Levitico 25,1-17 e Matteo 14,1-12
sabato 31 luglio 2021
Suonate il corno: è l'anno del giubileo
venerdì 30 luglio 2021
Un tempo che è sacro ...
Levitico 23,1-37 e Matteo 13,54-58
giovedì 29 luglio 2021
Rimanere nell'amore ...
1 Giovanni 4,7-16 e Giovanni 11,19-27
mercoledì 28 luglio 2021
Il nostro volto radioso
Esodo 34,29-35 e Matteo 13,44-46
martedì 27 luglio 2021
Fa' di noi la tua eredità!
Esodo 33,7-11; 34,5-9.28 e Matteo 13,36-43
La fedeltà premia sempre ...
Esodo 32,15-34 e Matteo 13,31-35
domenica 25 luglio 2021
Dalle sue mani: Pane e Chiesa
Il brano della moltiplicazione del pane e dei pesci sul lago di Tiberiade, raccontato nel sesto capitolo di Giovanni, ci accompagnerà per diverse domeniche.
Lo sguardo che vorrei assumere questa volta non è quello solito per recuperare il senso eucaristico del pane della vita.
Ma quello di portarci a comprendere come proprio a partire da quel pane nasce e vive la Chiesa, che noi possiamo essere.
Se infatti oggi possiamo denunciare una carenza è proprio in ragione di questa disaffezione al pane.
Troppi pochi cristiani mangiano quel Pane ...
Oggi è un Pane dei vecchi; il pane della prima comunione; il pane delle solennità ...
Ma scusate cosa c'entra questo ridurre il pane a degli eventi con la chiesa di Cristo.
Se mangiare il pane è un privilegio di quando sono confessato, ed è solo una questione di purità legale ... Cosa c'entra l'eucaristia con la mia appartenenza alla Chiesa?
Chi fa la Chiesa oggi?
Oggi sembra che la Chiesa dipenda proprio nel suo esserci e non esserci, dal numero ...
È il numero fatto da noi; dal quanti siamo, letto in vario modo: sociologico, spirituale, morale e culturale. Il criterio dell'esserci o meno della Chiesa è saldamente una nostra prerogativa. (… una nostra prerogativa)
Ecco, già da questo comprendiamo che abbiamo palesemente fallito.
Quel giorno, invece, sul lago a Tabga è accaduto qualcosa di straordinario, e non è solo il miracolo del pane moltiplicato e condiviso; ma in forza di quello, e insieme a quello, è "accaduta a Chiesa". Gesù ha parlato e agito per generare a Chiesa con quella gente.
E ogni volta che c'è quel pane di mezzo, e lascio fare a Gesù, ecco sbocciare la Chiesa.
Ma se io mi impossesso del pane e metto ai margini della quotidianità Gesù, ecco che non nasce la Chiesa, ma una brutta caricatura della Chiesa.
Io al massimo sono capace di generare una congrega, o una Istituzione di carattere religioso che produce servizi, quella che io chiamo, scherzosamente, la bottega del parroco.
Quel giorno a Tabga sul Lago, Gesù alza lo sguardo e vede la gente. Una folla che non è stata chiamata, convocata per l'occasione, si è autoinvitata; vuole essere dove è Gesù, lo cerca, lo vuole ascoltare ne è attratta. È nata una relazione spontanea e personale ...
E Gesù se ne è accorto. Ma come fare sì che questa relazione non si esaurisca, non si consumi inutilmente e non si disperda in un nulla?
Ecco che Gesù pensa di custodire quella vicinanza, di prendersene cura. Lui stesso prende in mano la situazione e la gestisce direttamente. E anche coinvolgendo Filippo, mette in evidenza che né la gente, né i discepoli sono capaci di fare voi che solo lui è capace di fare e suscitare.
Gesù non ci scarta, prende il nostro poco pane (cinque ogni d'orzo e due pesci) e da quel poco fa nascere la Chiesa, perché tutti mangiano del poco, e tutti si saziano. Quel pane e pesce tutti rende uniti e fratelli.
È una appartenenza bellissima, nessuno è escluso, e nessuno ne deve restare fuori. Non è una istituzione religiosa, una affiliazione morale.
E’ desiderio, è voglia e gioia di fare parte di un mistero che Gesù dona dalle sue mani.
La Chiesa non passa dalle formalità istituzionali, essa è il frutto di una intima relazione con il Signore. Siamo Chiesa, se ne facciamo parte a partire da quella intima comunione con Gesù. Diversamente la Chiesa sarà sempre un problema, o morale, o legale, o religioso spirituale ... Fino anche un problema liturgico. Ma essere Chiesa è in realtà esserci come amici e fratelli fra di noi, insieme a Gesù per mangiare il suo pane, un pane che ci nutre nell'essere Chiesa.
sabato 24 luglio 2021
Il sigillo dell'alleanza
Esodo 24,3-8 e Matteo 13,24-30
venerdì 23 luglio 2021
Cristo ci ama ... e come!
Galati 2,19-20 e Giovanni 15,1-8
Per Gesù e per gli ebrei suoi contemporanei, l'immagine della vite ha un significato chiaro e immediato: essa è Israele. Di lei il Padre, Yhwh, si prende cura, la pianta nel luogo della sua promessa, la custodisce, la pota e ne accompagna la produzione dei frutti abbondanti. Di fronte questa immagine di tradizione, Gesù compie una scelta che sbalordisce i discepoli: assume in se il senso e il significato dell'immagine.
giovedì 22 luglio 2021
Va’ dai miei fratelli e di’ loro ...
Cantico 3,1-4 e Giovanni 20,1-2.11-18
mercoledì 21 luglio 2021
La libertà al prezzo di quaglie e manna!
Esodo 16,15.9-15 e Matteo 13,1-9
martedì 20 luglio 2021
Il Signore sospinse il mare ... e apre la strada al suo popolo.
Esodo 14,21-31 e Matteo 12,46-50
lunedì 19 luglio 2021
Dio garantisce ma libertà guadagnata.
domenica 18 luglio 2021
Ripartiamo dall'ABC della missione.
Ger 23,1-6; Sal 22; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34
Inviato da iPad
sabato 17 luglio 2021
Una notte di veglia per sempre!
Esodo 12,37-42 e Matteo 12,14-21
venerdì 16 luglio 2021
La Pasqua Ebraica
Scrivere il modo di celebrare ma Pasqua, serve per conservare nella memoria del popolo il ricordo di quella notte di veglia nella quale nasce Israele: la festa diviene memoriale di generazione in generazione dell'esperienza della salvezza e cessa di essere un semplice fatto storico. Anche noi spesso ci aggrappiamo ai nostri ricordi per trovare consistenza e forza nelle nostre fragilità, ebbene, Israele, al ricordo di quella notte si aggrappa invocando la forza della vicinanza e misericordia di Yhwh.
giovedì 15 luglio 2021
Esisto con voi
Esodo 3,13-20 e Matteo 11,28-30
Una seconda considerazione ci porta a riconoscere il verbo “essere”, in ebraico, quanto forma attiva , ovvero esistenza quanto si esercita e si manifesta con la sua stessa attività. "Essere" è quindi "essere in rapporto" agli altri esistenti, è "essere in relazione". Il vero senso dell’espressione ebraica sarebbe dunque: "Io esisto davvero per voi, con voi".
mercoledì 14 luglio 2021
Effetti della manifestazione concreta.
Esodo 3,1-6.9-12 e Matteo 11,25-27
martedì 13 luglio 2021
Nascita di Mosè
Esodo 2,1-15 e Matteo 11,20-34
Inviato da iPad
lunedì 12 luglio 2021
Cancellazione delle promesse
Esodo 1,8-14.22 e Matteo 10,34-11,1
domenica 11 luglio 2021
Missionari, non comunisti, non sovranisti.
Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13
Per molto tempo abbiamo idealizzato, in un mondo ritenuto cristiano, l'invio a due a due dei discepoli, come una immagine dell'annunciare il Vangelo al fine di incrementare la Chiesa, come estensione territoriale, come appartenenza, come una sorta di impero di Cristo.
Ma quando la Chiesa nel concilio Vaticano II è entrata nella secolarizzazione del mondo, da quando la Chiesa ha accettato il confronto con la globalizzazione e ora con un modo digitale, dove tutto è di fronte a tutti, e dove le differenze tra ricchi e poveri, tra nord e sud del mondo, diventano evidenti, e spesso giustificate dalle logiche della finanza, si ripropone con urgenza e forza il senso, per chi crede, dell'essere mandati.
Nel Vangelo ci sono tre snodi che rappresentano altrettanti punti fermi:
Gesù chiamo i dodici a sé per mandarli ...
Una evidenza esplicita: essere discepoli di Gesù implica essere mandati. Siamo dei mandati a questo nostro mondo. Superato il colonialismo e l'idea dell'impero cristiano, superato in confronto/scontro con la modernità, Gesù ci manda in questo mondo, che è il nostro; ci manda "due a due", a partire dal nostro essere insieme, dal nostro essere comunità. Significa che nessuno può pensarsi in una posizione di stasi, di passività, di rinuncia all'azione. Se ci pensiamo statici, non siamo più cristiani, siamo qualcosa di altro (una congrega), ma non discepoli mandati da Gesù.
Inviati in questo mondo per confrontarci con il mondo, per dialogare con il mondo, non per imporci sul mondo. È molto diverso il modo in cui Gesù oggi ci chiede di andare a liberare il mondo dal male, rispetto a quanto pensavano i nostri genitori, i nostri nonni. Oggi siamo invitati a stare in un mondo che non ci riconosce, che non ci stima, che spesso ci giudica; ma rispetto al quale noi non possiamo rinunciare a starci dentro. Anche se il mondo andasse per una strada avversa, noi siamo inviati a stare insieme a questo mondo. Dobbiamo entrare nella logica che il Vangelo entra in dialogo con il mondo non perché il mondo è cristiano, ma proprio perché non lo è. E in questo dialogo suggerisce alla mentalità umana nuove vie da percorrere nella umanizzazione, cioè nel rendere l'uomo consapevole della sua umanità, per giungere, se Dio vorrà a riconoscersi figlio.
Non prendere nulla con sé ...
Inviati senza nessuna certezza, nessuna forza legata al potere. Che bella Chiesa che non conti più nulla, che non sei più una forza politica, che non hai più amici a cui affidare i tuoi interessi, e quando ricerchi vecchi schemi Ruiniani, tutto ti crolla addosso e ne vieni svergognata.
L'unica tua forza è la verità del Vangelo che annunci. Prendi con te solo la Parola capace di dare speranza, di suscitare la vita nuova, capace di guarire le ferite e di consolare i cuori affaticati e oppressi. Una parola capace di ricordare ai fratelli che diamo parte della sofferenza dell'altro.
Ed essi partirono e proclamavano che la gente di convertisse ...
E a questo punto si manifesta il modo di realizzare questa missione che Gesù ci affida, in cui Gesù ci immerge e ci precede.
Oggi possiamo dire: "Signore, abbiamo vissuto le tue parole fono in fondo, alla lettera (sine glossa), e abbiamo portato a termine la missione affidata ... Abbiamo proclamato alla gente che si convertisse ... Abbiamo abitato le loro case, liberto dagli spiriti impuri, vissuto la sobrietà ..."
Ma forse ... non è proprio così ... Ci stiamo forse auto-convincendo che tutto va bene così?
Non stiamo proclamando di convertirsi al Vangelo, perché noi siamo i primi non convertiti ... che della vita cristiana ne facciamo ciò che vogliamo.
Non viviamo la povertà e la sobrietà, nonostante la crisi economica, e la pandemia, ora in verità abbiamo elaborato uno scopo: usare delle nostre ricchezze per noi stessi, per garantirci la vita, la nostra, incuranti spesso dei drammi umanitari che si susseguono attorno a noi. Ci assicuriamo un benessere minimo e garantito... Altro che due tuniche ... ne abbiamo tre, quattro ... un guardaroba intero ...
Non viviamo il senso dell'ospitalità, prima di tutto perché non siamo più disposti ad ospitare nessuno in casa nostra ... Più di 670 vittime in questo anno nel nostro mare mediterraneo, dice l'indifferenza di tanti e il nostro tacere rispetto alle immigrazioni dei popoli. Facciamo i pigiama party, ospitiamo i figli degli amici, ma poi per noi l'ospite, l'uomo che deve essere ospitato, è come il pesce: "dopo tre giorni puzza ... "
Questo modo di percepirsi discepoli non ha nulla a che fare con l'essere attirati al Signore per essere mandati. Questa non è la Chiesa di Gesù e neppure il suo popolo ... Per esserlo occorre convertirsi al sogno di Dio: di un mondo da guarire nei suoi egoismi, pieno vita e senza demoni; fatto di relazioni diventate armoniose e felici, un mondo di porte aperte e brecce nelle mura.
Ma quando il popolo cristiano perde la sua identità missionaria, cioè rinuncia ad essere inviato, così come papà Francesco ci sollecita di continuo, diventa un non popolo senza fede, senza speranza di risurrezione e senza desiderio della vita eterna ...
Di fronte a questo Vangelo, conviene ammettere la nostra latitanza circa la chiamata esplicita di andare in missione a "due a due". La missione è fatica, ma è condivisione e amicizia fraterna ... con il Signore e con tutti.
Inviato da iPad
sabato 10 luglio 2021
Una bella conclusione
venerdì 9 luglio 2021
Di promessa in promessa ...
Genesi 46,1-30 e Matteo 10,16-23
giovedì 8 luglio 2021
Il figlio amato è Beniamino!
Genesi 44,18-45,5 e Matteo 10,7-15
La situazione precipita: la madre, Rachele, entra in agonia. Ma la levatrice riesce a estrarre la creaturina: un maschio. La pone, ancora insanguinata, sulla madre per darle coraggio. Essa, con un filo di voce, mormora il nome da imporre al bambino: Ben-onî!, che in ebraico significa “figlio delle mie doglie”. E subito dopo muore. Giacobbe è travolto da due sentimenti contrastanti: l’immensa sofferenza per la perdita della moglie che tanto aveva amato più di tutte, e la gioia per quel bambino che gli ha donato proprio nell’ istante della morte. Ecco, allora, la sua decisione: il nome di questo piccolo non sarà triste come voleva la madre, ma sarà un augurio festoso. E Giacobbe gli impone il nome di Beniamino, in ebraico Ben-yamîn, “figlio della destra”, ossia “figlio della fortuna, della prosperità, del buon auspicio”.
uella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».
mercoledì 7 luglio 2021
La narrazione della promessa continua
Genesi 41,55.42,24 e Matteo 10,1-7
martedì 6 luglio 2021
Una lotta ... L'abbraccio di Dio.
Genesi 32,23-33 e Matteo 9,32-38
lunedì 5 luglio 2021
Pure noi, dentro la promessa!
Genesi 28,10-22 e Matteo 9,18-26
domenica 4 luglio 2021
Due millenni di scandalo ...
Ezechiele 2,2-5 / Salmo 122 / 2 Corinzi 12,7-10 / Marco 6,1-6
Paolo, quando scrive la sua lettera ai corinzi, fa memoria della sua esperienza e del suo scandalizzarsi di fronte a Gesù, come anche del suo arrendersi al Signore.
La debolezza la fragilità del credere, in realtà è lo spazio preferito da Gesù per mostrare come la gloria e l'onnipotenza di Dio ben poco hanno a che fare con il vanto, l'onore e la sicurezza umana.
Tutto in Paolo si concentra nel riconoscere e testimoniare che la fragilità e la debolezza, divengono lo spazio di rivelazione del mistero di Cristo lui.
Anche noi incontriamo Gesù nella fragilità di noi stessi, in quello spazio aperto dalla "spina nella carne", che non rappresenta la giustificazione morale alla fragilità, ma è lo spazio dove le nostre ferite, quelle date dalla nostra natura entrano in contatto con l'amore di Gesù per noi. Egli ci ama oltre le nostre fragilità.
È questo lo scandalo che a Nazareth si consuma quando Gesù torna tra i suoi.
Perché è incomprensibile un Dio umano come Gesù, che cosa c'entra con la potenza di Dio?
È possibile che la potenza di Dio si riveli in un carpentiere?
Come allora, anche per noi oggi è difficile accettare un Dio così concreto e umano, un Dio che non si nasconde dentro la teologia e nei dogmi ...
Il carpentiere di Nazareth, lo era allora, lo è oggi, è proprio il Dio con noi. Gesù porta direttamente al cuore della nostra vita quotidiana l'esperienza del Figlio di Dio e di Dio stesso.
L'immagine originaria della casa-Chiesa, che Gesù condivide, non è una clericalizzazione o trasformazione della casa in un piccolo Tempio, ma la possibilità di vivere nel quotidiano la fede che Gesù ha condiviso con i suoi discepoli. Noi siamo di scandalo perché clericalizziamo tutta la nostra esperienza di fede, cosa che Gesù non ha fatto.
È scandaloso un Dio fatto di carne ... È lo scandalo della Parola, cioè della rivelazione di Dio in un pezzo di storia umile e concreta. È lo scandalo di Dio che diventa uomo e incontra l'uomo nella vita quotidiana. È lo scandalo per chi vede Dio solo nelle liturgie e nei riti, ma non lo vede nella vita, non lo vede nei fratelli tutti, non nei poveri, non nei disperati, nei diversi e amareggiati, non nei lontani.
Scandalizza l’umiltà di Gesù e di Suo Padre, al punto di dubitare che sia proprio Dio. Non può essere questo il nostro Dio. Dov’è la Gloria e lo splendore dell’Altissimo?
Ma ancora una volta un Dio Altissimo è il Dio dei sacerdoti degli scribi di un tempo, come oggi è solo il Dio clericale.
È scandaloso il Dio della vicinanza quotidiana, della tenerezza e della dolce misericordia.
In verità ci scandalizza che Dio, abita a Nazareth, Cafarnao, Gerusalemme, Imola, Casola Canina ... Era scandaloso a quel tempo, figuriamoci oggi; Dio che vive nella prossimità!
Ma noi anche oggi, siamo circondati da profeti, magari piccoli, magari minimi, ma continuamente inviati. E noi, abitanti di una Nazareth attuale, non siamo disposti ad accogliere gli inviati di Dio.
Invece occorre che ci scandalizziamo per recuperare completamente la visione di Gesù fondata sulla fede di ciò che è scandaloso e non di ciò che è razionalmente e rigidamente accettabile o corretto.
È proprio lo scandalo che fa permette all'uomo, al discepolo, di sperimentare che Gesù, il carpentiere, costruisce la croce che ci salva. Questa croce, scandalosa, la sua, che per noi è il trampolino per il cielo.
Questo permette di riconoscere come anche oggi, il Signore, rifiutato, agisce nella storia, anche della nostra comunità e nella nostra Chiesa Cattolica ...
Forse con presunzione di autosufficienza non siamo disponibili ad accoglie fino in fondo l'invito del Vangelo alla conversione missionaria e alla via nuova per la Chiesa del terzo millennio.
Ma sia che ascoltiamo come anche che non ascoltiamo la Sua parola, Dio continua a parlarci e ad amarci, e continuerà a ripetere quelle parole che sono quelle del suo Figlio.
sabato 3 luglio 2021
Il legame apostolico
Efesini 2,19-22 e Giovanni 20,24-29
venerdì 2 luglio 2021
Una storia d'amore poco conosciuta
Genesi 23,1-4.19;24.1-8.62-67 e Matteo 9,9-13
giovedì 1 luglio 2021
La paternità
Genesi 22,1-19 e Matteo 9,1-8