martedì 7 giugno 2016

1 Re 17,7-16 e Matteo 5,13-16
Le opere buone ...


Le opere buone hanno il sapore del "sale", non sono solo opere edificanti e belle, sono opere che hanno un gusto che ci corrisponde e che rivelano il loro "sapore" dentro, mediante il senso del gusto dell'esistenza. Se ci riconosciamo discepoli, sappiamo già un sapore che non possiamo negare, o rinnegare, è il sapore di Gesù il Cristo.
Le opere buone, non solo si gustano, ma come ogni buon cibo, anche la vista ha la sua parte! Le opere buone chiedono di essere viste in quella luce che ne esalta tutte le caratteristiche più vere. Come una luce che dall'interno le illumina e irradia tutto ciò che è intorno. La luce è "sotto" le opere buone, ma non ne è nascosta come se fosse sotto il moggio, ma l'opera buona ne è come il suo candelabro. 

lunedì 6 giugno 2016

1 Re 17,1-6 e Matteo 5,1-12
La gioia che ci precede.


Dopo aver proclamato le Beatitudini, come condizione rivoluzionaria in cui il regno dei cieli riesce a trasformare da dentro il mondo dell'uomo, Gesù, proprio dentro l'esperienza più difficile, la sua stessa esperienza, quella dell'essere rifiutato e perseguitato dalla sua gente, ci antipatici l'arma vincente rispetto al male e all'infelicità: la gioia. La gioia non è il premio per chi resiste; "gioia ed esultanza" devono prevenire ciascuno di noi nel dare testimonianza di Gesù al mondo. Noi non siamo nella gioia come conseguenza della perseveranza, nonostante la prova, noi siamo nella gioia, perché la gioia precede il nostro essere. La gioia è il Vangelo stesso che Gesù ci affida come condizione della nostra esistenza in lui ... La gioia è Lui! Fatta questa scoperta, ogni Beatitudine rivela che la vera felicità si compie in Lui e attraverso Lui: "... per causa mia!"

domenica 5 giugno 2016

1 Re 17,17-24 / Salmo 29 / Galati 1,11-19 / Luca 7,11-19
Richiamare alla vita ... Per la risurrezione ...


La nostra stessa esistenza è lo spazio (il palcoscenico) in cui vita e morte non semplicemente si affrontano ma mettono in scena un dramma esistenziale in cui la morte ha un ruolo da protagonista. Ed è in questo rappresentazione che la risurrezione pone le condizioni nuove perché il dramma non si concluda con un monologo della morte.
Ciò che il risorto determina con la sua incarnazione, morte e risurrezione è semplicemente dare concretezza alla misericordia dentro la nostra vita.
Il Vangelo ci mostra Gesù che si commuove, che si muove a compassione ... Dio non è impassibile della sofferenza umana e della morte, non lo è mai. Gesù si avvicina, Gesù vuole entrare in relazione con questa vedova,questa mamma, ma anche con quel simulacro di morte che è la bara. Gesù pala, la sua parola non gira intorno a quel dramma ma si pone a confronto con a morte: Alzati.
Noi che cosa crediamo?  Se crediamo in Gesù Cristo figlio di Dio, incarnato, morto e risorto, non possiamo essere passivi nella rappresentazione dell'esistenza.
Esiste una leggera incongruenza tra la nostra fede e il modo in cui certe vicende di oggi ci vengono proposte e di come noi reagiamo.
La morte di tanti profughi in mare, uomini, donne e bambini ... Da parte nostra su limita spesso a una registrazione passiva della loro morte ... E forse anche a un assistere immobile all'accadere della morte.
Noi che siamo di Cristo, dobbiamo sentire in noi stessi compassione, noi dobbiamo porre in atto tutto ciò che testimonia la vita ... Di fronte all'assordante silenzio del morire, noi dobbiamo trovare il modo di toccare la disperazione e avere il coraggio di raccontare come la vita vince sempre sulla morte, e che noi, i viventi possiamo sempre porre condizioni in cui sia possibile gustare la vita per imparare a conoscere il sapore della vita eterna. Dio ha visitato il suo popolo allora ... ma non smette di visitarlo oggi.

sabato 4 giugno 2016

2 Timoteo 4,1-8 e MArco 12,38-44
Lascia che il mondo vada per la sua strada ...


Nella lettera a Timoteo, Paolo, profetizza che: "Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole". Vivere come il Signore; vivere per il Vangelo e con il Vangelo non sarà mai scontato; anche un uomo religioso come uno scriba, o un uomo ricco, rischia di rivestiti dell'abito del fedele senza lasciarsi permeare la vita da Dio.
Ci sono esperienze umane e spirituali inappagabili: possedere la verità di se stessi; amare la persona amata; suscitare la gioia in un cuore triste; dare speranza a chi non ha futuro ... Ma esiste pure una esperienza che è insieme inappagabile e totalizzante: offrire a Dio la propria vita, cioè consacrare se stessi attraverso la povertà, la castità e l'obbedienza; la vedova del Vangelo è povera, ha solo due monetine; è casta, custodisce il suo amore nella vedovanza; è obbediente alla legge, non obietta nel compiere l'offerta. Questa condizione il mondo non la comprende!

venerdì 3 giugno 2016

Ezechiele 34,11-16 e Luca 15,3-7
Solennità del Sacro Cuore di Gesù
Un amore vero ... di un vero amante!


"Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle valli e in tutti i luoghi abitati della regione", la promessa racchiusa nelle parole di Ezechiele, ci pone di fronte all'agire misericordioso di Dio, come agire del Pastore che vuole portare a compimento il legame, la relazione per cui le pecore gli appartengono, e il pastore appartiene al gregge. Questa relazione è amore, e come tale presuppone un amante e un amato. Solo per questa particolare condizione è comprensibile "lasciare le novantanove (pecore) nel deserto e andare in cerca di quella perduta, finché non la trova". Quale mistero di amore trova eco nella nostra natura umana ... quasi che essere creatura voglia dire essere amati da Dio stesso: "l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato".

giovedì 2 giugno 2016

2 Timoteo 2,8-15 e Marco 12,28-34
Scrupolosi dispensatori della verità ...


Ma è proprio vero che nell'amore a Dio e al prossimo si trova la pienezza di ciò che vale più di ogni "sacrificio" ...
Il sacrificio è un segno di offerta a Dio in riconoscimento di quanto Dio ha già fatto e operato; ogni sacrificio della legge antica è riconoscere la fedeltà di Dio e il suo amore per il popolo che gli appartiene. La prima conseguenza dell'amore a Dio è l'esperienza della sua fedeltà, del suo non venir meno, del pieno coinvolgimento nell'amare (mente, cuore, agire); la prima esperienza dell'amore al prossimo è quella della mia fedeltà nell'amore nel non venir meno rispetto alla possibilità di amare anche ciò che non è sempre amabile.
Ogni discepolo del Signore riconosce che nel comandamento dell'amore sta ben più di un sentimento, è una benevolenza. Egli riconosce che l'amore è possibile so se è fedele a se stesso, altrimenti non è amore ma è una convenienza.

mercoledì 1 giugno 2016

2 Timoteo 1,1-3.6-12 e Marco 12,18-27
Se siamo in grave errore anche noi?


Questi Sadducei, non solo sbagliano nei loro ragionamenti, ma sono in grave errore: l'errore è alla base della loro fede; sottolinea Gesù: "non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio?"
La scrittura è la potenza di Dio è ciò che rivela lo stesso mistero di  Gloria, loro lo stravolgono nei loro ragionamenti ottusi e privi dello sguardo di misericordia. Comprendersi nella relazione con il "Dio dei padri, il Dio dei viventi" significa comprendere che siamo "salvati e chiamati con una vocazione santa"; significa comprendersi non in forza dei nostri ragionamenti, ma in quel rapporto di fede per cui "so a chi ho creduto e son convinto che egli è capace di conservare fino a quel giorno il deposito che mi è stato affidato".