domenica 7 ottobre 2018

Genesi 2,18-24 / Salmo 127 / Ebrei 2,9-11 / Marco 10,2-16
La durezza che scaccia la tenerezza ...

Quando Gesù di fronte alle domande dei discepoli li invita ad andare all'origine, non lo fa per trovare una giustificazione legale inoppugnabile, ma per chiedere di andare sempre all'origine della nostra storia, della nostra vita della nostra speranza.
Se non andiamo all'origine rischiamo sempre di legarci agli schemi, alle convenzioni e di doversi fare strada tra un precetto e l'altro, con lo spirito dell'avvocato più che con lo spirito di un discepolo del Signore.
Tornare all'origine, per il caso del Vangelo significa ricercare nell'amore la motivazione del vincolo tra uomo e donna, un recuperare l'amore come strada della misericordia e del perdono, dell'affetto e della passione. Se si dimentica l'amore come collante tra un uomo e una donna, divorziare non solo è legittimo è giusto, ma forse il più delle volte diventerebbe indispensabile.
Gesù disconoscendo tutte le convenzioni sociali e le leggi umane rivestite di autorevolezza divina ci mette tutti allo scoperto, e chiama in causa la nostra durezza di cuore, la nostra resistenza a lasciare che sia la legge dell'amore ad avere la priorità rispetto a tutto. Quando dimentico questa priorità, quando smarrisco questo inizio ... ecco che la mia umanità diventa dura, e arroccata nei suoi pregiudizi, o anche solo in quelle convenzioni sociali e culturali da cui nemmeno la Chiesa nei secoli è stata capace di difendersi.
La durezza del cuore, va indagata, la durezza del cuore va presa a piccone; è come una incrostazione, una sedimentazione che avvolge ed isola, che imprigiona e nel tempo irrigidisce aumentando di spessore. Se negli anni non ho mai aggredito questa durezza con lo strumento della tenerezza, la mia umanità ne risulta trasformata e mortalmente compromessa.
Non ha caso, credo nel brano di Vangelo, Marco, alla fine della discussione ci pone ancora una volta la situazione dei bambini, accolti e benedetti da Gesù. Questo atteggiamento non è a caso e non semplicemente per esprimere un segno forte circa la durezza di cuore dei discepoli, ma Gesù collega la tenerezza al regno dei cieli.
Forse non abbiamo capito ancora che la durezza del nostro cuore ci preclude il regno dei cieli, ci allontana e ci impedisce di entrarvici, cioè di vivere la volontà del Padre nel quotidiano.
Durezza di cuore ... Vi diamo forma in ogni nostra chiusura all'altro; vi diamo forza in ogni giusto di orgoglio che schiaccia e opprime; vi diamo vita ogni volta che la durezza genera altra durezza; vi diamo spazio ogni volta che per durezza releghiamo il nostro prossimo furi dal nostro cuore. La durezza trasforma la nostra umanità rendendoci disumani ... In principio il demonio iniziò proprio corrompendo la nostra umanità ...
Tenerezza ... Non è un sentimento e nemmeno un gesto benevolo, la tenerezza è virile per la sua capacità di superare il limite dell'orgoglio; è materna per la sua possibilità di essere sempre accogliente; è amore allo stato puro, permette infatti di gustare quanto l'amore è meraviglioso senza consumarlo mai. Questa tenerezza è i legno di cieli, ciò che è all'origine.

sabato 6 ottobre 2018

Giobbe 42,1-16 e Luca 10,17-24
Piccoli si, ma beati, non ignoranti!

Questa mattina alle 7 per la recita delle Lodi eravamo in tre, dopo la lettura della liturgia della Parola del giorno, c'è chi mi si avvicina e mi dice: "per me è una patacca, centoquarant'anni ... ma se non c'erano neppure i dottori ..."
Santa ignoranza, da un lato, ma anche quale sofferenza nel costatare come la fede di molti si fonda su una tradizione, senza domande e senza interessi, senza alcuna formazione ... questa è la condizione della maggioranza dei battezzati. Certo la fede non si esprime a partire calla conoscenza dell'esegesi o della definizione teologica, però tutto questo porta a una fede matura! A rendere consapevoli della beatitudine di vedere attraverso una fede forte, il volto del Signore; quella stessa beatitudine dei discepoli che non fu dei re e dei profeti.
A noi, nuovo popolo di Dio, è affidato il tesoro che ci porta a vedere il volto santo del Cristo e ad ascoltare la voce di Dio, che è la sua Parola testimoniata nella nostra vita ... Un tesoro che sempre va agito, mai sotterrato dalla pochezza della nostra esistenza compensata nei suoi bisogni primari (bisogni fisiologici; bisogno di appartenenza; bisogno di stima ...).
Vivere questa beatitudine, non significa essere superbi o sentirsi superiori, la beatitudine esprime la gioia di chi intuisce il mistero e pone ogni attenzione ad accostarvisi. È la gioia, la felicità di chi sente prossima, e già pregusta la meta.

venerdì 5 ottobre 2018

Giobbe 38,1.12-21;40,3-5 e Luca 10,13-16
Chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato ...

Anche ai nostri giorni, nello scandalo e nella fragilità tutta umana della Chiesa, il Vangelo del regno dei cieli viene annunciato con le parole e con la vita. Ci sembra tutto inadeguato; eppure Gesù, le sue parole, raggiungono l'uomo di oggi proprio attraverso la Chiesa ferita e umiliata. Più che mai dobbiamo riconoscere "il tesoro prezioso, in vasi di argilla". La conversione di mentalità e di stili di vita che da più parti si invoca per la Chiesa, oggi prende forza a partire dalla parola del Signore che non può essere disprezzata da chi è Chiesa; prende forza dai segni dei sacramenti che non possono essere rinnegati. Nonostante tutto la verità passa e raggiunge l'uomo in quella parola e quei segni; per questo nella "Chiesa" dobbiamo ridare priorità all'accoglienza del Signore nella parola e nei sacramenti.
Cosa significa realmente conversione? " ... Da tempo si sarebbero convertite ..."
Non è forse accoglie Gesù, affinché sia una presenza vera e autentica, una presenza che rende la vita una esperienza animata dalla fede in lui. La fede non è questione di conoscenza, ma di accoglienza di un mistero, è vicinanza a Dio: un contagio per la sua prossimità.

giovedì 4 ottobre 2018

Galati 6,14-18 e Matteo 11,25-30
Festa di San Francesco d'Assisi patrono d'Italia
Vita Santa ... La vita scansata ...

In noi credenti, oggi, esiste una sorta di ipocrisia, che pur avendo consapevolezza intellettuale della Santità, la scansiamo preferendo senza dubbio la conformazione alla mentalità del secolo. Ma la Santità della vita è ascrivibile proprio nella non conformazione al pensiero di massa del secolo presente. Francesco d'Assisi ne è un esempio lampante; il poverello di Assisi, per il suo tempo è stato una chiara non conformazione, ricercando nel Vangelo la luce che illumina il cammino di verità dell'uomo: una luce che di fronte alla brama (desiderio) di ricchezza indicava la povertà evangelica; che di fronte alla desolazione e allo scarto di ciò che era ripugnante e diverso, oppone l'abbraccio e l'amore per il fratello (sempre); che di fronte alla paura dell'umana morte, oppone la conformazione al Risorto, a partire dalle stigmate della passione.
Francesco è realmente Santo e quindi realmente nuova creatura. È questa novità che quando non è scelta ci rende prossimi alla mentalità del secolo presente.
Ma che cosa ci fa nuovi? L'unica situazione che può farci realmente nuovi e la frequentazione con l'uomo nuovo, Gesù Cristo! Se chi va con lo zoppo impara a zoppicare, se andremo a lui "... stanchi e oppressi ... se Lasceremo che lui si avvicini e aderisca  alla nostra vita come un giogo sopra le spalle ... Allora impareremo da lui, che è mite e umile di cuore, e troveremo ristoro per la vostra vita".

mercoledì 3 ottobre 2018

Giobbe 9,1-12.14-16 e Luca 9,57-62
Tre risposte anche da me ...

Gesù non ricercava il consenso, né dei singoli né delle folle; Gesù ricercava l'umanità libera di immergersi in quella sua parola, capace di trasformare il cuore dell'uomo e il cuore del mondo.
Mi sono chiesto che cosa mi rende ancora disponibile a dire a Gesù "ti seguirò" ma anche a sentirmi rivolgere dal Signore l'invito "Seguimi!".
Mi rispondo che il desiderio di seguire Gesù, è ben più di una avventura, di una scelta di vita; è la necessità di posare il capo sul suo petto, come Giovanni. La relazione di fede e di amore con il Signore si può dipingere con questa immagine propria del Figlio dell'uomo, ma anche di chi lo segue: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo". Il Figlio dell'uomo posa il suo capo nel "seno del Padre"; ogni discepolo lo posa nel petto di Cristo, per ascoltare la voce del suo cuore.
Ma perché Gesù ha scelto proprio me, non poteva scegliere un altro? Non è che sia tutta una suggestione? Dopo venti anni di immersione nel "seguimi" credo di poter dire senza ombra di dubbio che quell'invito non ha nulla a che fare con tutto ciò che si è fatto pastoralmente attraverso il ministero sacerdotale, ma che quell'invito è una offerta di senso al mio esistere, una offerta di pienezza alla mia deficienza, una carezza di amore al mio desiderio di bene e di essere amato per sempre. Continuiamo ad arare ...

martedì 2 ottobre 2018

Esodo 23,20-23 e Matteo 18,1-5.10
Memoria dei Santi Angeli custodi
Gli angeli ... dei piccoli

Ultimamente questo episodio narrato nei vangeli, lo abbiamo già letto e meditato varie volte; questa ripetitività da un lato diviene faticosa, dall'altro ci mostra come la ricerca della grandezza del discepolo, la grandezza nel regno dei cieli, è condizione di una umiltà e povertà di spirito che solo nel cammino della vita possiamo acquisire... Non conquistare o possedere, ma che diviene nostra se noi ci trasformiamo in umiltà e povertà di spirito. In questo itinerario chi ci accompagna, chi ci sostiene, chi ci incoraggia?
L'immagine dei nostri angeli che ci fanno essere piccoli del regno dei cieli, è suggestiva ... Se ci affaccendiamo per una "grandezza umana", ci allontaniamo dagli angeli di Dio, e quindi dal suo volto, e ci accompagnano all'angelo divisore, a Satana. Quanto è vero questo! Ce lo ricorda anche Enzo Bianchi quando dice: "... che facciamo la guerra del diavolo ... del divisore, accusatore, menzognero. Oggi questa guerra è soprattutto guerra di cattolici contro cattolici, e i nemici peggiori sono i fratelli".
Per sottrarci a questo scandalo, a questo inciampo, dobbiamo convertirci, ma prima della conversione occorre che riconosciamo il bisogno di una luce vera; di un affidamento altro; di un sostegno divino; di un governo di carità ... Tutto questo è accompagnarsi a un angelo che vede sempre il volto del Padre.

lunedì 1 ottobre 2018

Giobbe 1,6-22 e Luca 9,46-50
La piccola via ...

È un Giovanni ragazzotto e un po' presuntuoso - così lo immagino stamattina - ancora non convertito all'amore e dall'amore che gli evangelisti ci presentano in diverse loro narrazioni: "impediscilo, non era dei nostri ..." Giovanni è irritato e un po' pretenzioso: "come può uno qualsiasi fregiarsi dell'amicizia di Gesù se neppure è tra coloro che lo seguono ..."
Occorrerà ancora un discreto cammino, di intimità per poter fare di Giovanni il discepolo amato. Sì, proprio un cammino interiore di intimità. Giovanni dovrà abbandonare ogni pretesa di essere "grande", importante, significativo ... davanti agli altri discepoli ... 
Giovanni dovrà diventare "ingenuo" nell'amore, come un bambino che si lascia "prendere" da chi amandolo gli mostra più attenzione e consolazione. Giovanni dovrà accorgersi di essere così amato da Gesù, che in tutto quel tempo quell'essere amato, lui lo ha ignorato, non ne è stato neppure sfiorato, non se ne è accorto! Tale era la sua preoccupazione di trovare un posto tra i dodici per essere il più vicino allo sguardo del maestro. Invece lo sguardo del maestro era nella totalità del suo cuore, già offerto, già donato, già dato ...
Oggi nella Chiesa ricordiamo Santa Teresa di Gesù Bambino (Teresina), la sua vita è stata tutto una ricerca di intimità, del cuore di Dio; la sia regola spirituale è la Piccola via: "Per camminare occorre essere umilipoveri di spirito e semplici"