Fil 2,1-4 e Luca 14,12-14
lunedì 31 ottobre 2022
Gratuità spiazzante
domenica 30 ottobre 2022
Connessioni che ti cambiano
Sap 11,22-12,2; Sal 144; 2 Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10
Gerico, la più antica città della terra, le cui prime tracce ci riportano a ottomila anni indietro ... ma è anche la città costruita nella depressione del Mar Morto, a circa 250 metri sotto il livello del mare. Questa città anche ai tempi di Gesù era molto viva, snodo di commercio e di traffici: da Gerico intatti passavano varie vie carovaniere. È tuttora una città all'interno di un'oasi all'inizio del deserto del Neghev. Una città che per gli ebrei era maledetta, perché dopo la sua distruzione (ricordiamo le mura di Gerico) non doveva più essere costruita. Però, Gesù più volte lo troviamo - così ci raccontano i vangeli - in questa città detta degli uomini, ma degli uomini lontani da Dio.Questo quadro di presentazione deve farci pensare che quella Gerico del tempo di Gesù ben si adatta al nostro mondo in cui è facile riconoscere una umanità molto distante se non lontana da Dio, anche solo dall'idea di Dio.
Una lontananza che ad esempio per molti, e in particolare i giovani la esprimono in una indifferenza, in una irrilevanza dell'esperienza cristiana. Una distanza giustificata come latitanza della Chiesa, sentita lontana dal vissuto quotidiano, a volte troppo preoccupata e arroccata nel difendere dei "principi non negoziabili" moralmente buoni, ma ormai non sempre condivisi dalla gente comune.
Una Chiesa che si vede molto in crisi circa la coerenza tra il dire e il fare; situazioni come la pedofilia, come il rapporto col potere e la politica non hanno dato positiva visibilità. Ciò che emerge è una esperienza cristiana che non riesce più a catalizzare su di sé consenso e coinvolgimento per dare voce a ciò che è vero; all'urgenza di una solidarietà umana che esprima fraternità, e alla necessità di una pace che corrisponda al desiderio del cuore; una pace superiore agli interessi economici di parte.
La lontananza da Dio, il suo esodo dal nostro vissuto si concretizza in una irrilevanza di Gesù Cristo ... non più riconosciuto come salvatore ... Salvatore di che cosa?
Per Gesù ancor prima che per Zaccheo era importante conoscerlo, entrare in dialogo con lui, entrare nella sua casa, nella sua vita, nelle sue relazioni, anche se era quello che era.
Come ha agito Gesù, oggi è necessario che noi ritorniamo imparare cosa significa confronto con idee diverse; dialogo come ascolto e non come un dire; apertura come accoglienza di un uomo o una donna per generare fraternità.
Non dobbiamo abbassare come sconfitti il nostro sguardo e puntare in basso anziché in alto.
Può aiutarci questa grande verità: Dio è fedele nell’amarci, persino ostinato. Ci aiuterà pensare che ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi, che crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi. Il Signore sempre ci attende con speranza, anche quando ci rinchiudiamo nelle nostre tristezze, rimuginando continuamente sui torti ricevuti e sul passato glorioso che non c'è più.
Non dobbiamo affezionarci alla tristezza, non è per i figli di Dio essere tristi e afflitti. Non è per uomini e donne di fede.
La tristezza per il cristiano è un virus che infetta e blocca tutto, che chiude ogni porta, che impedisce di riavviare la vita, impedisce di ricominciare. Gesù, invece, è ostinatamente speranzoso: crede sempre che possiamo rialzarci e non si rassegna a vederci spenti e senza gioia.
L'incontro con Zaccheo ci racconta proprio come è possibile rinnovare ciò che era spento, ci racconta come la vita può rifiorire in generosità e amore gratuito. Noi tutti possiamo e dobbiamo essere vettori e connettori dell'incontro tra Gesù e la nostra vita e la quotidianità di questo nostro mondo.
sabato 29 ottobre 2022
La fraternità vince ogni privilegio
Atteggiamento sconveniente e riprovevole quello degli invitati alla festa; ma quanto in realtà corrisponde alla nostra logica che autogratifica il nostro ego?
Sembrerebbe che abbiamo proprio bisogno di misurarci con gli altri attraverso la possibilità di sovrastarli.
L’evangelista stigmatizza questa ambizione, questa vanità, che è tipica delle persone che si sentono importanti, e quindi hanno il bisogno di esibirsi e di manifestare se stesse, di rendere nota la loro importanza. Mettersi all'ultimo posto sembra umiliante e da ingenui.
Ma proviamo a immaginarci come Gesù a percepito quel pranzo, dove tutti erano attenti a lui e a loro stessi ...
Gesù ha invertito la scala dei valori di quella società, di quel gruppo chiuso in sè stesso. Gesù invita a superare la categoria dell’interesse, per passare a quella del dono. “Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. La chiave di lettura è sempre attraverso la piccola e inadeguata logica umana, ma il risultato approda alla fratellanza e alla vera fraternità, dove non ha senso sovrastare i fratelli.
venerdì 28 ottobre 2022
Il germe della Chiesa
Efesini 2,19-22 e Luca 6,12-19
giovedì 27 ottobre 2022
Lo sguardo di Gesù su Gerusalemme
Efesini 6,10-20 e Luca 13,31-35
Gesù guarda Gerusalemme dal Monte degli Ulivi, vede il Tempio, vede la Spianata, vede il Santo dei Santi ..., chissà quante volte lo avrà fatto, e si commuove di fronte a tanta bellezza e a quel popolo che cerca Dio, cerca il Padre suo, eppure il suo cuore è attraversato da amarezza; egli si paragona ad una chioccia che con ogni sforzo ha inteso proteggere e radunare i pulcini sotto le sue ali. Minacciato di morte, vicino alla propria morte, egli non pensa a fare salva la sua vita, ma guarda con tenerezza i suoi figli e fratelli dispersi per i quali sacrificherà la vita per salvarli ... per salvarci. Sono parole dense di drammatica consapevolezza: quanto costa amarci; quanto amare, umanamente coinvolge totalmente la nostra vita presente e futura.mercoledì 26 ottobre 2022
Sforziamoci pure ...
Efesini 6,1-9 e Luca 12,22-30
martedì 25 ottobre 2022
Il nostro spazio vitale
Perchè guardare alla Chiesa con amorevolezza.
Efesini 5,21-33
lunedì 24 ottobre 2022
A cosa è simile ...
Efesini 5,21-33 e Luca 13,18-21
In queste parabole il Regno dei cieli è simile al granello di senapa e al lievito. Per fare il regno dei cieli c’è bisogno di un piccolissimo seme: un amore, anche minimo. Una promessa. C’è bisogno, però anche di un uomo che lo prenda e lo metta nella terra e sappia attendere. Per fare il regno di dei cieli ci vogliono briciole, granelli piccoli come quelli della farina. E la speranza che è come il lievito … è attesa, fermento e nutrimento ...
domenica 23 ottobre 2022
Intimamente presuntuosi
Come vogliamo uscire da qui, da questa Messa oggi? Vogliamo uscire Farisei o Pubblicani?
Sarebbe facile per ciascuno rileggere il vangelo e capire l'itinerario di conversione che ci viene suggerito. Non ci vuole un genio a riconoscere ciò che è vero, essenziale, buono e necessario.
Ecco allora che il Vangelo illumina anche la nostra esperienza attuale, personale e comunitaria, mette in guardia da certi stili e certe convinzioni.
Gesù nella parabola descrive bene due personaggi molto noti al suo tempo: un fariseo un pubblicano.
Il fariseo è l'immagine, di chi anche oggi, si circonda di uno spazio vitale fatto di regole rigide, di cose che danno sicurezza e di persone per compensare il bisogno di relazione...
Il fariseo moderno si chiuderebbe in sé stesso, in una sorta di confronto giudicante con il mondo, assumendo sé stesso come modello, in un continuo giudicare i fratelli.
Come verrebbe compreso e percepito, oggi, un cristiano che dicesse: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano […]".
Siamo tutti concordi che la preghiera del fariseo, non può essere assolutamente la nostra preghiera?
Se quella fosse la nostra preghiera, e anche solo se nel nostro cuore ci fosse un pizzico di quella presunzione, quella preghiera sarebbe sterile, una preghiera solitaria e autoreferenziale ..."
Il pubblicano invece ci racconta la nostra umanità fragile, ci mette di fronte ai nostri limiti d soprattutto ai nostri fallimenti.
Il pubblicano non è solo peccato o peccati ma è la sintesi della nostra più umiliante sconfitta: ciascuno di noi non basta mai a sé stesso. Dobbiamo sempre chiedere una mano …
Il nostro pubblicano è immagine di chi si sente sbagliato, di chi è sempre fuori luogo, di chi è scarto della realtà e non vede per sé prospettive.
Il pubblicano immagine di una Chiesa Santa ma peccatrice, che costantemente sente l'urgenza di rinnovare sé stessa in forza di quell'intimo legame con il suo Signore che la spinge a fermarsi a distanza, e con timore non osare nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batte il petto dicendo: O Dio, abbi pietà".
Anche noi, anche la nostra comunità, anche la Chiesa non può bastare a sé stessa. Tutti abbiamo bisogno dell'altro, anche se fragili, anche se peccatori.
Ripercorsi questi personaggi, pensiamo realmente a come escono dall'incontro con Dio?
Noi come usciamo dal nostro incontro domenicale con il Signore, dall'incontro con la Parola, e con il suo pane?
Noi che oggi usciamo da questa Chiesa siamo la Chiesa di Gesù, non una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore perché si riconoscono peccatori e hanno bisogno del perdono.
Fintanto che non facciamo nostro l'amore per il prossimo, come obiettivo e come modo per convertire e coltivare la nostra natura umana incline ad essere come il fariseo, con fatica riusciamo a comprenderci come quel pubblicano che nel vivere il dramma delle proprie fragilità sente la vicinanza di Dio. Amarci ci insegna a:
- riconoscere la ricchezza del pubblicano, per cui la vita dell'altro mi diviene "cara";
- mi insegna a passare dall'io al tu che è il modo di esprimersi della Chiesa di Gesù che non sta rinchiusa in un piccolo gregge di eletti, e di puri;
- mi insegna a stare in mezzo alle persone, a stare con la gente, consolando, alleviando, servendo, offrendo misericordia e vivendo il perdono.
Allora vi ripeto la domanda: "Come vogliamo uscire oggi da questa Messa?"
sabato 22 ottobre 2022
La conversione: speranza del Signore
Efesini 4,7-16 e Luca 13,1-9
venerdì 21 ottobre 2022
Discernere ciò che è giusto
Efesini 4,1-6 e Luca 12,54-59
Ormai siamo esperti in previsioni meteorologiche, altro che nubi all'orizzonte o soffio di Scirocco, eppure, e nonostante tutto, non riusciamo a giudicare il tempo presente. La realtà ci sorprende, spesso in negativo, smorzando ogni attesa e speranza futura. Ci sforziamo in tanti modi di cercare di capire il futuro, anticipare gli eventi, essere preparati, ma, ogni volta, ci ritroviamo disorientati ...Credo che stiamo sbagliando l'oggetto del discernimento, che non è la realtà e la storia, ma noi stessi, mettendo in evidenza la nostra interiorità, il nostro rapporto quotidiano con Dio. Il bisogno di prevedere è frutto di fragilità, il discernimento interiore, invece, ci colloca nella prospettiva della salvezza che si dispiega nel tempo e nella storia. Ma la salvezza, ha a che fare, con la qualità della relazione umana capace di realizzare ciò che e giusto, a partire dalle misericordia e dalla fratellanza.
giovedì 20 ottobre 2022
Fuoco di verità e di pace
Efesini 3,14-21 e Luca 12,49-53
Qual'è il senso di queste parole durissime? Dobbiamo ripensarle e reinterpretarle? Hanno un valore letterario? Sono redazionali o sono proprio di Gesú?Chi sceglie si schiera, e chi si schiera fa paura. Gesù ha scelto; Gesù si è schierato per la verità, la giustizia e l'amore. Queste sue scelte sono fuoco che brucia e che incendia i nostri compromessi, le nostre bugie, i nostri trasformismi e ogni ipocrisia spacciata per verità che nega dignità ad ogni uomo e donna.
La verità, la pace il più delle volte è causa di divisione non perché sia un male, ma perché rivela che non siamo coerenti con la verità in noi e con la pace fra di noi.
Quante volte questa verità, che dovrebbe essere la cosa più normale, ha portato divisioni, nelle nostre comunità e famiglie. La verità e la pace non sono frutto di alchimie o di equilibri, ma la conseguenza dello scontro con la non verità di noi stessi, con la non pace che abita in noi.
mercoledì 19 ottobre 2022
L'amministratore fidato e prudente
Efesini 3,2-12 e Luca 12,39-48
martedì 18 ottobre 2022
Non ci spaventa la molta messe ...
San Luca Evangelista
Il rischio è sempre quello di cadere in una lettura quantitativa e magari affliggerci per la scarsità delle vocazioni.
Ma non sarebbe meglio avere negli occhi la gioia premurosa di Gesù, di fronte a una moltitudine di uomini e donne che il Padre ama e mai abbandonerà a sé stessi? È questo vincolo di amore che giustifica la missione e ogni sforzo umano per il Regno dei Cieli.
La consapevoleza dell’abbondanza della messe non è preoccupazione e neppure causa di tristezza per la scarsità degli operai. Ma è coinvolgimento, preghiera e impegno premuroso affinché non vengano meno gli operai …
È in questa premura che si colloca l'invio dei settantadue, come anche la chiamata di ciascuno per essere inviato ad annunciare e vivere il regno di Dio, cioè l’amore per ogni figlio di Dio. Amare per Gesù significa inviare, perché chi è inviato è prima di tutto amato ... e solo chi è amato può andare a portare pace e a dire: "è vicino il Regnodi Dio".
lunedì 17 ottobre 2022
Arricchire non è male
Efesini 2,1-10 e Luca 12,13-21
La cupidigia, la bramosia di possedere soldi, terreni, oggetti, …, o peggio ancora, qualcuno, ci fa smarrire il valore di ciò che è l'unamo, facendo energere non certo il meglio di noi stessi. La tentazione del possesso, è molto prossima nel nostro vivere quotidiano, per questo è importante ripetere che la nostra vita non dipende da ciò che possediamo, ma dalle relazioni di amicizia e di amore che siamo capaci di generare e di custodire. La vera ricchezza presso Dio è l'amorevolezza che riceviamo in cambio del rapprto buono e leale che abbiamo con i fratelli e le sorelle, tutti! Vera ricchezza sono le persone che amiamo; che amiamo più di noi stessi, ... e ciascuno ne ha ... Ma è proprio quella ricchezza che ci rende capaci di aprire un credito di amorevolezza verso tutti. Più amiamo e più arricchiamo presso Dio.
domenica 16 ottobre 2022
Preghiera necessaria
Es 17,8-13; Sal 120; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8
Pregare é una necessità?
Quante volte fin da piccoli ci è stato chiesto di pregare ogni giorno; quante volte lo abbiamo fatto nell'infanzia con quella serena certezza di essere in un dialogo personale con Dio. Poi ad un certo punto, tutto si è oscurato, la trasmissione è diventata disturbata; interferenze anomale hanno interrotto la connessione e reso difficile e faticosa la preghiera
Le nostre esperienze non devono scoraggiarci, se pensiamo che è una fatica che appartiene anche alla vita di alcuni santi, come ad esempio Santa Teresa d'Avila, quando ci racconta come pregare fu per lei pari al succhiare un chiodo, e questo fu il preludio a diciotto anni di aridità spirituale, chiamata "la notte dell'anima".
Dire che la preghiera appartiene alle nostre necessità significa affermare che senza di essa siamo privati di qualcosa che è fondamentale per portare frutti che corrispondano all'identità cristiana. Senza la preghiera il nostro essere, e dirci cristiani, non ha alcun senso ... si svuota ... si impoverisce ... si annulla ...
Ecco che occorre entrare nel senso vero di questa necessità ... pregare è necessario per la nostra fede; ma pregare è anche umanamente necessario per accostarsi al mistero dell'eterno; ecco allora che la preghiera è come l'aria che respiriamo, se non ci fosse, ne moriremmo, sentiremo la fame d'aria.
Questo disorientamento interiore, questa fame d'aria è la triste esperienza di tanti che pur avendo ricevuto il battesimo, pur se educati cristianamente al catechismo, nella vita hanno poi abbandonato la pratica della fede ... ma questo itinerario è proprio un morire progressivo e complessivo ... morire alla fede, morire alla grazia, morire al desiderio di felicità e di Dio.
Mi verrebbe da dire che questo lento morire non è un vero e proprio rinnegamento della fede, ma un esodo, una indifferenza, un disinteresse, che questo nostro mondo propone come ideale di vita e come progresso umano, nel senso che l'emancipazione da Dio non è la sua negazione, ma è l'affermazione di una autonomia umana che ha smarrito ogni riferimento di origine e di finalità futura. In un presente quotidiano che basta per se stesso, non c'è bisogno di Dio e neppure della preghiera: a parlare e ad ascoltarci bastiamo noi stessi.
Di fronte a questa situazione ogni tentativo di riavvicinare la fede, di rianimare un senso religioso si scontra col pregiudizio ideologico con la sfiducia e l'indifferenza.
Gesù non ha tante spiegazioni da darci, non tante giustificazioni, o soluzioni innovative, ribadisce che occorre pregare, che è necessario farlo senza stancarsi.
Gesù non racconta una parabola a caso, ma nella parabola mette in evidenza l'esperienza, di una donna, che fa della preghiera una ragione di vita, lo spazio vitale in cui trovare giustizia.
Recuperare il nostro spazio vitale alla preghiera cosa significa?
Occorre che rendiamo umana la preghiera, non formale, non un comandamento da obbedire, non un insegnamento da osservare, ma un'esperienza umanamente ricca, un fremito del cuore, un palpito di desiderio, uno slancio d'azione come un abbraccio, una carezza, come un bacio.
La preghiera sia personale che comunitaria deve essere affettiva, nei confronti di Dio, come anche deve essere affettiva e coinvolgente dei fratelli.
Questa esperienza mette in luce oltre alla necessità, la qualità della preghiera, essa deve esprimersi non solo con parole, ma anche solo con un gesto che dica tutto l'abbandono e la fiducia che possiamo riporre in Dio.
Pregare senza stancarci significa non cedere all'aridità, anzi, come insegnano i Santi, nell'aridità occorre non stancarsi, non scoraggiarsi, ma fidarsi di quel moto del cuore che anche solo per un momento ci ha fatto gioire nel nostro pregare.
È preghiera recuperare un minimo nella intimità del cuore ...
È preghiera lo sguardo di amorevolezza che posso avere per i miei figli ...
È preghiera la gratitudine quando sono amato da mia moglie o da mio marito ...
È preghiera la compassione e la misericordia che nasce quando tocco le piaghe dei fratelli ...
È preghiera la contemplazione di una immagine che mi rapisce subito verso Dio ...
È preghiera il mio agire con verità e umiltà par amore dell'altro ...
È preghiera offrirsi ogni giorno pur con tutta la propria fragilità per il regno dei Cieli ... È preghiera un segno di croce al mattino come fosse un abbraccio a nostro Signore crocifisso.
sabato 15 ottobre 2022
Riconoscere per riconoscersi
Cosa significa riconoscere Gesù davanti agli uomini? Significa prima di tutto riconoscere in Gesù, nelle due parole e nella dua vita, colui che da senso alla mia vita, al punto che non ho alcun timore di parlare bene di lui, a raccontare di lui ciò che lui rappresenta per me. Riconoscere Gesù, significa provare ad amarlo, proprio perché ho scoperto quanto lui, di sua iniziativa mia ama. Quando guadagno questa consapevolezza, ogni mio gesto può diventare intenzionale, e quindi decisivo, voluto, anche se talvolta mi costa fatica. È in questi gesti che lo Spirito, attraverso di me si riversa nel mondo, e il mondo diventa più umano. Riconoscere Gesù, dare testimonianza a di lui ..., più che un atto di volonta o di coerenza, è un atto libero, aperto alla libertà dello Spirito, mi accorgo quanto tutto questo mi trascende in tutto cio che sono, e mi rigenera, quanto tutto ciò mi fa proprio bene.
venerdì 14 ottobre 2022
Siamo degli ipocriti!
giovedì 13 ottobre 2022
La denuncia che gli costerà la vita
Ef 1,1-10 e Luca 11,47-54
mercoledì 12 ottobre 2022
Guai a voi ... guai a noi!!!
Galati 5,18-25 e Luca 11,42-46
martedì 11 ottobre 2022
A pranzo da un fariseo ...
Le case di Scribi, Fattori e Sacerdoti, erano in quel tempo - non solo a Gerualemme - dei veri gioielli ... curate, adorne, rispecchiavano i canoni e lo stile delle case o ville dei Romani ricchi ... Gesù invitato in una di queste case, di fronte a tanta ostentazione non può che paragonare la casa del fariseo al suo cuore doppio, è questo lo spazio di parole tanto dure e lapidarie: "Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria". Parole che dobbiamo fare risuonare anche in noi, per smascherare i nostri stili di vita in cui all'amorevoleza corrispondiamo malevolenza e cattiveria; la sincerità dei rapporti la mascheriamo con finta giustizia e buone maniere.
C'è una espressione che mi piace molto: "mi riconosco peccatore, ma non corrotto"; ricerchiamo quella verità che sola è possibile se veramente crediamo nell’amore di Dio.
lunedì 10 ottobre 2022
Evidenza del Segno
Gal 4,22-24.26-27.31;5,1 e Luca 11,29-32
Anche noi credenti ... siamo alla continua ricerca di segni, ci arrovelliamo il cervello cercando chissà che, continuiamo a chiedere a Dio di darci un segno della sua presenza, di farsi vedere, e non troviamo pace in tutto questo…Ma se osserviamo la cosa dall'altra parte, possiamo riconoscere come è Dio stesso che cerca un segno da noi! È Dio che aspetta un segno, una apertura, un credito di fede, da parte nostra, per potere entrare nella nostra vita! È Dio che cerca noi!
Quando siamo sempre e troppo concentrati su noi stessi e chiusi nei nostri egoismi, non possiamo vedere nulla e non riusciremo mai a riconoscere Gesù. Simone - Pietro -, quando è messo di fronte a ció che lui sta vivendo con Gesù, solo in quel momento riesce a dire: tu sei il Cristo/il santo di Dio". Solo quando usciamo dai recinti dei pregiudizi e delle nostre sicurezze, vinciamo le nostre cecità e sordità, allora emerge l'evidenza che è Gesù.
domenica 9 ottobre 2022
La potenza di un grazie!
In questo breve racconto ci confrontiamo con un'esperienza straordinaria: la gratitudine.
Non voglio soffermarmi sui nove lebbrosi, che guariti, non tornano da Gesù, rispetto ai quali sembrerebbe che anche il Signore si sia quasi risentito. Ma non credo sia stata questa l'intenzione dell'evangelista, quanto piuttosto quella di farci toccare come è sovrabbondante la gratuità del dono di Gesù rispetto al nostro umano ringraziamento.
Il ringraziamento, consiste sempre nel riconoscersi preceduti dalla grazia.
La gratitudine è un moto dell’animo che può nascere solo quando una persona inizia a guardarci con bonta, con amorevoleza e gratuitamente.
Tutti i lebbrosi erano ovviamente felici per la guarigione, soltanto uno di loro, però, oltre che per la guarigione, si rallegra per l’avvenuto incontro con Gesù. Non solo è liberato dal male, ma possiede ora anche la certezza di essere amato da lui.
Il nocciolo della questione è proprio qui: quando ringrazio esprimo la certezza d’essere amato. Si scopre che l’amore è la forza che regge il mondo. Come scriveva Dante, l’amore è ciò «che move il sole e l’altre stelle» (Paradiso, XXXIII, 145).
Per cui quando accade di ringraziare, ci accorgiamo che non è semplice e formale atto dovuto, di buona educazione, quanto l’espressione di una fedeltà e di una vicinanza che ci lega sempre più, e meglio al Signore.
Questa vicenda dei dieci lebbrosi ci conferma quanto Paolo dice a Timoteo - lo abbiamo appena ascoltato -: " ... se noi siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso". Ecco allora che nella vita dobbiamo imparare a fidarci della sua amorevole presenza: Dio è qui, è con noi, coinvolto prima di tutto nelle nostre piaghe, come in quelle dei dieci lebbrosi, e poi anche nello stupore dell’unico che torna da Gesù ... Ecco allora che pure noi dobbiamo esercitarci e imparare a compiere questo gesto: tornare con gratitudine.
I dieci lebbrosi si sono messi in cammino ancora malati: è il viaggio della vita con tutte le sue fatiche e inadeguatezze; e oggi, con tutta la fatica di anni di pandemia; come anche di questa assurda e ingiusta guerra fratricida. La fatica quotidiana segnata dalla preoccupazione del costo della vita, (... Come siamo lontani dai gigli del campo o dal volo degli uccelli del cielo), questa è la nostra lebbra di oggi fatta di insicurezza e paura, di disorientamento e pregiudizio. Ma è proprio in questa fragilità che occorre fare il primo passo, chiedere al Signore, e mettersi in cammino con la speranza che ci è data dalla sua parola: la speranza diventa più potente della lebbra, spalanca orizzonti e conduce nella vita vera. Quando la nostra umanità è toccata dalla sua amorevolezza, o da quella dei fratelli, inevitabilmente guarisce le sue ferite. Questo dovremmo sempre aver chiaro; perché è espressione della fede nella misericordia del Padre e nell'amore di Gesù per noi, che non è venuto meno neppure sulla croce.
Ora è importante capire che cosa esprime la gratitudine del samaritano?
Il lebbroso di Samaria, mentre è in cammino si accorge che è già guarito e torna subito da Gesù, non va dai sacerdoti perché ha capito che la salvezza non deriva dalle leggi sacre, ma dal rapporto personale con quel Gesù di Nazaret. A lui non basta la guarigione, lui ha bisogno di salvezza, che è più della salute, più della felicità. Altro è essere guariti, altro essere salvati: nella guarigione si chiudono le piaghe, nella salvezza ci si apre la pienezza della vita.
Ecco è proprio questa esperienza di vita che ci dovrebbe portare a ringraziare per tutto ciò che nel tempo abbiamo vissuto come una grazia, e ora pur nella fatica ringraziare per la vicinanza di Gesù che amorevolmente in modo, forse diverso dalle nostre pretese, continua a salvarci con la sua parola, con il suo corpo donato e con la sua misericordia infinita. La gratitudine allora diverrà porta della gioia vera, che non ha nulla che fare con la pretesa dei nostri ragionamenti, ma è gioia perché ci si abbandona con obbedienza al pensiero del Padre. La gioia sarà quella di ciò che essendo nuovo non lo abbiamo ancora sperimentato. Ma proprio per questo ci vuole un briciolo di fede, e un briciolo di quella umiltà che non guasta mai.
sabato 8 ottobre 2022
Benedizione, ascolto e obbedienza
La voce di una donna emerge su tutte come un grido di una folla per esprimere la gioia di chi è testimone delle "grandi opere di Dio". Ma da questi tre versetti di vangelo, straordinariamente, meditiamo ben tre verità:
- prima di tutto l'importanza del rapporto con Gesù;
- poi la coinvolgente esperienza dell'ascolto;
- come anche la bella fatica dell'obbedienza.
Gesù ci rivela che la più grande benedizione consiste nel vivere in stretta comunione con Lui; questa è ancor più grande del vincolo viscerale fatto di grembo e seno; poi la vera benedizione deriva dall'averlo ascoltato e dall'obbedire.
Nel conoscere Gesú, nel desiderio di comunione con lui, viene il dono dello Spirito che ci rivelerà ogni profondita del suo mistero.
Dall'ascolto della Parola di Dio, prenderà forma la comunione con lui e tra di noi; mentre dall'obbedienza scaturirà ogni vera grazia dell'amore del Padre, perché ogni obbedienza sarà una quotidiana pienezza.
venerdì 7 ottobre 2022
Il discernimento del male
Galati 3,7-14 e Luca 11,15-26
In base alle nostre “certezze” condanniamo, giudichiamo, scomunichiamo, scartiamo… perché noi abbiamo la verità. È questa assolutezza che diviene presupposto per contrasti e contrapposizioni, ossia divisioni. La divisione é in sé esperienza del maligno che distrugge l'amore che nasce nella fratellanza e nella comunione. Gesù parlando del male e del maligno si esprime in modo molto concreto, quasi in opposizione ad ogni riduzionismo o semplificazione.
mercoledì 5 ottobre 2022
Peccato che non preghiamo bene ...
Dopo aver risposto alla domanda dei discepoli - di insegnare a loro a pregare -, Gesù nelle due parabole ci svela la preghiera dentro il contesto della nostra fragilità umana. Noi che il più delle volte facciamo - della preghiera - l'esperienza delle richieste disattese, della supplica ignorata e sottoposta alle nostre fatiche e alle nostre noie.
Questo succede perché vediamo Dio come un dispenser e non come un Padre col quale dialogare. La preghiera che Gesù insegna parte proprio dalla parola Padre, e mette in evidenza nelle successive due parabole le autentiche caratteristiche della preghiera: la fiducia incondizionata e la perseveranza. Fiducia in una amicizia fedele che non delude; perseveranza che viene corrisposta da una tenera amabilità; fino al dono prezioso, gratuito e pieno dello Spirito Santo.
Signore insegnaci a pregare
Dalla relazione "importante" con Gesù i discepoli chiesero che insegnasse loro a pregare ... Quegli stessi discepoli così incostanti, così curiosi, così limitati in tanti aspetti del loro carattere, eppure ad un certo punto capiscono che ciò che viveva Gesú, in quei luoghi solitari, era importante: pregare era essenziale per il maestro. Ecco, pregare diventa un desiderio di ciò che anche loro riconoscono essenziale.
E la preghiera allora diviene dialogo autentico nella propria vita; dialogo in sé stessi, dialogo con Dio, dialogo con i fratelli. Così la preghiera si fa immediatamente apertura al prossimo, cammino insieme verso il Padre celeste. Come Gesù prega e custodisce il suo dialogo con il Padre e poi lo dona ai fratelli, così anche noi nella preghiera personale e comunitaria custodiamo nel cuore quel dono ricevuto da Dio che è proprio la possibilità umana di dialogare con lui: è assolutamente una grazia!
martedì 4 ottobre 2022
Rivoluzionari nel mondo
Galati 6,14-18 e Matteo 11,25-30
lunedì 3 ottobre 2022
Quanti "prossimo" non voglio vedere
Galati 1,6-12 e Luca 10,25-37
domenica 2 ottobre 2022
Alle sorgenti della fede
Quale consapevolezza abbiamo della nostra fede, personale e collettiva?
Non sarà la fede personale l'ennesima esperienza fai da te, che giustifica i nostri bisogni, progetti e paure?
Non sarà la fede comunitaria l'espressione di un club parrocchiale esclusivo in cui i soci, si rinchiudono in rituali di affiliazione, gratificanti solo per sé stessi e per una esperienza che nulla ha a che fare con la fede della Chiesa di Cristo?
Papà Francesco in riferimento a questa pagina di vangelo dice che noi ogni giorno dovremmo chiedere al Signore di accrescere in noi la fede. Gesù, con l’immagine del granello di senape vuole farci capire che la fede, anche se piccola, può avere la forza immensa, perché avere fede significa non affidarsi alle proprie forze, ma a Dio, che può tutto.
Ecco allora che oggi, questa richiesta assume una importanza fuori dal comune, Signore accresci in noi la fede, in questo tempo che sgretola ogni consapevolezza. Oggi ci vuole fede per stare di fronte alla realtà senza il rischio di venirne travolti.
Dopo la pandemia e ora sull'orlo (conclamato) della terza guerra mondiale, assistiamo alla maturazione di fenomeni che erano palesi da anni: disintegrazione sociale, povertà globale, speculazioni economiche, egoismo antropologico, nazionalismi esasperati, esodo dal religioso, ecc...
Come stare con fede dentro questa realtà?
È evidente che nel nostro tempo, il cristiano vive la fatica di proporre un’esistenza plasmata e ispirata dalla parola e dalla vita di Gesù di Nazareth. Rischiamo di essere incapaci di testimoniare il vangelo e di discernere la vita alla luce della Parola.
Signore ci vuole fede nel vivere oggi il tempo e il modo di essere Chiesa anche nel nostro territorio. Se osserviamo con onestà la vita delle nostre comunità, vediamo che nonostante il tanto nostro fare tutto è segnato dall’assenza dei giovani, dalla crisi delle famiglie; come anche dall'eclissi della partecipazione sacramentale e liturgica. Il tracollo delle vocazioni consacrate, il tramonto della cultura cattolica, la confusione etica e sociale, producono un senso di smarrimento generale da parte di chi non riesce a comunicare in modo positivo la propria esperienza e il proprio incontro con Gesù. Sperimentiamo la paura di chi si sente inadeguato in un mondo in continuo cambiamento e in cui tanto viene meno.
Devozioni, riti e varie attività non dicono nulla della fede, non raccontano più il mistero di Dio e del suo amore per l'uomo. E noi invece più che mai ci leghiamo a dei riti ripetitivi e consolatori.
Signore ci vuole fede per non cedere all'indifferenza e all'irrilevanza del fatto cristiano. Di fronte ad una dilagante indifferenza, rischiamo di riproporre ricette vecchie e rassicuranti, ripetendo parole d’ordine, slogan e iniziative di una pastorale già vissuta, evitando per la paura del confronto di entrare nel momento presente, di sperimentare il nuovo, ed evitando di aprici a proposte non convenzionali.
Signore abbiamo bisogno di credere, abbiamo bisogno della fede ... La fede non è la conseguenza di un processo intellettuale e di una qualche catechesi, ma è il frutto dell'intimità con il Signore, dell'ascolto della sua parola, della vicinanza a Lui al suo modo di pensare e di amare ogni uomo. La fede si genera nel legame con il Figlio di Dio. Nel legame a Lui, come servi, cioè come amici che si spendono e si mettono a servizio, per condividere il suo sogno/progetto per la salvezza, ovvero redenzione/felicità del nostro mondo. La fede non può che essere espressione di abbandono e amore per il Signore, insieme a una progressiva e totale spoliazione: cioè sentirsi servi inutili. Ma abbiamo capito che questa è l'essenza della fede?
sabato 1 ottobre 2022
Settantadue come noi.
I settantadue non sono andati per i villaggi e città della Galilea a raccontare cose loro, ma sono andati con una sola consapevolezza: erano mandati da Gesù. Si sono resi disponibili a servire quel regno che Gesù annunciava come realtà nuova della vita, che attraverso Lui prende forma nella storia di ogni uomo e donna. Ecco allora che se il centro della nostra vita è Cristo, la nostra vita – benché faticosa – diventa gioia e comunione piena con il Signore e tra di noi. Gioia del servizio e non del potere; gioia di condividere e non di possedere, perché il regno si genera nella sconfitta del male e nell’amore donato e ricevuto gratuitamente. Solo per questa fedeltà i settantadue mandati, tornano pieni di gioia. Anche per noi, la nostra quotidianità è lo spazio di azione dei settantadue, quando si riempire della presenza del Signore, parola e sacramento.