martedì 30 novembre 2021

La nostra vocazione è dentro quella di Simone e Andrea

Romani 10,9-18 e Matteo 4,18-22


La Parola oggi ci provoca e coinvolge, ci immerge in una particolare attenzione al senso profondo della “chiamata”, e alla sua dimensione relazionale. Siamo tutti persone chiamate ... Chiamate con tutto ciò che è la nostra vita.

A partire da questi fatti di Galilea,  tutto il vangelo tesse come un ordito il cammino di Gesù, sul quale si inserisce il nostro camminare oggi nella storia.

È importante allora che oggi anche noi ci sentiamo coinvolti da quella stessa amicizia che inizia sul lago, e che non ci scandalizziamo se a volte sbagliamo molto e altre tutto ... e, come i discepoli che non capiscono, ugualmente fanno posto a Gesù nella loro casa e a seguire, nella loro vita.
Ecco che il cuore del brano è molto chiaro: è seguire Gesù.
E seguire Gesù oggi, è il centro della fede cristiana. Il cristianesimo si può ridurre in 
un termine solo, per quel che riguarda il suo oggetto: Gesù. E una parola sola per quanto riguarda il nostro rapporto con lui: seguire.
È seguendo lui che la fede diventa realtà, diventa rapporto personale con lui: una amicizia affascinante che diventa fede concreta, perché capisci e comprendi che è proprio nel seguire Gesù che si realizza tutto.

lunedì 29 novembre 2021

Verranno da oriente e da occidente

Isaia 4,2-6 e Matteo 8,5-11


Nel Vangelo che abbiamo appena letto risuona di una bellissima espressione: "Da oriente e da occidente."
Dice Gesù che molti verranno dall'Oriente al l'occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli.
È con questo sguardo che oggi possiamo guardare all'orizzonte e all'inizio di questo giorno chiederci chi verrà a sedere alla mensa del Regno? Chi si muoverà da oriente a occidente?
Da dove ci aspettiamo arriveranno coloro che credono.
Fuori dai soliti circuiti di gruppi e associazioni, fuori dal mondo benpensante e convenzionale ...
L'avvento ci prepara ancora una volta allo stupore di un Dio che si rende accessibile, che viene per farsi incontrare.
Un Dio che è riconosciuto proprio da coloro che tutti pensavano essere lontani e senza fede.
Un Dio incontrabile da chi - come il Centurione - ha a cuore un suo servo, lo tratta come se fosse un figlio, un amico carissimo.
Rompe gli stereotipi, allarga gli orizzonti, ci obbliga a ridefinire il concetto stesso di appartenenza. Cosa significa essere cristiani, appartenere alla Chiesa cattolica.
In questo tempo nuovo per la Chiesa, tempo in cui dobbiamo uscire dal pantano dell'abitudine e della troppe cose date per scontate stiamo attenti a non sentirci a posto, cattolici di lungo corso, credenti per tradizione e abitudine.
I tempi nuovi che stiamo vivendo ci obbligano a stare all'erta, a riscoprire seriamente la nostra fede. Prendendo a modello proprio il centurione pagano.

domenica 28 novembre 2021

Svegliati, alzati!

Ger 33,14-16; Sal 24; 1 Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34-36


Con questa domenica inizia il tempo liturgico dell'Avvento. A volte si ha l'impressione che il tempo liturgico sia una fetta di calendario, da colorare, in questo caso di Viola, ma in realtà è l'occasione per tutti i discepoli di Gesù di colorare di Viola la vita, cioè di attesa, di cammino, di prospettiva, di scoperta, di desiderio e di luce, quella vera che è Cristo Signore. Per cui il tempo di Avvento inizia con una domanda specifica: "svegliati, è tempo di alzarti e agire! Prendi in mano la vita cammina nel cambiamento, nella conversione!" Ecco allora che l'Avvento è il tempo in cui riscoprire l'essenziale della vita, cioè incontrare Cristo nei fratelli. Non è questo che Paolo ha chiesto ai credenti delle sue comunità e per tutti: "Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti,".
L’Avvento è quindi più di una liturgia ma è il tempo in cui accogliere il Signore che fa di tutto per esserci vicino nelle esperienze dell'amore fraterno.
Ecco allora che il discepolo di Gesù fa del tempo quotidiano il suo tempo di Avvento!
Ed è in questo quotidiano, spesso denso di nebbia fitta e dove il buio ci limita nel nostro agire, abbiamo assoluto bisogno di ritrovare quella luce che illumina la vita.
C'è troppa tenebra in giro; troppa sofferenza; troppa indifferenza; troppo egoismo; troppa fame di amore ... Non è bene se ci stiamo abituando a tutto questo grigiore con quella rilassatezza che spegne la speranza, il coraggio e l'azione.
Non fermiamoci a chiedere: "Signore, dove è la promessa di bene che hai fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda?"
"Signore, dove fiorisce il germoglio, il virgulto di Davide perché non sia solo una memoria di un tempo passato?"
Il papa ai giovani nella lettera di domenica scorsa, chiede di alzarsi e di non restare nella noia e nella pigrizia. Ma non è la stessa cosa che il Vangelo ci chiede oggi quando Gesù ci dice: "State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso".
Il nostro risveglio cristiano è frutto e conseguenza di un alzarsi dalla prostrazione per testimoniare ancora il nostro incontro personale con il Signore. Allora...
Alzati! Non puoi rimanere a terra a “piangerti addosso”, c’è una missione che ti attende!
Il nostro avvento sia un alzarsi, un vegliare per andare incontro al Signore, la vera nostra luce, la luce del mondo!
Questa nostra tensione, e speranza è vera anche dentro la drammaticità degli eventi. Cosi come il Vangelo mette in relazione la venuta del "Figlio dell'uomo" allo sconvolgimento del cosmo e alla drammaticità degli eventi sulla terra, nello stesso modo dobbiamo reagire alla fatica del momento presente con la fede di chi sa bene che Gesù è venuto, viene e verrà, e che tutto gli appartiene: passato, presente e futuro. Il Signore abita e solca le nubi del cielo di questa nostra storia attuale con la potenza del suo amore che converte e che ispira quel cambiamento che solo redime la nostra vita. L'amore del fratello converte le relazioni e le rende umane; l'amore al creato rinnova la nostra responsabilità di custodi e non di predatori dell'opera di Dio; l'amore di Dio ci riconcilia con noi stessi e vi converte al gusto delle realtà eterne, che sono per sempre. Ecco che in questo nostro cambiare vediamo  il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria; ecco allora ... risolleviamoci e alziamo il capo perché la liberazione - cioè la nostra gioia e pienezza di eternità - è vicina.

sabato 27 novembre 2021

Si terrà poi il giudizio ...

Daniele 7,15-27 e Luca 21,34-36


Dopo la visione delle bestie, il libro di Daniele ci racconta che furono collocati dei troni dai quali i vegliardi giudicheranno la storia umana. Su uno di quei troni, siede il Giudice Supremo, chiamato Anziano di Giorni, nome che significa colui che rimane per sempre, l’eterno, chi esisteva prima e esisterà dopo che tutti i regni mondani saranno passati. È lui il Lui il giudice definitivo delle nazioni. Gli altri troni si capisce che saranno i santi a occuparli per giudicare con Dio la storia, perché erano rimasti fedeli fino al martirio mentre le quattro bestie, i regni mondani hanno sfidato l’autorità divina. Dio giudica la terra, si aprono i libri e si toglie ai regni precedenti ogni autorità, poi ordina e istaura un quinto regno per i santi. È di fronte a queste visioni che Daniele si interroga sul significato, la verità di quelle visioni. Il desiderio di sapere, di comprendere e di prevenire, accompagna costantemente il cuore umano, attraversato da incertezza fragilità e limite. Nel continuo del racconto si colloca allora la spiegazione delle visioni, ma lo sguardo che si genera supera la puntualità dell'immagine. L’immagine dominante è quella del giudizio e del giudice, come compimento di tutto ciò che accade, il giudice garantisce la giustizia sulla terra, questo serve a dare fiducia e speranza ai santi in mezzo alle difficoltà e angosce dei tempi di persecuzione e afflizione.


venerdì 26 novembre 2021

La bestia ... Come la pandemia

Daniele 7,2-14 e Luca 21,29-33


Continuando la lettura di Daniele, la visione delle quattro bestie, cresce l'immaginario e anche l'identificazione che certamente lungo i secoli è stata attribuita. Le bestie rappresentano il dominio e il potere di quattro regni che si sono succeduti nel Medio Oriente e di cui è stato testimone il popolo d'Israele nel suo cammino faticoso: il leone che rappresenta Babilonia, l'orso che rappresenta il popolo della Media, il leopardo con quattro teste che è simbolo dei Persiani che scrutano in ogni direzione in cerca della preda, la quarta bestia, un mostro terribile, che richiama il regno di Alessandro Magno e dei suoi successori. Ma oltre a questa attribuzione la bestia riassume e rappresenta la nostra impotenza, fragilità e limite: la stessa pandemia che oggi viviamo,da molti è stata definita "la bestia". Credo che l'immagine non sia solo una visione apocalittica, con un retroterra legato agli avvenimenti della successione della storia, ma apra alla comprensione del tempo come luogo dell'operosità dell'uomo e della giustizia di Dio.
Poi, all'orizzonte, non dimentichiamocene, appare uno, simile a un "figlio d'uomo" che scende dalle nubi, perciò non viene dal caos, dall'abisso ma dal cielo, ed è portatore di speranza e di accoglienza: egli porterà finalmente la pace ed il benessere. Il tempo della bestia non è per sempre.

giovedì 25 novembre 2021

Egli salva e libera ...

Daniele 6,12-28 e Luca 21,20-28


La lettura di Daniele, pur se molto lunga resta un capolavoro di narrazione, dove gli eventi, le vicende personali e la fede si intrecciano; i dialoghi non sono semplicemente logici, ma vogliono affermare che il Dio di Israele - che non ha abbandonato il suo popolo nell'esilio babilonese - si rende pienamente manifesto attraverso la fedeltà di Daniele definito dal re: "servo del Dio vivente". Vivere nella fedeltà del servizio a Dio significa avere quella perseveranza che è propria di chi vive il presente, con tutta la sua "gravità" di buono e di prove, ma ugualmente ci si prepara alla "liberazione che è vicina".

Daniele diviene per tutti un esempio di coraggio e di coerenza. Ancora una volta la sua fede viene messa a dura prova, ma lui appare imperturbabile, perseverante.

Quali sono le caratteristiche di un credente che serve Dio con perseveranza?

Certamente la testimonianza che non nasconde la fede... Quanti di noi avrebbero pregato lo stesso? Quanti avrebbero trovato delle buone ragioni per non farlo?

La serenità come conseguenza della fede, essi sono come il monte Sion è stabile per sempre.

La “prova” non coglie Daniele impreparato, che è il maggior pericolo di essere travolti dalle circostanze.

La perseveranza porta già in sé la certezza che il nostro Dio è il Dio vivente,

che rimane in eterno; il suo regno non sarà mai distrutto e il suo potere non avrà mai fine.

Egli salva e libera ...

mercoledì 24 novembre 2021

Contato, pesato, diviso

Daniele 5,1-6.13-14.16-17.23-28 e Luca 21,12-19


Il quinto capitolo di Daniele - attraverso il sogno e la sua interpretazione - descrive la fine di un impero. Il primo dei quattro regni del sogno di Nabucodonosor finisce in una notte, mentre si consuma un banchetto dissacratore, di ciò che rappresentava la presenza di Dio nella fede di un popolo: "Furono quindi portati i vasi d’oro, che erano stati asportati dal tempio di Dio a Gerusalemme, e il re, i suoi dignitari, le sue mogli e le sue concubine li usarono per bere".
Dio è oltraggiato è offeso in quel banchetto sacrilego, ma ugualmente interviene nel segno della mano che scrive sul muro per ridurre l'orgoglio e l'ambizione del re di Babilonia. Daniele viene interpellato per interpretare il significato delle tre parole; rifiuta ogni compenso promesso, e con risolutezza ne svela il senso: "contato, pesato, diviso".
Tutti cerchiamo di sottrarci alla valutazione di quel che siamo e facciamo, ma prima o poi arriva il momento in cui si fanno i conti. Non è necessario credere in un Dio giudice per capire l'importanza del render conto.
Signore, aiutaci a capire cosa dà spessore alla nostra vita. Aiutaci a combattere la superficialità, la presunzione, il narcisismo e tutto quello che non ci permette di fare verità con noi stessi, che non ci permette di vivere il dono che siamo e abbiamo come sollecitazione alla condivisione e alla responsabilità.