giovedì 31 dicembre 2020
Siamo giunti alla conclusione ...
mercoledì 30 dicembre 2020
Cari amici vi scrivo ... E non per distrarmi un po' ...
1 Giovanni 2,12-17 e Luca 2,36-40
martedì 29 dicembre 2020
Chi ama il suo fratello è nella luce.
1 Giovanni 2,3-11 e Luca 2,22-35
lunedì 28 dicembre 2020
Luce, comunione e vita ...
"Dio è luce", ... ma cosa significa questa espressione di Giovanni? Per capire cosa vuole dire "essere luce", occorre entrare nell'immaginario e nella categoria di pensiero di Giovanni. Già nel Prologo al Vangelo, l'evangelista circa il Logos, il Verbo incarnato - cioè Gesù che diventa uomo - ci mette di fronte a queste espressioni: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta” (Gv 1,4.5). “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Il concetto di luce va oltre l'esperienza visiva e sensibile, l'esperienza della luce si identifica come conseguenza e possibilità di vedere pure il mistero di Dio, proprio nel modo in cui si fa conoscere. Giovanni arriva a dire che l'esperienza, la conoscenza di Gesù è luce, cioè permette di vedere attraverso la sua stessa vita ed esistenza, tutta la realtà, e nella realtà conoscere Dio stesso. Gesù nel Vangelo arriva a dire di se stesso: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). “Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (Gv 12,46). Ma quale è la conseguenza di questa luce. La conseguenza è la scoperta di Dio Padre come amore che genera comunione con lui e tra di noi. Ecco perchè la comunione, l'amore, l'appartenenza sono così centrali nella scelta di fede, perché non sono semplice conseguenza di aggregazione, di sentimenti o di scelte, ma sono esperienze che mettono in connessione con il mistero di Dio nel suo manifestarsi. Ancora un po' complesso ... Forse cin une rileggere più volte il testo di oggi e lasciare che le parole entrino un po' alla volta senza la pretesa di una immediatezza nella comprensione.
domenica 27 dicembre 2020
Una famiglia ... cristiana
Genesi 15,1-6;21,1-3; Sal 104; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40
Potrebbe sembrare paradossale, oggi parlare di Famiglia: nel parlare comune è ancora una parola molto usata a cui molti fanno riferimento, essa sottende alla sicurezza, al rifugio, al sostegno nella propria vita, alle relazioni importanti, ai vincoli parentali.
Però nello stesso tempo ne vediamo la crescente fragilità nel contesto sociale e culturale: le famiglie si disperdono, si dividono, si ricompongono e si allargano.
Tra i motivi più evidenti di tutto questo è certamente la crescita della cultura, ovvero civiltà dell'individualismo. Viviamo una società dove l'IO personale prevale sul NOI sociale, in questo contesto è ovvio che si preferiscano rapporti costruiti sull'IO, come ad esempio le convivenze, le unioni di fatto, piuttosto che sul NOI come può essere il matrimonio, che rappresenta il discriminante cristino per riconoscere la dimensione umana e naturale dell'essere famiglia, del fare famiglia.
La domanda che oggi possiamo e dobbiamo farci, in questa Festa del tempo di Natale nel quale guardiamo alla Sacra Famiglia di Nazareth è: esiste una famiglia cristiana?
Il mio essere discepolo di Gesù determina, costruisce e genera anche questa relazione particolare, umana e sociale?
La famiglia dei cristiani è il luogo privilegiato della benedizione di Dio, questo non dobbiamo dimenticarlo. La famiglia è per sua natura segno efficace di un dono di Dio: la fecondità e sacralità dell'amore e della vita umana.
È straordinario pensare come tale grazia sia affidata è custodita in tanta fragilità. Non esiste una motivazione precisa di questa situazione! Semplicemente la grazia, che è il dono di Dio amore nel sacramento celebrato, è data in forza dell'essere famiglia; proprio la famiglia che è soggetta alla realtà del tempo, alla fragilità e alla corruzione del peccato.
La famiglia in quanto Cristiana recupera e genera la grazia in forza dell'essere cristiana.
Papa Francesco ci può aiutare a mettere alcuni punti fermi:
COSA E’ UNA FAMIGLIA CRISTIANA?
La famiglia è più di ogni altro il luogo in cui, vivendo insieme nella quotidianità, si sperimentano i limiti propri e altrui, i piccoli e grandi problemi della coesistenza nell’andare d’accordo.
LA FAMIGLIA CRISTIANA LO E’ NONOSTANTE LE IMPERFEZIONI
Non esiste la famiglia perfetta, ma non bisogna avere paura delle imperfezioni, della fragilità, nemmeno dei conflitti; bisogna imparare ad affrontarli in maniera costruttiva. Per questo la famiglia in cui, con i propri limiti e peccati, ci si vuole bene, diventa una scuola di perdono.
NELLA FAMIGLIA CRISTIANA SI IMPARA …
Il perdono, che è una dinamica di comunicazione, una comunicazione che si logora, che si spezza e che, attraverso il pentimento espresso e accolto, si può riannodare e far crescere. Un bambino che in famiglia impara ad ascoltare gli altri, a parlare in modo rispettoso, esprimendo il proprio punto di vista senza negare quello altrui, sarà nella società un costruttore di dialogo e di riconciliazione.
Per cui la famiglia vive di relazioni, di dono, situazioni che non possono esprimersi in un possesso e che progrediscono attraverso una continua reciproca restituzione.
Quando in famiglia non si restituisce, si inizia a stare male ... Le difficoltà diventano macigni e chi mi è accanto un concorrente, ... tutto questo è detestabile.
Per realizzare l'essere famiglia come posso fare? La tenerezza, la pazienza e la comprensione fanno miracoli!
sabato 26 dicembre 2020
Se diamo testimonianza, anche noi siamo il segno!
venerdì 25 dicembre 2020
Natale in Lockdown
Is 9,1-6; Sal 95:0; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14
giovedì 24 dicembre 2020
Io ti farò una casa!
2 Samuele 7,1-5.8-12.14.16 e Luca 1,67-79
mercoledì 23 dicembre 2020
Chi sopporterà il giorno della sua venuta?
Malachia 3,1-4.23-24 e Luca 1,57-66
martedì 22 dicembre 2020
Una rinuncia ... con gratitudine ...
1 Sam 1,24-28 e Luca 1,46-55
lunedì 21 dicembre 2020
Accogliere ... È tempo di avvento!
Cantico 2,8-14 e Luca 1,39-45
domenica 20 dicembre 2020
Mi affido
2 Sam 7,1-5.8b-12.14a-16; Sal88; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38
La bellissima pagina del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato 10 giorni fa, per l'immacolata, ritorna oggi, in questa quarta e conclusiva domenica di Avvento, con tutto il suo fascino e il suo mistero: una vera pagina vocazionale, cioè di chiamata di Dio, di relazione con Lui e soprattutto di comprensione del nostro essere, ed esserci, per qualcun'altro e non per noi stessi. Alla radice della relazione con Dio ci sta la fiducia, il fidarsi di Lui ... e anche l'affidarsi a Lui.
Non è mica facile la parola fiducia! Poi per chi è disincantato dalla vita, per chi è passato attraverso la paura dei tradimenti e l’incomprensione, gli slanci di affetto … tutto diviene condizione di grande fatica a fidarsi e ad affidarsi.
Ecco allora una vera scuola di fiducia: la storia di Maria di Nazareth. Una vicenda che ci racconta come Lei ha imparato la fiducia superando i limiti che lei solo vedeva.
Chi è Maria?
È una ragazza, giovanissima; una vergine - parola che suona proprio inadeguata oggi -; era fidanzata, cioè gli piaceva un ragazzo più grande; un ragazzo che già nella vita si era fatto conoscere: lavorava nel paesello e tutti lo stimavano.
Un giorno si trova a fantasticare nei suoi pensieri, dove rincorre l'immagine del suo “promesso sposo”, ed ecco che improvvisamente una voce e una presenza nasce inaspettatamente tra quei pensieri. Come definire questa situazione se non una incursione divina?
Siamo di fronte alla concretezza della Parola di Dio, che non disegna una realtà alternativa, come può essere la storia di ciascuno di noi, ma in quella particolare circostanza, va ad abitare nella vita di Maria. Ed ecco che la Parola, o meglio il Verbo di Dio, così come prese dimora in Maria, oggi continua a prendere esistenza e concretezza nella nostra vita: il nostro stare nella Parola!
In questa quarta domenica di Avvento, contemplare Maria ci fa bene, ci permette di azzerare il nostro presuntuoso modo di vivere l'Avvento: spesso vissuto con l'orgoglio di chi presume di aver fatto qualcosa ...; oppure con la scaltrezza infingarda di chi non avendo fatto nulla si sente ugualmente appagato dalla gioia di un Natale convenzionale e oggi anche legalizzato.
Ma il credente non può adattarsi a certi giochetti; il credente intuisce in se stesso che l'avvento è la grande scuola per accogliere Dio che viene e non per manipolarlo a piacere, o ancor peggio per credere di potersi meritare il figlio di Dio.
Con Maria ci mettiamo davanti a una immagine viva di come possiamo imparare a vivere l'avvento, in modo cristiano. Nel Vangelo di oggi impariamo tre caratteristiche - che nell'incontro tra l'angelo Gabriele e la vergine Maria -, danno consistenza al nostro avvento:
- l'irruzione inaspettata, che rimescola i progetti, e vi inserisce novità;
- il superamento dell'individualismo,dalla pretesa umana di avere tutto in mano, tutto sotto controllo, si giunge al consegnarsi nelle mani di un altro, di Dio;
- il passaggio alla fiducia ... Mi fido di quelle Parole, e mi affido a quella Parola, che è per me … a quella Parola che mi sussurra di fidarmi!
Maria si presenta quindi sulla scena della storia umana come la profezia di come la fede in Dio, come l’affidarsi a Lui apre la strada della felicità nella nostra vita cristiana; la fiducia poi, sprigiona la speranza, e diviene tenera consolazione nel nostro vivere quotidiano. Ecco che Dio sa stare davanti a chi si affida a Lui con semplicità, e anche con qualche dubbio.
sabato 19 dicembre 2020
La nostra vita, Dio la rende feconda
Giudici 13,2-7.24-25 e Luca 1,5-25
venerdì 18 dicembre 2020
Giuseppe e il travaglio interiore
Geremia 23,5-8 e Matteo 1,18-24
giovedì 17 dicembre 2020
La "catena" genealogica
Genesi 49,2.8-10 e Matteo 1,1-17
mercoledì 16 dicembre 2020
Non scandalizziamoci
Isaia 45,6-8.18.21-25 e Luca 7,19-23
martedì 15 dicembre 2020
Abbiamo visto e non abbiamo creduto ...
lunedì 14 dicembre 2020
Oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante
domenica 13 dicembre 2020
Occorre indietreggiare
Isaia 61,1-2.10-11; Canrt. Lc 1; 1 Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28
Terza domenica di Avvento, detta anche domenica gaudente, cioè della gioia; ci accompagna dalla figura di Giovanni Battista che sembra rivestire nei panni di un operaio edile, che si appresta a compiere lavori di ristrutturazione: “Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa”.
Per noi questa via, questa strada potrebbe essere anche il risistemare la casa, abbellirla, adeguarla al venire del Signore; curarne il verde, potare gli alberi, predisporre i bulbi dei primi fiori di primavera, tutto in un'unica direzione "prepararsi ad accogliere colui che viene".
Senza voler stravolgere le nostre informazioni sull'Avvento, cerchiamo di comprendere come questo tempo liturgico, non è solo memoria della venuta nel tempo del Figlio di Dio - la sua nascita a Betlemme – ma ci predispone con un itinerario di preparazione - appunto di avvento - a ripercorrere l'attesa dei profeti e di tutto Israele fino a Maria e Giuseppe per congiungerla con l’ulteriore attesa, quella del ritorno del Foglio di Dio, il suo ultimo avvento alla fine dei tempi.
Giovanni Battista ci indica il punto di svolta tra le due attese: "In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo".
In questo nostro tempo, segnato dalla crisi mondiale della pandemia, ferito dalle disuguaglianze sociali che sono sempre più gravi; condizionato dell'indifferenza verso tutti e verso ciò che è il mistero di Dio ...; in questa nostra quotidianità in cammino, il Signore continua a rendere vicina la sua venuta, per rendere più concreto l'essere il Dio con noi.
Al tempo di Giovanni la gente accorre e chiedeva a Giovanni il segno del battesimo come espressione del desiderio di cambiamento della vita, rivoluzione del cuore, perché a tutti era evidente che la manifestazione del Messia era vicina.
Le aspettative erano talmente alte che si erano concentrate tutte su di lui: "Sei il Cristo? Sei tu Elia? Sei tu il profeta? Chi sei dunque?”
Di fronte a tanta attesa Giovanni ad un certo punto si tira indietro. È questo gesto di Giovanni che lascia tutti un poco disorientati, e lascia nello sconcerto.
Eppure, Giovanni insegna in quel suo indietreggiare che tutti - se vogliono riconoscere il Messia - dobbiamo imparare a fare un passo indietro.
Anche nella ristrutturazione della casa, è necessario che si faccia un passo indietro e si guardi con attenzione e pazienza tutto l'insieme, per capire da dove cominciare.
Giovanni ci suggerisce - oggi - di cercare una presenza, di cercare la presenza di Gesù in mezzo a noi.
Se non farò un passo indietro - come fa Giovanni - non mi accorgerò che Gesù si è avvicinato, e che mi si accosta nel cammino; se non arretro sarò sempre e solo io davanti a me stesso, e continuerò ad amare solo me stesso, incurante dell'amore per e degli altri e soprattutto della loro presenza e vicinanza.
Quando invece riconosco che Gesù mi preceda nella fede …, nella mia storia …, nel mio stile …, allora ecco che il Signore diviene evidente, e sorprendentemente si svela come colui che è per me.
Non è stata facile per Giovanni questa tappa della sua esistenza; Gesù era molto diverso da ciò che lui immaginava; il Signor aveva uno stile che si discostava totalmente dal suo! Questo suo indietreggiare è quindi occasione anche di dubbi, di tenebra e di smarrimento: "ma sei tu che deve venire o dobbiamo attendere un altro?" Farà chiedere a Gesù dai suoi discepoli.
Giovanni fa esperienza che solo arretrando è possibile accogliere colui che viene!
Solo imitando nel suo indietreggiare, solo mettendomi a cuore la ristrutturazione della “mia casa”, smetterò di cercare Gesù in modo convulso, o in una vaga idea natalizia; indietreggiare è riscoprire il bello dell’umiltà, della mansuetudine; dell’essere piccoli; è concretamente, avere il coraggio di compiere un gesto di amore verso la mia comunità, verso la mia famiglia, verso i miei amici ...
Sono questi i lavori di ristrutturazione urgenti, che mi permettono di accogliere colui che non conosciamo, ma che è già, anzi è ancora e ritorna in mezzo a noi.