Giudici 13,2-7.24-25 e Luca 1,5-25
Non
avere figli rappresentava un grave disagio per l'uomo; il dramma della
sterilità era una ferita dell'essere donna ... È questa realtà di
partenza - non solo culturale - nella quale si inserisce la
manifestazione e realizzazione del disegno di salvezza. È da una ferita -
la sterilità di una coppia - che Yhwh, pone nella vicenda umana un
segno della sua vicinanza e della salvezza: Sansone. La storia di
Sansone è un segno di liberazione, di riscatto e di salvezza per
l'intero popolo di Israele. È un segno che non rimane intercluso nel
tempo e in una vicenda, ma anticipa e accompagna il cammino della storia
come evento di salvezza per l'intero genere umano. È il segno del
figlio, il dono della vita che nasce lì dove regnava solo la sterilità
della morte. Essere sterili, è come essere in un cammino di morte,
custodi di una vita incapace di esprimere l'eternità; incapace di
perpetuare l'esistenza e di essere generativa del dono della vita
stessa.
Fin dall'inizio della rivelazione di Yhwh,
comprendiamo e riconosciamo che la salvezza supera ogni argomentazione
morale, esprimendosi come redenzione della sterilità della morte nel
dono di Dio che è la vita stessa. Il compimento, la pienezza di questo
segno è l'incarnazione del verbo di Dio: la vita stessa di Dio, il suo
amore per noi, che diviene il suo figlio che nasce nella nostra umanità
dalla carne di una donna.
Essere fecondi non è quindi solo una
possibilità biologica, ma la fecondità diviene una condizione
dell'essere dell'uomo capace di generare il bene, di costruire felicità e
di custodire l'amore. Per questo dono, la nostra vita non può che
trasformarsi in gratitudine a Dio e a chi da senso e pienezza alla
nostra esistenza. Quanti grazie occorre che dica per tutto il bene che
ricevo?
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