domenica 13 luglio 2025

Un segno equivoco nella storia

Es 1,8-14.22 e Mt 10,34-11,1

Nel tempo in cui i figli di Giacobbe si trasferirono in Egitto, crebbero e divennero un popolo, possiamo affermare che ora Israele non è più solo Giacobbe ma, d'identità dello stesso popolo, che da ora inizia l'epopea della conquista della Terra. Tutto inizia con un faraone che non ha conosciuto Giuseppe e con un Dio che si affaccia a vedere il suo popolo che subisce l'avversione degli Egiziano, una ostilità che si esprime contro la vita dei figli maschi di Israele. Ciò che emerge ci deve essere di guida anche oggi, tempo nel quale occorre custodire e difendere soprattutto l'amore per le persone, specialmente le più indifese e deboli, adesso a prescindere.

Chiesa Samaritana e Locanda

Dt 30,10-14   Sal 18   Col 1,15-20   Lc 10,25-37

Ci sono due situazioni che le parole di Gesù della Parabola risuonano immediatamente nella Chiesa: Samaritana, e Locanda ospitale. Ai tempi di Gesú essere samaritani era una disgrazia, una condizione deprecabile ... oscena, ma per Gesù diventa condizione prediletta e condizione scelta da Dio per coinvolgersi nella storia del popolo di israele, una condizione che diviene prioritaria per configurare la Chiesa.
Una Chiesa Samaritana che cosa significa?
In realtà si tratta semplicemente di essere discepoli di Gesú... alla scuola del maestro!
Con altre parole: Insegnaci, Signore, la prossimità che risolleva e fa vivere,
che sceglie di farsi carico e non vuole mantenere distanze.
Come il Samaritano, possa il nostro sì a te diventare un sì a favore della prossimità, della cura, della fraternità.
Non è Samaritana se non si comprende che per Gesù non è possibile umanamente essere suoi discepoli a prescindere dalla prossimità ...
Una Chiesa Locanda accogliente che cosa significa?
Essere una Chiesa spazio accogliente e di ospitalità, dove sperimentare concretamente l'esito della missione e la fratellanza nella fraternità, che per il Signore non è impresa impossibile. Quello che Dio chiede non è oltre noi stessi, non è oltre le nostre possibilità.
Chiesa locanda non vuol dire che è un albergo ma che è il luogo dove Gesú  buon Samaritano porta e fa curare il malcapitato finito nelle mani dei briganti; la locanda è l’immagine di quella Chiesa che accoglie e si prende cura dei malcapitati della storia e del tempo, è l’immagine di una Chiesa dell’ospitalità che vede nel debole e nel malato la carne di quel Cristo che tanto predica e prega.
Essere locanda significa aprirsi alla missionarietà ovunque.
Erio Castellucci, commentando la pagina dei discepoli di Emmaus ed evidenziando la straordinaria attualità di essa nell’oggi della Chiesa, scrive: “I due discepoli aggiungono un posto a tavola. Non hanno paura di allargare lo spazio della loro casa, non si barricano dietro alla loro porta. Hanno intuito, sentendo parlare Gesù, che quello straniero può solo arricchire la loro vita. Hanno capito, senza forse averlo sentito direttamente da Gesù, quello che aveva detto alla fine del Vangelo di Matteo: “ero straniero e mi avete accolto”.
L’esperienza dell’essere accolti e dell’accogliere è uno degli elementi fondamentali della Chiesa.
Oggi le nostre comunità dovrebbero semplicemente crescere ancor di più in questo senso e in questo stile.



sabato 12 luglio 2025

Non tutte le terre sono la "promessa"

Gen 49,29-33; 50,15-26 e Mt 10,24-33

Giacobbe muore e lascia detto che vuole essere seppellito a Macpela, la caverna sepolcrale di famiglia. La narrazione è densa e serve per annubciare che non resteranno sempre in Egitto, ma che torneranno nella terra promessa. Il messaggio, ancora una volta è di fede. Credere nel disegno che Dio ha immaginato per ognuno di noi e per la comunità. Mai, come in questa fase storica, l’uomo si sente al centro della propria vita. Autonmia difficilmente derogabile. Questo stare insieme è l’Ecclesia, è il vivere insieme, il confrontarsi, il decidere. In quanto “uomo contemporaneo" è difficile affidarsi ad un disegno divino; non so se ho la forza di arrendersi alla reale volontà di vivere con un altro.

venerdì 11 luglio 2025

San Benedetto

Pr 2,1-9 e Mt 19,27-29

Che cosa rappresenta per noi la Parola di Dio?
Occorre prestare attenzione alla parola di Dio, perché è parola di saggezza, che può renderci saggi per la salvezza. Occorre che siamo convinti che le parole di Dio sono la fonte della saggezza e della comprensione, e che non abbiamo bisogno di desiderare di essere più saggi di quanto la Parola ci renderà. Dobbiamo tendere allz Parola il nostro orecchio e applicare le Parole al nostro cuore. Dobbiamo, di conseguenza, ricevere la parola di Dio e accoglierla, senza presunzione e pregiudizio, mormorii o contestazioni. Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta!


giovedì 10 luglio 2025

Riconciliarsi

Gen 44,18-21.23-29; 45,1-5 e Mt 10,7-15

Un brano narrativo: Giuseppe ha sofferto a causa dei suoi fratelli, ora  li mette alla prova, non si rivela immediatamente, prova a capire se i fratelli lo riconoscono. Cerca di comprendere se esiste ancora un legame di indissolubile appartenenza, se esssere fratelli va oltre le conseguenze del loro agire, vuole scoprire se l’hanno dimenticato. Ma è la riconciliazione che fa il suo cammino di evidenza. Alla fine  non importa cosa si è provato, non importa l’abbandono, il dolore, le sofferenze; ci sarà sempre un momento in cui sarà importante riconciliarsi con l’altro e con sé stesso. Fare pace con sé stessi è il primo passo per amarsi ed amare.

mercoledì 9 luglio 2025

Una storia umana continuamente ferita

Gen 41,55-57; 42,4-7.17-24 e Mt 10,1-7

Il brano narra della vicenda di Giuseppe durante la carestia. È il racconto di un dolore e della necessità della sua redenzione: quasi il desiderio di “restituire” il medesimo dolore a chi gliel’aveva causato. Giuseppe è addolorato e, non potendo dare una ragione al proprio dolore vuole capire quanto tutto ciò abbia inciso anche sulla vita dei fratelli che lo abbandonarono al suo destino.
Ma comprendere il dolore, è possibile fuori da un’otti

martedì 8 luglio 2025

Da Giacobbe a Israele

Gen 32,23-33 e Mt 9,32-38

Nel contesto attuale dire Israele, per molti risuona male,  crea imbarazzo o disagio ... Eppure dobbiamo trovare, al di là dell'attualità dei fatti la profondità di un mistero: l'umana fragilità del "Soppiantatore" - Giacobbe -, diviene lo spazio della sua stessa vocazione: "Dio è forte" - Israele -. Il confronto serrato di quella notte è una lotta che non indebolisce ma dà forza, e trasforma Giacobbe profondamente. In questa lotta si compie la sua identità, da scartato, peccatore, diviene forte al punto da vincere contro Dio e contro gli uomini. In realtà a vincere è Dio che non rivela il suo nome, mantiene intatto il suo mistero. La lotta invece lascia Giacobbe-Israele zoppicante, segno dell’incontro con Dio che rende manifesta la sua  trasformazione.

lunedì 7 luglio 2025

Di nuovo la promessa ... e tre ...

Gen 28,10-22 e Mt 9,18-26

La vicenda iniziale di Giacobbe si dispiega in venti anni: un viaggio, una fuga, la ricerca della sua identità e vocazione. Anni segnati dalla chiamata personale di Yhwh, dalla promessa che Dio fa a Giacobbe e dalla benedizione che si estene a tutta la terra. Siamo in una continuità con la narrazione dei patriarchi. L’alleanza tra Dio e Giacobbe rinnova le sue promesse in modo personale a Giacobbe e, per suo tramite, a tutti gli uomini. Qusta alleanza è "porta del cielo", punto di confine e luogo sacro. Giacobbe risponderà alle promesse di Dio con la sua fedeltà, riconoscendo il Signore come proprio Dio e tributandogli il culto. Dunque il Signore si pone in relazione reciproca con l’uomo, relazione la cui rappresentazione sarà quella della scala del sogno di Giacobbe, elemento di congiunzione tra il cielo e la terra.

domenica 6 luglio 2025

Molta messe pochi operai per il regno

Is 66,10-14c; Sal 65; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20


Una tensione: "la messe è tanta ma pochi sono gli operai" ... e ... "È vicino a voi il regno di Dio".È all'interno di questa dinamica che va collocata la realtà del mondo che oggi viviamo. Una messe abbondante e la scarsità di risorse umane necessarie per prendersene cura. In questa abbondanza e scarsità ci siamo noi, c'è la missione della Chiesa; una missione necessaria non perché debba produrre qualcosa; non perché abbia qualcosa da offrire; non perché possa risolvere i problemi dell’umanità; ma perché la missione testimonia dunque che anche lì, proprio lì, il Signore sta venendo. La missione non è primariamente un intervento socio assistenziale o culturale religioso, ma in un modo molto particolare, è il segno, un anticipo di ciò che sta per accadere. Non sarà così importante ciò che fa, ma sarà importante quello che dice e annuncia: la venuta di Cristo nel mondo, la sua presenza. Il regno dei cieli è vicino, è veniente, sta "lievitando" nella storia, dentro l'impasto di questa nostra storia contemporanea: questo, noi testimoni del Vangelo, credenti in Cristo dovremmo, con coraggio annunciare. Lo dovremmo dire a chi non ha più speranza, a chi non vuole più averla, a chi ha chiuso il cuore e rifiuta l’amore. Noi, come i discepoli mandati da Gesù, proprio questo dobbiamo vivere e annunciare. Con uno stile libero e leggero, disarmato e accogliente, occorre ricondurre a Cristo il cuore dei nostri fratelli:

- di fronte ai tatticismi e ai compromessi iniqui;
- di fronte alle azioni di forza di uno sterile riarmo e alle prepotenze diplomatiche:
- di fronte all'indifferenza e alle menzogne di Fake News di convenienza;
- di fronte alle ingiustizie e alle esclusioni;
- di fronte a chi ha la presunzione di decidere e di condizionare la tua vita e di condurre anche alla morte;
è questa la messe abbondante, dove i discepoli nella loro insufficienza sono oggi chiamati ad annunciare Gesù Cristo.
Dice Papa Leone, forse con uno stile più pacato e certamente meno enfatico di tanti potenti: “Il cuore della Chiesa è straziato per le grida che si levano dai luoghi di guerra, in particolare dall’Ucraina, dall’Iran, da Israele e da Gaza”.
"Non dobbiamo abituarci alla guerra, anzi bisogna respingere come una tentazione il fascino degli armamenti potenti e sofisticati. In realtà poiché nella guerra odierna si fa uso di armi scientifiche di ogni genere, la sua atrocità minaccia di condurre i combattenti a una barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati.
Pertanto in nome della dignità umana e del diritto internazionale, ripeto ai responsabili politici ciò che che soleva dire papa Francesco: "La guerra è sempre una sconfitta". E con Pio XII: "Nulla è perduto con la pace tutto può esserlo con la guerra".
Inoltre, “oggi assistiamo, sgomenti, all’uso iniquo della fame come arma di guerra. Affamare una popolazione è un modo molto economico per fare la guerra”.
E ancora: “Risorse finanziarie e tecnologie innovative vengono distolte dall’obiettivo di sradicare la povertà e la fame nel mondo per la produzione e il commercio di armi“.
Ma proprio nella Striscia si stanno moltiplicando episodi di uccisioni di massa di persone che aspettano aiuti alimentari nei centri di distribuzione che hanno spinto funzionari dell’Onu ad accusare Israele di uso della fame come “arma di guerra”, appunto.
I discepoli di Cristo, inviati dal Signore e dalla Chiesa, offrono a tutti, anche se non accolta la pace, i discepoli non giudicano, non accusano, non fanno guerra.
Occorre che ci facciamo custodi e promotori di pace perché non vada perduta, e per poterla offrire in ogni villaggio, città e casa dove entriamo.
Quali sono i nostri villaggi, città e case?

sabato 5 luglio 2025

Eppure la benedizione di Dio passa nell'umano

Gen 27,1-5.15-29 e Mt 9,14-17

Leggendo Genesi, resto sempre affascinato, perché riesco a cogliere la concretezza della promessa dentro la quotidianità della vita fatta di bene e di male di verità e di inganno. Tutti i personaggi del brano sono accomunati da un tratto di debolezza: per la vecchiaia, la condizione femminile, perché prevaricati o peccatori. Eppure Dio si serve proprio di quella debolezza per manifestare la sua potenza. Questa vicenda, nel suo sovvertire le logiche umane, ci suggerisce che proprio nella nostra debolezza, nella nostra mancanza, Dio può manifestare la sua presenza e la sua grandezza. 

venerdì 4 luglio 2025

Di chi è quella terra

Gen 23,1-4.19; 24,1-8.62-67 e Mt 9,9-13

Abramo muore senza vedere realizzata la promessa. Egli è straniero in terra di Cana, e l'unica terra che possiede è la proprietà sepolcrale dove ha deposto il corpo di Sara. Tutta la promessa è quel piccolo fazzoletto di terra e in un unico figlio? Forse disilluso poteva rinnegare l'alleanza fatta con Yhwh, ma invece si lascia condurre dalla promessa di Dio e manda un servo a cercare moglie per il figlio Isacco presso i suoi parenti, nella terra da cui tanti anni prima è partito. "Il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che mi ha preso dalla casa di mio padre e dalla mia terra natia, che mi ha parlato e mi ha giurato: Alla tua discendenza darò questa terra”. Ma cosa significa la promessa? È un possesso esclusivo? O è un affidamebto in custodia di una terra che è di Dio, una terra anche diversamente abitata? L'interpretazione è un problema più che attuale!

giovedì 3 luglio 2025

Condizioni nuove

Ef 2,19-22 e Gv 20,24-29

Come eravamo? Quale era la nostra condizione?
Eravamo senza Dio e senza speranza, morti nella nostra fragilità e ripiegati nella idolatria.
La nostra situazione era paganesimo. Ma Dio stesso, in Gesú svela il suo mistero e condivide con noi quella relazione intima che è la fede. In Gesù si aprono nuovi orizzonti umani e nuove possibilità di "credere". Ora siamo figli di Dio!
Abbiamo con Dio più che un "patto": una libera relazione, garantita da Gesù stesso, ‘poiché è lui che è la nostra pace’; e per mezzo di lui possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito cwpace di fare di tutti noi un edificio che si costruisce su Cristo, pietra angolare, per essere abitazione fin da quaggiù, per lo Spirito.

mercoledì 2 luglio 2025

Dio ascolta il nostro pianto

Gen 21,5.8-20 e Mt 8,28-34

Un racconto simile a quello già incontrato nel capitolo 16; simile, non identico, con diverse incongruenze, che fanno pensare a due tradizioni narrative diverse per spiegare i rapporti di parentela tra Ismaeliti (gli Arabi per la tradizione biblica) e Israeliti. Oggi come allora le circostante e gli atteggiamenti dei personaggi esprimono cinismo e crudeltà, invidia e gelosia. Abramo sembra oscillare, ma in realtà si rifà all’antichissimo codice di Hammurabi, che già regolamentava la questione di figli avuti da schiave e il rapporto schiava-padrona. Dentro tutto questo emerge che Dio ascolta la voce di chi piange; il "non temere" attraversa tutta la storia della Salvezza ... forse anche la nostra storia di oggi, fatta di profughi e di diseredati, in attesa di un compimento.

martedì 1 luglio 2025

Una mano anche oggi

Gen 19,15-29 e Mt 8,23-27

Un testo complesso, dove la distruzione e di Sodoma e Gomorra sembra prima di tutto la sco fitta del male, pri a che una punizione per la perversione morale. La stessa richiesta di Abramo in un dialogo intimo e speciale con Dio, rivelano la tensione di chi cerca di comprendere il mistero di Dio nella concretezza della vicenda umana e degli eventi, anche catastrofici della natura. Altra immagine suggestiva nel racconto, e piena di tenerezza è Lot che fugge guidato da un angelo che lo prende per mano. A volte per cambiare, per salvarci, ci vuole qualcuno che ci prenda per mano e che ci dia una forte spinta, per non guardare indietro, e fermarsi! Se anche i nostri sono tempi di cambiamento, a nulla vale fermarsi e rimpiangere il tempo passato: occorre fare un passo avanti, e poi un altro.