sabato 31 agosto 2019

1 Tessalonicesi 4,9-11 e Matteo 25,14-30
Voi stessi avete imparato da Dio ....

"Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì".
Fuori dalle logiche economiche, se i "beni" che ci ha consegnato si chiamassero "amore fraterno"?
Credo che tutti ne resteremo completamente spiazzati! Sì perché la lettura della parabola, nella progressione circa la comprensione del mistero del "regno dei cieli" e del compiersi del mistero di salvezza nella passione, morte e risurrezione di Cristo, ci introduce tutti, realmente, nel compimento della realtà attraverso il criterio della Carità. È la Carità che eleva, completa e rinnova tutte le cose. Ma quale è il vero fermento della carità se non l'amore fraterno? L'amore che si deve e si rivela nella sua pienezza è gratuita tra fratelli.
Rimango colpito dall'espressione di Paolo: "voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri"!  Non vorrà forse intendere: avete imparato da Cristo, è lui che ci ha insegnato e ci ha dato la misura di tale amore?
Ciascuno di noi si introduce nel mistero del regno in una progressione di amore. Se a ciò che mi è affidato (essere amato) segue un guadagno (desiderio e volontà di amare), significa che io stesso sono entrato e sono parte del regno dei cieli. Diversamente se seppellisco (faccio morire) l'amore ricevuto e insegnato da Dio, mi escludo dal regno dei cieli: "E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".

venerdì 30 agosto 2019

1 Tessalonicesi 4,1-8 e Matteo 25,1-13
Come trattare il proprio corpo?

La relazione con il regno dei cieli di che tipo è?
Mi spingo ad affermare che è una relazione esistenziale, per cui coinvolge tutto ciò che si riferisce alla persona, alla sua natura, alla sua storia, alla sua identità, al suo corpo carnale, alla sua dimensione psichica e spirituale ecc...
Le vergini danno una immagine esplicita di una totalità riservata per lo sposo, per le nozze: "il regno dei cieli è ... simile ... a dieci vergini che con le lampade vanno incontro allo sposo ... "
Tutta questa immagine si proietta verso la pienezza della vita delle vergini, che hanno custodito la loro esistenza per riempirla di quella dello sposo.
Se non cadiamo nell'equivoco di una religiosità "clericale", l'immagine presa in prestito per la parabola diviene una traccia di vita del discepolo che, per seguire il maestro, in realtà ha i medesimi desideri e aspettative delle dieci vergini. È infatti la relazione autentica, libera, totale e di amorevole corrispondenza che ci introduce nel regno dei cieli attraverso la porta stretta che è la conformazione a Cristo. Tutto questo ha una sua esplicita manifestazione pratica è concreta nella premura che Paolo condivide con i Tessalonicesi: "Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto ...". Non siamo di fronte a un rigurgito moralista del Fariseo osservante scrupoloso della legge che è in Paolo, ma nella piena consapevolezza che la nostra esistenza personale è proprio fragile come un vaso di argilla, ma è proprio in quella stessa esistenza che prende forma il nostro essere "vergini, in attesa, con le lampade, incontro allo sposo!"
La nostra persona, il nostro corpo, sono strumento, veicolo, e condizione per la nostra verginità sponsale cioè per la nostra chiamata ad essere Santi. È in questo modo che si dimora nel regno dei cieli.
Fa o signore che tutto il nostro essere, anima e corpo, sia rapito dal desiderio di Te, e come corpo verginale sia segno dell'offerta della nostra vita per il tuo regno di amore e di pace.

giovedì 29 agosto 2019

Geremia 1,17-19 e Marci 6,17-29
Martirio di San Giovanni Battista
"... Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello ..."

Per volontà di Gabino - un generale agli ordini di Pompeo - la fortezza di Macheronte, nell'attuale Giordania, era già stata distrutta nel 57 a.C., ma nel 30 era stata ricostruita da Erode il Grande, che l’aveva voluta come baluardo difensivo. Nel 4 a.C. Macheronte era passata nelle mani di uno dei figli: Erode Antipa, tetrarca della Galilea e della Perea. Proprio qui, secondo lo storico Giuseppe Flavio, fu rinchiuso e poi decapitato Giovanni Battista. Queste informazioni, le riporto per mettere in noi il senso della realtà e storicità. Non siamo di fronte a un racconto di fantasia, ma la narrazione si intreccia con una storicità che ha nei luoghi e nelle vicende la propria originalità.
Il Vangelo di Marco ci dà, in modo unico e un po' fuori dallo stile narrativo, una informazione particolareggiata e dettagliata. Lo spirito di verità, la voce del profeta non può essere imprigionata e neppure addomesticata ... Il Vangelo di Gesù erediterà tutta la forza che Giovanni fa del suo predicare e richiamare a conversione. La conversione è il punto di forza della vita di chi vuole camminare sulla strada preparata nel deserto per andare incontro ad Dio che viene. È questa la prospettiva del precursore, di colui che viene prima per mettere le basi dell'appello alla conversione per il perdono dei peccati. Gesù, alla morte di Giovanni, ne eredita e rinnova totalmente il contenuto: "la conversione attraverso l'esperienza della misericordia (vicinanza amorevole) del Padre!: Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti."
La vicenda raccontata è uno specchio della complessa realtà e vita dissoluta dei figli di Erode il Grande, e come questa loro vita alla romana viene giudicata indegna di coloro che sono eredi delle promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe. Ecco che la profezia è un urgente appello alla conversione per riscattare una vita legata al peccato, che sempre più si avvitata su sé stessa.

mercoledì 28 agosto 2019

1 Tessalonicesi 2,9-13 e Matteo 23,27-32
Comportiamoci in maniera degna di Dio ...

Paolo non parte da esempi fuori dalla realtà, egli porta sé stesso ad esempio, e non per vanità o presunzione, ma perché in questo modo risponde con la sua vita della propria testimonianza. Non è un vanto e neppure orgoglio affermare di comportarsi in maniera degna di Dio e invitare la comunità di Tessalonica a fare lo stesso.
Il suo esempio non si riduce a moralismo, ma parte dalla Parola ascoltata e vissuta: "ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti". Paolo riconosce l'agire di Gesù, la chiamata a conversione attraverso l'ascolto del Vangelo. Egli riconosce alla Parola una autonomia in quanto "Parola di Dio che opera in quelli che credono".  Quale meraviglia poter riconoscere la conversione della vita nella conseguenza dell'ascolto della Parola! Non si cambia per una pura scelta e per volontà, ma per obbedienza alla Parola di Dio. Cambiare noi stessi per obbedire a Dio! È in questo percorso che Paolo da testimonianza del "diventare degno di Dio".
Da questa obbedienza deriva il "lavorare giorno e notte" (la totalità della vita) per annunciare la Parola; deriva essere giusti e irreprensibili: virtù che devono costituire la vita cristiana, per essere degna di Dio. Essere giusti come Dio ha a che fare con la misericordia, non col legalismo; essere irreprensibili ha a che fare con la fedeltà, con l'amicizia (conformazione) a Cristo.

martedì 27 agosto 2019

1 Tessalonicesi 2,1-8 e Matteo 23,23-26
Normalità dell'annuncio ...

Nella nostra ingenuità, pensiamo che l'annuncio del Vangelo sia stata una esperienza, che accompagnata dalla grazia, si traducesse in immediata adesione alla fede; dalle lettere di Paolo, si apprende che "dopo avere sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte.Da qui anche la dichiarazione circa la motivazione più spontanea e umana che soggiace alla predicazione del Vangelo: "affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari."
In realtà ciò che emerge dalle Lettere, è la normalità della vita come spazio e veicolo del Vangelo. Paolo nel momento in cui sceglie Gesù come suo Signore e si accorge di come solo Gesù sia pienezza per la sua vita, corrisponde totalmente al Vangelo come Parola da condividere ed annunciare. Non esiste più in lui una distanza tra vita e annuncio. Quella condizione, per cui Gesù denuncia i Farisei come ipocriti, come guide ceche che filtrano il moscerino ed ingoiano cammelli (... che bella immagine esplicita!) evidenzia la loro vita come lontana dalla verità, schiava della doppiezza e incapace di affascinare e avvicinare a Dio.
Annunciare non è insegnare cose che riguardano il divino; l'annuncio del Vangelo è prossimità di Dio attraverso l'esperienza della giustizia, della misericordia e della fedeltà.
Vivere ogni giorno scelte di giustizia; essere misericordiosi verso gli altri e restare saldi nella fede a Gesù, questo è Vangelo.

lunedì 26 agosto 2019

1 Tessalonicesi 1,2-5.8-10 e Matteo 23,13-22
Quando imbrigliamo la libertà dei figli di Dio

Lo scontro col legalismo dei farisei è ben presto la causa scatenante delle opposizioni che Gesù si trova ad affrontare. Ma questa situazione non si esaurisce in quel fatto storico, essa rappresenta ma costante rispetto alla proposta del Vangelo. È una vera tentazione quella dei farisei,  di allora e di sempre, come pure di quelli moderni, cioè di trasformare il senso religioso in una forma di spiritualismo, di ritualismo, mettendogli le briglie del legalismo, reprimendo la bellezza della libertà e della relazione figliale con Dio. Questa non è soggettivismo, ma rappresenta il costante e continuo "convertirsi in Cristo", così come Paolo ci testimonia della comunità di Tessalonica: "Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro."
L'ipocrisia dei farisei, e del fariseo che può nascondersi in noi, si vince con una preghiera di comunione nella Chiesa, con un agire frutto di una fede operosa, con un amore coraggioso che non si trattiene nella fatica e con ogni speranza riposta in Cristo.
Fariseo è l'uomo religioso che giunto al bivio del cuore sceglie il legalismo rinunciando alla libertà di amare Dio per limitarsi ad un atteggiamento rigoroso e obbediente, ma non da figlio. L'amore di un figlio si rivela nella libertà e nella verità di dimorare nel cuore del Padre.

domenica 25 agosto 2019

Isaia 66,18-21; Salmo 116; ebrei 12,5-7.11-13; Luca 13,22-30
Salvezza da cosa ...

Tutto il dimorare di Gesù in Galilea, ad un certo punto trova una svolta nella decisione di attraversare la Samaria e giungere a Gerusalemme ... Le parole del Vangelo di Luca ci confermano che ad un certo punto Gesù prese la ferma decisione di salire a Gerusalemme per celebrare la Pasqua. Quella decisione è per lui frutto di una profonda consapevolezza: "è giunto il tempo di salvare l'uomo!"
È in questa prospettiva che il Vangelo di Luca traduce la vita del Signore, riporta il suo insegnamento, ci rende partecipi dei suoi segni e dei suoi sentimenti. Tutto per condurci con Gesù dentro l'esperienza dell'amore che ci salva.
Il cristiano oggi, non può restare schiavo della religiosità del passato, il nostro mondo ci chiede ben altro tipo di presenza e testimonianza.
Il cristiano oggi, non può rinchiudersi nel club di quelli che hanno "mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze", un vanto che alla resa dei conti ci garantisce l'esclusione dalla missione della Chiesa nel mondo.
Il cristiano oggi, non può ostentare una fede fatta di gesti, ma che non nasce da un cammino di conformazione a Cristo. Un gesto ipocrita non permette che si generi Cristo in noi, e neppure in altri, e diviene bestemmia rispetto alla carità dovuta ai fratelli.
"Sono pochi quelli che si salvano?" Chiese un tale a Gesù ... Certamente non ci salviamo attraverso la nostra presunzione di essere cristiani secondo noi, o per noi stessi.
Occorre invece passare per la porta stretta, che è la nostra umanità quando si è piegata all'amore di Dio. Fintanto che non ci pieghiamo all'amore che è Dio, non entreremo nella logica della salvezza.
"Sforzatevi di entrare ..." Sforziamoci di entrare per la porta stretta che è la misura dell'amore secondo Gesù. Passando attraverso quell'amore sperimenteremo cosa significa essere salvi, parteciperemo alla salvezza, e daremo alla nostra umanità la forma del Cristo che vive, muore e risorge per ogni uomo ...
Perché la salvezza di noi cristiani, attraverso Gesù è per tutti gli uomini, perché a tutti Dio Padre, rivolge l'invito a salire alla Gerusalemme del cielo, la cui strada passa per le vie della nostra terra attuale, per cui non stupiamoci se "verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio."
Non saranno certo i discepoli di Gesù a escludere qualcuno dal suo regno ... Non saremo certo noi a porre ostacolo alle strade attraverso le quali il mondo si muove e attraverso le quali il Dio di Gesù Cristo incontra l'uomo di oggi.
Forse non abbiamo ancora compreso che se la Chiesa non riconosce la propria identità missionaria; se i cristiani non inizieranno a cambiare mentalità e ad aprirsi a ciò che è "periferia", faranno la sorprendente scoperta di come Dio porta a loro le periferie del mondo, perché le logiche di Dio, a noi non sono poi così chiare, ma una cosa è certa: "Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi".