Zaccaria 2,5-9.14-15 e Luca 9,43-45
sabato 30 settembre 2023
Il Signore abita Gerusalemme
venerdì 29 settembre 2023
Santi Arcangeli
Daniele 7,9-10.13-14 e Giovanni 1,47-51
Siamo degli egoisti
Aggeo 1,1-8 e Luca 9,7-9
mercoledì 27 settembre 2023
Dio è fedele
Esdra 9,5-9 e Luca 9,1-6
martedì 26 settembre 2023
Ricostruiamo sempre la casa di Dio
Esdra 6,7-8.12.14-20 e Luca 8,19-21
lunedì 25 settembre 2023
Sarai riedificata
Esdra 1,1-6 e Luca 8,16-18
domenica 24 settembre 2023
La vera ministerialità e missionarietà
Is 55,6-9; Sal 144: Fil 1,20c-24.27a; Mt 20,1-16
Come capire e attualizzare questa bellissima parabola nella nostra realtà?
Forse significa che dobbiamo riferirci al reddito di cittadinanza o quello minimo universale garantito?
O al concetto più lavoratori meno lavoro per tutti?
O addirittura che non esiste alcun merito da riconoscere?
E perché non potrebbe intendersi nell'ottica di un indiscusso potere dell'imprenditore?
Tutte riletture che troverebbero un comprensibile riscontro ... se non fosse che Gesù sta parlando con Pietro che gli ha appena chiesto quale corrispettivo gli spetta per averlo seguito in quella avventura.
Ecco stiamo parlando di Chiesa, di quella comunità di discepoli che Gesù ha chiamato a sé e che ancora continua a chiamare nei secoli.
Cosa significa essere una Chiesa di chiamati?
(Vado a chiedere alla gente: "Quando, Gesù ti ha chiamato? Che ora era? Che lavoro ti ha chiesto di fare? Che lavoro/occupazione svolgi nella Chiesa?)
In realtà a me sembra che la parabola getti luce su "Ministero e Ministerialità" parole che hanno a che fare col servire nella Chiesa e al servire della Chiesa.
Tutti noi siamo dei chiamati non da un'agenzia di collocamento, ma a vivere nella Chiesa le conseguenze del nostro battesimo.
Da quando Gesù ci manda nel mondo, a partire dal nostro battesimo, in realtà manda la Chiesa. La Chiesa è fatta per evangelizzare, è la sua missione e la sua missionarietà.
A partire da Gesù, fin dall'inizio, è chiaro che la missionarietà, è andare verso l'altro, per annunciare il Regno dei Cieli, agire il Regno di Dio fra di noi.
Siamo Chiesa a partire dal nostro battesimo, e siamo Chiesa nel mondo, non separata dal mondo. Infatti la Chiesa è quella parte di mondo che guarda a Gesù come salvatore. Ecco ciò di cui siamo missionari, non di noi stessi e delle nostre convinzioni.
La Chiesa e la comunità fin dalle origini, sono la culla dei ministeri, dove ciascuno portava ciò che gli viene riconosciuto dall'apostolo per rendere concreto il servizio ai fratelli.
Ecco allora come questa pagina del vangelo, va ben oltre una semplice corrispondenza alla Chiamata a lavorare in parrocchia ..., ma come esaltazione di chi "lavora per il Signore".
Il cristiano nella comunità mette a disposizione il proprio dono, San Paolo li chiamerà carismi alcuni di questi dono sono messi a disposizione con continuità. I ministeri Istituiti o di fatto non sono sostitutivi ma integrativi di quello Ordinato.
I ministeri nel continuo riferimento alla Parola e all'Eucaristia, rendono evidente che la comunità Cristiana non si autogenera da sola, ma che è convocata e mandata da Cristo. Ecco il Ministero Ordinato è memoria del ministero stesso di Cristo. Nel ministero ordinato è Cristo che Pasce, è Cristo risorto che riconferma e che chiama. E' Cristo che rianima, suscita, pasce nel ministero la Chiesa ... perché è la sua Chiesa, non la nostra Chiesa.
La parola di Dio, di Cristo dice il lettore, deve risuonare allora ogni giorno nella vita ..
L'eucaristia che è il corpo di Cristo vivo e risorto, dice l'accolito deve essere espressione sempre dell'amorevolezza di Dio ... sempre
I ministri ci aprono alla comprensione del dono e dei doni dei carismi che Dio suscita nella Chiesa
Parlare di ministero e ministerialità è parlare di futuro ... non tanto per necessità, ma per entusiasmo ...
il futuro della Chiesa sarà quello di una Chiesa sempre più fraterna, sempre più aperta al ministro, i propri doni materiali, psico affettivi, tutto ciò che in noi è carisma è opera dello spirito per il bene comune, esprimerà una libera e vera comunione, al punto che più ministeri ci saranno più ci saranno anche vocazioni al ministero ordinato.
Ecco allora il bellissimo punto di contatto, Dio è talmente grande nella sua bontà che sempre, a ogni ora chiama a farci responsabili e parte attiva e viva di un ministero che è servire nel bene e nella carità la Comunità Cristiana in modo da poter servire i fratelli, ovunque.
il
nostro ministero, non corrisponde a far contento il proprio parroco, ma a
corrispondere al desiderio di Cristo di incontrare ogni uomo, di accogliere con
cuore aperto gli ultimi che, proprio in quanto tali, desiderano incontrarlo e
riconoscerlo con sete ardente.
E' proprio strano questo padrone ... che di nuovo “uscì verso le nove del
mattino” ...
Ormai quelli che aveva assoldato erano sufficienti per lavoro, ma il padrone non guarda la propria necessità, ma guarda il bisogno degli operai.
Predilige la pienezza del lavorare nella vigna al risultato della vendemmia.
Ecco allora che “Ne vide altri che stavano in piazza disoccupati”, disoccupati non perché non vogliano lavorare, ma perché non hanno trovato lavoro, e “disse loro: andate anche voi nella vigna”.
Ripeto, non lo fa per la propria necessità, ma per i loro bisogni. E con questi non accorda un denaro, ma dice “quello che è giusto ve lo darò”, nessuno deve stare in ozio o senza essere "preso a giornata”: “andate anche voi nella vigna”.
Di fronte alla nostra ministerialità, nulla conta circa la retribuzione.
sabato 23 settembre 2023
Fatica e gioia della perseveranza
1 Timoteo 6,13-16 e Luca 8,4-15
venerdì 22 settembre 2023
Esercitazione sulla testimonianza
1 Timoteo 6,2-12 e Luca 8,1-3
giovedì 21 settembre 2023
Prigioniero del Signore
Efesini 4,1-7.11-13 e Matteo 9,9-13
martedì 19 settembre 2023
La casa di Dio
1 Tm3,14-16 e Luca 7,31-35
Il vescovo!
1 Timoteo 3,1-13 e Luca 7,11-17
lunedì 18 settembre 2023
Preghiera per i governanti ...
1 Tm 2,1-8 e Luca 7,1-10
domenica 17 settembre 2023
Amare di cuore, è perdonare
Sir 27,33-28,9; Sal 102; Rm 14,7-9; Mt 18,21-35
Già domenica scorsa siamo entrati con Matteo nelle dinamiche e nei criteri che caratterizzano la Comunità dei discepoli di Gesù.
Oggi, l'evangelista ci fa toccare con mano il punto focale della vita comunitaria che ne è anche il punto di massima fragilità: il perdono.
Domenica scorsa nel vangelo Gesù si spinge a dirci che alla fine il criterio della correzione fraterna in comunità può portarci anche ad amare il fratello - con il quale non riusciamo a recuperare la relazione - come un pubblicano o un peccatore; cioè un amore in perdita, come il caso dell’amore al nemico.
Vi ricordo che già l’Antico Testamento, era esplicito nell'amore al prossimo: “lo sono il Signore, non coverai odio verso tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d'un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. lo sono il Signore”(Levitico 19,17-18).
Ma era anche presente una sorta di comportamento rispettoso e amorevole verso il nemico: "Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo" (Es 23, 4-5); e “Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere”(Pr 25,21).
Pietro reagisce di fronte agli insegnamenti di Gesù, come al solito in modo presuntuoso e testardo: "Signore, se il mio fratello pecca contro di me, quante volte dovrò perdonargli?"
Con quel “mio fratello”, siamo quindi al centro del perdono all’interno della comunità.
La legislazione rabbinica concedeva un massimo di tre volte il perdono. Ebbene Pietro pensa di esagerare, raddoppia, e dice: "Fino a sette volte?"
È evidente che Pietro cerca da Gesù delle regole precise, vuole sapere il limite del perdono. Gesù gli rispose:"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". Siamo di fronte alla tentazione di misurare il perdono, di misurare quanto dobbiamo amare.
E' il tentativo, tutto sommato, di trasformare il perdono e la misericordia in giustizia. Il perdono diventa una restituzione, un risarcimento di un torto subito. Una esperienza nota a tutti noi, specialmente nelle dinamiche famigliari e di lavoro.
Matteo, ha il coraggio di fissare molto chiaramente ciò che Gesù vive e pensa del perdono, la parabola esprime alcune condizioni illuminanti: il perdono, per Gesù, è sempre illimitato e senza condizioni, il re ha una caratteristica invidiabile, sa dimenticare.
Il padrone è uno che dimentica, condona tutto il debito ... perché sa bene che anche se diciamo: "Signore Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa"! Egli sa che è impossibile. A noi è impossibile restituire ogni cosa come anche una sola...
Ed ecco che “il padrone ebbe compassione di quel servo”. Questo verbo indica un’azione di misericordia viscerale da parte di Dio per i suoi figli.
"Lo lasciò andare e gli condonò il debito", cioè cancellò il debito.
Quali conseguenze: andando diretti al secondo servo, l'immagine della parabola ci suggerisce che chi è incapace di perdonare semina la morte all’interno della comunità.
Ecco allora che il perdonare di cuore significa adeguarsi a una nuova mentalità dove non prevale più la giustizia, ma è fatta di misericordia.
Siamo capaci di perdonare nella misura in cui sappiamo amare. Tanta misericordia, tanto amore. Non è naturale, ma è comunque nelle nostre possibilità.
Ecco che Gesù ci invita ad amare senza misura con la stessa gratuità con la quale siamo stati amati. Come si impara ad amare? Riproducendo in noi l'amore ricevuto e che abbiamo vissuto; e riconoscendo che il meglio di noi proviene proprio dall'esperienza di amare.
sabato 16 settembre 2023
Un esempio vivente di misericordia
1 Tm 1,15-17 e Luca 6,43-49
venerdì 15 settembre 2023
Ci è affidata Maria ... che soffre ...
Ebrei 5,7-9 e Giovanni 19,25-27
giovedì 14 settembre 2023
Esaltazione della Santa Croce
mercoledì 13 settembre 2023
Essere nuovi ogni giorno
Colossesi 3,1-11 e Luca 6,20-26
martedì 12 settembre 2023
Uniti a Cristo
Colossesi 2,6-15 e Luca 6,12-19
lunedì 11 settembre 2023
Cristo in voi
Colossesi 1,24-2,3 e Luca 6,6-11
domenica 10 settembre 2023
Sciogliere e legare
Ez 33, 1.7-9; Sal 94; Rm 13, 8-10; Mt 18,15-20
sabato 9 settembre 2023
Cristo ha riconciliato tutti gli uomini
Colossesi 1,21-23 e Luca 6,1-5
venerdì 8 settembre 2023
Dio nella nostra fragilità
Michea 5,1-4 e Matteo 1,1-16.18-23
giovedì 7 settembre 2023
Amare concretamente la comunità
Colossesi 1,9-14 e Luca 5,1-11
mercoledì 6 settembre 2023
La grazia di essere comunità
Colossesi 1,1-8 e Luca 4,38-44
martedì 5 settembre 2023
Figli della luce
1 Tessalonicési 5,1-6.9-11 e Luca 4,31-37
lunedì 4 settembre 2023
Sedotti
Ger 20,7-9; Sal 62; Rm 12,1-2; Mt 16,21-27
"Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà".
Questo perdere questo lasciare, quanto ci inquieta, ma è nella dinamica della seduzione, del lasciarci sedurre ...
Tutti sappiamo che prendere la propria croce su di sé, come invita a fare Gesù nel vangelo di oggi non è così facile. Gesù sa bene che noi, come i discepoli e come Pietro, abbiamo ancora molta strada da fare per riuscire ad andare dietro a lui. Ecco che di fronte a tanto timore, Gesù pone una condizione che sembra impossibile, ma che è necessaria: la croce.
Oggi, la tentazione è quella di voler seguire un Cristo senza la croce, anzi, ci impegniamo a proporre un Dio fatto secondo noi; ma Gesù ci ricorda che la sua vita e la sua via sono la via dell’amore, e non c’è vero amore senza il sacrificio di sé stessi. Essere disposti al sacrificio di noi stessi questa è la croce.
Forse è proprio per questo che oggi i credenti sono pochi ... è molti si dileguano e abbandonano la fede cristiana, nessuno vive con vera consapevolezza il sacrificio di sé stesso, anche solo nel dono all'altro e al fratello.
Ma come è possibile caricarsi della croce? Accogliere la logica della croce?
La croce è possibile solo nella logica della seduzione.
Signore mi hai affascinato, dice il profeta Geremia descrivendo la sua esperienza di fede: mi hai sedotto/affascinato e mi sono lasciato sedurre/affascinare.
Il termine deriva dal latino se-ducere e significa letteralmente "portare a sé", "condurre fuori dal retto cammino".
Ecco che la parola conserva una valenza negativa, tentare qualcuno a far qualcosa che non vorrebbe normalmente fare; ma porta con se anche un senso positivo l'affascinare.
Riconosciamo che Dio attira a sé persone di ogni lingua, razza e cultura, con il suo amore seducente e attraverso loro anch’essi hanno sedotto altri uomini e donne che li hanno seguiti, come ad esempio Chiara ha seguito Francesco.
Il solo fatto che molte persone in diversi luoghi e in diversi tempi si siano lasciate sedurre da Dio − non da una sua idea, da una sua immaginata o immaginaria presenza, ma da un appello concreto, da una reale chiamata − ci spiazza palesemente e dimostra quel Dio che parla nel profondo della nostra umanità, anche oggi.
Di qui la necessità di guardare dentro di noi per chiederci: “Dove mi trovo”? Da che cosa sono sedotto, dalle creature o dal creatore? Perché ho sete dell’invisibile e mi fermo a ciò che è visibile? Perché mi faccio sedurre da cose piccole e passeggere e non da Colui che è grande e perenne? Dio può interessarsi a me? Sono io davvero tanto importante per Lui?
Ci accorgeremo così che la nostra vita è un continuo oscillare tra le seduzioni del mondo e la seduzione di Dio che parla nel silenzio. La Sua seduzione, infatti, non ci priva mai del. dono della libertà. Infatti, la domanda di Gesù per ciascuno evolve inevitabilmente nel: "E tu, non potresti dare la tua vita per me?”.
Dobbiamo imparare nuovamente a lasciarci sedurre da Dio, da Gesù. Il suo invito è nella libertà di chi sceglie per amore di accettare il costo di amare, cioè il dono di se stessi.
Ecco che allora la risposta non potrà essere che dono, cioè offerta di sé, come risposta a colui che tutto ci ha dato, fino a morire per noi.
domenica 3 settembre 2023
Una speranza viva
1 Tessalonicési 4,13-18 e Luca 4,16-30
In questi versetti di 1 Tessalonicési, Paolo ci sfida a credere nella resurrezione .., a fare quel salto che permette di superare la disperazione nel confronto con la morte. D'altronde è evidente che la morte rappresenta per molti la tristezza che non si può vincere, dice infatti "... non siate tristi come gli altri che non hanno speranza". Ma la speranza in cosa? nella vita eterna? nella resurrezione dei morti? Ma noi a mala pena capiamo cosa significhi che i morti risorgono, e facciamo fatica ad immaginarci cosa ci sia dopo la morte. La Parola di oggi ci vuole raggiungere, vuole arrivare dritta al cuore.. e con un messaggio chiaro e rassicurante, convincente, è una parola pacifica, che conforta: la speranza è il Signore Gesù Cristo morto e risorto.
sabato 2 settembre 2023
Un amare facile
1 Tessalonicési 4,9-11 e Matteo 25,14-30