sabato 7 agosto 2021

Come si può amare Dio

Deuteronomio 6,4-13 e Matteo 17,14-20


Se mi guardo interiormente ed esteriormente, il mio amare traduce un sentimento che nasce spontaneamente in me e si manifesta in una totalità di espressioni, fisiche, di scelte e attenzioni concrete, che coinvolgono tutto me stesso. Amare è desiderio di altro da sé, al punto di volersi annullare (donare) nell'altro. Amare è gratuità, è abbandono, è confidenza, è tenerezza, è stima, è priorità, è ... tutto ciò che pone me stesso dopo ciò che ho scelto e accolto come amabile sopra tutto.
Se non mi sono sbagliato nel definire l'amore, come faccio ora, ad amare Dio? Come faccio ad amare Gesù? Amo un ricordo passato, una testimonianza, un libro di Scritture ... una Parola?
Per amare Dio, o meglio per imparare ad amare Dio credo sia necessario sperimentare la ferita del tradimento e il vuoto, cioè il nostro limite nell'amare, è il dramma di non sentirsi corrisposti nell'amore.
È in quel vuoto che riecheggia un desiderio assoluto di sentirsi amati e non traditi, e l'unico che può amarci per primo, incurante dei nostri tradimenti, è solo colui che dandoci la sua vita, amandoci, ci ha generati: Dio.
Dice il Deuteronomio: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze".
Amare con tutto il cuore è bellissimo, perché si percepisce come il nostro cuore può contenere uno “spazio” infinito di amore per colui che amo, e quindi in quello spazio, che è infinito posso anche sentire l'amore di Dio per me.
Amare con tutta l'anima, significa con tutta la mia vita, con tutto il mio esistere; quando appunto sento di potermi fare dono per l'amato/a, questa condizione inaudita nasce dal dono di amore (da Dio) che è origine della mia stessa esistenza.
Amare con tutte le forze, con tutte le energie, tutte le possibilità, anche con tutte le fragilità e i limiti ... La forza è una attrazione indomabile dell'esperienza di amare.
Amare è bellissimo, perché ti riporta sempre a ciò che è vero ... a Dio e ai fratelli, ti riporta in te stesso.

venerdì 6 agosto 2021

Quando il nostro volto si trasfigura?

Daniele 7,9-10.13-14; 2 Pieto 1,16-19 e Marco 9,2-10 - Festa della Trasfigurazione 


Quando Pietro ripercorrendo i giorni vissuti insieme al maestro riesce a ricomporre e rileggere tutta l'esperienza del Monte della trasfigurazione, arriverà a dire: "... vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo ... ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza".
Ha udito, ha visto e ha condiviso qualcosa di straordinario rispetto a quel Gesù che era con loro, e di tutto questo, ora, si sente testimone oculare. La fede in Gesù prende progressivamente spazio rispetto alla suggestione esperienziale. La fede in quel maestro e amico di Galilea, permette di ascoltare la voce del Padre, di vedere il volto di luce del Figlio dell'Uomo e di annunciare un incontro che da solo è capace di dare senso nuovo alla vita di ciascuno. Anche io, posso partecipare al mistero della trasfigurazione nel momento in cui passo dalla meraviglia, alla fede in colui che incontro, in colui che sul monte mi rivela sé tesso. Accogliere questa rivelazione di Gesù, significa iniziare a conoscerlo, e da quella conoscenza nasce la fede in lui, che diviene anche conoscenza profonda di sé stessi. La conoscenza di sé stessi, alla luce la fede in Gesù, non è mai semplice interiorizzazione, essa rappresenta l'occasione per adeguare la propria vita alla vita del maestro, è questa novità che possiamo chiamare la nostra trasfigurazione.

giovedì 5 agosto 2021

Acqua dalla roccia

Nm 20,1-13 e Matteo 16,13-23


Nessuno può pensare di realizzare le promesse di Dio, separatamente e autonomamente da Dio. La condizione del popolo nel deserto è estremamente drammatica: la fatica,  la disillusione, il non vedere all'orizzonte la meta, suscita un senso di sfiducia e una forma di ribellione: "Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! Perché avete condotto l’assemblea del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame?"
A volte nella nostra quotidianità non riconosciamo nulla che ci permetta di trovare un appiglio e una consolazione che ci rinsaldi rispetto alle promesse di Dio e alla sua vicinanza. Lo scoraggiamento ci conduce progressivamente a rinnegare il vincolo di amore con il Signore (Patto) che in certi momenti siamo stati capaci di accettare e custodire.
Ma la nostra roccia, non è semplicemente una pietra dura nel deserto da cui con un colpo di bastone Mosè fa sgorgare una sorgente di acqua; la nostra roccia è Cristo.
Lui è il nostro appiglio nella fatica e nel disorientamento di ogni deserto. È Cristo-roccia la sorgente dell'acqua cioè della vita, anche lì dove tutto ci può parlare di morte e di fallimento.
Un appiglio è cosa piccola, ma è fondamentale per rimanere aggrappati e saldi, un appiglio può essere sorgente di vita.

mercoledì 4 agosto 2021

La conquista della evangelizzazione

Nm 13,1-35 e Matteo 15,21-28


Gli esploratori, coloro che Mosè invio a vedere la terra di Canaa, la terra della promessa, tornarono e portarono con loro la paura, e suggerirono la rinuncia alle promrsse di Dio: "Non riusciremo ad andare contro questo popolo, perché è più forte di noi".
Rinunciare alle promesse, è l'estremo della infedeltà di ogni uomo rispetto all'amore di Dio, è come dire non mi interessa essere amato da te.
Anche oggi la Chiesa è chiamata a esplorare questo nostro mondo e a mettersi in cammino insieme agli uomini e le donne che incontra e di cui si deve fare compagna di viaggio. È questa ma promessa che Gesù ha fatto, a noi: "di essere con noi se,pre fino alla fine". Ma essere con noi per quale motivo, per fare cosa?
La vocazione della Chiesa, ovvero la sua profezia è evangelizzare. La conquista della Terra di Cana, il compimento delle promesse, per noi oggi è l'evangelizzazione. Rinunciare ad evangelizzare è rinunciare all'amore di Dio per noi.
Anche in un tempo di trasformazione e transizione come il nostro, questa è la nostra vocazione: "La vocazione propria della Chiesa è di evangelizzare, che non significa fare proselitismo, no. La vocazione è evangelizzare. Di più: l'identità della Chiesa è evangelizzare.

Papà Francesco ricorda che il cambiamento nella Chiesa avviene grazie al “discernimento della volontà di Dio nella nostra vita quotidiana e avviando una trasformazione guidati dallo Spirito Santo”, “dono di Dio nei nostri cuori”. Questo è il punto di partenza della evangelizzazione, una riforma che passa da noi stessi e che cambia ogni cosa. Senza idee prefabbricate, senza pregiudizi ideologici, senza rigidità, ma avanzando a partire da un'esperienza spirituale, un'esperienza di donazione, un'esperienza di carità, un'esperienza di servizio.


martedì 3 agosto 2021

Dalla mitezza di Mosè alla nostra ...

Numeri 12,1-13 e Matteo 14,22-36


Non solo il popolo brontola ed è scontento, ma tra i più scontenti ci sono anche quelli che nel tempo erano stati vicini e consiglieri speciali di Mosè: Aronne e Maria, fratello e sorella, esclusi dalla lista dei 70 anziani con i quali Mosè condivide il "governo" del popolo.
Una ulteriore polemica, ma moto utile comprendere come così come Mosè anche noi possiamo essere criticati e giudicati dagli altri per le nostre scelte personali e per le decisioni che attuiamo. 
Il commento del testo a questa lamentela è lapidario: Mosè era un uomo assai umile, più di qualunque altro sulla faccia della terra. Il termine umile traduce l'ebraico: poverobisognosomite. Questa vicenda ci permette di scopre più a fondo Mosè nel suo intimo umano, la sua mitezza. Non abbiamo più davanti il condottiero impavido, l'uomo temprato dal deserto, la guida impassibile che non indietreggia di fronte a nulla; ora davanti a Dio, Mosè rivela tutta la sua mitezza di cuore. La mitezza non è debolezza, non è modestia, la mitezza non è verso se stessi ma è un atteggiamento nei confronti degli altri, la mitezza rivela il bisogno che abbiamo dei fratelli, la mitezza permette all'altro di non sparire di fronte a me, di non essere schiacciato da me.

lunedì 2 agosto 2021

Infedeltà, egoismo e amore.

Numeri 11,4-15 e Matteo 14,13-21


solo la manna, porta il popolo ad esprimere la nausea per quel cibo, al punto che tutto il popolo piange (oppure brontola) e chiede la carne, cioè una migliore qualità di vita per rendere percorribile il cammino nel deserto. Non si può vivere solo di pane, solo del sufficiente: "Ora la nostra gola inaridisce; non c'è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna". Tutto precipita nella nostalgia della schiavitù d'Egitto. La memoria della liberazione è svanita e nel cuore del popolo non c'è affetto, amore per il Dio dei padri, per il Dio della promessa.
In questa tensione tra Dio e il popolo, anche Mosè ne viene coinvolto, al punto di rifiutare il suo ruolo di guida verso il compimento delle promesse: "L’ho forse concepito io tutto questo popolo? O l’ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: Portalo in grembo ..."
Ora Mosè è un uomo ferito dall'egoismo e dall'infedeltà di Israele, al punto da non riuscire più a difendere il popolo davanti a Dio. Mosè sembra arrendersi all'ira di Dio. Il dramma di Mosè corrisponde all'esperienza di chi ha amato fino a dare tutto di sé, e improvvisamente quell'amore non significa nulla, non è corrisposto e viene negato.
L'aridità del deserto logora il dono dell'amore, il dono del pane; logora al punto che tutto può sembrare inutile e perso. Solo un amore fedele sarà capace di vincere ogni tentazione del male dell'egoismo del cuore. Un grande amore,come il grande perdono di Assisi, oggi 2 agosto ... 

domenica 1 agosto 2021

Non più pane degli angeli, ma ora pane degli uomini!

Es 16,2-4.12-15; Sal 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35

Una immagine tipica, molto immediata ed efficace: il popolo di Israele nel deserto inizia a brontolare; il popolo critica, ha paura, si ribella, protesta; rimpiange la pentola della carne e le cipolle di Egitto: si stava meglio la' dove eravamo schiavi piuttosto che liberi e in viaggio in un deserto fatto solo di sole, sassi e caldo. Di fronte a questo brontolamento Yhwh interviene e attraverso Mosè compie un segno (la manna); il popolo vede, si converte, acclama, loda e sembra tornare ad avere fiducia...

In questa pagina possiamo rivivere tutti i nostri slanci, i nostri tentennamenti; possiamo ripercorrere l'orizzonte delle nostre scelte: il coraggio determinato e la fragilità del scegliere; il ripensamento, il timore la sfiducia. Anche di fronte al segno della manna e delle quaglie, quel popolo in verità non riesce a essere completamente di Dio, non si fiderà fino in fondo, non amerà Yhwh con la stessa intensità con cui è amato da Lui.
In un certo modo le stesse situazioni si presentano nel Vangelo, dopo il segno del pane condiviso, la gente cerca Gesù ... ma potrebbe essere veramente che cerchi solo il pane. Lo raggiunge e vorrebbe ancora di quel pane, anche per gli altri giorni, d'altronde Gesù dice: "voi mi cercate perché vi siete saziati ...".
Ma il Vangelo, le parole del Signore non sono il ricettario per il pane di ogni giorno, bensì per il pane che alimenta il desiderio di pienezza, cioè di una sazietà che non è della pancia ma della vita, e per la vita eterna.
Ecco che entriamo nel cuore del "dono del pane ...".
Non siamo di fronte solo a della manna, solo a del pesce o a delle quaglie ... Ma ci troviamo di fronte a una pretesa, assoluta ed unica: come ho saziato per un giorno la vostra fame, così posso colmare le profondità della vostra vita!
Per noi, come per la gente del tempo di Gesù ... spesso non c'è la facciamo proprio e diamo spazio a tutto il nostro essere fatti di terra: gente che preferisce il pane, quello che mi fa vivere, quello che gusto e mangio, ma non gusto in ugual modo quel pane che è il dono di Gesù. 
Le parole di Gesù sul pane che dura per sempre restano idee sfuggenti, vaghe, poco più che un fumo di parole; fatico a capire che Dio ieri come oggi è uno che dà; Dio non chiede, Dio dà, sempre e basta!
Dio non pretende nulla in cambio del suo dono, ma semplicemente si offre. Dio non esige nulla, dona tutto.
Ma che cosa di preciso ci dà questo Dio?
Non ci dona dei beni di consumo: ma Egli non può dare nulla di meno di sè stesso, il dono del pane dalle mani di Gesù è proprio il dono del suo figlio.
È qui si colloca la nostra aspettativa, cioè quel dono del pane, il dono della vita, il dono che è Gesù, corrisponde alle mie attese?
Ecco che quella manna, non è più pane del cielo, ma è il dono di Gesù, la sua stessa vita.
La pretesa più forte ed inaudita di Gesù sarà appunto dire "Io sono il pane della vita".
Una pretesa che risuona in ogni eucaristia celebrata insieme ad ogni discepolo, come invito - esplicita volontà di Gesù - a mangiare quel pane: "io sono il Pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete, mai!"
Da questo invito, oltre a ogni nostro limite e a ogni inadeguatezza, non posso non mangiare di quello che Lui mi dona, se voglio che quel pane e quel vino (suo corpo e suo sangue) mi sazino in senso reale e concreto e non ideale e virtuale. Devo ri-iniziare a considerare quel pane e quel vino non tanto un segno e un simbolo, quanto Lui stesso, Gesù reale e concreto oltre ogni ragionevole dubbio. Con una pretesa assurda: Ogni volta che io celebro l'eucaristia insieme alla mia comunità, Dio continua a donare la vita del figlio per la vita del mondo ... 
Questa è la conseguenza della pretesa di Gesù circa quel pane: se noi siamo nutriti da quel pane che è la sua vita, diventiamo capaci di essere vita per il mondo e anche vita per per i nostri fratelli, in forza dello stesso dono  ... altro che manna ... quaglie e pesci ...