mercoledì 7 agosto 2019

Numeri 13,2-35 e Matteo 15,21-28
Esplorando questa terra...

Non vi nascondo la suggestione di oggi, nel leggere questi passi del libro dei Numeri e sentire l'eco di visioni lontane, di cammini e di esplorazioni: "Siamo andati nella terra alla quale tu ci avevi mandato; vi scorrono davvero latte e miele e questi sono i suoi frutti. Ma il popolo che abita quella terra è potente, le città sono fortificate e assai grandi e vi abbiamo anche visto i discendenti di Anak. Gli Amaleciti abitano la regione del Negheb; gli Ittiti, i Gebusei e gli Amorrei le montagne; i Cananei abitano presso il mare e lungo la riva del Giordano" ... Un eco che sale dalla terra in cui scorre davvero latte e miele ... una terra di promesse e di salvezza; una terra dove da millenni quelle parole della Torah riemergono con forza e si dilatano anche nella nostra realtà.
Che cosa dicono oggi queste parole? Forse, ci parlano ancora del cammino di libertà, che riguarda ogni uomo; ci indicano il percorso per essere il popolo di Dio; ci narrano una storia di fedeltà e di tradimento, di amore e di paura, ma comunque una storia che salva. È una storia che ci mostra Dio che come allora entra nel cuore dell'uomo attraverso i passi della vita; a volte con tenerezza, a volte con forza, altre volte con severa determinazione altre ancora con dolcezza e accondiscendenza.
Ciò che avviene deserto del Neghev è rivelazione e conoscenza, è promessa e compimento, è un tempo privilegiato dove il mistero di Dio addomestica le nostre durezze e dove la nostra fragilità accetta la tenerezza di un Dio Padre.

martedì 6 agosto 2019

Daniele 7,9-10 e Luca 9,28-36
Festa della Trasfigurazione
È necessario vedere Gesù trasfigurato!

Se anche noi fossimo oppressi dal sonno ... al punto che la fatica quotidiana, la durezza della vita e le ingiustizie che subiamo fossero causa di apatia o di quella indifferenza che a volte caratterizza il discepolo? Di fronte a tutto questo la trasfigurazione rappresenta una necessità! Gesù Trasfigurato è espressione di bellezza, è manifestazione di grandezza ed è ascolto di quella fede che sbaraglia ogni avversità: "Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento".
In modo a dir poco intenzionale, Gesù conduce con sé sul monte i tre discepoli, affinché come testimoni e loro stessi facessero esperienza della Gloria, della parola e del silenzio ... Tutto questo è bellezza!
Per i tre discepoli, per la Chiesa, per ciascuno di noi, esiste il giorno in cui il Maestro ti conduce in una esperienza, rispetto alla quale pur misurando tutto con la tua inadeguatezza, ti scopri capace circa l'abbandono di ogni reticenza e di ogni timidezza.
"È bello per noi star qui!" Non soddisfa solo l'estetica o la partecipazione alla Gloria di Cristo: è bellezza essere con te Gesù; è bellezza dimorare nella presenza del figlio amato; è bellezza vedere la luce che illumina il volto del figlio dell'uomo, la luce della vita di Dio che brilla nel volto di ogni uomo.
La Trasfigurazione è la più importante esperienza che un discepolo di Gesù fa nella sua esistenza; anzi un discepolo si accorge di essere tale solo quando è chiamato a salire insieme a Gesù sul monte, per imparare e testimoniare come tutto si Trasfigura attraverso l'ascolto del Figlio amato.
Poi tutto è solitudine, poi c'è "Gesù solo" ... D'altronde tutto il resto a questo punto è effettivamente relativo!

lunedì 5 agosto 2019

Numeri 11,4-15 e Matteo 14,13-21
Un segno inequivocabile ...

Giovanni Battista è stato ucciso e i suoi discepoli lo sono venuti a riferire a Gesù, tutto potrebbe crollare e disperdersi nella paura. La reazione del Maestro si compone di un momento di preghiera solitaria, un mento nel quale Gesù interiorizza, fa chiarezza, elaborare un dramma ... Gesù ricerca l'intimità con il Padre: "Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte"; sembrerebbe quasi che il Signore cerchi il distacco da tutta quella realtà che gli riversa addosso. Ma è la folla; sono le persone che con il loro attaccamento e il loro ricercarlo, che provocano in Gesù un profondo sentimento di compassione. Gesù agisce in forza della compassione! Sono anche queste parole di Matteo che ci permettono di scendere interiormente nell'umanità del Signore, e attraverso un percorso di restituzione sentiamo la vicinanza di Gesù, non la suo essere altro da noi, ma il suo coinvolgersi con noi, sempre. È questo lo sfondo della moltiplicazione del pane. Per molti solo un prodigio, per noi il segno della compassione, o meglio la conseguenza della compassione.
Questa mattina saremo proprio a "Tabga" nel luogo dove - anche secondo la pellegrina Egeria - il Signore spezzò i cinque pani e distribuì i pesci, perché tutti potessero essere comunione con lui.
Non credo sia esagerato recepire il segno del pane come la conseguenza razionale della presa di coscienza che Gesù ora ha di sé stesso: Gesù si comprende nella compassione per l'uomo: egli è colui che stabilisce una intima comunione, che sazia ogni umana necessità. Il gesto di Gesù tradisce la sua ferma volontà: "prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli ..."; fare di quel pane "compassione" per quella folla di persone che sono lì per Lui.

domenica 4 agosto 2019

Qo 1,2;2,21-23; Sal 89; Col 3,1-5.9-11; Lc 12,13-21
Quello che hai preparato di chi sarà?

Questa domanda ci chiama a conversione attraverso il percorso, che la Parabola, chiede ad ogni discepolo di Gesù. Ma non possiamo restare fermi alla presa di coscienza circa la nostra avarizia, o la nostra avidità; non possiamo limitarci a ricercare il rapporto che abbiamo con le “cose”, di quel tentativo di custodirle e di preservarle per il "futuro". Un futuro che mette in risalto tutta la loro incapacità di corrispondere alla vita vera alla vita eterna.
La domanda, in realtà assume una attualità, ora, nel nostro tempo; acquista istantaneità e diviene … : "Quello che prepari per te, di chi è?"
Non si fatica a rispondere alla domanda con: "Quello che preparo è mio!"
Almeno questa è la risposta che comunemente anche noi discepoli di Gesù, siamo portati a dare con estrema facilità. Ma vediamo quale è il pensiero che la Chiesa ha maturato nel tempo:
"Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale"; lo dice il Papa. "Se sulla terra c'è la fame non è perché manca il cibo!" "Anzi, per le esigenze del mercato si arriva a volte a distruggerlo. Si butta".
"L'uomo, usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possano giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri. Ogni ricchezza, per essere buona, deve avere una dimensione sociale".
Per maturare questo sguardo occorre lasciarsi ammaestrare e addomesticare dalla Parola di Gesù, dalla scrittura, non per paura di un giudizio finale che ci condanna, ma per rendere attuale lo stile nuovo di essere cristiani, il più possibile. Ecco allora che se "ci siamo svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e ci siamo rivestiti di quello nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato", la nostra vita è una finestra serata alle realtà del cielo, alle cose di lassù, per cui noi non ci limitiamo ad amministrare le cose della terra!

sabato 3 agosto 2019

L'evitico 25,1.8-17 e Matteo 14,1-12
Un evento dirompente in parole e testimonianza

Oggi nella narrazione del Vangelo di Matteo viene raccontato il martirio di Giovanni Battista; questo evento ha una chiave di lettura particolare: "I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù".
È Gesù il primo destinatario di questa narrazione. È a Gesù che viene portata la drammatica notizia della sorte di Giovanni, suo cugino. Gesù era già disceso a kafarnao, si era stabilito sul lago e percorreva le città e i villaggi intorno, completamente già immerso nell'annunciare il "regno dei cieli"; i racconti delle parabole del regno ci danno il senso del suo impegno del suo coinvolgimento.
Che cosa ha rappresentato per Gesù la tragica morte di Giovanni?
Suo cugino è morto in circostanze "torbide"; colui dal quale aveva ricevuto il battesimo, colui che lo aveva indicato come Agnello di Dio, Lui,  è rimasto fedele e coerente rispetto alle sue parole fino alla fine. É evidente un rapporto particolare tra parole annunciate e la vita. Una relazione potente circa la forza delle parole capaci di generare la testimonianza.
Per Gesù, le parole di Giovanni rappresentano il grido della libertà , della limpidezza e della coerenza, esse riflettono la verità di un uomo, essere si propongono a Gesù come appello alla responsabilità che ora Lui si assume per le sue Parole. Il Martirio di Giovanni passa di testimone, Gesù vive nell'esperienza del cugino il suo possibile destino. Eppure è proprio da questo momento che l'annuncio è regno diviene più forte e deciso.

venerdì 2 agosto 2019

Levitico 23,1-37 e Matteo 13,54-58
Perdono di Assisi
La forza della missione è la realtà

Gesù torna a Nazareth, e il commento conclusivo è quello profetico: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua". Cerchiamo di non essere troppo frettolosi nel voler mettere tutto sotto una classica etichetta.
Cosa è successo? Gesù è disceso a Cafarnao, dove ha iniziato una "cosa" nuova, nuove amicizie e dove ha posto la sua nuova dimora nella casa di Pietro. Inizia da qui quel ministero che lo vedrà particolarmente attivo nella vita delle città e paesi del lago di Galilea. Questo annunciare il Vangelo, questo comportamento caratterizza da subito la sua figura come un "profeta", e come era già accaduto per Giovanni Battista ci sono sostenitori e oppositori. Quando Gesù torna a Nazareth, forse proprio per chiarirsi con la sua famiglia - Luca ci parla anche del suo intervenire nella sinagoga - la reazione della comunità è di meraviglia e stupore ... Ma anche di ostilità, di gelosia e di rifiuto. È questo normale retroscena umano, che fa da sfondo alla presa di coscienza per Gesù della "gravità" del suo agire, e delle dinamiche che saranno sempre più prossime e complesse. Leggendo questa pagina non dobbiamo solo reagire rispetto al rifiuto del profeta; ma dobbiamo prendere coscienza della fatica della testimonianza; del costo della missione, un prezzo che impatta con la propria fedeltà e il proprio impegno, con la fedeltà alla propria vocazione. È da queste situazioni che Gesù impara a riconoscere il cuore della sua chiamata, le connessioni con la propria storia e identità. Anche noi abbiamo una esistenza e una storia che è permeata dell'incontro con Gesù e che interagisce con le vicende che sono a nostra vita. È in questa realtà che noi prendiamo forma e assumiamo la nostra corresponsabilità alla missione.

giovedì 1 agosto 2019

Esodo 40,16-38 e Matteo 13,47-53
Un regno di parabole ...

Certamente ogni immagine suscita nei discepoli suggestioni nuove e provoca la vita. Come è provocante e suggestiva l'immagine di una rete da pescatore che gettata nel mare raccoglie ogni genere di pesci? Da una parte infatti nella immedesimazione ci si può sentire parte di quel pescato, ci si può sentire pesci insieme agli altri, in una esperienza che unisce la pesca al "giudizio". La pesca, nella immagine parabolica ha una finalità immediata: la cernita dei pesci buoni e l'esclusione di quelli cattivi. Ma una lettura di questo genere tradisce una prevalente esigenza morale. Ma forse la maggiore provocazione è rivolta allo "scriba" che attraverso le parabole diviene discepolo del "regno dei cieli". Egli da "scriba", cioè esperto della Parola, diviene padrone di casa, amministratore (partecipa al mistero stesso del regno) di quel tesoro che ha in sé la novità del mistero e la pienezza della storia della salvezza.
Nello sguardo dello "scriba" la rete non è solo uno strumento, e neppure negativo, essa pone tutto ciò che è pescabile in una relazione di appartenenza e di comunione, che porta in sé (quando la rete è piena) il compimento, il momento in cui verranno gli angeli.
La nostra vita da discepolo, a chi appartiene? Siamo pesci pescati dalla rete, quali relazioni di appartenenza e comunione esprimiamo? In cosa manifestiamo l'essere pesci buoni o cattivi? La nostra trasformazione da scriba a padrone di casa, da "sapiente ed esperto" a responsabile e amministratore delle realtà del regno, in cosa si traduce?
Queste domande corrispondono alla domanda di Gesù, rivolta anche a cuscino di noi: "Avete capito queste parabole?"