sabato 7 maggio 2022

Un Dio fragile

Atti 9,31-42 e Giovanni 6,60-69

L'evangelista Giovanni, nella conclusione del brano di ieri - "Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao." -, sembrava chiudere la narrazione circa il discorso nella Sinagoga a Cafarnao. Oggi, la ripresa del discorso sembra volerci mettere di fronte alle conseguenze del discorso di Gesù nella comunità dei credenti, e come queste conseguenze da allora, continuano fino ad oggi. La Parole di Gesù a volte sono dure e urtano anche i discepoli che lo seguono, urtano anche noi oggi, o se non ci urtano siamo noi che le percepiamo inadeguate. Gesù conosce bene le mormorazioni dei discepoli, eppure, non ha paura di dire tutta la verità di sé stesso a costo di causare una divisione: “Questo vi scandalizza? E quando vedrete il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima?” Cioè dice: “Quando sarete messi di fronte alla realtà della resurrezione, allora lo scandalo sarà più grande?” Ma ciò che di Gesù scandalizza ancora di più è il suo consegnarsi in un corpo mortale a carni fragili, cioè il consegnarsi agli esseri umani. Com’è possibile che Dio si consegni in un uomo che può essere tradito e dato in mano ai carnefici?

Qui la fede inciampa nel dover accogliere l’immagine di un Dio al contrario, di un Dio che è fragile, di un Dio povero e debole, di un Dio degli emarginati e degli esclusi, di un Dio delle vedove e degli orfani, di un Dio del quale gli uomini possono fare tutto ciò che vogliono.


venerdì 6 maggio 2022

Se è vero cibo e vera bevanda ...

Atti 9,1-20 e Giovanni 6,52-59

"Se il mio corpo è vero cibo e il mio sangue vera bevanda", dovremo in verità trarre le estreme conseguenze: Cristo nella sua natura divina incarnata è pienezza di amore e di giustizia, e in quanto tale ci dice che persino il Padre è uscito allo scoperto dal suo "nascondiglio" celeste per rivelare e donare se stesso, per incontrare chi ama, come e attraverso Gesù Cristo.
Appunto, "Se è vero cibo e vera bevanda ...", non siamo più di fronte a un raffigurazione simbolica, non è un simbolo, ma è realtà vera del suo corpo del suo sangue. A Cafàrnao, nella Sinagoga, lo avevano capito molto bene, infatti, da una parte inorridiscono all'idea di mangiare la carne di un uomo, e poi si scandalizzano della possibilità/pretesa di Gesù che la sua carne - ossia il dono della sua vita -, sia salvezza per il mondo intero; cioè che la salvezza dipenda proprio da Lui; ecco lo scandalo dei Giudei.
Se è vero cibo e vera bevanda ... Gesù pone nel pane e nel vino la possibilità di darsi a noi,  dare la sua vita di uomo, perché ogni uomo possa alimentarsi di Lui e avere così la vita e la resurrezione. È fortissima l'allusione all'eucaristia, è infatti nel segno eucaristico che giunge al culmine l’appartenenza del credente a Gesù e al Padre, e indipendentemente dalla nostra consapevolezza, pur nel rispetto della nostra umana libertà,  Gesù entra in noi e noi veniamo trasfigurati in Lui: mistero dell'amore, che sempre trasforma e rinnova.

giovedì 5 maggio 2022

Atratti da Lui

Atti 8,26-40 e Giovanni 6,44-51


Con facilità diciamo: "Gesù è il signore della nostra vita"; apparentemente, di questo tutti ne siamo convinti; in un certo senso crediamo di conoscerlo e di "possederlo nella fede". Eppure in realtà, per molti di noi risulta complicato o difficile intercettare Gesù nella vita. Quanta fatica per stabilire una connessione duratura e stabile. Nel discorso nella Sinagoga di Cafarnao, lì dove forse si aveva la presunzione di una relazione preferenziale con Yhwh, Gesù rivela il modo di entrare in relazione con Lui, con il figlio di Dio, che in molti ostentiamo già di conoscere. Gesù ribalta ogni precomprensione: non siamo noi per primi che crediamo di conoscerlo, ma è il Padre che ci “attira/attrae” per primo a Lui, al suo Figlio. Se iniziassimo a guardare la nostra vita dal suo punto di vista, forse scopriremmo che “la ricerca di Dio”, porta in sé due significati: non solo la ricerca che ha per oggetto Dio, ma anche quella che compie Dio stesso. Ecco allora, in quale modo il Padre mi attira/attrae verso Gesù? È proprio l'esercizio della fede: il lasciarsi interrogare da Gesù; il lasciarsi provocare dal Padre; lo stupirsi di fronte a un pane che è la sua vita; tutto questo porta nella nostra esperienza credente una percezione straordinaria e concreta del mistero di Gesù, a cui il Padre ci attira oggi, attraverso la Chiesa, e non a caso una Chiesa che richiede un ulteriore cammino di fede; come anche in modo estremamente oggettivo e concreto attraverso il pane che è Gesù. Quando ci priviamo di quel pane del cielo, del pane della vita, viene meno il fulcro concreto e reale di attrazione, perché resta solo un concetto astratto e virtuale ..., ma sinceramente, questo rimando astratto ci basterebbe?

mercoledì 4 maggio 2022

Questa é la volontà di Dio

Atti 8,1-8 e Giovanni 6,35-40

Ci arrovelliamo costantemente di fronte a questa espressione: "fare la volontà di Dio". Da una parte ce l'hanno inculcata fin dai tempi del catechismo quasi una necessità esistenziale; dall'altra sembra di precipitare in un dualismo contrapposto: la mia volontà sempre diversa e distante da quella di Dio. Ma quando Gesù parla della volontà di Dio cosa intende cosa vuole dire?
La consapevolezza che ha Gesù della volontà del Padre, è prima di tutto espressione della sua relazione di comunione e di amore con il Padre. La volontà di Dio si realizza e si identifica nell'amore e nella conoscenza reciproca (comunione).
Al punto che chiunque entra - (viene) - in quella relazione - (a Gesù) - non verrà cacciato, cioè esisterà in quella comunione, perché Gesù è disceso dal cielo come dono di misericordia infinita, cioè come dono di amore e di vita, per generare comunione e per condividere quella relazione di amore con tutti coloro che decidono di vivere in lui, e con lui. Tutto questo è già origine dell’eternità. Il cuore di Dio è molto umano; Gesù ci dice prima di tutto questa ovvietà, e la via per il paradiso è fatta proprio di piccoli gesti quotidiani, semplici, alla portata di tutti, non da speculazioni teologiche.

martedì 3 maggio 2022

Ultimo fra tutti apparve a me ...

1 Cor 15,1-8 e Giovanni 14,6-14 / Santi Filippo e Giacomo apostoli

Il vangelo di Giovanni, riporta il dialogo strettissimo tra Gesù, Tommaso e Filippo; un dialogo nel quale Gesù cerca di portare i due discepoli all'estremo della loro consapevolezza circa il rapporto di amicizia e convivenza che i due hanno realizzato con Lui. Gesù sembra dire con sorpresa: "Come fate a non conoscermi, dopo tutto ciò che abbiamo vissuto insieme?"
Se anche noi potessimo fare nostro il dialogo del vangelo di oggi, sarebbe fonte di immensa consolazione: Dio nessuno lo ha visto, ma il Figlio ne ha rivelato il volto e noi lo conosciamo. Ma effettivamente lo conosciamo? Conosciamo il volto di chi ci ama per primo e da prima; è l'amore, è l'amare il volto di Dio. Gesù rivela il Padre come amore, e nei gesti del suo amare.
Anche san Paolo, nella prima lettura ci dice come Gesù dopo tutti gli altri (Cefa, i Dodici, Giacomo e 500 fratelli ..) apparve anche a lui ... Non credo si tratti di una visione virtuale o fotografica, nemmeno una allocazione interiore. Paolo ci testimonia di aver visto Gesù come compimento di ciò che nella fede ha accolto del Signore.
Vedere il volto di Gesù oggi, vedere il volto del Padre, è realmente il compimento della nostra fede, nella esperienza concreta di una vita che ama. Una esistenza capace di amare illuminata dalla fede in Gesù, rivela intimamente il volto umano di Gesù e quello del Padre. 


lunedì 2 maggio 2022

Il pane è Gesù

Atti 6,8-15 Giovanni 6,22-29

La folla cerca Gesù perché ha mangiato, si è sfamata, lo cerca perché vorrebbe ancora del pane da mangiare ...
È una folla che ha gustato il pane ed è rimasta sfiorata dalla sua fragranza, ma non ha compreso il segno nella sua verità, non ha compreso che quel pane sfama veramente e rende la vita eterna.
Non è facile per nessuno comprendere ciò che Gesù rappresenta, anche se lo avessero conosciuto come il messia, lo a avrebbero rivestito di un manto regale e di una corona, ma tutto in una logica puramente umana. Nella comprensione terrena quel pane riempie la pancia, e quel Gesù è semplicemente l'uomo che politicamente fa la differenza. Ma ciò che è umanamente comprensibile, contiene anche una verità più profonda: il pane nutre la vita perché quel pane è Gesù, è la vita stessa.
È così difficile credere che quel pane "sono proprio io?" É così difficile comprendere che quel che conta non è il pane che mangi, per saziare la fame ma il pane che "il Figlio dell'uomo vi darà?" Un pane fatto di relazioni, di amore, di condivisione, di giustizia, di fraternità e di libertà. Tutto ciò che Gesù realizza con ciascuno di noi, ora. Questa è la vita eterna che vince la morte.

domenica 1 maggio 2022

Un amore così piccolo ... e così grande

Atti 5,27b-32.40b-41; Sal 29; Ap 5,11-14; Gv 21,1-19


Galilea alcuni mesi dopo i fatti di Gerusalemme. Pietro e altri sei discepoli sono tornati dove Gesù - alle donne - ha detto dì andare, ma giunti a Cafàrnao, il quotidiano li ha riassorbiti completamente.
Questa pagina di Vangelo sembra proprio adeguata anche alle nostre rese, alle nostre sconfitte. Come è facile dopo una delusione ritirarsi in disparte, ritratti dagli occhi del mondo. Chiusa la parentesi di quei tre anni vissuti insieme (strade, città, villaggi, incontri, folle, malati, scribi e farisei, parole, segni, guarigioni, ...), i sette, si sono arresi, hanno abbandonato e rinunciato ai loro sogni e progetti e sono tornati a vivere il loro quotidiano. Ma per loro il quotidiano è "quella notte nella quale non presero nulla". Ma é in quella fatica, in un incontro del tutto inatteso, che tutto si rimette in gioco, tutto! Quell'uomo sulla spiaggia sconvolge l'ordinario per essere di nuovo occasione straordinaria di sognare e progettare il regno di Dio.
Gli incontri pasquali sono veri, è davvero Gesù! Incontri unici nei quali insegna e pone i gesti di un amico, egli si prende cura dei suoi amici!
Sulla spiaggia di Cafarnao attorno a quella grigliata di pesce, finalmente, in una fraternità ritrovata, in una vicinanza che scalda il cuore, si schiude il più bel dialogo del mondo. Tre brevissime, fulminanti domande: "mi ami tu?"
Domande a quel tempo rivolte a Pietro, ma ora a noi. Oggi, noi siamo "incontrati" da questa domanda che con delicata insistenza Gesù ci ripete.
Per essere suoi discepoli, Gesù non ci sottopone a un esame di ammissione, ma semplicemente ci chiede di corrispondere al suo amarci. Lui ci ama, per questo ci chiede se lo amiamo, perché possiamo prendere consapevolezza che il regno dei cieli, il regno di Dio non è una dottrina, non sono omelie, neppure regole e precetti da osservare, ma è il rivelarsi dell'amore di Dio Padre nel nostro amore umano.
Quando l'umano esprime la possibilità di amare, lì Dio pone e manifesta la sua esistenza, la sua vita eterna  la possibilità di essere felicità.
“Simone, mi ami?”. Gesù non si ferma ai tradimenti, ai limiti di Pietro; non gli interessa rivangare il passato, a Gesù interessa Pietro e la sua risposta di amore, ora, oggi. Pietro, come noi, è ancora immaturo nell'amare, non sa amare, non riesce a corrispondere; ed ecco che di fronte alla domanda di Gesù egli riesce solo a rispondere con quella briciola di “ti voglio bene”.
Ma l'incontro con il Risorto è la possibilità affinché ogni briciola di amore possa maturare fino a pienezza.
Gesù nel suo cercarci sulla spiaggia del lago, cioè nel nostro quotidiano, nel suo esserci accanto nella parola, nel pane e nella comunità, raccoglie le nostre briciole, e le rende capaci di rinnovare la faccia della terra, fare del nostro amore la possibilità della rivelazione del suo amore.
Ecco che il nostro quotidiano alla luce del Risorto, diventa come quello di Pietro: superata la tentazione della normalità, Pietro impara da Gesù a cucinare per i fratelli; impara la fraternità e la fratellanza; impara a custodire e pascere il gregge (popolo di Dio); non ne era capace, era un pescatore, ma impara dal maestro.
È da questo incontro con Gesù vivo che Pietro comprende la logica e la legge dell'amore: amare significa donare e donarsi, sempre, disposti anche a rinunciare a sé stesso per amore dell'altro. Quanto abbiamo ancora da imparare anche noi?