sabato 2 marzo 2019

Siracide 17,1-13 e Marco 10,13-16
Laicità e sapienza divina.

Attraverso la realtà creata, la ragione umana e la sua intelligenza sono in grado di ripercorrere l'agire creativo di Dio, senza cadere in una visione teocratica, dove però, spesso la fantasia e i miti si impadroniscono della comunicazione dei contenuti di verità. Il Libro del Siracide, in modo "laicale" esprime ed affida semplicemente alla lode del cuore umano (la contemplazione del mistero) il proprio senso di gratitudine e la propria e originaria relazione con il creatore. Non si tratta di una memoria dei tempi antichi, o di una azione divina collocata all'origine dell'universo creato. Siamo di fronte all'uomo, e alla sua centralità e sacralità rispetto all'agire creaturale di Dio. Tutto ciò che è detto dell'uomo è infatti sia descrittivo della sua realtà e responsabilità all'interno della creazione, come pure rifletta la profonda relazione col creatore: "Le loro vie sono sempre davanti a lui, non restano nascoste ai suoi occhi". La riflessione, ripeto, "laica di Siracide" pone l'uomo, non come apice della creazione, ma come immagine di Dio, e tutto ciò che essere questa immagine implica e rappresenta nella creazione ... Quasi quasi, emerge, che è l'immagine di Dio il motivo della creazione, è l'uomo il perché delle realtà create, e come tutto questo è espressione della esistenza di Dio. Non c'è motivazione intelligente per l'esistenza di Dio, e al perché dell'universo; ma l'essere immagine e somiglianza (l'uomo) ne rivela l'esserci.

venerdì 1 marzo 2019

Siracide 6,5-17 e Marco 10,1-12
Un amico fedele è rifugio sicuro.

Per quanto ne sentiamo la necessità e il bisogno, gli amici, umanamente, rappresentano lo specchio più giudicato e criticato di noi stessi.
Il libro di Siracide, non fa diversamente da ciascuno di noi, circa la valutazione e il discernimento dell'amicizia. Infatti solo questo versetto: "Un amico fedele è rifugio sicuro: chi lo trova, trova un tesoro", da una rilettura positiva ... un sapore divino al vincolo di amicizia. Ciò che viene proposto, è invece una serie di umane condizioni che nella vita ordinaria ciascuno sperimenta, fosse anche con un po' di delusione rispetto alle aspettative di una amicizia che corrisponda alle attese.
Forse occorre andare più a fondo? Che cosa ricerca l'uomo nell'amicizia?
Umanamente cerca la soluzione alla sua solitudine esistenziale, l'amicizia rappresenta il desiderio realizzato di essere amato, cioè riconosciuto nell'essere e accompagnato nel vivere. La nostra banalizzazione dell'amicizia non è forse la riduzione, per paura e timore, che facciamo dell'amicizia perché ci sentiamo traditi e feriti la nostra "patologia esistenziale", nella nostra fragile solitudine?
Il libro di Siracide, tenta di interpretare l'esperienza umana , accostandovi la sapienza di Dio, cioè il sapore di una "pienezza altra". Può la Sapienza di Dio gettare luce su questa esperienza umana?
Si! Siracide in realtà propone lo spazio della amicizia come recupero di una relazione originaria in cui la solitudine è riempita dalla presenza di Dio come amico. L'amico allora diviene, la condizione esperienziale della comunione, cioè della fratellanza affettiva; dell'essere uniti, non condizionati; di essere legati nella fedeltà ma pienamente liberi. L'amicizia pur caricandosi di sofferenza nell'esperienza umana, è un cammino di esaltante riconoscimento della sua trascendenza! Ecco, questa trascendenza è il tesoro sicuro dell'amico! 

giovedì 28 febbraio 2019

Siracide 5,1-10 e Marco 9,41-50
Non attardarti a convertirti al Signore ...

Prendendo spunto dalla conclusione del Vangelo di oggi, anche noi sperimentiamo il sapore del sale: "Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri".
La Parola di Dio trova nella Scrittura la modalità di comunicarsi e di offrirsi all'uomo, essa rappresenta un costante richiamo per imparare a gustare "il sapore" della sapienza di Dio. Come i bambini quando vengono svezzati, sono abituati a riconoscere i sapori, anche noi attraverso la Parola siamo educati al gusto della Sapienza. Il gusto della Sapienza è come il sale: come il sale rende i cibi gustosi, similmente la Sapienza, rende gustosa la vita di fede e quindi desiderabile il mistero di Dio. 
È in questa prospettiva ogni invito alla conversione! Se la conversione è la conseguenza della paura per il giudizio rispetto al peccato commesso, tutto si esaurisce nella sterilità di una vita soggiogata dalla legge morale. Ma la Sapienza di Dio, prende dimora nell'intimo del cuore di chi ascolta, e suscita in un cuore anche ferito, il compimento della legge morale. La Sapienza illumina le nostre paure, i nostri timori, attraverso il superamento e la cura delle inclinazioni del cuore. Questo superamento è un "costruire da dentro", dall'interno una prospettiva umana in cui i sentimenti, le inclinazioni, i desideri, non sono in lite tra loro, non fanno guerra alla coscienza morale. Essa (la Sapienza in noi) rivela tutta la bellezza è l'opportunità che deriva dal cambiamento, cioè alla conversione.

mercoledì 27 febbraio 2019

Siracide 4,12-22 e Marco 9,38-40
La sapienza si cura dei suoi figli ...

In una espressione estremamente riduttiva: Dio si prende cura dei suoi figli e li educa alla Sapienza e tramite la Sapienza.
Il libro del Siracide, ben 51 capitoli, trova la sua collocazione nel canone della Bibbia Cattolica, forse, proprio in ragione della estrema diffusione ed utilizzo di questo libro nelle prime comunità, tendenzialmente vicine al mondo ellenistico. L'idea della Sapienza e la sua personificazione, si accosta e interagisce con la teologia del Logos preesistente e incarnato. L'accoglienza nel Canone Cattolico, non è correlata alla sua appartenenza al Canone Ebraico, infatti, pur essendo molto diffuso e commentato nell'antichità, non ne fa parte. Tornando alla pagina di Siracide, la Sapienza educa l'uomo - una cura in cui il vero plasmatore è Dio - ma insieme l'uomo è educato alla Sapienza di Dio. Martin Buber (filosofo Ebreo), riporta questo insegnamento rabbinico: "Voglio indicarvi il modo migliore per insegnare la Torah. Bisogna non sentire più affatto se stessi, non essere niente di più di un orecchio che ascolta ciò che il mondo della Torah dice in lui. Ma non appena si cominciano a sentire le proprie parole, si cessi". L'ascolto della Sapienza, corrisponde all'agire di Dio in noi, fino alla comprensione dei propri segreti, conoscenza intima e profonda del mistero di Dio e dell'uomo. Anche solo la risonanza di questi versetti, invita ad uscire in silenzio da se stessi, per mettersi in religioso ascolto.

martedì 26 febbraio 2019

Siracide 2,1-13 e Marco 9,30-37
Per servire il Signore...

"Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti". E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato".
Il modo in cui oggi la Parola diviene luce è straordinario; infatti alla rivelazione del Libro del Siracide, corrisponde la fragilità della nostra umanità che misteriosamente e indegnamente è spazio per accogliere il Padre, "... non accoglie me, ma colui che mi ha mandato".
Alle esortazioni di Siracide: "abbi un cuore retto ..."; "sii unito a lui senza separartene ..."; "accetta quanto di capita, sii paziente ..."; "affidati a lui ... raddrizza le tue vie ..."; tutto allora si concentra e condensa nel "voi che temete (servite) il Signore, amatelo!"
La sapienza eterna del Padre, quella sapienza che partecipa alla creazione dell'intelligenza divina (la sua stessa Gloria, Doxa, Kabod, Scekiná), si manifesta nel timore del Signore, nell'esperienza umana che corrisponde all'amore, per cui diviene un imperativo esistenziale: "amatelo"!
"Se vuoi servire il Signore" ... "Se sarai il servo di tutti", sarai indubbiamente il primo (come Il maestro che ci precede) nell'amare. È l'esperienza dell'amore che trasuda dal nostro metterci a servizio, diversamente accogliamo solo noi stessi; ma amare non è mai un ritornare su se stessi.

lunedì 25 febbraio 2019

Siracide 1,1-10 e Marco 9,14-29
La sapienza in Israele ...

Non è facile definire cosa sia la Sapienza; il libro del Siracide che oggi iniziamo ad ascoltare  - perché di ascolto abbiamo bisogno -, ci conduce rapidissimamente a considerare la Sapienza come l'esperienza stessa di Dio creatore che pone la sua presenza e potenza (gloriosa presenza, Kabod e Shekinà) in tutto ciò che ha creato, svelando e manifestando attraverso la realtà una intelligenza divina, universale.
La Sapienza è percezione di Dio! La Sapienza è il mistero di Dio che viene rivelato, condiviso, conosciuto. Ecco che la "Sapienza" si manifesta come intelligenza delle cose create, per cui non esiste una casualità fortuita, un accadere senza motivo, un esserci senza volontà.
Lo sguardo umano, il vedere e contemplare come creatura è riconoscere questa bellezza originaria, questa fonte di intelletto e verità. Lo stupore e la meraviglia ci partecipano alla rivelazione della sapienza di Dio. Il sapore della verità delle cose di Dio, si percepisce nell'amore che riconosciamo come rivelazione dell'atto creaturale stesso di Dio, del quale oltretutto siamo parte.
Ciò che svela, e permette all'uomo di gustare e decifrare la sapienza come esperienza è la fede. Il Vangelo di oggi dilata l'esorcismo e, a partire dalla liberazione dal male mostra l'orizzonte della fede come condizione del riconoscimento del mistero di Dio (Sapienza) che attraverso Gesù si vuole condividere, si offre e partecipa alla nostra realtà e condizione umana, dandovi la luce che deriva dalla preghiera: Ed egli disse loro: "Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera".

domenica 24 febbraio 2019

1 Samuele 26,2-23 / Salmo 102 / 1 Corinzi 15,45-49 / Luca 6,27-38
Che cosa succede se ...

Chi è disposto ad ascoltare queste parole di Gesù, sa bene che si pone in una situazione particolare, quella di colui che crocifisso,dalla croce dice: "Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno!"
Gesù ha il coraggio di chiedere ai suoi discepoli non un amare a condizione, non un amore in proporzione, ma di amare con un amare che non conosce confini.
Ma non solo che non conosce confini, è inoltre un amore che prende sempre e per primo l'iniziativa, senza rimbeccare: "sono sempre io che devo iniziare ..."
Ecco questo è il nostro problema, un amore per primi e senza confini, quando invece è semplicemente più facile amare a “macchia di leopardo”, e circoscrivendo le esperienze e le situazioni. Si ama quel giusto per rassicurarci in coscienza.
A noi, che a fatica superiamo le contraddizioni delle nostre abitudini relazionali ... queste parole sono macigni impossibili da sopportare.
Amare il nemico, amare non è solo: non rifiutare, non scartare, non ignorare, non allontanare, non essere indifferenti, freddi e senza misericordia ...
Amare il nemico è una esperienza unica e generativa della nostra nuova umanità ... Creati a immagine di Dio, segnati e feriti dal peccato, l'amore, cioè l'arte di amare, sprigiona e dischiude la nostra nuova immagine di Dio, quella immagine che è rivelazione ed espressione del Figlio Gesù che prende forma dalla nostra carne, dai nostri sentimenti, dalla nostra vita umana. Quale grande mistero è l'amore, quale potenza di cambiamento e pienezza è amare!
(...) Caro Gesù amare richiede proprio un vero sconvolgimento dei nostri sguardi, delle nostre ovvietà ...  Dice il papa: “Il Vangelo è una novità. Una novità difficile da portare avanti. Ma è andare dietro a Gesù”: “‘Padre, io … io non me la sento di fare così!’ – ‘Ma, se non te la senti, è un problema tuo, ma il cammino cristiano è questo!’. Questo è il cammino che Gesù ci insegna. ‘E cosa devo sperare?’. Andate sulla strada di Gesù, che è la misericordia; siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso. Soltanto con un cuore misericordioso potremo fare tutto quello che il Signore ci consiglia. Fino alla fine. La vita cristiana non è una vita autoreferenziale; è una vita che esce da se stessa per darsi agli altri. E’ un dono, è amore, e l’amore non torna su se stesso, non è egoista: si dà”.
Gesù ci chiede di essere misericordiosi, di non giudicare, di amare chi non ci ama e di aiutare chiunque è nel bisogno ...
Queste parole del Signore rappresentano la più totale opposizione agli ideali e alle proposte di vita del mondo di oggi. Il Vangelo è realmente rivoluzione degli schemi ...
Gesù venendo nel mondo, non ci dà un esempio irraggiungibile, ma un esempio giusto che ci permette di raggiungerlo, dove lui è! Ecco perché nella lavanda dei piedi ha concluso quel gesto di amore chiedendo di fare come ha fatto lui, dicendoci "vi ho dato un esempio ..." Fare ciò che Gesù dice ci cambia la vita, fosse non risolverà magicamente ogni situazione scomoda, ogni divisione, ma certamente cambierà a ciascuno la vita ... saremo finalmente liberi e liberati dall'amore, saremo insieme a Gesù artefici dell'amore.