sarà riedificato per sancire il ritorno dei deportati a Babilonia, ma l'immagine si dilata nella universalità del Dio di tutta la terra, e soprattutto della pienezza messianica che coinvolge l'universo intero.
Gerusalemme, è la città di Dio fin dalla notte dei tempi, ben prima di Abramo, ora diviene la città di tutti gli uomini della terra; immagine di una madre che abbraccia tutti i figli, ora la città si dilata e si priva delle sue mura, delle sue protezioni e difese per poter accogliere proprio tutti suoi figli. È questa immagine della presenza dell'onnipotente e di una ritrovata maternità che oggi Gerusalemme può essere percepita come "città di tutta la terra", oltre ogni divisione e ogni particolarismo. Gerusalemme è la città inclusiva della diversità umana, ma non per una nuova forma di proselitismo o sincretismo, quasi a suggerire una nuova religione universale. Ma la città segno della presenza del Dio con noi. Dio abita con gli uomini, la loro storia il loro vissuto gli appartiene e Gerusalemme esprime il luogo della vera fraternità umana frutto del riconoscersi figli dell'unico Dio Altissimo. Gerusalemme suggerisce lo stile materno della Chiesa: stile dell'unico partire, e del solo gregge e di un solo ovile, tutte immagini del Vangelo, che non sono esclusive, ma inclusive.
venerdì 24 settembre 2021
Il mio Spirito sarà con voi, non temete!
Aggèo 1,15-2,9 e Luca 9,18-22
giovedì 23 settembre 2021
Salite sul monte e ricostruite la mia casa ...
Aggèo 1,1-8 Luca 9,7-9
mercoledì 22 settembre 2021
I peccati e la storia
Esdra 9,5-9 e Luca 9,1-6
martedì 21 settembre 2021
Tutti hanno una vocazione
lunedì 20 settembre 2021
Tempio di Dio è questo
Esdra 1,1-6 e Luca 8,16-18
Esdra era un uomo pio, un uomo timorato di Dio, un uomo che camminava veramente per fede. Fu certamente lui a guidare la seconda ondata - 458 AC - del ritorno dalla cattività babilonese, anche se gran parte dei figli degli ebrei deportati, non fecero ritorno a Gerusalemme, ma restarono a Babilonia. Nel testo biblico Esdra emerge come un pio israelita da imitare. È un uomo attento alla parola di Dio affidata attraverso i profeti. È un uomo che prende seriamente l'invito (editto di Ciro) a ritornare in Gerusalemme per ricostruire il tempio. È un uomo rimasto fedele alla legge e all'alleanza, non ha deviato verso gli idoli delle popolazioni ospitanti e preferendo la fedeltà alla idolatria. L'esempio di Esdra, forse dice qualcosa anche a noi, oggi, in un tempo di transizione, dove l'esperienza di Dio è esondata dalla realtà, cioè messa a margine dalla maggior parte. La fedeltà a Dio, al Vangelo annunciato da Gesù, ha veramente un costo per chi crede. Significa faticare per ricostruire non un Tempio di pietra per la gloria di Dio, ma per ricostruire in noi, la possibilità di dare casa alla presenza di Dio, attraverso un Vangelo fatto di carne, la carne della nostra vita quotidiana. L'esperienza di Esdra ci richiama alla necessità di adorare Dio, ma di andare oltre alla materialità del luogo. L'adorazione è il frutto di una fede che genera e ristabilisce un popolo nella sua identità e relazione con il Signore, è allora che "spontaneamente offrirono oggetti d’argento, oro, beni, bestiame e oggetti preziosi ..." Non sono cose materiali, ma la spontaneità, la gratuità, per avvicinare Dio alla vita.
domenica 19 settembre 2021
Chi accoglie un piccolo accoglie me!
Sap 2,12.17-20; Sal 53; Gc 3,16-4,3; Mc 9,30-37
Ad un certo punto Gesù inizia a raccontare ai discepoli una "storia" che essi non capiscono, perché non gli appartiene ancora, non ne hanno fatto esperienza. Non sarà mai facile prendere coscienza del destino di morte del Figlio dell'uomo, del loro maestro, dell'amico più caro.
Ma alla fine risulta altrettanto difficile da accogliere anche quanto Gesù ora sta cercando di insegnargli, arrivato a Cafarnao ed entrato con loro in quella casa di Pietro che è immagine embrionale della Chiesa, dove tutti sono fratelli e sorelle, chiamati a seguire il maestro e a dare senso attivo all'essere suoi discepoli.
Il tentativo di Gesù, ora è quello di cercare di mettere nel loro cuore non dei precetti, non delle regole, ma i suoi stessi sentimenti, il suo modo di accostarsi alla vita e all'esistenza.
Ma facciamo un passo indietro, torniamo sulla strada dove Gesù sta parlando di sé e del suo futuro, del suo andare a Gerusalemme dove "il Figlio dell'uomo sarebbe stato consegnato nelle mani degli uomini che lo avrebbero ucciso, ma che, una volta ucciso, dopo tre giorni sarebbe risorto". Ecco il mistero del figlio dell'uomo, il suo consegnarsi nelle nostre mani, cioè un darsi totale, il dono pieno della sua vita per riempire di vita ma nostra vita.
Commenta l'evangelista che "essi però non capivano queste parole" e avevano paura di chiedere spiegazioni.
Ma cosa implica accogliere la vita di Gesù, cosa provoca? Cosa significa per noi?
I discepoli, ascoltano le parole del maestro, ma le soffocano con le loro parole, ed ecco che emerge una idea più comoda e per loro più affascinante: "chi tra di noi è più il grande, chi il più importante? Chi ha più potere, fascino e autorità?
Gesù entrato in casa, pur con una certa disillusione riprende i discorsi fatti lungo il cammino. È ormai giunto nel cortile interno di quella stessa casa che sarà il germe della Chiesa, qui egli prova a insiste nello spiegare come si realizza il suo donarsi fino al dono totale di sé stesso e come è possibile accoglierlo da vero discepolo.
Geniale illuminazione, vede un bambino, lo chiama, lo abbraccia, e poi dice chi accoglie questo bambino accoglie me ...
Per accogliere il maestro, l'amico, il figlio dell'uomo, occorre avere quel sentimento con il quale Gesù ha accolto quel bambino ...
Gesù si dona a noi senza alcuna pretesa, si mette nelle nostre mani al punto che di lui possiamo farne ciò che ci pare. Gesù è realmente come un bambino, possiamo abbracciarlo con amorevole affetto oppure stritolarlo in un abbraccio possessivo ed egoista. Ma nonostante la nostra risposta, egli non cesserà mai di donarsi e di offrirci la possibilità di abbracciarlo come un bambino, che nella natura delle cose chiede solo amorevolezza e tenerezza, cioè accoglienza al suo abbandonarsi a noi.
Il secondo snodo che Gesù va a toccare è la conseguenza del suo darsi.
La conseguenza è vivere come discepoli, lo stesso modo di servire del maestro, che non è venuto per essere servito ma per servire. Servire i fratelli realizza la massima grandezza.
Ecco questo sta al cuore della esperienza dell'essere Chiesa. Non è una illusione e neppure una utopia, ma è il pensiero, lo stile e i sentimenti di Gesù rivelati lì dove nasce la comunità dei discepoli, a Cafarnao nella casa di Pietro. La Chiesa è custode attiva, propositiva e non conservativa del servire l'uomo nella carità di Cristo. È questo il suo obiettivo, il suo progetto il suo essere, con tutte le dinamiche e difficoltà che si possono incontrare nel realizzarlo, ma questo non ci deve spaventare, l'importante è cercare sempre la verità del servire: Essere ultimi ... essere servi di tutti.
Tenere al centro della nostra vita i piccoli, i fragili e gli scartati, i marginali. Essere ultimi con loro ... Questo è faticoso, perché in tutto ciò che viviamo sperimentano la tentazione e la pretesa di non essere ultimi ...
Essere ultimo nel pensiero di Gesù, non è una forma di umiltà, ma è essere all'origine di una catena di relazioni umane fondate sull'amore. Chi ama liberamente, senza contraccambi è ultimo, e si mette per questo all'ultimo posto, per potere così, amare tutti dal basso ... Chi ama per essere riamato, o ama per contraccambio, non riesce a stare all'ultimo posto.
Ma essere ultimo - per Gesù - traduce anche l'essere servo. Il servizio allora riassume per Gesù la normalità del suo modo di essere: ogni azione è servire; ogni prendersi cura è servire; ogni accoglienza è servire ...
Il discepolo, non deve mai dimenticare che la sua sequela di Cristo lo porta inevitabilmente di fronte a questi piccoli, fragili, scartati ... (Profughi, poveri, fuggiaschi, clandestini, ... uomini e donne del mondo). È pesante come immagine, ma non rispettare e non prendersi cura dei piccoli, dei poveri, degli indifesi, degli scartati, è ferire e oltraggiare Cristo stesso in loro.
Tre parole: bambino, ultimo e servo.
sabato 18 settembre 2021
Ti ordino ...
1 Tm 6,13-16 e Lc 8,4-15
venerdì 17 settembre 2021
Uomini e donne di Dio
1 Tm 6,2-12 e Luca 8,1-3
giovedì 16 settembre 2021
Semplici raccomandazioni?
1 Tm 4,12-16 e Luca 7,36-50
mercoledì 15 settembre 2021
Le risposte di Dio
Beata Vergine addolorata
Oggi la Chiesa celebra una memoria devozionale molto diffusa, quella della Beata Vergine Addolorata. Una memoria - introdotta nel 1814 da Pio VII - che ci chiama a rivivere il momento decisivo della storia della salvezza e a venerare la Madre associata alla passione del figlio e vicina a lui innalzato sulla croce. In forza delle parole che Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni, pronuncia prima di morire, la maternità di Maria assume sul calvario dimensioni universali. Il dolore di Maria si unisce alla sofferenza del figlio di Dio morente sulla croce. Indubbiamente, oggi questa spiritualità della sofferenza, risulta una condizione molto ambigua e difficilmente comprensibile. La stessa dimensione edonistica (ricerca del piacere) e gli individualismi estremi, escludono e rifiutano la possibilità salvifica del dolore. Il brano della lettera agli Ebrei di oggi (due versetti) ci dice che Gesù fu tentato con una tentazione così terribile che nessun altro ha mai subito. Sia nel giardino di Getsemani, sia sulla croce, Gesù era in una terribile agonia, un'agonia che noi non conosceremo mai. La croce come luogo fisico della salvezza resta un mistero, soprattutto rispetto al perché della volontà di Dio che non riusciamo a capire fino in fondo. Ma i tempi di Dio non sono i nostri tempi, le risposte di Dio non sono sempre quelle che chiediamo, ma sono sempre le risposte migliori. Ma pure questa consapevolezza appartiene al mistero della fede in un Dio, padre buono, a cui Maria si affida e di cui non dubita.
martedì 14 settembre 2021
Esaltazione della Santa Croce
Numeri 21,4-9; Filippesi 2,6-11 e Giovanni 3,13-17
Non è una lezione di storia o archeologia che voglio fare, ma bensì partire da questo segno per capire quale è il cuore, il centro della nostra fede … perché occorre più che mai riaffermarlo … oggi spesso!
La croce ci riconduce immediatamente al crocifisso, alla sua passione, alla sua morte, alla deposizione nel sepolcro e Risurrezione.
Ogni volta che abbiamo usato la croce come talismano abbiamo perso sempre tutto ... Ai Corni di Hattin (1187), in Galilea, nella battaglia contro i mussulmani, l’ultima in cui fu portata anche la reliquia della croce ... l’abbiamo persa per sempre.
Gesù lega la croce alla vita: "... così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". lo strumento di morte diviene identificativo della salvezza, della vita; della vittoria sulla morte e segno per indicare l'eternità. Gesù porta Dio nel profondo del limite, nella morte vergognosa, nell'ingiustizia più crudele, nel segno scandaloso, nella violenza e nell'accanimento contro l'innocente. La croce rivela il lato oscuro del peccato, ma in un modo per noi assurdo Gesù ci dice che in quella stessa croce sta anche l'amore di Dio per ogni uomo; anzi Dio ci fa conoscere che il suo amore totale è nella croce.
lunedì 13 settembre 2021
Un solo mediatore
domenica 12 settembre 2021
Domanda, risposta e croce..
Is 50,5-9; Sal 114; Giac 2,14-18; Mc 8,27-35
sabato 11 settembre 2021
Salvare dal peccato
1 Tm 1,15-17 e Luca 6,43-49
venerdì 10 settembre 2021
Quando Paolo parla di se ...
1 Tm 1,1-2.12-14 e Luca 6,39-42
giovedì 9 settembre 2021
Rivestirsi di carità ...
Colossesi 3,12-17 e Luca 6,27-38
mercoledì 8 settembre 2021
Natività di Maria, di una donna!
Michea 5,1-4/Rm 8,28-30 e Matteo 1,1-16.18-23
martedì 7 settembre 2021
Una radicalità non istituzionale
Colossesi 2,6-15 e Luca 6,12-19
lunedì 6 settembre 2021
Che senso ha soffrire?
Colossesi 1,24-2,3 e Luca 6,6-11
domenica 5 settembre 2021
Apriti, ascolta, parla
Is 35,4-7; Sal 145; Gc2,1-5; Mc 7,31-37
Dopo aver percorso la Galilea e aver fissato il proprio "quartier generale" in Cafarnao, Gesù inizia a predicare il regno dei cieli, a condividere il Vangelo in un territorio completamente diverso: la Decapoli.
Un territorio diverso geograficamente e anche culturalmente perché sottoposto ai forti influssi dei greci e dei romani; religiosamente diverso perché era un groviglio di esperienze politeiste e altre tra le quali anche l'eccezione dell'ebraismo.
Gesù non teme il confronto con una realtà profondamente diversa dalla sua, ed è in quella terra straniera che Gesù pronuncia la parola: Effathà! In aramaico, nel dialetto di casa, significa apriti, come si apre una porta all’ospite, una finestra al sole, le braccia alla
persona a amata.
Una parola che in ogni battesimo, mentalmente esprimiamo compiendo il gesto di toccare le orecchie e le labbra del bambino. Apriti, apriti ad ascoltare ... Apriti a proclamare ... Ma cosa significa quell'apriti se non apriti agli altri e a Dio, anche se la vita ti ha ferito, anche se la realtà ti pone nel timore e nello smarrimento.
Apri la vita agli altri, non chiuderla in te stesso; apri i tuoi orecchi all'ascolto di Dio, alla sua parola ma anche delle sofferte parole di chi hai accanto a te; apri le tue labbra e lascia uscire la parola che in te, essa sarà eco delle parole del Signore, parole che sanno consolare, parole che sanno accogliere, parole che sanno voler bene, parole che sanno tessere legami e relazioni.
Gesù ha fatto proprio così, ha parlato al sordomuto e gli ha detto apriti, ora ascoltami (effatha): "e subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente". Prima gli orecchi, perché prima si accoglie ascoltando; se non sai ascoltare, le parole sono inutili e tu divieni sordo e muto, perché non ti lasci toccare il cuore da nessuno e diventi incapace di toccare il cuore altrui.
Forse la mancanza di parole della Chiesa, che in molti sentiamo come un vuoto incolmabile, dipende dal fatto che non sappiamo più ascoltare, Dio e l’uomo.
Di fronte alla pandemia e a tutto ciò che ne è venuto, di sofferenza, di fatica e di morte, cosa significa per noi credenti: apriti, ascolta, parla?
Di fronte al dramma della guerra e del subbuglio di tante parti del mondo come anche l'Afganistan, cosa significa per noi Chiesa: apriti, ascolta, parla?
Di fronte alle migrazioni che stanno cambiando le distribuzioni delle etnie e delle culture, cosa significa apriti, ascolta e parla?
Di fronte a creato che sempre più si ribella, offeso e ferito dell'inquinamento e dalla civilizzazione, cosa significa per noi: apriti,ascolta e parla?
Di fronte ai miei fratelli uomini e donne per i quali siamo chiamati a garantire la loro dignità, cosa significa apriti, ascolta e parla?
Credo che ciascuno di noi oggi debba aprirsi alla realtà, a comprenderla, a farla sua e a non scandalizzarsi della diversità rispetto al passato.
Oggi, apriti significa capire che anche la Chiesa è fatta non solo di ricchi, non solo di poveri, ma di persone che hanno sperimentato separazioni e divorzi; uomini e donne fragili con dipendenze psicologiche e da sostanze; c'è una umanità che non è malata ma che vive una condizione di diversità, che fino a pochi decenni fa era rifiutata. Ci sono persone vittime del sistema e della globalità che non hanno la forza di lottare in questo mondo.
Apriti significa prima di tutto non chiudere mai la tua porta, anche perché chi ti chiede di aprire è il Signore Gesù: alla Chiesa Gesù chiede di essere sempre aperta.
Dall'apriti, nasce l'ascolto. Ascoltare è dare una possibilità, è fare spazio, è dare valore e senso a ciò che mi stai dando di te. Non essere ascoltati, quanta rabbia, quanto male ci fa!
Ma ora, parla, non lasciare che il silenzio raffreddi e blocchi quanto il Signore ha fatto, per primo a te.
Ora basterebbero solo due parole, per dare senso a tutta l'apertura della nostra vita e a tutto l'ascolto del nostro cuore; le due parole sono: ti amo.
Bastano queste due parole per cambiare tutto!
Effathà , apriti ! ... Oggi per ciascuno di noi, quella parola del Signore è un invito a superare il limite delle nostre chiusure ed il limite delle nostre parole.
Lo stile della Chiesa oggi, l'agire del credente, non può che essere quello di Gesù, attento alla realtà, pur con tutta la complessità, per coinvolgerci in un incontro di vera fratellanza.
Le tre parole di questa settimana sono: apriti, ascolta e parla.
sabato 4 settembre 2021
La riconciliazione non è la "cancellina"
Colossesi 1,21-23 e Luca 6,1-5
venerdì 3 settembre 2021
La nostra "originalità".
Colossesi 1,15-20 e Luca 5,33-39
La relazione in Cristo con il Padre; la nostra esistenza a partire da quella di Gesù e la salvezza come dono del risorto.
giovedì 2 settembre 2021
La preghiera dei santi ...
Colossesi 1,9-14 e Luca 5,1-11