martedì 28 febbraio 2017

Siracide 35,1-15 e Marco 10,28-31
E noi ... che abbiamo lasciato tutto?


Di fronte a tutto ciò che vedeva e sentiva, Pietro rimane interdetto, la sua domanda, da un lato è una provocazione, dall'altro una chiara incomprensione rispetto a quanto viveva. Pietro è preoccupato, forse proprio come noi, quando non riusciamo a capire dove ci conduce il seguire Gesù, o meglio ancora, quando il seguire Gesù rischia di essere un andare esigente, rispetto al quale, per molti motivi, facciamo fatica e ci sentiamo inadeguati. La risposta di Gesù è estremamente chiara: "so bene a cosa hai rinunciato: la moglie, i figli, la casa, il lavoro ..."; stare con Gesù è stato da subito esigente, ha chiesto un impegno reale, con un risvolto nella vita concreta. Ma la risposta di Gesù, non è solo un "grazie"per le rinunce già fatte; essa è un progetto. Gesù rilancia immediatamente il senso della sequela rispetto al progetto del "regno di Dio" e al senso della propria esistenza: portare tutto ciò che siamo nella eternità del Padre. Condizione che non tutti sono disposti ad accettare e nella possibilità di realizzare, ma il progetto di Dio "sconvolge" ogni nostro progetto.

lunedì 27 febbraio 2017

Siracide 17,20-28 e Marco 10,17-27
... A noi che conosciamo i comandamenti ...


Proprio a noi che li conosciamo (tutti i comandamenti), cioè li abbiamo imparati, Gesù chiede di andare un poco oltre; in realtà, obbedire alla legge non conduce alla felicità, come anche il disubbidire non porta a una vera e piena libertà. A noi ricchi, della legge di Dio, Gesù chiede di donare la nostra ricchezza a chi non la vive, a chi non la possiede (missionarietà ?). Quella legge che possediamo come esperienza della fede ricevuta e vissuta, Gesù, ci chiede di condividerla: "va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!"
Queste parole di Gesù spiegano come tutto ciò che possediamo e siamo, ci è dato per entrare in quella eredità (tesoro in cielo) che è Lui stesso (...vieni! Seguimi!).
Quando avremo, anche con fatica, iniziato a vincere l'attaccamento a noi stessi per amore Suo, e lo avremo scoperto come nostra vera ricchezza, allora con gioia, comprenderemo come è facile per un cammello, o la "cima" di una nave, passare nella cruna di un ago ... Scopriremo infatti che il "regno dei cieli e la sua giustizia" altro non è che la misericordia del Padre che ci attrae a se, o anche che non si distacca mai dai noi, suoi figli, perché è vicinanza incondizionata, esperienza permanente di conversione, compimento e gioia.

domenica 26 febbraio 2017

Isaia 49,14-15 / Salmo 61 / 1 Corinzi 4,1-5 / Matteo 6,24-34
A chi apparteniamo?

Prendiamo coscienza della appartenenza! Parola strana, parola andata in declino, parola che ci suggerisce ancora una volta l'importanza delle relazioni che generiamo. È infatti nella relazione che ci concediamo, che ci doniamo, oppure che escludiamo e ci isoliamo.
Quando facciamo esperienza dell'appartenere, vincoliamo la nostra libertà non in un obbligo, sarebbe una schiavitù, ma in una relazione di amore che mi impone di donarmi, perché quella è la dimensione della appartenenza, il donarsi liberamente.
Il nostro concetto di appartenenza invece è più simile a quello di affiliazione, o di inclusione in un gruppo di interesse ...
Appartengo, faccio parte di quel partito ... di quel gruppo sportivo ... di quella associazione ... di quella parrocchia ... Ma tutto si risolve e dissolve nel momento in cui quella relazione non mi soddisfa più e non corrisponde al mio desiderio. Possiamo dire che oggi è molto di moda, appartenere in modo relativo, ... a tempo, ... parzialmente, ... part-time.
Questa condizione si evidenzia profondamente anche negli stili di vita comunitaria e nelle scelte vocazionali ...
- se la comunità è sentita come lo spazio dei servizi religiosi e di un benemerito gruppo di fratelli, mi apparterrà solo nel tempo del bisogno delle pratiche religiose e delle necessità ludiche e aggregative ... Ma la comunità è lo spazio della Chiesa di Cristo, se non vivo l'appartenenza alla Chiesa, ne avvilisco inevitabilmente la sua concretezza, il suo essere "regno di Dio" ... 
- se le relazioni non riflettono l'appartenenza reciproca, ci concederemo solo un poco ... e forse nemmeno un poco alla volta ... Ma solo un poco, nella convinzione di garantirci la libertà; ma con l'effetto di smarrire il senso del dono di sé. Come conseguenza immediata non saremo più in grado di vivere la fedeltà e la durevolezza dell'amicizia e dell'amore, acconsentendo alla frantumazione e estinzione dei legami. Così la mia vocazione sarà solo un part-time esistenziale, una sorta di impegno da volontario, ma mai una condizione stabile e definitiva. Non farò mai scelte per sempre ma solo scelte di opportunità.
La vita cristiana implica una appartenenza. La prima appartenenza è a Cristo. Con il battesimo non faccio una affiliazione, una sottoscrizione, ma creo la condizione di appartenenza, io ne divengo parte di Lui, e Cristo di me. Esperienza di appartenenza è scoperta quotidiana, ma non semplice scelta quotidiana. È scoperta quotidiana, che attraverso la ricerca del suo Regno, sposta ogni preoccupazione dal lato della superficialità umana allo spazio della esistenza, della vita di fede.
La fede ci apre ad alcune comprensioni della appartenenza:
- l'evidenza di sentirsi figli, che hanno bisogno di essere amati dal padre. "Il desiderio di essere amati" si congiunga con l'affidarsi alla paternità di Dio: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai".
- la gioia di non affannarci, di non preoccuparci del presente e del domani, ma di vivere il tempo con lo sguardo di colui che cerca Dio nelle "cose che vive". Come discepoli recuperare la realtà a Dio, significa rimettere Dio al centro dell'uomo, e quindi anche l'uomo al centro di tutto.

sabato 25 febbraio 2017

Siracide 17,1-13 e Marco 10,13-16
"... a ciascuno ordinò di prendersi cura del prossimo."


Quella del Vangelo è una immagine di una forza straordinaria: "chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso". E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.
Ci sono due dinamismi che si intrecciano, forse in modo indissolubile: il regno di Dio che nell'essere accolto diviene, e il prendersi cura accogliendo i "bambini". Due azioni in realtà fuse nella stessa dimensione dell'accoglienza.
Il regno di Dio non si aggiunge alla vita degli uomini; il regno di Dio non è un fregio decorativo e nemmeno un premio. Il regno di Dio, trova nella vita del discepolo di Gesù, l'occasione e la condizione per divenire e avvicinarsi, nella misura in cui l'accoglienza ne prepara la possibilità di manifestarsi; come un bambino che vive di desideri, e trasforma i desideri in realtà. L'altro dinamismo è la cura dei "piccoli", che alla luce di Siracide è un comando imperativo: prendersi cura del prossimo. Sembra proprio che per tutti noi, il regno di Dio passi dentro le belle relazioni di cui siamo capaci. 

venerdì 24 febbraio 2017

Siracide 6,5-17 e Marco 10,1-10
Amicizia e adulterio ...


La fedeltà nei legami, è ciò che la Parola oggi mette davanti a noi. Non solo la qualità, e il discernimento dell'amico, ma ciò che è all'origine non istintiva delle nostre relazioni: la fedeltà.
È la fedeltà il fondamento dell'amore tra un uomo e una donna, quindi non semplicemente il naturale istinto che suscita il desiderio di appartenersi, è fondamento della relazione dei figli di Dio, ma proprio il patto che stabilisce la comunione della "carne": "saranno una carne sola". La fedeltà non rappresenta l'obbligo o l'impegno legale, ma l'inviolabilità dell'amore. Se tale l'amore è di Dio e da Dio, è fonte di trascendenza ed eternità; per questo è fedele, ed è da e per sempre.
Ma questa fedeltà da consistenza e vita anche alle relazioni di amicizia. Così come l'adulterio spezza e distrugge la fedeltà dell'amore tra un uomo e una donna, così il tradimento distrugge la fedeltà nell'amore di amicizia.

giovedì 23 febbraio 2017

Siracide 5,1-10 e Marco 9,41-50
Non aspettare a convertirti ...


"Non aspettare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno ..." Che strano invito, rivolto a chi con il cuore, la volontà e i desideri vuole servire il Signore ... Alcuni giorni fa, Siracide, invitava a prepararsi alla tentazione, chiunque volesse servire il Signore. Questo camminare con Dio, diventare amici di Dio, si prefigura come un percorso non scontato, in cui l'essere messi alla prova scatena il proposito di convertire la mentalità, di educare e plasmare in modo nuovo la stessa esistenza. Anche il Vangelo, in realtà, ci induce a scegliere un cambiamento. Nell'esercizio del "togliere" mano, piede, occhio ecc..., non si esalta una privazione, ma la condizione di vita nuova che ne deriva. Lontano dall'essere solo esortazioni etiche e moraleggianti, i detti di Gesù raccolti da Marco, accompagnano il cammino della conversione, come condizione in cui "si è salati dal fuoco". Oggi è un giorno propedeutico alla quaresima ....

mercoledì 22 febbraio 2017

1 Pietro 5,1-4 e Matteo 16,13-19
Festa della Cattedra di San Pietro
E io ti dico ...


"Cosa dice la gente ..." La risposta è molteplice ma tutta confluisce verso la domanda successiva: "voi chi dite che io sia?"
La risposta di Pietro, in verità, è la risposta di Gesù stesso. Se Gesù avesse dovuto affermare sé stesso non avrebbe potuto dire meglio. In forza di questa verità che accomuna Pietro e a Gesù, si genera una promessa, che già nell'essere detta ("io ti dico"), diviene realtà, ed è piena manifestazione della potenza del Regno dei cieli: "tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa ..."
Questa Chiesa, che è la Chiesa di Cristo fondata sulla fede di Pietro rappresenta, a ben guardare, il compimento nel tempo delle promesse fatte ad Abramo (la terra e il popolo/il mondo e l'umanità) e sigilla la salvezza operata dal Dio attraverso la passione, morte e risurrezione di Cristo. Questa Chiesa di cui noi siamo parte, Santa e Peccatrice; misera e misericordiosa; miserabile e giusta, è il baluardo della salvezza per chiunque invocherà il nome del Signore, affermando che Gesù è il "Cristo, il Figlio del Dio vivente".