giovedì 7 ottobre 2021

Recuperare la lontananza da Dio

Malachia 3,14-20 e Luca 11,5-13

È di ieri la notizia della conclusione dell'indagine della Chiesa francese sugli abusi negli ultimi cinquant'anni. Un dramma di proporzioni inimmaginabili. Queste sono le parole del Papa: Desidero esprimere alle vittime la mia tristezza e il mio dolore per i traumi che hanno subito e la mia vergogna, la nostra vergogna, la mia vergogna, per la troppo lunga incapacità della Chiesa di metterle al centro delle sue preoccupazioni, assicurando loro la mia preghiera. E prego e preghiamo insieme tutti: “A te Signore la gloria, a noi la vergogna”: questo è il momento della vergogna. E quando questa bufera si abbatterà anche sulla chiesa italiana ... Non oso pensarci ...
Quando chi nella Chiesa si pone dalla parte di chi compie l'ingiustizia, tutta la Chiesa ne viene travolta e infangata. Ma forse è il sistema "chiesa" che è malato, perché oltre alle fragilità di alcuni suoi membri ha smarrito la radicalità del rapporto con il su Signore.
Quando la Chiesa è istituzione clericale, quando la Chiesa si limita a certificare i sacramenti e a rilasciare attestati; quando la Chiesa è un ufficio di distribuzione di generi per gli indigenti, dove sta il suo essere la Chiesa di Cristo che vive la salvezza nella quotidianità della vita? Il dramma vero è essere Chiesa e insieme causa per cui l'uomo di tutti i giorni, si rivolge a Dio con le parole: "È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti?" È da questa umiliazione che chi vuole essere la Chiesa con Cristo e di Cristo, deve manifestare cosa significa fare del Vangelo lo stile della propria vita. Questo anche al costo di essere disprezzati.


mercoledì 6 ottobre 2021

Ma io sono capace di misericordia

Giona 4,1-11 e Luca 11,1-4


Il libro di Giona finisce qua. Non c'è scritto se Giona ha cambiato cuore o no. Si è ravveduto? Ha cominciato ad avere compassione? Certamente il messaggio principale di questo libro dall'inizio alla fine è la compassione di Dio. Dio ama perdonare chi si umilia e si ravvede dal proprio peccato. Dio si impegna a portarci al ravvedimento, per poterci perdonare. Proprio così, nelle vicende della nostra vita Dio si immerge per suscitare in noi quel profondo senso di misericordia che ci fa in tutto simili a lui. Credo che alla fine anche Giona, pur con tutte le sue durezze e fatiche sia arrivato a gustare quanto è bella in lui la misericordia di Dio. I fronte a questo perché oggi non ci facciamo questa domanda: qual è la condizione del tuo cuore? Hai un cuore di compassione? Hai un profondo desiderio per il bene degli altri, anche per coloro che sono i tuoi nemici? Questo è il cuore di Dio nei nostri riguardi, ed è il cuore che Dio ci comanda di avere nei riguardi degli altri. Nel tuo riflettere considera sempre che per mezzo di Gesù Cristo, c’è perdono. Grazie a Dio, in Gesù Cristo, Dio ci perdona, e perciò, anche noi dobbiamo perdonare gli altri, e così saremo come Dio.

martedì 5 ottobre 2021

La penitenza ci cambia

Giona 3,1-10 e Luca 10,38-42


Sembrerebbe una favola in cui uomini e animali cooperano per un fine comune: il salvataggio della loro città, della loro casa, della loro stessa esistenza. Ninive è la grande città, ma è anche la città del nemico, la città capitale dell'Assiria, che stritola gli eserciti e conquista i popoli. Eppure proprio a questa città è mandato da Dio il profeta Giona. Il racconto è sintetico ed essenziale: occorre camminare tre giorni per poter attraversare tutta la città; nel suo percorrerla, il profeta chiedeva a tutti che si convertissero dalla loro condotta malvagia. Di quale condotta si tratta? Si tratta del loro peccato, il peccato di tutti i giorni, il peccato come dimenticanza di Dio, come indifferenza e autoreferenzialità. Se vogliamo essere onesti, per quanto la vita sia piena di problemi, il nostro problema più grande, quello che ci fa più male, quello che non riusciamo a superare da soli, è il nostro peccato. L'intervento di Giona, conduce i niniviti in un itinerario di conversione; la forza della parola di Dio arrivò al loro cuore, ed essi cambiarono vita. Loro sono cambiati, infatti prima Dio non poteva entrare nella loro vita perché era chiusa nei propri vizi, nel proprio peccato; poi con la penitenza hanno aperto il cuore, hanno aperto la vita e il Signore è potuto entrare.

lunedì 4 ottobre 2021

Essere nuova creatura

Galati 6,14-18 e Matteo 11,25-30

Festa di San Francesco d'Assisi

Cosa intende Paolo nel dire "non ci sia altro vanto ...". A volte leggiamo, forse pensiamo senza fare attenzione e certe parole ci sembrano chiare, ma non le comprendiamo realmente. Il nostro vanto sia la croce di Gesù! Bella espressione, ma cosa significa?
Francesco d'Assisi, vede nella croce di Gesù e nei segni della passione - di cui ha fatto esperienza nella sua carne -, lo strumento di una intima comunione e unità con il suo amato Signore. È questo mistero di unità che mette in Francesco la percezione di una meravigliosa trasformazione della sua stessa vita: Francesco si accorge, un poco per volta, che sta diventando una nuova creatura, si sta rinnovando diventando sempre più simile nei pensieri e nei sentimenti a Cristo.
Il nostro vanto allora non saranno mai i nostri successi, le nostre imprese riuscite o le battaglie vinte, ma semplicemente il vanto è la compiacenza di appartenere al Signore, di servirlo, di amarlo anche solo con la nostra fragile umanità.
Nuove creature in forza della presenza di Gesù in noi. Per poter vivere tutto questo occorre accettare di essere parte delle sofferenze, della crisi, dell'impotenza e delle sconfitte degli uomini e donne del nostro tempo, così come Gesù sempre ha fatto, caricando nel suo corpo l'umana fragilità; ma nello stesso tempo ha mostrato come ogni sofferenza chiede di essere riscattata e di essere nuova vita e piena felicità.

domenica 3 ottobre 2021

Non è bene essere soli ...

Gen 2,18-24;  Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16


"Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina". Ok 
Queste parole di Gesù, ci riportano immediatamente al senso più profondo è vero del racconto della Genesi, lì dove nei capitoli primo e secondo viene narrata la creazione dell'uomo e della donna, ma oltre a questo Gesù prende subito le distanze dalle interpretazioni umane e strumentali che si è fatto in nome di Mose per giustificare delle norme morali e di comportamento.
Innanzi tutto occorre sfatare l'idea che i racconti del libro della Genesi siano mitologie o racconti fantasiosi che servono per rappresentare la creazione del mondo; una sorta di epopea cosmologica.
No, anzi occorre ricordare che spesso la nostra mancanza di conoscenza della Sacra Scrittura ci porta a leggere con distrazione e superficialità queste pagine.
Questi racconti infatti, costituiscono la sintesi di una profonda riflessione teologica (su Dio) e antropologica (sull'uomo).
che trae dalle immagini delle culture nelle quali si è sviluppata le situazioni e le forme che noi oggi conosciamo.
Queste pagine possono illuminare il nostro cammino di uomini e donne in un contesto estremamente confuso e contraddittorio come quello della nostra cultura; come anche costituire un argine di fronte ad un ritorno a esperienze disumane e barbare.
Lo sfondo di questi capitoli a cui Gesù fa radicale riferimento è la creazione, l'opera di Dio in cui si comprendono l’armonia di tre relazioni – con Lui (Dio); con le cose che ci ha dato (il mondo); con gli uomini e le donne (il prossimo), - una armonia che da subito trova la sua corruzione a causa della libertà umana capace di scelte alternative, come l'allontanarsi da Dio (secolarizzazione); la devastazione della natura (inquinamento); la violenza per il proprio simile (femminicidio, schiavitù e sottomissione).
Al cuore di tutto questo c'è l'uomo la donna, da cui oltre tutto, ha origine la famiglia così come noi la conosciamo.
Questa terza relazione è, dice il testo ebraico, una relazione tra uguali: l’uomo cerca nella donna un “aiuto”, ovvero una persona che “stia davanti a sé”, un’alleata con la quale stare “di fronte”, con gli occhi negli occhi. 
Si intuisce immediatamente che questo rapporto è di uguaglianza, di rispetto e di diversità.
È emblematico che solo dopo quel sonno, che riporta Adamo, che in ebraico non è nè maschi e nè femmina, ma un neutro; Dio realizza una nuova creazione che  si concretizza nell'uomo (his, maschile) e nella donna (hissa, femminile). Ma ciò che accompagna e caratterizza questa dualità è che devono essere una carne sola, come dire saranno completi solo nella comunione della diversità, altrimenti sarà solo una solitudine esistenziale incolmabile.
La tradizione ebraica antica di oltre 2000 anni, così descrive l'origine della donna da una costola la di Adamo: "La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai piedi perché dovesse essere calpestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale, un po’ più in basso del braccio per essere protetta, e dal lato del cuore per essere amata".
La seconda relazione ci conduce a vedere nell'uomo e nella donna dei veri custodi del creato. Azione che non si esaurisce nel ruolo quasi di portinaio, quasi una professione; ma il custodire presuppone una volontà di farsi carico di una tutela amorevole (Laudato sì). Tutto questo non ha nulla di strumentale, ma ci svela il maturare di una responsabilità di chi è parte del creato e non semplice conquistatore.
È ora la prima relazione, quella con Dio, si fonda sul nostro essere a sua immagine, al punto che si potrebbe dire siamo i legali rappresentanti, gli amministratori delegati del Padre cielo. Ma questo nulla ha a che vedere con l'amministrazione dei beni della terra, quanto piuttosto con la paternità di Dio; è la nostra figliolanza che ci fa eredi e amministratori dei beni eterni.
Ecco allora, come dice Gesù - "ma all'inizio della creazione" - la Scrittura di oggi, ci riporta a ciò che c'è all'origine, ci riconduce all'amore come motivazione del vincolo tra uomo e donna; ci sostiene nel riscoprire l'amore come strada della misericordia e del perdono, dell'affetto e della passione. Se si dimentica l'amore come collante tra un uomo e una donna, divorziare non solo è legittimo e giusto - come dicono i farisei - ma forse il più delle volte diventerebbe indispensabile.
Gesù disconoscendo tutte le convenzioni sociali e le leggi umane, rivestite di autorevolezza divina, ci mette tutti allo scoperto, e chiama in causa la nostra durezza di cuore, la nostra resistenza a lasciare che sia la legge dell'amore ad avere la priorità rispetto a tutto.


sabato 2 ottobre 2021

Custodia e meta

Esodo 23,20-23 e Matteo 18,1-5.10


Prima di tutto occorre ricordare che l’esistenza degli Angeli è un dogma di fede, definito più volte dalla Chiesa, nei secoli, la riflessione sugli angeli ha elaborato una teologia che riguarda lo loro esistenza, creazione, spiritualità, intelligenza, volontà, compiti, elevazione e caduta. In tutto l'Antico e Nuovo testamento, gli angeli, sono citati e ti ricordati non come figure marginali. L'Angelo Custode indica l’esistenza di un angelo per ogni uomo, che lo guida, lo protegge, dalla nascita fino alla morte, è citata nel Libro di Giobbe, ma anche dallo stesso Gesù, nel Vangelo di Matteo (oggi), quando dice: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli”.
Il testo di Esodo, può darci un aiuto nel comprendere il ruolo dell'Angelo Custode: il “custodire”, e quella di far raggiungere la meta, la terra promessa. Anche per noi, allora, nel nostro cammino siamo sempre accompagnati dalla presenza di questo straordinario "custode" che, al di là delle nostre fragilità e dei nostri limiti umani, ci garantisce quell'aiuto necessario per raggiungere la meta, cioè la nostra terra promessa, la nostra eterna felicità.

venerdì 1 ottobre 2021

Ci siamo ostinati a non ascoltare!

Baruc 1,15-22 e Luca 10,13-16


Una pagina inquietante, la profonda amarezza del profeta di fronte a un dato di fatto: il popolo di Israele è incapace a corrispondere all'alleanza che Dio ha stabilito con loro, è un popolo che non ascolta, non obbedisce; è un popolo ribelle e ostinato. Siamo nel tempo dell'Esilio  in Babilonia, e Baruc si trova a confrontare la sua fedeltà a Yhwh con la progressiva indifferenza di un popolo che sempre più si allontana dal suo Dio.
La lettura storica ci conduce a facili parallelismi, ma alla fine risulterebbero inadeguati e impropri. La vita degli esiliati lontano dalla loro patria è per molti condizione di esclusione, marginalità e irrilevanza di Dio. In tutto questo Baruk legge e rileva in modo preponderante il disonore del suo popolo e il suo peccato.
Ma proseguendo nella lettura del libro del profeta, non ci limiteremo al riconoscimento del peccato e della infedeltà, ma arriveremo alla reazione di Dio: come Yhwh agisce nell'irrilevanza, nell'esilio della storia del suo popolo?
Ecco che Dio si mette, ancora una volta, in attesa dei tempi del suo popolo e continua ad amare la sua gente, e a suggerire percorsi e attraverso circostanze e persone invita a rimettersi in cammino, nella ricerca di luce e verità. È questa condizione in cui si colloca Dio che supera ogni irrilevanza e ogni esperienza di scarto. Come dire che per Dio l'irrilevanza e la marginalità sono accidenti storici e non mutano o limitano la sua vicinanza e il suo precedere i passi della nostra storia.