sabato 7 luglio 2018

Amos 9,11-15 e Matteo 9,14-17
I monti stilleranno il vino nuovo ...

La prospettiva di riscatto di Amos lega insieme il compimento escatologico (finale) - "In quel giorno rialzerò ... Ecco verranno giorni ..." - e l'agire della volontà di Dio attraverso e nella storia umana - "Muterò le sorti del mio popolo Israele, ricostruiranno le città devastate e vi abiteranno ..."-; è come affermare che Il compimento finale è anticipato nel rinnovamento e nel riscatto che Dio predispone come storia della salvezza.
Ecco che la storia di salvezza si rivela in ciò che si rinnova. Per questo il discepolo non può temere il processo di rinnovamento, quando questo, nella fedeltà alla Parola e alla Tradizione della Chiesa reinterpreta i tempi e li amore a strade diverse dal passato o dalle consuetudini. Questi sono i "monto che stillano vino nuovo ...";  è l'esclusione dei rattoppi nella vita cristiana; è fidarsi della forza del vino nuovo e predisporsi al cambiamento. Quando il Vangelo nella nostra vita perde la forza del vino nuovo, è diventato già aceto ... Diversamente si è di fronte al nuovo che avanza!

venerdì 6 luglio 2018

Amos 8,4-12 e Matteo 9,9-13
Manderò la fame ... la fame della parola

Il profeta Amos descrive la vita del suo tempo come un cumulo di contraddizione, tempo in cui si è dimenticato il sacro; tempo in cui prevalgono gli interessi legati al denaro; tempo in cui la dignità del povero e dell'indifeso viene calpestata con naturalezza, come se fosse cosa ordinaria. Tempi come questi sono tempi di fame, ovvero di carestia della Parola del Signore. A questa fame non è detto che corrisponda il desiderio di ciò che può saziarla, ma questa fame serve a Dio per ricondurre l'uomo all'ascolto ... All'ascolto del proprio cuore, all'ascolto della vita nel vociare di tutti i giorni, all'ascolto di quella parola - che fatta carne - non è parola di Dio calata dall'alto, ma è la parola che accompagna il quotidiano. Proprio in questa condizione di vita possiamo comprendere la "chiamata" di Matteo (di Levi il pubblicano). Levi è la risposta alla Parola che è chiamata a conversione ed esperienza di misericordia.

giovedì 5 luglio 2018

Amos 7,10-17 e Matteo 9,1-8
Non ero profeta né figlio di profeta ...

... Il Signore mi prese, e mi chiamò ... Il signore mi disse ... La vocazione di Amos rappresenta una emblema dell'esperienza profetica: nessuno si auto proclama profeta del Signore, nessuno può parlare le parole di Dio se non chi le ascolta perché Dio stesso gliele dice ... La profezia per Israele è luce al cammino del popolo e rivelazione della volontà di Dio nelle vicende della storia che lo stesso popolo vive. Oggi giorno la profezia non è estinta, ma la profezia è parte della condizione battesimale del popolo di Dio. Forse, lo è appunto solo nella condizione battesimale. Ma quando la Chiesa e ogni battezzato si pongono in Ascolto della Rivelazione, le stesse "Parole" della Chiesa e del battezzato risuonano nella storia contemporanea sono profetiche. La profezia  infatti, oggi, nasce dall'ascolto ... e chi ascolta è chiamato dal Signore, coinvolto a partecipare alla storia di salvezza. La profezia rende consapevoli che la storia umana è storia della salvezza. C'è quindi da essere contenti della condizione profetica! Non stiamo parlando di archeologia biblica, ma della "chiesa nel mondo contemporaneo" e di come non tradire la chiamata profetica.

mercoledì 4 luglio 2018

Amos 5,14-24 e Matteo 8,28-34
Le strade sbarrate ...

Il brano dei demoni e della mandria di porci, se a un primo approccio potrebbe sembrare un racconto completamente redazionale, e anche un poco di fantasia, in realtà porta in estrema evidenza lo scontro tra Gesù e il male, il divisore, colui che può rovinare la vita dell'uomo.
Due posseduti, due ossessi ... due uomini che, posseduti dal demonio, appartengono a quella esperienza di morte che annulla il senso positivo della vita (uscendo dai sepolcri ... Impediscono il cammino ). Nel brano, assistiamo a un esorcismo, alla liberazione dal male (sei venuto a tormentarci ... prima del tempo). 
Il figlio di Dio, il risorto, venendo nella nostra parte, nel cammino che accompagna il nostro quotidiano, compie un esorcismo esistenziale ... È la sua presenza nella vita che ci libera dal l'ossessione del male e della morte. Questa liberazione si accompagna ad una accoglienza radicale e vera nella fede, della sua persona, ogni tentennamento è simile a un invito ad allontanarsi dalla "nostra parte".

martedì 3 luglio 2018

Efesini 2,19-22 e Giovanni 20,24-29
Festa di San Tommaso Apostolo
Toccare Gesù!

Tommaso non era presente e non ha voluto credere; voleva toccare i segni della passione ...
Ci sono situazioni, pure oggi che ci permettono di toccare i "segni della passione". La sofferenza, la malattia, l'ingiustizia, le offese alla dignità dell'uomo, tutte queste situazioni ripresentano la condizione dei parimenti del Signore, e ci riportano allo sguardo la passione di Gesù. Voler toccare, oggi non significa dubitare, ma significa avere compassione, condividere con umana tenerezza. Toccare è oggi, più di ieri, un segno di carità che nella fede di chi la vive, incontra anche il Cristo risorto e vivo, ma con i segni della passione nel suo corpo glorioso. Il costato trafitto e i segni dei chiodi, ci rendono attuale il sacrificio che ci ha salvato, la cui efficacia è per sempre. Gesù dice a Tommaso di toccare, per rendere la sua fede capace di quel mistero di gloria e di passione proprio del suo corpo ... Gesù oggi ci dice di toccare e di farlo con la stessa fede di Tommaso ... Ci dice di toccarlo nelle sofferenze e ingiustizie del nostro quotidiano, nell'abbraccio con chi soffre, con chi è malato, con chi è privato di dignità ...

lunedì 2 luglio 2018

Amos 2,6-15 e Matteo 8,18-22
La realtà e ... infedeltà 

La profezia è diretta e senza ambiguità; la profezia diviene e permette un processo che rende esplicita la distanza che mettiamo con Dio; essa permette di cogliere la sfrontatezza e disumanità, la corruzione, il disfacimento dei valori e del senso della vita. Amos quindi non si limita a denunciare l'infedeltà del popolo e la condanna di Dio, ma mette pure in evidenza le conseguenze dell'infedeltà e della condanna di Dio.
Essere discepoli di Gesù, apporta alla realtà un di più insperato, di conversione e di rottura. Il discepolo rappresenta l'inquietudine per chi attende il cambiamento, un discepolo non si siede mai pacifico e appagato attendendo il domani, il discepolo come il maestro non ha un sasso dove posare il capo. Il discepolo rappresenta la risolutezza delle scelte, non si avanza per compromessi, ma per capacità di lasciare qualcosa, anche ciò che che è un vincolo che ci legano alle persone e alle cose.

domenica 1 luglio 2018

Sapienza 1,13-15; 2,23-24 / Salmo 29 / 2 Corinti 8,7.9.13-15 / Marco 5,21-43
Quotidianità con il risorto!

Non solo miracoli e segni, non solo discorsi e insegnamenti. I vangeli, nel proporci la la narrazione della persona di Gesù, hanno comunque una grande cura nel raccontarci la quotidianità della sua vita. È in questo scenario che scopriamo in cosa consista la quotidianità anche per Gesù; scopriamo una vita di tutti i giorni fatta di relazioni, di incontri, di umanità!
È ciò che ci racconta in questo capitolo quinto l'evangelista Marco, mettendo in risalto non solo l'evento straordinario del miracolo, ma soprattutto le reazioni umane.
È così scopriamo come il toccare Gesù, l'essere toccati da Lui, corrisponde anche a un lasciarsi toccare il cuore. È un mettere completamente in relazione  la propria umanità.
Sentimenti e situazioni di vita di un padre la cui figlia è gravemente malata,  in fin di vita, entrano in contatto con i sentimenti e la persona di Gesù. Una donna umiliata da tanti raggiri, ormai stanca di chiedere ancora consulti ed aiuti, tenta furtivamente di garantirsi la guarigione, ma quel toccare il Signore è come una accusa: "non fai nulla per me ..."
Di fonte a questa vita quotidiana, il toccare di Gesù è volersi coinvolgere. Tutto ciò supera il fare un gesto straordinario; è un toccare in profondità, è un toccare il cuore di un padre disperato, è il toccare il cuore di una donna frustrata, è il toccare il nostro cuore e generare un affidamento a lui che diviene progressivamente fede. La vita quotidiana è il luogo della relazione con il Signore. È la quotidianità lo spazio nel quale nell'incontrare Gesù, la fede, ben lungi da un ragionamento a da una adesione formale, diviene condizione di salvezza: "desidero essere salvato dall'amore di Gesù".
È in questo ordine di esperienza che è possibile il cambiamento, la conversione della vita; proprio perché la relazione con il Signore, l'incontro con lui tocca la mia umanità, se mi lascio toccare ... E di conseguenza Gesù stringe un vincolo profondo ed intimo che è "fede".
Se tutto questo è vero per una esperienza concreta, dove Gesù è percepito nella sua umanità storica e incarnata, quanto più deve esserlo alla luce della risurrezione.
Per noi oggi il toccare di Gesù, il lasciarci toccare e il volerlo toccare è riferito al Gesù vivo, risorto e glorioso.
La nostra quotidianità non può fare solo memoria dei fatti del passato; ma essendo come l'altra sponda del lago, l'altra sponda del tempo e del mistero, deve essere il luogo in cui il risorto, toccando, ci porta a riconoscere nella fede il modo in cui vogliamo e possiamo vivere.
È il risorto che entra in relazione con la nostra quotidianità, non un ricordo di altri tempi. È il risorto che tocca a nostra umanità, che ci tocca nel profondo, non si tratta di gesti scaramantici o rituali che invocano una salvezza: noi oggi siamo toccati dal risorto cioè dalla salvezza.