1 Corinti 3,1-9 e Luca 4,38-44
San giuseppe di Arimatea
Priorità ... annunciare
"È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato". Questa frase del Vangelo unisce l'agire di Gesù con l'agire di ogni discepolo. Anche noi sappiamo benissimo che come discepoli non possiamo non farci carico della necessità dell'annuncio, cioè della testimonianza "nelle altre città" cioè in quella periferia che è "intorno alla nostra vita". L'annuncio se da un lato corrisponde a una necessità, così come Gesù la esprime, dall'altra invece ci condivide una appartenenza che esprime la vicinanza con il Signore. Così come le folle cercavano di trattenerlo per non distaccarsi da Lui, così la sua presenza ci è garantita nel nostro agire come "... collaboratori di Dio".
mercoledì 31 agosto 2016
martedì 30 agosto 2016
1 Corinzi 2,10-16 e Luca 4,31-37
Il Sabato della Parola
Sono due le situazioni che vengono privilegiate in Luca, quando ci racconta che cosa faceva il Signore: il Sabato e la Parola. L'esorcismo, la liberazione dal male, rappresenta il segno di ciò che la Parola è capace di agire nel giorno del Signore. Per un Ebreo, il sabato è ben più di un giorno festivo: è "lo Shabbat", il riposo, o meglio la cessazione dal lavorare. È la festa più importante tra le Liturgie ebraiche; riconduce il credente alla libertà dalla schiavitù dell'Egitto e ci offre il tempo in cui Dio contempla l'opera delle sue mani, la creazione. Il Sabato è ben più di un precetto, di una legge, ci introduce nello spazio della libertà dei figli di Dio. È la massima espressione della libertà, quella dal male: quando il male occupa il nostro tempo/spazio, la libertà non c'è più, è stata imprigionata, divorata. La Parola, del Signore, che è Parola del Padre, risuona nel Shabbat e redime lo spazio di schiavitù in spazio di libertà. L'unico capace di questa attività è "il Santo di Dio".
Il Sabato della Parola
Sono due le situazioni che vengono privilegiate in Luca, quando ci racconta che cosa faceva il Signore: il Sabato e la Parola. L'esorcismo, la liberazione dal male, rappresenta il segno di ciò che la Parola è capace di agire nel giorno del Signore. Per un Ebreo, il sabato è ben più di un giorno festivo: è "lo Shabbat", il riposo, o meglio la cessazione dal lavorare. È la festa più importante tra le Liturgie ebraiche; riconduce il credente alla libertà dalla schiavitù dell'Egitto e ci offre il tempo in cui Dio contempla l'opera delle sue mani, la creazione. Il Sabato è ben più di un precetto, di una legge, ci introduce nello spazio della libertà dei figli di Dio. È la massima espressione della libertà, quella dal male: quando il male occupa il nostro tempo/spazio, la libertà non c'è più, è stata imprigionata, divorata. La Parola, del Signore, che è Parola del Padre, risuona nel Shabbat e redime lo spazio di schiavitù in spazio di libertà. L'unico capace di questa attività è "il Santo di Dio".
lunedì 29 agosto 2016
Geremia 1,17-19 e Marco 6,17-29
Martirio di Giovanni Battista
Il prezzo del coraggio
Nella vicenda della morte di Giovanni, possiamo leggere, non solo un contrasto tra personaggi del potere e un uomo che si eleva a scuotere la loro coscienza, ma anche lo scontro tra chi pretende di adeguare a sé la Legge e la morale, e chi della legge fa un cuore per vivere da uomini. Giovanni rappresenta la vittima dell'ingiustizia. Egli ha nella Legge di Yhwh (di Dio) il senso di cui riempire le relazioni e la vita. La fedeltà e la grandezza dell'amore sono i presupposti e i cardini della Legge. La vicenda di Erode ed Erodiade mostrano tutto il degrado dell'esistenza umana quando smarrisce questi fondamenti. Per giustificare sé stessi e mascherare le loro passioni, si può pure negare la giustizia e uccidere il giusto innocence: questo, da sempre, fa parte del gioco.
Martirio di Giovanni Battista
Il prezzo del coraggio
Nella vicenda della morte di Giovanni, possiamo leggere, non solo un contrasto tra personaggi del potere e un uomo che si eleva a scuotere la loro coscienza, ma anche lo scontro tra chi pretende di adeguare a sé la Legge e la morale, e chi della legge fa un cuore per vivere da uomini. Giovanni rappresenta la vittima dell'ingiustizia. Egli ha nella Legge di Yhwh (di Dio) il senso di cui riempire le relazioni e la vita. La fedeltà e la grandezza dell'amore sono i presupposti e i cardini della Legge. La vicenda di Erode ed Erodiade mostrano tutto il degrado dell'esistenza umana quando smarrisce questi fondamenti. Per giustificare sé stessi e mascherare le loro passioni, si può pure negare la giustizia e uccidere il giusto innocence: questo, da sempre, fa parte del gioco.
domenica 28 agosto 2016
Siracide 3,19-21.30-31 / Salmo 67 / Ebrei 12,18-19.22-24 / Luca 14,1.7-14
Chi inviteresti a pranzo da te?
Le parole usate da Gesù per descrivere questo pranzo ci imbarazzano, perché descrivono benissimo il nostro mondo e le sue logiche, tra le quali non trova spazio l'umiltà. Un mondo dove le relazioni si basano sul concetto di superiorità e su quello di convenienza. Ma purtroppo, questo accade anche nelle nostre comunità cristiane. Siamo ancora noi a fare delle differenze, ad applicare delle etichette, a scartare alcuni a favore di altri. Il pensiero di Gesù vuole azzerare una logica puramente umana e mondana per farci intuire come l'essere "sua Chiesa" rappresenti ben altro che un modo di esprimere un rito o una credenza, ma sia prima di tutto la condizione nuova in cui i discepoli si sentono fratelli e vivono realtà nuove secondo il Vangelo.
L'immagine del banchetto e della tavola è una finestra aperta sulla fraternitá. Dopo averli osservati tutti, Gesù, svela quali realtà nuove occorre mettere in atto. L'umiltà non è solo una virtù occasionale ma è un percorso per scoprire chi sono io e chi sono i miei fratelli, e come questi sono il senso e il gusto della mia vita. "Chi umilia sé stesso sarà esaltato"! Chi vive l'umiltà cerca i fratelli perché loro sono importanti, essi sono il "senso" della vita. Fratelli sono gli uomini e le donne che vivono sulla faccia della terra, tutti, anche quelli "poveri, storpi, zoppi, ciechi". Una fraternitá che passa attraverso le esperienze quotidiane. I miei fratelli oggi sono i terremotati, i profughi, gli esiliati, i vicini di casa, i parenti, i colleghi di lavoro, gli amici di parrocchia. Nella categoria dei fratelli scopro che la fraternità scuote l'albero della mia autosufficienza.
"Fratello e sorella sono parole che il cristianesimo ama molto. Gesù Cristo ha portato alla sua pienezza anche questa esperienza umana dell’essere tutti fratelli e sorelle, assumendola nell’amore trinitario e potenziandola così che vada ben oltre i legami di parentela e possa superare ogni muro di estraneità".
"È tra fratelli, poi, che si impara la convivenza umana, come si deve convivere in società, perché il legame di fraternità che si forma in famiglia tra i figli, se avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace".
"Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di una vita piena, alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare". (Papa Francesco)
La vera grandezza non si trova nella presunzione di contare o nel successo raggiunto a ogni costo, ma nella fraternità, questa dilata il desiderio di amare.
sabato 27 agosto 2016
1 Corinti 1,26-31 e Matteo 25,14-30
Prendi parte alla gioia ...
Sei stato un "servo", "buono e fedele" allora pendi parte alla gioia del tuo padrone. Sei stato fedele nel poco, ora avrai autorità su molto. Gesù continua a "ribaltarci", ogni volta che cerchiamo di trovare una qualche sicurezza circa la nostra salvezza, lui la rimette in discussione, e ci riporta in quella condizione in cui tutto si gioca nella fede: "la fedeltà al padrone". Ciascuno di noi, nella sua unicità, ha una vita che esprime delle possibilità, questa vita dice tutto l'amore di Dio: il volerci per lui, il darci una esistenza che ora nel tempo è amore e vita e che eternamente sarà pienezza. Il nostro poco è possibilità per esprimere un grande mistero: la vita eterna che nelle parole del Signore è quel "molto" che si traduce nella gioia. La fede del servo, la nostra fede, non si basa su una conoscenza teologica delle realtà divine, ma sull'incontro di amore-amicizia che abbiamo fatto di Gesù, un incontro che già anticipa la gioia eterna: la fede è la gioia della vita ... chissà che non siano già parte delle sue "cose"!
Prendi parte alla gioia ...
Sei stato un "servo", "buono e fedele" allora pendi parte alla gioia del tuo padrone. Sei stato fedele nel poco, ora avrai autorità su molto. Gesù continua a "ribaltarci", ogni volta che cerchiamo di trovare una qualche sicurezza circa la nostra salvezza, lui la rimette in discussione, e ci riporta in quella condizione in cui tutto si gioca nella fede: "la fedeltà al padrone". Ciascuno di noi, nella sua unicità, ha una vita che esprime delle possibilità, questa vita dice tutto l'amore di Dio: il volerci per lui, il darci una esistenza che ora nel tempo è amore e vita e che eternamente sarà pienezza. Il nostro poco è possibilità per esprimere un grande mistero: la vita eterna che nelle parole del Signore è quel "molto" che si traduce nella gioia. La fede del servo, la nostra fede, non si basa su una conoscenza teologica delle realtà divine, ma sull'incontro di amore-amicizia che abbiamo fatto di Gesù, un incontro che già anticipa la gioia eterna: la fede è la gioia della vita ... chissà che non siano già parte delle sue "cose"!
venerdì 26 agosto 2016
1 Corinti 1,1-9 e Matteo 24,42-51
Una attesa non ipocrita ...
Quando Gesù parla degli scribi e dei farisei li accomuna all'ipocrisia e ad essere degni della "Geènna", dove appunto c'è pianto e stridore di denti, una immagine forte che porta a compimento la mancanza di misericordia e la fedeltà a Yhwh. La vita del discepolo, invece, si caratterizza per quella relazione con il suo Signore, che è attesa di Lui, e che si esprime in un dialogo di responsabile esercizio della libertà nell'amore: "lo metterà a capo di tutti i suoi beni"; egli è un servo, un servo amato, "fidato e prudente". San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, di oggi, cosi esprime il desiderio che deve abitare in noi: "La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo". Vieni Signore Gesù, in ogni giorno, in ogni istante, in ogni avvenimento della nostra vita.
Una attesa non ipocrita ...
Quando Gesù parla degli scribi e dei farisei li accomuna all'ipocrisia e ad essere degni della "Geènna", dove appunto c'è pianto e stridore di denti, una immagine forte che porta a compimento la mancanza di misericordia e la fedeltà a Yhwh. La vita del discepolo, invece, si caratterizza per quella relazione con il suo Signore, che è attesa di Lui, e che si esprime in un dialogo di responsabile esercizio della libertà nell'amore: "lo metterà a capo di tutti i suoi beni"; egli è un servo, un servo amato, "fidato e prudente". San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, di oggi, cosi esprime il desiderio che deve abitare in noi: "La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo". Vieni Signore Gesù, in ogni giorno, in ogni istante, in ogni avvenimento della nostra vita.
giovedì 25 agosto 2016
1 Corinzi 1,17-25 e Matteo 25,1-13
Il regno dei cieli cerca la verginità
Siamo soliti fissare la nostra attenzione sulla differenza di atteggiamento delle vergini di fronte alla venuta dello Sposo, ma raramente consideriamo come la condizione principale non è l'olio, ma la verginità: "Il regno dei cieli è simile a dieci vergini ..."
Ciò che caratterizza la verginità è la completa disponibilità per lo Sposo: l'attesa operosa e custodita dello Sposo. Non esiste una verginità fine a se stessa, o che si improvvisa tale. La vergine è se stessa, se è per offrire sé stessa allo sposo nelle nozze. Il regno dei cieli, allora, può essere compreso come il compimento delle attese di gioia e di felicità, ma anche di amore e fecondità che il tempo, la storia è ogni uomo o donna portano in sé. La verginità non va colta nel senso della privazione, ma nella condizione del dono, e del desiderio di pienezza. Per le vergini la pienezza è: "arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze ...". Il regno si realizza nell'incontro "nuziale" tra la nostra verginità (che è di ogni discepolo), e il Signore.
Il regno dei cieli cerca la verginità
Siamo soliti fissare la nostra attenzione sulla differenza di atteggiamento delle vergini di fronte alla venuta dello Sposo, ma raramente consideriamo come la condizione principale non è l'olio, ma la verginità: "Il regno dei cieli è simile a dieci vergini ..."
Ciò che caratterizza la verginità è la completa disponibilità per lo Sposo: l'attesa operosa e custodita dello Sposo. Non esiste una verginità fine a se stessa, o che si improvvisa tale. La vergine è se stessa, se è per offrire sé stessa allo sposo nelle nozze. Il regno dei cieli, allora, può essere compreso come il compimento delle attese di gioia e di felicità, ma anche di amore e fecondità che il tempo, la storia è ogni uomo o donna portano in sé. La verginità non va colta nel senso della privazione, ma nella condizione del dono, e del desiderio di pienezza. Per le vergini la pienezza è: "arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze ...". Il regno si realizza nell'incontro "nuziale" tra la nostra verginità (che è di ogni discepolo), e il Signore.
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