lunedì 7 gennaio 2019

1 Giovanni 3,22-4,6 e Matteo 4,12-17.23-25
Noi siamo da Dio

Primo giorno dopo l'Epifania, dopo la manifestazione al mondo di Gesù figlio di Dio!
Alla luce di questa realtà che non può essere solo commemorativa e celebrativa, la Parola diviene annuncio, nel Vangelo di Matteo si carica di profezia e si concretizza nelle parole che sono invito alla sequela per ogni uomo. A tutti è chiesto di convertirsi perché la prossimità del Regno pone una condizione nuova nella realtà del tempo e della storia. Nulla è come prima. Negare questa novità è schierarsi apertamente dalla parte dell'anticristo, dalla parte di chi nel mondo nega la venuta di Gesù nella carne.
La Parola di 1 Giovanni, oggi va gustata "goccia a goccia", parola per parola. Credere in Gesù - per 1 Giovanni - si lega a doppio legame al comandamento dell'amore reciproco dei fratelli. È infatti in quesa esperienza di amore che riconosciamo che lo Spirito di Cristo dimora in noi. Come può infatti dimorare in noi lo Spirito di Gesù quando in noi c'è odio, indifferenza, preclusione, giudizio e ogni sorta di complicità col pensiero del mondo? Lo spirito di Gesù non dimora lì dove l'uomo è abitato dallo Spirito del mondo.
Oggi oltretutto, lo Spirito del mondo, non si oppone a Gesù nella carne, ma porta a deviare proprio sulla natura della carne dell'uomo, a discriminare rispetto ai "nostri" e agli "altri". Ma la natura umana esprime il mistero di Dio, in qualunque carne storicamente si concretizzi. Di fronte alla "avversione di un certo mondo", oggi sperimentiamo, finalmente, l'essenzialità dell'annuncio del Vangelo: la conversione è sempre un discernimento esistenziale alla luce dello Spirito di Cristo; conversione significa crescita della fede e crescita in umanità.

domenica 6 gennaio 2019

Isaia 60,1-6 / Salmo 71 / Efesini 3,2-3.5-6 / Matteo 2,1-12
Epifania del Signore: l'Emanuele rimane con noi!

Se oggi siamo venuti qui è per adorarti Signore ...
Se oggi siamo qui è perché abbiamo visto la tua stella ... E vogliamo continuare a vedere!
Se oggi siamo qui è perché abbiamo aperto il cuore ... e non vogliamo chiuderlo!
Se oggi siamo qui è perché qui c'è il nostro amore e le speranze ... Il meglio di noi!
Se oggi siamo qui è perché vogliamo aprirci alla tua luce ... e non vogliamo nasconderci nella tenebra della nostra disumanità.
Ecco allora che siamo qui per adorarti ... (Cfr canto: Siamo venuti qui per adorarti)

Ma se oggi attraverso le pagine del Vangelo di Matteo ricordiamo solo la visita di alcuni saggi d'oriente (tre Magi secondo la tradizione), dopo la nascita di Gesù, cioè la ricerca di un bambino, la cui nascita era stata segnata dal sorgere di un astro luminosissimo; e tutto ciò, per quanto carico di fascino, e anche di fantasia, esaurisce la sua verità nel celebrarla con cortei e sacre rappresentazioni, quella narrazione cessa di essere Epifania della salvezza.
Rivivere l'Epifania del Signore significa riconoscere e attualizzare nella vita di oggi i tratti di quella vicenda raccontata nel Vangelo. Il cammino di ricerca dei Magi, non è un bel lieto fine, ma è una epifania di Dio. Questo non dobbiamo dimenticarlo, diversamente trasformiamo un avvenimento della salvezza in una favola di carattere morale.
Noi oggi siamo gli stessi saggi d'Oriente che hanno sperimentato come quel bambino: "il re gli giudei che è nato" è l'Emanuele, il "Dio con noi", ma questa profezia è attuale sempre, è pienezza del tempo, è eternità nel tempo. La presenza di Gesù non è dissociabile dal tempo, perché il tempo appartiene ora, al mistero di Dio e del suo esistere nel tempo. La meraviglia della Epifania è che  tutto l'umano è abitato da Dio, nel segno adorabile di quel bambino. L'umano, trasfigurato, racconta e testimonia la Sua dimora in mezzo a noi.
La nascita del figlio di Dio trova eco nella nascita di ogni figlio di uomo. Guai a me se negassi il segno del bambino, il segno di Dio che si fa uomo. Negarlo significa maledirlo. Oggi sono qui per adorarti Signore, adorarti in quel bambino, in ogni bambino!
Oggi sono qui perché è da tempo che ti cerco e perché ho visto la tua stella, che brilla della luce della tua parola. Quella luce mi indica in cammino che ora voglio fare fino in fondo; ho intuito come si fa a vedere, e non posso desiderare altro. 
Guai a me se negassi ai miei fratelli di vedere la tua luce, di camminare alla tua luce; se negassi là possibilità di mettersi in viaggio, con coraggio, non per trovare semplicemente qualcosa ma per vivere concretamente la ricerca di Te. Oggi scopro che la mia vita come discepolo, battezzato, non può non essere che "ricerca" del Re dei giudei che è nato! Non è importante arrivare a Betlemme, ma è importante tutto il viaggio per arrivarci. È importante come stiamo è abitiamo nella storia di tutti i giorni, noi che abbiamo ricevuto il suo annuncio. È un cammino nel quale è richiesto di superare tanti limiti, e tanti muri. Oggi i Magi troverebbero un muro a Betlemme che gli impedirebbe di adorare il Bambino, ma non si arrenderebbero, perché i muri sono segno della paura, della segregazione, sono per la divisione: adorare invece significa avvicinare per baciare, significa togliere la distanza per amare.
Oggi sono qui perché ho aperto il cuore e non voglio chiuderlo. Oggi costatiamo con amarezza che il cuore non è tua dimora allo stesso modo. Il cuore di Erode è un cuore malato, un cuore falso, un cuore sterile, un cuore duro, un cuore ambiguo. Il nostro cuore gli è simile quando si ferma alla convenienza, quando non pulsa con il battito del cuore degli altri, delle storie degli altri uomini e donne che incontro ... Ed ecco che il cuore diventa malvagio. Guai a me se il mio cuore diventa freddo, diventa malvagio; se il mio cuore si trasforma nella tenebra dove vi dimora Satana!
Ecco allora che l'epifania è una vera occasione di fede: è dare testimonianza ora della scoperta del Signore, del re che è nato in noi, e che dimora in noi e in ogni uomo.
Che bella la profezia di Isaia, essa non è Antico Testamento, ma è parola irrevocabile di Dio, attraverso i profeti che il Padre ha suscitato a Israele (popolo di Dio, per sempre):"
Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti".

sabato 5 gennaio 2019

1 Giovanni 3,11-21 e Giovanni 1,43-51
Vieni e vedi!

La risposta di Gesù ai due discepoli di Giovanni è la medesima domanda che Filippo consegna a Natanaele. Non siamo difronte a due attività umane ma a una vera provocazione di Dio. Ad ogni uomo, a partire da Gesù, viene proposto di ripercorre il cammino esistenziale che lo porta a Dio. Il tenore di queste due parole non è un comando o una richiesta, ma una proposta ... e perché no, una supplica! Lasciati condurre fino a me, "vieni a me, per seguire me". Il seguire Gesù presuppone un venire a Lui, per dimorare presso di Lui, e Lui con noi. Il vedere è ben di più di una constatazione visiva, si spinge al riconoscere l'amore che sottende ogni nostro moto interiore. Non seguiamo chi non amiamo, non seguiamo nessuno se almeno non c'è una simpatia o una convenienza. Ecco che l'amore che sostiene l'esistenza diventa visibile e riconoscibile nella persona del figlio di Dio, di quel Gesù figlio di Giuseppe di Nazaret ... Ed ecco che tutto diviene visibile nei tratti della storia della salvezza, nei tratti di un amore divino che non ci lascia perdere, non ci abbandona, ma ci attrae a sé.
È l'amore per Cristo che mi chiede di riconoscerlo e accostarmi a Lui, perché il Signore si rivela nell'amore e nell'amare: "In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli". L'attualità di queste parole la lascio giudicare a voi, per cui "se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità". Chi ha occhi per vedere "viene e vede"!

venerdì 4 gennaio 2019

1 Giovanni 3,7-10 e Giovanni 1,35-42
Dove dimori?

Domanda di imbarazzo dei due discepoli quando Gesù sentitosi seguito li chiama allo scoperto: "Che cosa cercate?"
Ciascuno di noi, nel momento stesso in cui nasce nel tempo, inizia una ricerca, quasi compulsiva, di sé stesso, della propria identità, del proprio cammino, della propria storia.
È proprio la ricerca di senso ciò che più di tutto caratterizza la nostra natura umana! L'evangelista Giovanni trasfigura le modalità di questo incontro mettendo in rilievo come la ricerca di ciascun uomo, qualsiasi essa sia, è mossa dalla sua originale provenienza da Dio. Di fronte alle parole di Giovanni Battista, Andrea e l'altro discepolo, non rimangono indifferenti; quelle parole sono come "un'esca" che provoca e attrae a sé: la nostra vita non basta mai a se stessa, essa cerca sempre il suo compimento. Ecco allora che la risposta alla domanda dei due discepoli significa ben di più di una indicazione residenziale e di luogo; essa esprime il dove possiamo stare con il Signore, sempre; con la certezza di trovalo e di condividere il tempo, e la storia della nostra vita. In realtà è presso di loro che Gesù vuole prendere dimora: "venite e vendrete!" Vi stupirete che io (il Signore) dimoro in voi e voi in me! Ma se ogni uomo è dimora di Dio, sono inaudite le conseguenze! A scanso di fraintendimenti: Gesù dimora in ogni fratello che è generato da Dio (chi è mio fratello?). Infatti chi è generato da Dio ha in se il "germe divino" inestinguibile, che rimane in lui (egli dimora in noi). Per questo la prima lettura toglie ogni dubbio sulla spregiudicata e falsa giustizia umana: "chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello" (... non amiamo a parole, ma nei fatti e nella verità).

giovedì 3 gennaio 2019

1 Giovanni 2,29-3,6 e Giovanni 1,29-34
Neanche noi lo conosciamo

Che cosa conosciamo noi di Dio? Ben poco! Neanche Giovanni Battista conosceva qualcosa di Dio, fintanto che non è stato sottoposto a quel l'interrogatorio da parte degli inviati dai farisei. È a partire da quelle domande su se stesso che Giovanni comprende chi è Elia, il profeta, il Cristo ... il Messia di Israele.
È così importante conoscere questa verità?
Questa conoscenza comporta l'implicazione del mistero di Dio con la vicenda del tempo e della storia umana. Non è irragionevole giustificare un mondo attraverso l'ateismo e anche interpretare ogni religione come compensazione di bisogni psicologici umani. Giovanni Battista ha di fronte a sé la storia umana e quella di un popolo segnato da un mistero che diventerà sempre più domanda di riconoscimento: Mi vedi? Ti accorgi della mia presenza? Oppure continui a vedere solo te stesso? Giovanni inizia a intuire che tutta la storia del suo popolo rappresenta una traccia esile, discreta ma continua del dimorare di Dio nella stessa umanità (condizione che si spinge fino al Dio con noi: Emanuele). Ed ecco che di fronte all'uomo Gesù, Giovanni percepisce ciò che prima del battesimo non riusciva a riconoscere: "Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! ..." Ma questa apertura e comprensione è sufficiente per precipitarlo nel mistero di Dio Padre: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". A questo punto Giovanni Battista non ha più alcun dubbio: "E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio".
Fintanto che non riconosciamo di essere battezzati, ovvero immersi nello Spirito Santo, e non lasciamo che la Parola ci riporti il soffio dello Spirito di Dio, continueremo a non conoscere e Gesù sarà uno anonimo ebreo nella terra di Palestina. Giovanni si è messo in ascolto della testimonianza del soffio dello Spirito di Dio ... Ma noi che siamo immersi nel medesimo Spirito a partire dal nostro battesimo, che cosa aspettiamo per metterci in ascolto?

mercoledì 2 gennaio 2019

1 Giovanni 2,22-28 e Giovanni 1,19-28
Chi è l'uomo e chi è Dio?

Dopo il Prologo, e se volessimo, togliendo il Prologo, il Vangelo di Giovanni inizia subito con la parola testimonianza, "Testimonianza è questa", di Giovanni di sé stesso e di Giovanni su Gesù. Il Quasi come se ora, noi stessi, curiosi di ciò che abbiamo sentito, interrogassimo questi nuovi personaggi apparsi all'orizzonte della nostra storia.
Chi sei? cosa dici di te stesso? Le risposte di Giovanni hanno senso in ragione di un altro, di Gesù. Tutto ciò che Giovanni dice di sé lo dice in riferimento a tutto ciò che può dire di Gesù. Ora sarebbe opportuno non comportarci da semplici spettatori di una scena, da osservatori fori dalla storia; e se quelle domande fossero anche per noi?
Chi siamo? Cosa possiamo dire di noi stessi in riferimento a Gesù?
Giovanni ha consapevolezza e coscienza di essere "(io sono) voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa"; e in riferimento a Gesù dice: "Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo".
Ciascuno a partire da sé, dalla conoscenza dei propri limiti e della propria imperfetta umanità, è alla ricerca della verità; non siamo forse alla ricerca ogni giorno di Gesù Cristo? Come sarebbe bello che oggi, ciascuno potesse dire di sé di volere appartenere al Signore, di vuole che l'unzione dello Spirito lo tocchi nella sua umanità nella sua carne. Desiderare che quel battesimo (immersione) ricevuto nella inconsapevolezza diventi ora immersione insieme a "colui che venuto dopo", cioè lo Sposo (quello a cui non sono degno di sciogliere il a ciò del sandalo) che viene per le nozze eterne, con il dono della vita vera. Chi sono dunque? ... Forse semplicemente uno che vuole essere con il Signore, perché sta imparando ad amarlo.

martedì 1 gennaio 2019

Numeri 6,22-27 / Salmo 66 / Galati 4,4-7 / Luca 2,16-21
Maria SS madre di Dio - primo giorno del nuovo anno

In questo primo giorno dell'anno la Liturgia ci offre l'opportunità di cooperare alla benedizione di Dio sul nostro agire, operare e scegliere; sulle realtà del creato e sulla vita di ogni essere; tutto si esprime in tre condizioni che vengono da Dio Padre e creatore:
- ti custodisca (trattenere, curare qualcosa in modo che non subisca danni e conservi la sua integrità), custodiscimi, mia forza sei tu, custodiscimi mia gioia Gesù!
- ti faccia grazia (aspetto esteriore di eleganza, bellezza e semplicità, considerazione favorevole), la bellezza che si riverbera attraverso i tratti della nostra umanità;
- ti doni pace (la pace è un valore e un dovere universale e trova il suo fondamento nell'ordine razionale e morale della società che ha le sue radici in Dio stesso (...) La pace non è semplicemente assenza di guerra e neppure uno stabile equilibrio tra forze avversarie, ma si fonda su una corretta concezione della persona umana e richiede l'edificazione di un ordine secondo giustizia e carità. - n. 494 del compendio della Dottrina Sociale).
La pienezza di questa benedizione, il suo compimento è realizzato nella nascita nella pienezza del tempo di Gesù, figlio di Dio (Galati 4,4). Qual'è infatti la benedizione più bella e importante? Non è forse quella di sentirsi riconosciuti come figli.
Essere figli legittima ogni relazione con il Padre, rende efficace e durevole ogni espressione e di amore. Dice Paolo ai Galati: essere figlio trasforma il tuo essere schiavo. Non sei più schiavo del peccato, né schiavo delle logiche e strutture di peccato. Essere schiavo significa non avere una relazione fondata sulla libertà ma fondata sul possesso utilitaristico. Il figlio esercita la libertà del figlio, e questa libertà è conseguenza dell'amore che genera alla vita di Dio.