sabato 7 novembre 2015

Romani 16,3-27 e Luca 16,9-15
Uno stile esigente ... No, lo stile del Vangelo!

Non sarai più amministratore ...
Procuratevi amici con la disonestà ricchezza ...
Chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto ...
Nessuno può servire due padroni ...
Tutte espressioni che possono fondare una etica e una morale circa i comportamenti, ma sono anche parole che suggeriscono il Vangelo come esperienza di per sé etica. Essere buoni amministratore della ricchezza di Dio, è già il fondamento etico di chi amministra anche i beni umani. Lo stile evangelico permea tutta la vita del discepolo, diversamente ogni credente in Cristo risulta diviso tra Dio e "mammona". Cosa significa essere un buon amministratore, magari scaltro, ma ugualmente onesto, capace di amministrare il poco o il molto affidato? Significa chiedersi sempre: come usare di queste parole per farne un pezzetto della mia vita?

venerdì 6 novembre 2015

Romani. 15,14-21 e Luca 16,1-8
Mi è stato affidato il Vangelo di Gesù ...


Paolo, consapevole di avere ricevuto dal Signore il compito di diffondere il Vangelo, usa nel farlo tutta la forza che deriva dalla "grazia ricevuta", ma anche quella delicatezza che deriva dalla tenerezza di Dio che il Vangelo propone. Paolo custodisce il Vangelo come il tesoro prezioso di cui è ministro.
Pure il Vangelo ci richiama al compito di chi ha ricevuto una "amministrazione" per conto di un altro:  il Vangelo che è Gesù Cristo, ed è di Gesù, ci è stato affidato, a tutti, perché lo amministriamo con la sua stessa autorevolezza e tenerezza.
A volte con la nostra indifferenza, rischiamo di essere solo amministratori incapaci e scarsi, magari fossimo disonesti, ma dimostriamo solo che il nostro cuore e la nostra vita non ha nel Vangelo di Gesù il bene prezioso da amministrare.

giovedì 5 novembre 2015

Romani 14,7-12 e Luca 15,1-10
... siamo dunque del Signore!


Stando alle narrazioni del Vangelo, Gesù teneva relazioni con tutti, peccatori, pubblicani,  scribi e farisei; le sue parole sono una provocazione per tutti. Di fronte a loro, la parabola della pecora smarrita afferma non solo una lettura della realtà ma prima di tutto una affermazione circa la misericordia di Dio. Il cuore del Padre non si da pace se una sola delle pecore del gregge si è persa. Questa preoccupazione indipendentemente dall'essere la pecora smarrita, pubblicano o fariseo. Certamente la parabola ha una sua realtà dove trova significato, la presunzione di essere giusti degli scribi e farisei; il giudizio di condanna rivolto ai peccatori e pubblicani; ciò non toglie che Dio non preclude a nessuno la sua misericordia e tenerezza di Padre; per cui la gioia del cielo corrisponde semplicemente alla conversione del cuore di qualsiasi uomo che scopre o riscopre di appartenere in Cristo a Dio Padre. "Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore ...".

mercoledì 4 novembre 2015

Romani 13,8-10 e Luca 14,25-33
Tradire il nostro amore


Che cosa rivela l'amore? Rivela tutto di noi, rivela il nostro bisogno profondo di essere amati, il nostro desiderio di corrispondere a qualcun altro; ma rivela pure le nostre ipocrisie cioè l'uso strumentale che facciamo dell'arte di amare: amare per un vantaggio e non nella gratuità e gratitudine. Tradire l'amore è il primo adulterio che viviamo in noi stessi, ci illudiamo di amare ma in realtà ci amiamo; in questa dinamica non si dona nulla e quindi non si da compimento a nulla ...
Luca nel Vangelo, pone con chiarezza la possibilità di amare Gesù (andando oltre se stessi) mettendo in evidenza che solo in quella condizione di amore a Lui si è discepoli e non semplici curiosi. Amare Gesù ... è realmente ciò che mi sta muovendo? Forse semplicemente dovrei iniziare a chiedermi se Gesù mi basta ... Quale sorpresa sarà il momento in cui scopro che l'amore a Lui è il buon fondamento di tutto il mio amare.

martedì 3 novembre 2015

Romani 12,5-16 e Luca 14,15-24
Come entro oggi nel regno di Dio

Ogni giorno è l'occasione per domandarmi se voglio entrare o no nel regno di Dio. Anzi ogni giorno devo chiedermi se far entrare o non il regno di Dio nelle mie "cose" ... Potrei con sorpresa meravigliarmi quando accade. Il Vangelo nella parabola di Luca pone in evidenza la condizione di rifiuto di chi non riesce a riconoscere nell'invito del re l'occasione per avere parte con il regno ... Entrare da ospiti e non essere più mendicanti al di fuori. Come riuscire a sviluppare una sensibilità che mi permette di riconoscere quando l'attaccamento alle cose, l'impegno nelle occupazioni, la gratificazione dagli affetti, mi tolgono la libertà di essere "figlio di Dio"? La lettera ai Romani è la risposta che stiamo cercando: nell'esercizio di riconoscerci membra gli uni degli altri, nel realizzare questa reciprocità viviamo la nuova realtà del Regno dei cieli.

lunedì 2 novembre 2015

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
2^ formulario della messa della commemorazione
Isaia 25,6-9/ salmo 24 / Romani 8,14-23 / Matteo 25,31-46


Il ricordo dei defunti è per noi una questione molto importante, chi è nella memoria affettiva è ancora vivo nella nostra vita, ma chi non ha memoria non è semplicemente morto, ma è inghiottito nel nulla.
San Giovanni Paolo II scriveva: «Dio ha affidato agli uomini la loro stessa salvezza... Ha affidato a ciascuno i singoli e l’insieme degli esseri umani. Ha affidato a ciascuno tutti e a tutti ciascuno». Questo è il fondamento della Comunione dei Santi e della preghiera della Chiesa, e in particolare della preghiera di intercessione. Oggetto della preghiera sono «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi» per usi il cuore della preghiera di intercessione è un atto di amore a vantaggio dei miei fratelli, amati e meno amati. (cf Varcare la soglia della speranza, Milano 1994, pp. 21. 24).

La preghiera dei vivi per i defunti è professione della fede che afferma che la morte fisica non è la fine della vita; per il cristiano tutto si vive nella fede in Cristo; non c’è nulla che possa essere escluso dalla sua fede, nemmeno il ricordo dei defunti, ai quali la vita «non è tolta, ma trasformata» (Prefazio I nella Messa dei defunti). I legami intessuti tra i credenti per la partecipazione al Corpo e al Sangue del Signore non vengono interrotti dalla morte e la preghiera ci permette di ravvivarli continuamente. Non si tratta dunque di pregare per influenzare una qualsiasi decisione di Dio nei confronti di chi è morto, bensì per raccomandarlo alla sua misericordia di giusto giudice e di salvatore.

Fissato il motivo della preghiera di intercessione e della possibilità di pregare a favore e insieme ai defunti, possiamo ben comprendere le parole della scrittura e i gesti che questa mattina stiamo compiendo.
1) la misericordia diviene il criterio attraverso il quale plasmare il presente e dare nuova forma alla nostra vita ... Dovrò pur iniziare a cambiare la mia vita in una vita cristiana non accontentandomi della mediocrità ... Iniziamo coll'invocare da Dio il perdono dei nostri peccati e per il perdono dei peccati per coloro che morti, in vita non sono riusciti a comprendere e vincere il peccato, pur sperando nella misericordia di Dio.

2) la preghiera di suffragio è oggi il segno della consapevolezza che tutti, vivi e morti siamo legati dal l'unico destino di eternità, di cui gli affetti e i ricordi sono solo tiepida immagine e riflesso. È da questa preghiera che possiamo rinfrancare e fortificare la fede nella risurrezione in e di Cristo.

3) questo luogo è Terra Santa, resa santa non solo dalla benedizione con l'acqua e l'incenso, non solo con le paro le della liturgia e della preghiera, ma resa Santa dalla presenza dei resti Santi dei corpi dei nostri cari.
Non è un deposito di morti, il cimitero, né un museo di reliquie, ma la convergenza nello spazio, attraverso la condizione di morte della sacralità della vita e della creazione, che tutta attende, nella speranza, di entrare nella gloria della risurrezione.

4) onorare i morti attraverso un gesto di amore come sono i fiori di carità, non è la possibilità di risparmiare rispetto ai fiorai, ma come insegna il Vangelo è il modo di trasformare una elemosina in un gesto di amore, e permetto a chi in quel gesto è ricordato, di compiere oggi, nel tempo quello stesso gesto di amore... Tutto questo diviene coinvolgimento di Dio, opera di Dio nella storia. 

domenica 1 novembre 2015

Apocalisse 7,2-14 / Salmo 24 / 1 Giovanni 3,1-3 / Matteo 5,1-12a
Beati ben più che felici!


Non basta essere buoni per essere beati/felici, occorre essere Santi.
A dei bambini, per semplificare, si può dire che per essere Santi occorre essere buoni, ma tutto questo mostra subito il suo limite di fronte alla fragilità umana e al peccato che avvolge e trasforma ogni bontà.
Gesù non si limita a dirci di essere buoni, ma di desiderare di essere Santi. Una santità che neppure possiamo identificare con una perfezione astratta, intellettuale o estetica.
Essere santi, significa fare della propria vita il riflesso della vita del Signore. Non una fotocopia, ma una esperienza filtrata attraverso la propria originalità e individualità. Cristo in me e attraverso di me; la novità di Cristo attraverso di me.
Quando ero giovane ... alcuni anni fa mi dissero di farmi Santo, e che per esserlo avrei dovuto fare la volontà di Dio. Se questo sembra una complicazione, in realtà attraverso le beatitudini, tutto diventa una proposta possibile e pure un poco più semplice.
Queste righe del Vangelo di Matteo ci riportano come Gesù ha cercato di essere felice, di essere beato.
Essere povero in spirito, cioè non posseduto dalle cose, rende attenti al regno dei cieli e a Dio; essere parte della afflizione del mondo fa essere compassionevole e parte della sua consolazione; essere mite rende capace di ascolto disinteressato; essere affamato di giustizia permette di farsi compagni di chi è esiliato e profugo; essere misericordioso fa riconoscere il volto di Gesù in ogni volto del fratello; essere puro di cuore, smaschera tutte le nostre ipocrisie e falsità; operare per a pace mi da il gusto della comunione; costruire la giustizia è farmi corresponsabile della creazione di Dio.
Questo modo di vedere la vita, non è da persone buone, ma è il modo in cui Gesù ha cercato di dare senso alla sua esistenza, e di corrispondere alla volontà del Padre, ed è la proposta che lui stesso fa a noi. Vivere in questo modo è fare a volontà di Dio! Allora ogni giorno deve essere il modo in cui la vita si avvicina a questa proposta e la realizza. Giunti a questo punto la Chiesa può anche dire che chi ha vissuto come Gesù è un Santo!