martedì 7 marzo 2017

Isaia 55,10-11 e Matteo 6,7-15
Così sarà della mia Parola ...


La citazione di Isaia ci propone una "parola" in una visione e possibilità del tutto nuova.
Raccoglie la forza della parola creatrice come nell'origine della creazione e ci propone una esperienza di volontà divina propria della parola stessa. La volontà, il desiderio e l'azione di Dio è racchiusa nella sua "Parola"; ma tutto questo è all'interno di un dinamismo: un invio è un ritorno. Un dinamismo che nel mistero stesso della "Parola" del Signore diviene profezia dell'incarnazione. La sua stessa Parola, il logos, il verbo che si fa carne; ciò che Giovanni nel suo Vangelo esprime così: "In principio era il Verbo,e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste (...) E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria,gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità".

lunedì 6 marzo 2017

Levitico 19,1-2.11-18 e Matteo 25,31-46
Quando non ti abbiamo servito?


Il brano del Vangelo del giudizio finale in Matteo oscilla tra il genere "parabola" e il genere "discorsi". Se stiamo attenti alle parole, alle frasi usate, Gesù dice cose che pensate anche oggi stravolgono ogni relazione, ogni atteggiamento, ogni nostro modo di essere e agire. Ciò che dice il Signore non è una immagine fantastica, è collocato all'interno di una situazione tipicamente surreale e apocalittica, consona alla mentalità ebraica, che mostra comunque una concretezza disarmante. La condizione di servizio al Signore si esprime e manifesta nell'amore al prossimo, così come ogni buon ebreo, in obbedienza al Levitico (19,1-18) conosce come condizione per raggiungere la perfezione o santità personale. Il servire il Signore/Dio è servire l'uomo/fratelli piccoli.
"Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo (...) ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore".

domenica 5 marzo 2017

Genesi 2,7-9; 3,1-7 / Salmo 50 / Romani 5,12-19 / Matteo 4,1-11
Non lasciarci cadere nella tentazione ...

Per Matteo, nel padre nostro, la preghiera di Gesù si apre a una richiesta strana, quella di non essere lasciato solo, abbandonato nella tentazione ...
Questa espressione ci fa comprendere la tentazione come una realtà in cui anche Gesù è chiamato a confrontarsi e a faticare, lottare.
Cercando il significato nel dizionario, compare: 1. il tentare, l’essere tentato a compiere azioni proibite o riprovevoli; la cosa, l’occasione che tenta: le tentazioni della ricchezza, dei piaceri mondani; essere, cadere in tentazioneresistere alla tentazione
2. desiderio di fare qualcosa; anche, ciò che è oggetto di tale desiderio: ho avuto la tentazione di prenderlo a sberlequei pasticcini sono una tentazione irresistibile.
Possiamo quindi intuire la tentazione come quella condizione, ed esperienza che conduce dal desiderare, pensare ... all'agire secondo il desiderio.
Dal Vangelo delle tentazioni di Gesù, noi ne distinguiamo tre tipologie: la tentazione rispetto alla fisicità (la fame; la libido amandi); la tentazione circa la propria autostima e gratificazione (la popolarità, il segno di se stessi; libido dominandi) e la tentazione rispetto il possesso e il potere (la gloria di ciò che esiste; libido possidendi).
Proprio nel "Padre nostro ..." nella nuova traduzione, chiediamo a Dio di non lasciarci nella tentazione ... Perché nella tentazione il Diavolo non si presenta come nemico, ma ci seduce come amico e ci vince fingendosi nostro alleato, e come nel testo della Genesi, insinuando il dubbio circa la bontà di Dio, il seduttore si presenta come uno che vuole essere il nostro migliore amico, vuole sostituirsi alla relazione con Dio.
Il cardinale Carlo Maria Martini distingueva questa tentazione chiamandola come la tentazione della amicizia, il tentatore si presenta come colui che vuole esserti amico, meglio di qualunque altro, offrendoti, ciò che nessuno ti offre.
Nelle tentazioni di Gesù, egli vede, il tentatore come colui che ti prospetta una via di bene ... Che male c'è nel soddisfare la fame; che male c'è nel volersi fare riconoscere come figlio di Dio; che male c'è nel volere realizzare ora il regno definitivo del Padre?
Poi la tentazione può anche spingersi nei suggerimenti di chi, meglio di tutti noi, sa come devono andare le cose, come Pietro quando consiglia a Gesù quello che deve fare il "Santo di Dio".
Le tentazioni non sono un peccato in sé, ma il percorso di affrancazione da un Dio non più ritenuto buono per noi.
Di fronte alla tentazione Gesù lotta ... Di fronte alla tentazione il discepolo del Signore è chiamato a lottare a partire dalla preghiera di Gesù stesso. "Padre, non lasciarmi solo nella tentazione, ma liberami dal maligno". Si apre in questo modo lo spazio della lotta del confronto circa ciò che è vero.
Resistere, lottare quando si è tentati, quando la tentazione ci si presenta con tutto il suo fascino e la sua attrattiva, significa introdursi in una lotta che non ha né sosta, né quartiere, contro un avversario astuto e terribile che è fuori di noi e dentro di noi. Questo, oggi, lo si dimentica spesso, vivendo in un'atmosfera di ottimismo, per cui tutte le cose devono andare di bene in meglio, senza pensare alla drammaticità e alle fratture della storia umana, senza sapere che la storia ha le sue tragiche regressioni e i suoi rischi i quali minacciano proprio chi non se l'aspetta, cullato in una visione di un mondo che deve procede sempre per il meglio.
Solo chi è ben armato, spiritualmente determinato, potrà resistere, dal momento che il nemico si aggira attorno a noi per scoprire se c'è almeno un varco aperto, se c'è almeno un elemento mancante nell'armatura, e così farci cadere nel combattimento.
Le nostre armi vanno affinate, vanno curate e rafforzate. L'esercizio della preghiera, della penitenza, della carità, dall'ascolto della parola, ci permettono di temprare il cuore, la mente e il corpo in questa lotta fino all'estremo, fino all'ultimo giorno della nostra vita.

sabato 4 marzo 2017

Isaia 58,9-14 e luca 5,27-32
Riparatore di brecce ti chiameranno ...


La realtà non va subita, la realtà della vita di tutti i giorni non va subita. A volte sembra impossibile farsene carico, ma la vita è fatta per essere plasmata.
C'è chi si sente prigioniero degli avvenimenti e delle scelte fatte, incapace di imprimere quella novità che ci aprirebbe a una visione serena, anche a una consolazione.
Come è possibile mettere novità nella vita? Da dove partire?
Isaia dice che occorre partire dalle "brecce" dalle ferite, occorre riparare e ricucire le ferite che ci siano fatti, che ci hanno fatto o che abbiamo fatto. Occorre ammettere con meraviglia e stupore che anche Levi, il pubblicano, in quel pranzo in cui ha invitato tanti e per accogliere Gesù, ha iniziato il percorso di ricostruzione delle relazioni, di accoglienza e di attenzione agli altri, cosa che da molto tempo non faceva più. Levi, forse era troppo preso dal suo ruolo di esattore delle tasse. Gesù è per lui l'occasione di iniziare "l'opera di riparazione", l'opera in cui il "medico e il malato" si riconoscono nella loro diversità ma anche nella loro necessità: l'uno per l'altro al fine di recuperare il bene della salvezza (la salute del malato).

venerdì 3 marzo 2017

Isaia 58,1-9a e Matteo 9,14-15
Allora digiuneranno ...


Il digiuno non è una formalità rituale; scribi e farisei, discepoli di Giovanni ... fino anche a taluni cristiani di oggi vivono il digiuno e l'astinenza come un obbligo rituale, una penitenza ... Non è questo, non lo è mai stato ... Dice Isaia: "è questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo ..."
Il digiuno è si una privazione ma rispetto alla ricerca delle cose e alla garanzia di noi stessi mettendo come prospettiva la ricerca e la disponibilità verso Dio e i fratelli.
Quando faremo digiuno, quello vero, faremo l'esperienza di quel digiuno che è "lo sposo che ci è tolto"; faremo digiuno di Gesù, proveremo l'esperienza del desiderio di lui: lui ci manca, lui ci completa, lui ci sazia, lui lo amiamo, lui è lo sposo ... La sua sazietà allora ci verrà donata nelle opere stese annunciate da Isaia, nelle opere di misericordia. In questo modo il digiuno e l'astinenza produrrà la sazietà.

giovedì 2 marzo 2017

Deuteronomio 30,15-20 e Luca 9,22-25
... perdere o rovinare se stessi ...


Il Vangelo del giorno si conclude con una domanda: "... quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?"
Ma perché Gesù ha fatto una domanda così complicata? Perché l'evangelista la rilancia fino a noi?
Forse perché oggi come allora, tanti prima di noi e anche noi, non siamo immuni dal rovinare la nostra vita avvilendola con quelle scelte, anche quotidiane, che contraddicono ciò che è il nostro bene. La brama di "guadagnare" traduce la smania e l'affanno che trasforma la vita in un continuo vendersi al miglior offerente: potere, affetti, soldi, amicizie, convenienze, ipocrisie ecc... Ma un vivere speso così a cosa serve ... Ci si trova smarriti rispetto al senso della verità, rispetto a quel Dio amore, di cui ci professiamo figli. Giunti a quel punto non possiamo che dirci rovinati!
Nella comprensione che la comunità cristiana fa della croce, dopo la risurrezione di Gesù, essa non figura più come realtà ostile, ma nelle stesse parole del Signore, traduce il farsi carico della quotidianità, ma con la fede di chi è nella sequela di Gesù. Con questo atteggiamento è impossibile svendersi al mondo e alla sua concupiscenza, in questo modo non ci si perde e non ci si rovina, ma ci si salva!

mercoledì 1 marzo 2017

Gioele 2,12-18 / Salmo 50 / 2 Corinzi 5,20-6,2 / Matteo 6,1-6.16-18
... E il Padre tuo ti ricompenserà!

La Quareima che oggi iniziamo, ci pone in una relazione in cui, a ben vedere, il Padre che vede nel segreto ci ricompenserà. Ma cosa significa questa ricompensa?
Fuori da ogni logica di scambio o di retribuzione, la ricompensa è la condizione finale del percorso di conversione. Questo è il momento favorevole, attraverso il quale, possiamo imprimere alla nostra vita quella novità, frutto della "intensificazione della vita dello Spirito in noi", come dice Papa Francesco nel messaggio quaresimale.
Attraverso le esperienze di: pregherà, digiuno ed elemosina, le quali, se vissute fino in fondo, e con alla base a parola di Dio, ascoltata e meditata, ci permette di riappropriarci della nostra identità cristiana.
Rimettere al centro la parola significa, riconoscere come ma "Scrittura" è capace di plasmarci e, non solo di parlare al nostro cuore e in noi, ma ci svela ciò che Dio ci chiede ... Ogni giorno ... Per plasmarci ogni giorno.
La scrittura, ci mette di fronte la tentazione del possesso di noi stessi e delle ricchezze, del denaro, che è utile, ma che è pure capace di asservirci alla logica dell'egoismo, distruggendo in noi lo spazio in cui amare Dio e i fratelli.
Dice il Papa, prendendo spunto dalla parabola del povero Lazzaro e del ricco, che il vero problema del ricco, la radice dei suoi mali, è non avere ascoltato la parola di Dio... Non averla ascoltata, fatta propria, amata ... E così, arrivare a non amare Dio e a disprezzare il prossimo. Dice il Papa: "chiudere il cuore al dono di Dio che parla è chiudere il cuore al dono del fratello".