Romani 8,18-25 Luca 13,18-21
martedì 31 ottobre 2023
La speranza dei cristiani
lunedì 30 ottobre 2023
Il nostro pedigree
Romani 8,12-17 e Luca 13,10-17
domenica 29 ottobre 2023
Un amare impossibile
Es 22,20-26; Sal 17; 1Ts 1,5c-10;Mt 22,34-40
Gli ultimi avvenimenti in Israele si aggiungono alle tante situazioni nel mondo, dove prevalgono le spirali di odio, violenza e crudeltà che sembrano inarrestabili. Venerdì abbiamo pregato, ci siamo inginocchiati davanti a Dio per chiedere pace. Siamo tutti scossi per quello che sta accadendo in Israele e nei Territori palestinesi; ciascuno di noi si sente partecipe e nello stesso tempo ci sentiamo impotenti e attoniti. Che cosa ha a che fare questo dramma con noi?
E cosa occorre fare per poter stare davanti a tutto questo?
Che cosa dice alla mia vita, al mio presente, al mio destino?
Una domanda la farei: Maestro che cosa devo fare?
Se non è chiaro che il primato dell'amore serve a renderci umani, forse le parole del Signore quando parla dei nemici, toglie ogni dubbio su quale atteggiamento e modalità relazionale deve avere ogni suo discepolo: “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l'altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. (…) Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. (…) Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell'Altissimo (…)”».
Parole incredibili e assurde come il primato dell'amore. Sembrano le parole di un pazzo. Chi può amare il proprio nemico? Come si può amare chi ha ucciso tuo figlio, violato tua madre, rapito il tuo amico? Chi ti ha sorpreso nel tuo riposo, quando meno ti aspetti una violenza.
È umanamente impossibile, e il fallimento dei tentativi per una soluzione diplomatica lo dimostra. Eppure, queste sono le uniche parole diverse, vere. Le uniche parole che sono intrise di speranza, per una pace impossibile.
Le uniche parole che sono piene di amore incondizionato e non di odio. Le uniche parole che promettono una ricompensa e non una vendetta. In realtà, sono le uniche parole ragionevoli di fronte all’irrazionalità del comportamento bestiale degli uomini.
Maestro, qual è il comandamento grande?
Domanda seria, alla quale Gesù risponde ma, come al suo solito, al di fuori dagli schemi, proponendo una parola che tra le Dieci Parole (nella legge) non c’è. Comincia con un verbo al futuro, una prospettiva da scegliere e costruire: come se volesse dirci: senza amore non c’è futuro, senza amore ci distruggeremo. È tutto qui il Vangelo. Cosa serve amare? Serve a guarire la vita e le sue ferite.
Sapere quale sia il più importante comandamento significa aver capito quale amare è l'unica strada verso una vita buona, verso una vita bella. Non si tratta tanto di assolvere un dovere, un precetto o di avere dei comportamenti corretti, ma di saper scegliere la strada della vita. Dobbiamo crederci che per vivere bene, per avere una vita bella occorre saper amare.
Non amare è solo un lento morire. Chi non ama muore lentamente; chi non freme non ama; chi non sente in se stesso la vita dell'altro, non ha ancora fatto realmente esperienza di amare. In queste poche righe di Matteo, ci viene chiaramente detto che Gesù inventa una legge che prima non c'è. Gesù ci ricorda ciò di cui siamo fatti e da cui veniamo. Veniamo generati dall'amore di Dio e siamo fatti per amarci ... quando lo dimentichiamo, è il male, il peccato che prevale in noi, sono le logiche razionali perverse che non lasciano scampo, ma che hanno solo il sapore della morte.
Ecco allora quanto è importante amerai Dio con tutto il cuore ... con tutta l'anima e con tutte le forze ... e il prossimo come te stesso, l'inganno è proprio questo: pensare di poter amare Dio senza amare i fratelli ... diversamente saremo tutti umanamente degli sconfitti.
sabato 28 ottobre 2023
Veniamo edificati ...
Efesini 2,19-22 e Luca 6,12-19
venerdì 27 ottobre 2023
Una certa ... infelice schizzofrenia
Romani 7,18-25 e Luca 12,54-59
giovedì 26 ottobre 2023
L'antidoto al male
Romani 6,19-23 e Luca 12,49-53
mercoledì 25 ottobre 2023
A chi vogliamo obbedire?
Romani 6,12-18 e Luca 12,39-48
martedì 24 ottobre 2023
Peccato e salvezza
Romani 5,12.15.17-19.20-21 e Luca 12,35-38
lunedì 23 ottobre 2023
Convinto delle promesse
Romani 4,20-25 e Luca 12,13-21
domenica 22 ottobre 2023
XXV di Sacerdozio
Cosa significa la parola sacerdote?
Sacerdote vuol dire, in generale, capacità totale di sacrificio, dedizione assoluta, abnegazione ammirevole. Caspita quanto impegna!!!
Oggi c'è molta delusione circa il sacerdozio!
In questi ultimi 20 anni, l'immagine ha perso di nitidezza, gli scandali sessuali, gli abusi e la pedofilia; la compiacenza col potere e la ricchezza, il venir meno della fedeltà alla Chiesa Sposa di Cristo e ai propri Vescovi, rispetto ai quali ci si è legati con vincolo di obbedienza ...
Tutto questo credo abbia portato a una certa diffidenza e distanza umana e affettiva per ciò che il sacerdote rappresenta.
Siamo tutti umani e la prima reazione è quella della pelle, cioè l'empatia o l'antipatia ... Questa è una delle esperienze che ho fatto in questi 25 anni spostandomi con molta facilità tra una comunità e l'altra, tra un incarico e l'altro.
Torniamo a noi: che cosa può spingere un uomo, un giovane (a quel tempo avevo 25 anni) a una scelta di vita tanto assoluta e controcorrente rispetto a un modo di vita secolarizzato, come scegliere di mettersi interamente a servizio di Cristo?
É possibile accettare il celibato?
Scegliere di non avere una donna da amare e dei figli a cui dare la vita, deve felicemente interagire con la dimensione degli affetti ...
Forse alcuni pensano che sia solo questione di una pulsione sentimentale, ma vi assicuro che è ben di più: è una questione esistenziale.
L'affetto ci genera umanamente, e la sua maturazione umana e spirituale rappresenta la sorgente intima della relazione con Cristo, con la Chiesa e con i fratelli.
È una maturazione o un cambiamento continuo ed esigente, che si concretizza attraverso sconfitte e cadute, si alimenta di incoraggiamenti e di abbracci come in tutte le vere relazioni. Si impara a proprie spese che non si può essere dei zitelli, come neppure degli zii d’America, e ma si fa esperienza di quanto sia necessario amare, ed esprimere amore per essere fecondi nell'amare Cristo e la Chiesa; nell'amare il proprio sacerdozio; ecco allora che non è solo una scelta coraggiosa, ma è una scelta che abbraccia tutta l’esistenza … e per sempre.
E ora torniamo alla scelta di essere sacerdote di Cristo, oggi giorno è una scelta poco convenzionale e a tratti decisamente sorprendente.
Dal suo inizio, e tutt’oggi, la vocazione, la chiamata personale, è densa di difficoltà e di dubbi, che vanno riconosciuti, essi fanno parte della mia umanità: anche io sono un essere umano in carne ed ossa, e come tutti sono pienamente coinvolto nel tentativo di risolvere il senso di ciò che vivo e faccio, questo però cercando di restare fedele a tutte le promesse che nelle mani del vescovo dei suoi successori in un giorno solenne della mia giovinezza ho fatto: promessa di predicare il vangelo e la dottrina cattolica; celebrare i misteri di Cristo, l’eucaristia e la riconciliazione; di pregare per il popolo di Dio e la promessa di filiale rispetto e obbedienza al vescovo.
Oggi la vocazione al sacerdozio rappresenta un'enorme sfida umana in sé stessa.
Il rapporto con il mondo secolare e con la diffusa indifferenza religiosa; la interculturalità e il pluralismo religioso; le comunità cristiane in cui non si vive più la passione del vangelo perché si sono adagiate alla prassi religiosa dimenticando la missionarietà; tutto questo può rappresentare una fatica, ma in tutto questo si sviluppa l'amorevole predilezione e che il Signore mi ha fatto.
In tutto questo si incontrano uomini e donne che sono in ricerca, che chiedono ascolto e vicinanza; in tutto questo si riscoprono essenziali le parole che Gesù diceva ai discepoli e alla gente; in tutto questo diviene chiaro quanto sia necessaria la verità e la salvezza.
Ed ecco che la quotidianità di un Sacerdote (anche la mia) è piena di impegni, di relazioni e di incontri ... come pure di grazia da donare e condividere: di misericordia e perdono di pane e vino ... di vita eterna.
Mi accorgo che col passare degli anni, sono passato dalla spavalderia giovanile piena d'energia a una età più matura che mi porta a riflettere su ciò che continua a dare sale alla mia vocazione di prete, e che per essere Sacerdote sia necessario un quotidiano rinnovamento.
Un quotidiano dialogo con il Signore, un dialogo fatto di ascolto della sua parola e fatto di quelle parole sul pane e il vino ... corpo e sangue per essere parte di un sacramento e di un sacrificio segno di salvezza ... fatto in memoria del Signore.
Una dolce memoria!
Di chi è il tuo cuore?
Is 45,1.4-6; Sal 95; 1 Ts 1,1-5; Mt 22,15-21
In queste domeniche la Parola del Vangelo ci ha portato in vario modo a confrontarci con il Regno dei cieli. Noi, come anche i giudei e i discepoli al tempo di Gesù abbiamo reagito in modo diverso, in ragione della nostra storia ed esperienza, come del nostro essere coinvolti col maestro di galilea. Oggi il vangelo ci porta a prendere una decisione: tu quale rapporto hai con il Regno dei cieli? Ne sei parte oppure no!
Breve introduzione: è una vicenda triste quella narrata oggi nel Vangelo, è la storia di un intrigo, di una trappola, di un inganno.
Discepoli dei Giudei e sostenitori di Erode, pur di togliere di mezzo Gesù, hanno accettato anche di compiere un sacrilegio, quello di portare nel tempio, un luogo Santo, il luogo di Yhwh, il segno pagano dell’idolatria romana, una moneta dell'imperatore con la sua effige. Che tristezza ...
Una moneta che per un ebreo credente rappresenta il segno della loro schiavitù. Ma in realtà essi si sono già assoggettati, si sono resi schiavi di quel regno di Roma, e lo usano per i loro scopi ingiusti e criminali.
La risposta o la proposta di Gesù, non è solo un modo molto scaltro di sfuggire a una trama malvagia, ma diventa occasione per lui per porre una domanda a loro come a tutti noi: tu a chi appartieni, di chi vuoi essere?
In realtà ciascuno di noi, anche chi lo nega, ha sempre bisogno di appartenere a qualcuno. Nessuno di noi basta a sé stesso, ma ha bisogno di dare senso al proprio bisogno esistenziale, cioè corrispondere al per chi esisto? Che significa anche: a chi appartengo, per chi sono importante?
Se la risposta fosse: per nessuno ... sarei solo un disperato, la vita una continua insoddisfazione, o anche un accettare un non senso e una non finalità di ciò che esiste; quindi una non appartenenza.
E io a chi appartengo?
Allora di fronte a questa disputa, io a chi appartengo? Forse alle cose, alla ricchezza, al potere, al pensiero dominante, oppure ai miei sogni, ai legami vitali, o all’amore che provo per qualcuno? Forse posso anche dire che appartengo a Dio che mi ama, a quel Dio per il quale sono prezioso?
I sostenitori di Erode e i discepoli dei farisei pongono a Gesù una di quelle domande taglienti che fanno impennare lattenzione di tutti, e in realtà stanno chiedendo a Gesù: e tu che sembri così libero e dici le cose come stanno, a chi appartieni realmente?
Quale risposta posso dare? A chi restituisco la moneta della mia effige, della mia iscrizione? A chi appartiene la moneta che io sono?
Credo che per ciascuno la propria vita sia lo spazio delle appartenenze, non riesco a pensare una esistenza per sé stessi.
In conclusione.
In un passo della lettera ai Romani ricordo che dice: "Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore."
Di chi è dunque il mio cuore? Se vivere è restituire vita, cioè offrirla ai fratelli; è spenderla con impegno nel collaborare alla creazione; è donarla a chi amiamo, ciò significa che viviamo per restituire amore a chi con l’amore ci ha fatto e ci fa vivere. ed ecco che nel restituirti a Dio, nel dare a Dio te stesso, cioè ciò che è suo, otterrai ancora te stesso, e sarai parte di quel Regno dei cieli che altro non è che la tua felicità realizzata: sarai vigna del Signore, sarai frutti abbondanti raccolti a suo tempo, sarai vignaiolo felice sempre del lavoro affidato ... sarai del Signore è questo ti basterà per sempre.
sabato 21 ottobre 2023
Fede e Promesse
Romani 4, 13.16-18e Luca 12,8-12
venerdì 20 ottobre 2023
Il primato della fede
Romani 4,1-8 e Luca 12,1-7
giovedì 19 ottobre 2023
Più che giustificati ... amati
Romani 3,21-30 e Luca 11,47-54
mercoledì 18 ottobre 2023
Tutti mi hanno abbandonato
2 Timoteo 4,10-17 e Luca 10,1-9 - San Luca evangelista
martedì 17 ottobre 2023
Scandalosi
Romani 1,16-25 e Luca 11,37-41
lunedì 16 ottobre 2023
E noi chi siamo
Romani 1,1-7 e Luca 11,29-32
domenica 15 ottobre 2023
“Venite alla festa!”
Is 25, 6-10; Sal 22; Fil 4, 12-14.19-20; Mt 22, 1-14
sabato 14 ottobre 2023
Giorni di giudizio
Gioele 4,12-21 e Luca 11,27-28
venerdì 13 ottobre 2023
Il giorno del Signore
Gioele 1,13-15;2,1-2 e Luca 11,15-26
giovedì 12 ottobre 2023
Arriva il Messia
Malachia 3,13-20 e Luca 11,5-13
mercoledì 11 ottobre 2023
La logica di Dio è la misericordia
Giona 4 1-11 e Luca 11,1-4
martedì 10 ottobre 2023
Chiamati ancora
lunedì 9 ottobre 2023
Le nostre fughe da Dio
Giona 1,1-2,1-11 e Luca 10,25-33
domenica 8 ottobre 2023
Gesù fa fruttare
Is 5,1-7; Sal 79; Fil 4,6-9; Mt 21,33-43
Dopo aver ascoltato questa parabola, chissà cosa si è smosso nel cuore di tanti, visto che Matteo ci informa che iniziano a prendere provvedimenti contro Gesù ...
Certamente è una immagine molteplice, cupa e affettiva insieme; la parabola è dura, sanguinaria ... ma emerge anche qualcosa di bellissimo cioè che a Gesù piace la vigna, amava le vigne, come già i profeti, lo si capisce fin dalle prime battute: un uomo, con grande cura, piantò, circondò, scavò, costruì. Gesù osserva l’uomo custode della vigna che ne diventa sfruttatore e predatore, ma al tempo stesso racconta come Dio non si arrende e prosegue nel suo intento ... quale è questo intento?
Il vino, sono convinto che l'intento di Dio è il vino della gioia, della letizia della vita, quel vino che nella Messa si offre con grande devozione: "il frutto della vite e del lavoro dell'uomo ... lo presentiamo a te perché diventi per noi bevanda di salvezza".
Questa parabola mi suggerisce un'immagine straordinaria: c'è una città antica nel deserto del Negev, una città che è stata abbandonata nel 6 secolo, è una città del regno nabateo, Avdat, sulla via carovaniera dell'area, che portava anche l'incenso dall'Oman a tutto il mondo antico.
Una città antica che ha una caratteristica, è nel deserto, ma attorno alla città coltivavano la vite, e le vigne producevano abbondantissimi grappoli ...
In città vicino alle mura, c'è un tino pubblico dove per uve venivano pigiate con i piedi di tutti ... che bello, la vendemmia era una azione collettiva e pubblica di tutta la città ... la pigiatura dei grappoli per produrre abbondante il frutto della vite: il vino. Mi piace pensare quale gioia il momento della vendemmia, quale gioia andare nei terreni curati e irrigati, dove le vigne, sotto quel sole caldo del deserto producevano i grappoli gustosi ... la vendemmia si rivela il tempo del frutto, tempo della gioia e della festa.
Di fronte a questa immagine mi chiedo, ma se la vigna oggi è la Chiesa, o la nostra comunità è importante che sia curata, che sia custodita con amore da noi, con la stessa premura del padrone della vigna.
Primo concetto la cura della comunità ... come io me ne prendo cura?
Con le chiacchiere, con la critica con il giudizio ... con l'indifferenza e l'astensione, questo è ciò che fanno i vignaioli omicidi ... spesso ogni siamo proprio così, invidiosi gli uni degli altri e in questo modo uccidiamo la vigna del Signore.
La cura deve essere quella pazienza buona che costruisce, accoglie, consola e anche soffrendo la fatica genera relazioni buone e sane, aperte al confronto e alla presenza di Dio, e a come lui si mostra dentro la nostra comunità. Abbiamo letto cosa dice Paolo agli Efesini .. quello è l'atteggiamento da imitare per esprimere la cura della vigna che c'è la chiesa, che è la nostra Parrocchia.
Secondo concetto raccogliere il frutto ...
Per molto tempo ho pensato che il frutto fosse il grappolo buono: le nostre opere, il nostro agire ... ma ora sono convinto che il vero frutto della vite è il vino ... che è la bevanda di salvezza, un frutto di vita per l'eternità...
Ecco che mi chiedo la nostra umanità, il nostro esserci è frutto di vita, noi siamo solo operai della vigna e anche frutti che pigiati danno il vino della vita ... se noi siamo unito a Cristo non possiamo non essere frutto di vita ... per il mondo, per la Chiesa è fra di noi.
Ma ci pensate, ciascuno può essere frutto vivo per la moglie, per i figli, per gli amici, per il proprio parroco, al lavoro, a scuola, al bar ... il nostro esistere uniti Gesù è Frutto.
Dio, in questa vigna, in questa nostra comunità ci offre una casa di cui prenderci cura, e dove possiamo essere veramente noi stessi e trovare una vera intimità con lui, perché la nostra vita sia feconda e porti frutto e possiamo provare l’estasi della vera gioia, il vino buono dell’eternità.
sabato 7 ottobre 2023
Lo scandalo del soffrire
Baruc 4,5-12.27-29 e Luca 10,17-24
venerdì 6 ottobre 2023
Il disonore sul volto
Baruc 1,15-22 e luca 10,13-16
giovedì 5 ottobre 2023
Sottomessi gioiosi della parola
Neemia 8,1-4.5-.7-12 e Luca 10,1-12
mercoledì 4 ottobre 2023
Vantiamoci della croce
Galati 6,14-18 e Matteo 11,25-30
San Francesco d'Assisi
martedì 3 ottobre 2023
Anch’io voglio venire!
Zac 8,20-23 e Luca 9,51-56
lunedì 2 ottobre 2023
Un angelo come amico
Esodo 23,20-23 e Matteo 18 1-5.10
domenica 1 ottobre 2023
Il "sì" nella vita di tutti i giorni
Ez 18,25-28; Sal 24; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32
Gesù non dialoga semplicemente, non insegna soltanto, ma accetta il confronto serrato con il mondo, e in particolare con quel mondo che resiste alle sue parole, che è scettico rispetto ai segni, che è indifferente circa il mistero ... Questa pagina del vangelo descrive e racconta lo scontro tra Gesù e i Sacerdoti e i capi dei Giudei. Ma cosa mette in evidenza questo scontro?
Forse semplicemente la fatica di vivere per il regno e la conversione, il cambiamento o trasformazione che richiede.
Di fronte ai nostri NO, che sono NO al Regno, e di fronte ai SI che sono per il regno, proviamo a rivedere la nostra vita e correggiamo personalmente e come comunità, tante condizioni che ci impediscono o limitano il coraggio di assumere seriamente e con amorevole cura e impegno "il lavoro" del Regno.
In altre parole, il "SI" ci fa vivere nello Spirito del Risorto, il "NO" ci chiude nel nostro egoismo.
Il si è apertura, il no è chiusura. Ogni apertura produce la Chiesa, ogni chiusura genera un morire in noi stessi, e il morire della comunità. Il SI, è proposta, è innovazione, è entusiasmo e meraviglia ...
Il no è egoismo, è isolamento è rinuncia al mistero che ci attende.
Ecco allora, chi ha il coraggio di cambiare la sua vita e di vivere secondo il vangelo, cioè secondo Gesù?
È vivere secondo il Vangelo, quando ciò che nella mia vita si coinvolge con Gesù è solo quella frazione di tempo che sono 45 minuti della Messa della domenica? Si perché ammettiamolo, oltre a questo tempo nel resto della vita, Dio è un esodato.
Nel vangelo, Gesù non vuole fare l’elogio delle prostitute e dei peccatori, ma l’elogio di chi ha il coraggio di cambiare vita, di chi ha il coraggio di dirgli concretamente dei si.
Gesù elogia chi ha il coraggio di passare da un “NO” ad un “SI”.
Gesù elogia chi, di fronte alle difficoltà o ad un problema, ha il coraggio di rimboccarsi le maniche e di fare qualcosa.
Oggi potremmo dire che quelle prostitute e quei pubblicani sono il simbolo di tutti coloro che cercano la realizzazione di una umanità più piena, si impegnano e lottano per una società più giusta.
Non una comunità virtuale, tantomeno ideale, astratta o puramente spirituale, ma chi con il suo si, costruisce la comunità a partire dal servire la comunità; genera relazioni buone; edifica il Regno e la Chiesa di Cristo.
Il passaggio dal NO al SI, dal rifiuto alla proposta, significa passare dall'essere credente al diventare credente credibile.