martedì 31 agosto 2021

Venne, viene e verrà

1 Tessalonicesi 5,1-11 e Luca 4,31-37

 
In Paolo sembra farsi strada la venuta del Signore come un evento tremendo di giudizio, dove ciascuno troverà le conseguenze del proprio agire e delle proprie scelte. Egli trasmette una immagine alquanto cruenta del giorno del Signore. Una venuta inaspettata e improvvisa, come quella di un ladro di notte, è anche la sua prima venuta, nel nascondimento di Nazareth; il Suo passaggio in una terra lontana e marginale ha comunque lasciato indelebili segni.
Le parole di Paolo riprendono molte espressioni dei vangeli, immagini delle parabole, immagini proprie dell'attesa della venuta ultima del figlio dell'uomo.
Ciò che dobbiamo rielaborare è questa distinzione così netta tra venuta nel tempo e ritorno finale, in cui il tempo intermedio rischia di essere un abisso di assenza, di latitanza. Ecco allora che le parole di Paolo non vanno proiettate in un futuro lontano da noi, ma nel nostro presente: cerchiamo oggi di dimorare di più nella presenza di Dio, ogni giorno. Consoliamoci gli uni gli altri e impegniamoci a edificarci l’uno con l’altro. È questo stile che Paolo suggerisce a chi desidera incontrare il Signore, che in realtà costantemente viene come un ladro di notte, improvviso, a riempire e a dare compimento alla realtà creata. La sua venuta porta la luce nella notte e nelle tenebre per realizzare, già da ora, il grande giorno di Dio.
Anche se non sappiamo quando, il Signore ritornerà, anzi egli già viene ogni giorno e continuerà a venire fino alla pienezza dell'ultimo giorno.

lunedì 30 agosto 2021

La morte non è più morte

1 Tessalonicesi 4,13-18 e Luca 4,16-30


Nessuno parla volentieri della morte, nessuno si reputa capace di dire a un malato terminale che sta morendo. La ragione non è tanto per il bene dell’ammalato, ma perché noi stessi non vogliamo pensare alla morte. La parola morte difficilmente fa parte del nostro vocabolario, anzi cerchiamo espressioni diverse per dirla senza citarla: è partito da noi, è mancato ai nostri affetti, è in cielo ecc ... In definitiva abbiamo paura di confrontarci con la morte, la nostra è quella degli altri. In un credente questa paura permane quando non abbiamo in noi una speranza reale. 1 Tessalonicesi, attraverso le parole di Paolo, dopo aver ampiamente trattato dell'amore per Dio e tra i fratelli, si concentra nel cercare di dare consistenza (l'importanza di non restare nell'ignoranza) al contenuto della vita eterna. Vincere la paura della morte cercando di capire cosa succede dopo la morte, affinché possiamo avere pace quando ci troviamo ad affrontare la morte, sia la nostra che quella dei nostri cari. Paolo sposta il centro di osservazione dal morire all'essere in Cristo per sempre. La morte in sé tende a offuscare e spegnere il desiderio di essere con il Signore; tutta la vita credente è un cercare di vivere in pienezza la relazione vera con il Signore, in ragione di lui vivo è risorto, ma ecco che la morte, improvvisamente, quasi cancella ogni traccia della tensione alimentata in una vita intera.
È questo esito disarmante e drammatico che Paolo cerca di farci comprendere per poterlo evitare, ricentrando il nostro sguardo sulla pienezza di vita che sappiamo riconoscere se uniti a Cristo vivo.

domenica 29 agosto 2021

Puro o impuro ... Ma è il nostro cuore

Dt 4,1-2.6-8; Sal 14; Gc 1,17-18.21-27; Mc 7,1-8.14-15.21-23


Domenica scorsa il papa all'Angelus ha detto: "Gesù afferma che il vero pane della salvezza, che trasmette la vita eterna, è la sua stessa carne; che per entrare in comunione con Dio, prima di osservare delle leggi o soddisfare dei precetti religiosi, occorre vivere una relazione reale e concreta con Lui. Questo significa che non bisogna inseguire Dio in sogni e immagini di grandezza e di potenza, ma bisogna riconoscerlo nell’umanità di Gesù e, di conseguenza, in quella dei fratelli e delle sorelle che incontriamo sulla strada della vita".
Dal discorso di Gesù sul pane del cielo che dona la vera vita, papa Francesco ci porta alle conseguenze dell'eucaristia (il pane del cielo) nella nostra vita di oggi.
Da queste parole sorge un evidente sospetto: Dio padre è nella umanità di Gesù ... e di conseguenza in quella dei miei fratelli e nella mia. Allora la mia umanità è veramente lo scrigno del mistero del Dio incarnato; e il mio cuore quindi rappresenta veramente la porta per introdurmi al cospetto dell'onnipotente?
Da un sospetto a un dramma! Ma se il mio cuore è di pietra, se il mio cuore è indurito ... Quale casa trova Dio in me da abitare, quale umanità è riempita di mistero?
Credo che effettivamente questo discorso ci debba mettere tutti in crisi ... Noi che il più delle volte ci limitiamo a vivere la superficie della fede - osservare dei precetti -, la superficie delle relazioni - buon giorno, buona sera ... Tutto bene ... -, la superficie dei sentimenti - ti voglio bene ... ma poi concretamente cosa vuol dire?-.
Ciò che ci impedisce di mangiare e gustare "il pane" che ci dona la vita vera, e di vivere l'eucaristia nel nostro quotidiano è il nostro essere asserviti delle norme, ai precetti morali, ma senza lasciarci toccare minimamente dall'esperienza di amare. In altre parole: Il nostro cuore (noi stessi) indurito, schiavo dell'egoismo, può anche fare delle belle liturgie, senza però vivere ciò che celebra. Il grande pericolo, per i credenti di ogni tempo, è di vivere una religione dal cuore lontano e assente, nutrita di pratiche esteriori, fatta di formule e riti; che si compiace dell’incenso, della musica, degli ori delle liturgie, ma non sa soccorrere gli orfani e le vedove, non si commuove per gli afgani, come non si preoccupa dei migranti dell'Africa o dei terremotati di Haiti.
Il cuore di pietra, il cuore lontano insensibile all'uomo, è la malattia che il Signore più teme e combatte. Il vero peccato che commettiamo è l'indifferenza, cioè il rifiuto di partecipare al dolore dell’altro.
Ciò che Gesù ci propone con il Vangelo è il ritorno al cuore, una religione dell’interiorità: "Non c’è nulla fuori dall’uomo che entrando in lui possa renderlo impuro, sono invece le cose che escono dal cuore dell’uomo…"
Per rieducare il nostro stile di vita credente, anche oggi possiamo accompagnarci con tre parole: impurità, interiorità e cuore.
Per capire L'impurità partiamo dal concetto opposto, cosa è la purezza per Gesù? Non è di certo quella che pensano Scribi e Farisei ... La purezza del cuore non si ottiene con un rito. La purezza del cuore è la verità del nostro pensare - il bene dei fratelli -, il giudicare - comprendere senza puntare il dito - e amare - in concreto a partire dalla benevolenza, cioè vedere il bene.
La purezza del cuore è la condizione che più ci avvicina e ci lega al mistero del Dio incarnato, perché l'esondazione di amore divino che è l'incarnazione, ci provoca a desiderare la purezza del cuore. La purezza è come una benedizione continua nella vita dell'uomo, nel suo corpo, nella sua sessualità e nei suoi sentimenti ...
Mentre l'impurità è - come dice Gesù - tutto ciò che noi siamo capaci di generare dal nostro cuore, come realtà tossica. Ebbene sì, noi possiamo anche generare un amore tossico, capace e di spegnere e uccidere il vero amore. Siamo capaci di generare pensiero distorti, pur di giustificare e nostre bramosie, i nostri desideri e appetiti. Il nostro cuore può generare l'odio, la gelosia, l'arroganza, cioè, ciò che rende la nostra umanità disumana.
L'interiorità, come Gesù richiama quando ci dice da dentro e non da fuori ... rappresenta lo sguardo attento e costante al nostro cuore. Nell'interiorità avviene il cambiamento dei pensieri, l'educazione dei sentimenti la crescita nell'amore. Nell'interiorità il Vangelo, ogni giorno è capace di rigenerare nell'amore anche solo una piccola durezza o fragilità. Ecco allora che a partire dall'interiorità del cuore riesco a prendermi cura di me stesso e dei miei fratelli.
Ecco che il cuore - terza parola - è cosa molto seria, molto importante. Ciascuno faccia attenzione alle fibrillazioni - le accelerazioni legate alla istintività, quegli scatti impulsivi capaci di causare tanto danno -; attenzione alla durezza che è una sclerosi cardiaca - una rigidità che ci rende insensibili incapaci di compassione -; attenzione agli infarti - i blocchi dai quali non ci riprendiamo e che si rivelano fatali ... Irrimediabili per la nostra esistenza, anche cristiana.








Inviato da iPad

sabato 28 agosto 2021

L'amore fraterno secondo Paolo.

1 Tessalonicesi 4,9-11 e Matteo 25,14-30


"Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato" (Gv 15,12), rappresenta il comandamento nuovo, che Gesù secondo Giovanni, affida ai discepoli nel contesto dei discorsi dell'ultima cena. Nella visione complessiva delle ultime volontà, quasi un vero e proprio testamento, il comandamento ne esprime la modalità di attuazione, il vertice e la sintesi.
Non è allora fuori luogo allora per Paolo, appellarsi a questo amore, come condizione che già appartiene alla comunità dei Tessalonicesi, al punto che per Paolo è superfluo trattarne: "riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva".
Ma se pure ciò fosse vero, Paolo mette in evidenza come nell'amore fraterno occorre crescere costantemente, non va mai dato per scontato, o per raggiunto. L'amore fraterno va costantemente alimentato e custodito. Per Paolo la crescita nell'amore fraterno non è questione intellettuale o sentimentale; si cresce nell'amare attraverso l'esperienza di amore. Ecco allora tre raccomandazioni paoline che non sono per nulla ovvietà:
- fare il possibile per vivere in pace: il senso in lingua greca sarebbe quello di impegnarci attivamente ad avere una vita tranquilla. Una raccomandazione strana, ma a pensarci bene necessaria; come è infatti possibile amare i fratelli se la mia vita è disordinata, caotica o sconvolta, come avrò mai occhi, attenzione e cuore per loro se io stesso non ho serenità in me? Ecco che l'auto disciplina nell'amarmi, mi permette di amare meglio il prossimo.
- occuparvi delle vostre cose: non certo in senso egoistico o di autoreferenzialità, Paolo scrive questo. In altre parole, dovremmo curare le varie responsabilità che Dio ci ha dato nella vita, ed è in questa cura che scopriremo anche la benevolenza come condizione di cui prenderci cura in modo concreto; la concretezza del volere bene all'altro.
- lavorare con le vostre mani: L’idea è quella di non essere pigri, ma di essere diligenti nel nostro lavoro, non certo per raggiungere un fine o una retribuzione, ma come per scopre nel lavorare, nell'agire, lo spazio dell'agire di Dio attraverso le nostre mani. Come è bello allora riuscire a fare, gratuitamente, qualcosa per un fratello, per l'altro.

venerdì 27 agosto 2021

Una bella morale

1 Tessalonicesi 4,1-8 e Matteo 25,1-13


Per Paolo la santificazione della corpo, coinvolge tutta la dimensione psico-fisica della persona.
Oggi in una realtà che vive profondamente la distanza da di Dio, la cui volontà sembra principalmente una limitazione alla libertà personale, mentre tende ad esaltare ogni libertà e compiere ogni cosa, superando gli anacronismi della "purezza del corpo", fino al punto di tollerare o vivere la normalità della "fornicazione" (parola per i più incomprensibile), che senso ha proporre la santificazione del corpo?
Dobbiamo liberarci del formalismo morale a vantaggio di una visione che possa accogliere la santificazione dl corpo come camino che realizza la volontà di Dio.
Dice Paolo: "come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più".
La santificazione non è una limitazione attraverso norme morali che avvallano la purezza del corpo, ma essa corrisponde a una crescita in umanità e in tutti gli ambiti della persona. Le dimensioni, corporee, affettive, psicologiche, sessuali e anche genitali, per un discepolo di Gesù sono coinvolte in un percorso di maturazione e di crescita, in ordine all esperienza di amare. Non si tratta semplicemente di astensione da atti e abitudini, ma di interiorizzare la vera possibilità che l'amare apre nella vita cristiana.
Dio chiamandoci alla santificazione immette in noi la vocazione alla purezza come cammino di crescita umana nella possibilità di amare. Non leggiamo questa lettera, solo con la consueta mentalità dei farisei e di coloro che risolvono tutto sotto l'aspetto del moralismo. La santificazione del corpo è invece un vero percorso e processo morale.


giovedì 26 agosto 2021

Una catechesi reale sull'amore

1 Tessalonicesi 3,7-13 e Matteo 24,42-51


Paolo si trovava ad Atene e preferisce mandare Sila e Timoteo a prendersi cura dei credenti delle varie chiese. Per questo, Paolo, separato da loro, non potendo ritornare a trovarli, desidera tanto sapere loro notizie, e voleva tanto aiutarli in qualche modo, e quindi scrive la lettera.
Egli dopo averli esortati ad accogliere il Vangelo, ne va subito al cuore: l’insegnamento di Dio è chiaro, e l’esempio di Cristo è chiarissimo: quale esperienza di amore vive la comunità?
Sappiamo bene che questo insegnamento e quell'esempio vanno contro la mentalità del mondo, e che non corrispondono alla nostra natura umana. Noi che siamo egosti, vogliamo cercare quello che va a nostro vantaggio, cerchiamo il nostro interesse, e il mondo ci incoraggia a essere così.
Allora come dobbiamo fare? Come possiamo amare come dovremmo? Come possiamo superare la nostra tendenza naturale ad essere egoisti?
Fermiamoci a riflettere su tutto quel che Cristo ha fatto per noi, su ciò che rappresenta per noi. Seguiamo le orme di Cristo, e scopriremo la forza del bene per altri.
Paolo si propone come esempio, di amore e di cura da imitare: un amore che è costoso.
In quale modo siamo provocati dall'amore di Paolo per i Tessalonicesi?
1) amiamo abbastanza per parlare di Cristo, colui che ha dato tutto per salvarci?
2) il nostro amore ci porta ad avere gioia e ringraziamento per gli altri?
3) il nostro amore ci spinge a pregare per gli altri?

mercoledì 25 agosto 2021

Vi abbiamo donato la parola di Dio

1 Tessalonicesi 2,9-13 e Matteo 23,27-32


Di fronte ai Tessalonicesi, Paolo era stato accusato di non essere un uomo di Dio, ed è per queste accuse che Paolo mette in evidenza la sua azione missionaria e il suo modo di agire, privo di interessi personali. Paolo vuole mettere in risalto la sua esperienza egli si sente  un vero uomo di Dio, e ogni suo intento era rivolto ad annunciare il Vangelo di Cristo.
Diversamente da altre situazioni, Paolo si difende dalle accuse, per infondere nei Tessalonicesi il desiderio di vivere e credere le verità che egli ha loro insegnato.
Nello stesso modo in cui i Tessalonicesi si fidarono di Paolo, noi oggi possiamo fidarci della Paola di Dio. Sappiamo mettere in sintonia e contatto la nostra vita e la quotidianità con la parola di Dio che abbiamo ricevuto? Sappiamo comprendere la Parola dentro ciò che accade oggi? Perché per un credente la cosa importante è confrontare tutto con la Parola di Dio. Tenendo presente, sempre, che Gesù Cristo ha dato tutto per noi attraverso e per mezzo di quella Parola, vissuta è custodita da coloro che ne furono Testimoni.