Geremia 17 5-10 e Luca 16,19-31
giovedì 29 febbraio 2024
Quando la misericordia bussa
mercoledì 28 febbraio 2024
La croce e la vita
Geremia 18,18-20 e Matteo 20,17-28
L'impressione, leggendo i vangeli, è che Gesù parla e, se ascoltato, generalmente, non è capito. Eppure Gesù ha parlato chiaro: Solo con il cammino della croce si conquista la resurrezione. Ecco che il calice della passione bisogna berlo anche se è un calice amaro. In realtà gli evangelisti ci rivelano aspetti inediti, ma veritieri del gruppo di coloro che Gesù ha scelto e delle persone che ruotano loro attorno. Ma anche questo è importante per comprendere che questo gruppo di amici, sono simili a noi, per cui non dobbiamo scandalizzarci, ma crescere ulteriormente nella maturazione umana e di fede.
martedì 27 febbraio 2024
Io Fariseo
Isaia 1,10.16-20 e Mt 23,1-12
lunedì 26 febbraio 2024
Giudizio di misericordia
Daniele 9,4-10 e Luca 6,36-38
domenica 25 febbraio 2024
Esperienza di bellezza
Gen 22,1-2.9.10-13.15-18; Sal 115; Rm 8,31-34; Mc 9,2-10
Da inizio anno pastorale, il venerdì pomeriggio lo dedico alla confessione dei ragazzi del catechismo, in modo che prendano contatto e confidenza con l'esercizio della coscienza e si rendano capaci di un minimo discernimento tra il bene e il male...
Venerdì scorso in una confessione un ragazzino mi confida che gli capita di avere dubbi sull'esistenza di Dio.
Meno male, finalmente qualcuno che si fa delle domande...
Meno male, finalmente qualcuno che mette in discussione con il suo dubbio quanto gli abbiamo trasmesso in questi anni ... e ci rimanda la nostra inadeguatezza a rappresentare Dio e a parlare di Dio.
Seconda considerazione
Una storiella … accaduta veramente alla cassa del supermercato Conad Campanella sabato 17 febbraio.
“… la signora alla cassiera: ieri sera li ha visti per la strada …
C’era uno con una luce in testa e un crocione ... e dietro un gruppo di gente strana …
Mi sono spaventata … sarà mica una strana setta …
Volevo chiamare i Carabinieri …”
La cassiera risponde: “… si si, pure io li ho visti… si si una setta … anche io avrei chiamato i Carabinieri …”
Ma guarda quella gente strana eravamo noi per la via Crucis e quello con la luce in testa ero proprio io …
Amara considerazione: la parrocchia nel nostro territorio è ormai irrilevante rispetto alla vita reale…
1) C'è tra noi, in questa parrocchia, la convinzione di non aver bisogno di imparare, che siamo già formati e che quello che dovevamo sapere l'abbiamo già imparato.
Per questo ci limitiamo ai riti di precetto o a vivere una fede fatta di devozioni. Inoltre il rapporto con la Parola sembra essere un corollario della Messa domenicale, ma non esiste l'idea della meditazione, della lettura biblica, del confronto tra vita e scrittura.
2) Cosa di bello siamo capaci di condividere con gli altri del nostro incontro sul monte con il Signore? Esiste un momento della nostra vita in cui abbiamo fatto esperienza della bellezza di Dio?
3) Si è parlato per tanto tempo di necessità di evangelizzare, o meglio di una nuova evangelizzazione, ma forse il vero problema siamo noi che dobbiamo rievangelizzarci
I problemi non sono solo quelli fuori di noi, ma sono nel nostro interno, siamo noi che esprimiamo il cuore della Chiesa; se il nostro cuore è arido, freddo, e non accogliente, se non abbiamo vita spirituale e interiore, quale esperienza di fede comunichiamo, quale bellezza esprimiamo? Infatti è condizione indispensabile per portare il Vangelo ad altri averlo dentro di sé, non solo tra le mani o nella mente: nessuno dà ciò che non ha.
Come comunicare la bella immagine di Gesù?
Nel tempo ci siamo accorti che Gesù lo abbiamo rivestito come un manichino di vestiti diversissimi, per secoli con il vestito della sola fede dogmatica; poi con quello della sola ricerca scientifica e storica; poi con quello della sociologia e psicologia applicata alla realtà; ecc ...: Gesù, un manichino pronto a indossare il vestito che la moda del momento impone.
Ma quale è la bella immagine di Gesú, se non quella della trasfigurazione, occorre lasciare che lo Spirito ci accompagni sul monte e che nella nube riempia di presenza la nostra esistenza.
La bellezza luminosa di Gesù nasce dall'accoglierlo nella vita, nel radicare il vangelo in noi, le sue parole e i suoi sentimenti.
Non ci sono parole capaci di spiegare, a raccontare, l'immagine dell'incontro col Signore: il silenzio custodisca quella luce radiosa, la protegga e le permetta di straripare fuori da dentro di noi.
Ma per fare esperienza di bellezzadobbiamo salire sul monte è avvicinarci un po’ a Dio. Gesù anche lui sale il monte e come allora portò i tre discepoli, oggi conduce ciascuno a fare la stessa esperienza ... stare con lui trasfigurato.
Oggi trasfigurato dalla sofferenza di tanti fratelli, ma anche lo stesso volto di bellezza che ci ispira la gloria della Risurrezione. Dunque, Gesù annuncia la sua morte, li porta sul monte e fa vedere loro cosa succederà dopo, la Risurrezione. La bellezza luminosa di Gesú non è un fenomeno fisico, ma esistenziale ed è la certezza che il Signore Risorto non permette al buio della morte di avere l’ultima parola.
Oggi ci sentiamo smarriti, incapaci di reagire di fronte a questo dramma sicuro della guerra, ci sentiamo impauriti di fronte ai grandi enigmi come la malattia, il dolore innocente o il mistero della morte; e nella fede, spesso inciampiamo.
A maggior ragione anche noi siamo chiamati a salire sul monte, a contemplare la bellezza del Risorto che accende lampi di luce in ogni frammento della nostra vita e ci aiuta a interpretare la storia a partire dalla vittoria pasquale. La bellezza di ciò che è sul monte attraverso noi appartiene alla realtà che vediamo. Per evangelizzarci lasciamoci portare sul monte della bellezza.
Salire sul monte non è dimenticare la realtà; pregare non è mai evadere dalle fatiche della vita; la luce della fede non serve per una bella emozione spirituale. Siamo chiamati a fare esperienza dell’incontro con Cristo perché, illuminati della sua luce, possiamo portarla e farla risplendere ovunque.
sabato 24 febbraio 2024
Chi è capace di amare?
Deuteronomio 26,16-19 e Matteo 5,43-48
venerdì 23 febbraio 2024
Mettiti d'accordo con (l'avversario) tuo fratello.
Ezechiele 18,21-28 e Matteo 5,20-26
giovedì 22 febbraio 2024
Ti riconosco
1Pietro 5,1-4 e Matteo 16,13-19
mercoledì 21 febbraio 2024
Riconosco i segni?
Gio 3,1-10 e Luca 11,29-32
martedì 20 febbraio 2024
Originalità o verità?
Isaia 55,10-11 e Matteo 6,7-15
lunedì 19 febbraio 2024
Come guardare la realtà?
Levitico 19,1-2.11-18 e Matteo 25 31-46
domenica 18 febbraio 2024
Le meraviglie del deserto quaresimal
Marco non ci racconta le tentazioni, né il dialogo di Gesù con il tentatore. L’accento è posto su: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo”. Sembrerebbe quasi che annunciare il regno di Dio sia il frutto dell'esperienza contenuta tra la tentazione, ovvero la scoperta e il riconoscimento della fragilità, del limite, del peccato e del male e in opposto riconoscere la vicinanza di Dio, della misericordia, il prendersi cura con amorevole tenerezza di Padre di tutti noi suoi figli. È da questa tensione che si diventa annunciatori del regno di Dio.Lo spazio fisico in cui nasce questa capacità di annuncio è il deserto: lo Spirito spinge Gesù nel deserto, nel luogo della prova e della tentazione, perché la Parola ascoltata dal Padre aveva bisogno di scendere nella sua carne, nella sua vita. Anche noi possiamo dire che di fronte a decisioni importanti, cambiamenti di rotta o momenti di crisi, dovremmo lasciare che lo Spirito ci spinga nel deserto. Gesù aveva bisogno di andare nel deserto a cercare la sua anima, per stare un po’ in solitudine, per dialogare in maniera profonda con il Padre. Gesù inizia un lungo viaggio alla ricerca di se stesso, alla ricerca di suo Padre, della sua strada, del suo volto, della sua Parola. Porta domande e cerca risposte. Prega, in silenzio, in attesa, desidera. Lui sa di essere amato dal Padre. Lo ha sentito nel profondo. Ora cerca la sua strada e si addentra nella solitudine del deserto. Si chiede e chiede a Dio Padre quale fosse la sua missione; chiede come portarla a termine e come, dopo 30 anni a Nazareth, iniziare il cammino. Qualcosa finiva e qualcos’altro cominciava. Il deserto sono, come per noi, i giorni nei quali Gesù sente il Padre dire: “Tu sei il mio amato figlio, mio figlio prediletto". Ma sono pure i giorni della tentazione, dell'inquietudine, nei quali, non sempre si ascolta il Padre; giorni di silenzio e di ricerca; giorni di fame e di sete. Per Gesù è stato un momento di rottura. La Parola ascoltata è entrata a contatto con la sua vita. È in tale prova che si capisce se la Parola è la forza che ci sorregge, se “tiene” realmente, se resiste, se è vera. Lì si vede se davvero ci fidiamo di Dio, se nel momento della prova continuiamo ad ascoltare e a fidarci, oppure se scegliamo altre strade, se preferiamo una scorciatoia, se facciamo da noi stessi. Gesù aveva bisogno di silenzio e solitudine per guardarsi dentro, chissà quante cose si saranno detti Gesù e suo Padre in privato! Inoltre avrà avuto paura. Si sarà sentito solo e avrà rimpianto la sua famiglia. Avrà avuto così tante domande su di Lui e il desiderio di partire per compiere la volontà del Padre ... Il deserto è allora un momento cruciale nella vita di ogni persona. Egli aveva bisogno di confrontarsi con il Padre, confrontarsi con se stesso e chiedersi: "Chi sono io?”. Qual è la mia missione?”. Egli ha passato ciò che passiamo noi e così ci può indicare la strada. Infatti una cosa è la teoria della nostra fede, la professione del nostro credere. Altra cosa è l’incontro della fede con gli eventi della vita, quando non sempre o non subito la Parola sembra combaciare con ciò che ci accade. È in quel deserto della vita e nel silenzio interiore che Gesù, lentamente impasta la propria vita con la fede nel Padre, con quelle Parole frutto di un dialogo intimo e personale. Tutto questo, nasce normalmente quando l'uomo si pone di fronte all'immensità del deserto. È in quello spazio che l'umano impara a volare alto, a gustare la libertà, e la parola diviene capace di speranza per tutti coloro che ascoltano: “Convertitevi e credete nel Vangelo”. Convertirsi, infatti è una grande parola di speranza, è la possibilità offerta a tutti di iniziare una vita nuova. Nel deserto Gesù sperimenta che questo è stato possibile per Lui, ed ora lo annuncia a tutti.
sabato 17 febbraio 2024
Un peccatore che si converte
Luca 5,27-35
venerdì 16 febbraio 2024
Smettiamo di fare finti digiuni
Matteo 9,14-15
giovedì 15 febbraio 2024
Seguire Gesù oggi!
Luca 9,22-25
mercoledì 14 febbraio 2024
Mercoledì delle ceneri 2024
Cfr Messaggio del Papa
Dio ci educa attraverso la forza dell'amore a una vera libertà umana. I dieci comandamenti sono il decalogo della liberazione da ogni umana schiavitù. La liberazione è la libertà non si esauriscono in un singolo evento, ma maturano in un cammino. Delle fatiche di questo cammino ce ne accorgiamo quando ci manca la speranza e vaghiamo nella vita come in una landa desolata, senza una terra promessa verso cui tendere insieme. La Quaresima è il tempo di grazia in cui il deserto torna a essere – come annuncia il profeta Osea – il luogo del primo amore. Dio educa il suo popolo, perché esca dalle sue schiavitù e sperimenti il passaggio dalla morte alla vita.
martedì 13 febbraio 2024
C'è lievito e lievito
Giacomo 1,12-18 e Marco 8,14-21
lunedì 12 febbraio 2024
Un lungo sospiro
Giacomo 1,1-11 e Marco 8,11-13
domenica 11 febbraio 2024
Il dovere della libertà
Lv 13,1-2.45-46 Sal 31 1Cor 10,31-11,1 Mc 1,40-45
Concludiamo questo periodo del Tempo Ordinario con questo brano di Vangelo, prima di immergerci a partire da mercoledì nel Tempo Forte della Quaresima.
Un brano particolare che ci conduce a contatto con un lebbroso.
L'immagine è già ricca di senso e di drammatica fragilità umana: un uomo malato, fragile, sofferente, solo ... additato da tutti come colui che è colpito dalla malattia perché ha peccato. È un uomo impuro separato da Dio; lontano da tutti; il suo male è segno del suo peccato che lo conduce progressivamente alla morte. Il suo corpo, la sua vita sono segno di corruzione e di disfacimento ... non c'è speranza. L’uomo, malato di lebbra, era un uomo escluso dal culto, dalle relazioni, dalla vita del popolo di Israele. Della Legge doveva osservare solo le norme che decretavano la sua esclusione.
La guarigione di cui Gesù è originale forza risanante è un nuovo inizio, in realtà è la conversione, cioè, realizza e permettere nella propria carne la vita nuova che opera la salvezza.
Gesù lo sana, lo rende idoneo per rientrare di nuovo nella vita del popolo, il lebbroso guarito può rientrare in una vita adulta e responsabile. È di nuovo un uomo libero di vivere ... gli è data la possibilità di vivere!
C'è un dialogo breve e fondamentale tra il lebbroso e Gesù: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!»
Ma in questa risposta di Gesù non c'è solo il suo desiderio di guarire il lebbroso, ma anche tutte le conseguenze che la guarigione porta con sé, cioè la responsabilità di una vita nuova, libera dal male e capace di sperimentare amore e compassione ... perché frutto sperimentato di una compassione gratuita del Signore. Ogni salvato, ogni liberato dal male porta con sé la salvezza che è innanzitutto una responsabilità esigente, che impegna la vita a fare di ogni possibilità un dovere. Da guarito, purificato e salvato, puoi fare il meglio di te stesso!
Questo passaggio è forse il più difficile, perchè corrisponde alla guarigione del cuore, la nascita di una coscienza “purificata”, capace di obbedire alla Legge dell’amore, è un processo lungo e a volte doloroso, non esente da cadute e da errori.
Il nostro mondo, la mostra vita. la nostra realtà porta in sé la lebbra del male, l'esclusione, la guerra, lo scarto dei fratelli, la negazione dei diritti, l'inganno delle relazioni e tanto altro ...
Di fronte a tanta fragilità, non possiamo non sentirci sconvolgere le viscere, come a Gesù di fronte al lebbroso. Gesù si commuove, sente compassione e lo tocca. Tocca l’intoccabile, toccando ama, amando lo guarisce. Dio guarisce con una carezza.
Prendere il vangelo sul serio ha dentro una potenza che cambia il mondo. E tutti quelli che l’hanno preso sul serio e hanno toccato i lebbrosi di questo mondo, amando e toccando, immergendosi nella realtà sono stati artefici di salvezza. Gesù guarisce il lebbroso perché gli vuole bene. La lebbra del mondo, il male che c'è nel mondo sarà pienamente redento solo dall'amore che avremo gli uni per gli altri. Oggi di quanto amore c'è bisogno?
Di fronte al male che ovunque si manifesta ... solo l'amore garantisce la salvezza!
sabato 10 febbraio 2024
Digiuni verremmo meno lungo il cammino
1Re 12,26-32; 13,33-34 e Marco 8,1 -10
venerdì 9 febbraio 2024
Tutti muti, tutti sordi
1 Re 11,29-32; 12,19 e Marco 7,31-37
giovedì 8 febbraio 2024
Figli e cagnolini
1Re 11,4-13 e Marco 7,24-30
mercoledì 7 febbraio 2024
Catechesi occasionate
1 Re 10,1-10 e Marco 7,14-23
martedì 6 febbraio 2024
Una legge di verità
1Re 8,22-23.27-30 e Marco 7,1-13
lunedì 5 febbraio 2024
Quel lembo ci attrae
1 Re 8,1-7.9-13 e Marco 6,53-56
domenica 4 febbraio 2024
TOCCARE E PREGARE
Gb 7,1-4.6-7 Sal 146 1Cor 9,16-19.22-23 Mc 1,29-39
Oggi siamo messi di fronte alla quotidianità della vita di Gesù. Sembra che l'evangelista Marco voglia darci una idea di estrema prossimità di Dio alla nostra vita; Dio è nella nostra quotidianità... ed è in questa prossimità che Dio va accolto e riconosciuto.
Gesù è il modo di questa prossimità.
Una presenza - quella di Dio - che anima la nostra quotidianità - non solo quella narrata nel vangelo – ma perché è il laboratorio del Regno, dove il mondo di Dio si misura con il mondo del dolore, della fragilità, della possibilità e della fede?
Il vangelo disegna tre situazioni:
- la strada; Gesù è a Cafarnao ed incontra gente nella città dell'uomo;
- la casa - di Simone ... o della suocera - gli spazi della intimità, della famiglia, delle relazioni strette;
- la folla è la gente che sta attorno in attesa ... la messe è tanta ...
Con una frase possiamo dire che tutto ciò che occupa il cuore dell’uomo, la sua vita di tutti i giorni, entra nel rapporto con Dio.
Ciò che caratterizza l'atteggiamento di Gesù è farsi vicino, alla gente per la strada, alla suocera nella casa, ai malati sulla porta alla sera. Farsi accanto, farsi vicino è il modo in cui Dio sceglie di entrare in relazione con noi, d'altronde questo è il frutto immediato della incarnazione... dire che il verbo si fa carne significa che la Parola di Dio diviene parte delle nostre parole e della nostra vita.
Che cosa succede se mi lascio interrogare da queste Parole?
Incontrare; toccare; annunciare:
1) Gesù vuole incontrare, non evita e non esclude. Questo ci educa alla necessità di lasciarci coinvolgere, ci invita a farci vicini, a farci accanto.
2) Gesù nel toccare condivide la sua vita, esprime il suo desiderio di guarire, e vuole che chi è toccato senta in sé che è guarito del tutto.
Essere toccati, toccare ... non è sufficiente, molti si accalcano … ma pochi sono toccati.
Tante volte “frequentiamo” il Signore, senza però realmente toccarlo, o lasciarci toccare da lui.
Tutto questo è molto bello e coinvolgente perché ci rivela, ci fa conoscere ed entrare nel suo cuore, nei suoi sentimenti, nella sua volontà, perché suggerisce come noi dobbiamo maturare e alimentare i nostri sentimenti, la volontà e il nostro cuore.
In tutto questo, Gesù ci dimostra cosa significa che il regno il regno si è fatto vicino.
Essere vicini ha un profondo valore teologico.
Ecco perché è estremamente importante essere vicini alle situazioni di fragilità e di sofferenza dei nostri fratelli ... dimostriamo così concretamente che il regno di Dio è vicino ... proprio in quel "si avvicinò e la prese per mano": mano nella mano.
Ma accanto a questa immagine di vicinanza, Marco ci rivela qualcosa che solo pochi hanno visto: Gesù che pregava. Gesù si prendeva cura della sua vita spirituale ... prima dell'alba se ne va nel deserto da solo per stare con il Padre.
È una provocazione fortissima per tutti noi. Ci interpella sulla nostra vita spirituale.
Ci interpella sul nostro cercare momenti di solitudine e di intimità con Dio. Noi soli, noi io e lui ...
Questo ci provoca una domanda sulla qualità della nostra vita spirituale ... se l'abbiamo una vita spirituale ...
Poi sul modo in cui ce ne prendiamo cura ...
Su come la alimentiamo...
Educarsi alla spiritualità significa dare del nostro tempo a Dio ... non riempiendolo di parole ma dando tempo perché Dio sia presente.
Trovare Dio, cercare Gesù ... non sono espressioni illusorie. Se vogliamo trovare Dio, allora, dobbiamo imparare a cercarlo in quell’“altrove” che è la nostra fragilità, perché è lì che Lui viene a cercarci, ovvero nella solidarietà che nasce tra le persone quando tutte prendono contatto con la povertà, con la fragilità che le abita.
La nostra relazione con Dio ha questa enorme possibilità, quella di essere una relazione familiare, in cui possiamo parlargli e possiamo portargli tutto ciò che abbiamo a cuore.
E se è vero che Lui sempre ascolta, tanto più ascolta quando non gli portiamo solo il nostro dolore, ma anche quello di chi abbiamo a cuore.
sabato 3 febbraio 2024
Accogliere il sacro
Luca 2,22-40
venerdì 2 febbraio 2024
Riposarsi per affrontare la missione
Marco 6,30-34
giovedì 1 febbraio 2024
La missione insieme
Marco 6,7-13