lunedì 28 febbraio 2022

"Caro" egoismo (egoista)

1 Pietro 1,3-9 e Marco 10,17-27


Lo sguardo di Gesù non è solo amore incondizionato per quel tale, ma è una proposta, un progetto di vita una chiamata speciale a seguirlo. È un invito, rivolto a tutti noi a spogliarci dei nostri egoismi per entrare in quella logica nuova di un amore capace di donare anche la vita stessa. Anzi ancora più chiaramente, Gesù ci dice di arrenderci all'idea di amare, di iniziare a mettere da parte rancori e preconcetti e in quel mentre cadranno tutti i nostri egoismi, ci si sentirà spogliati e nello stesso momento rivestiti dall'amore.
La radice del nostro egoismo è l'io, nel suo difendersi, nel suo proporsi, nel suo essere punto di partenza dei sentimenti, dei progetti e delle attese. L'egoismo non è un difetto generico, ma è rivelazione del nostro originario esistenziale: l'egoismo corrisponde al nostro nascere soli, corrisponde alla nostra solitudine creaturale; l'egoismo è esclusione dell'altro dallo spazio della mia persona. Nelle parole di Gesù, nel fare riemergere la via dei comandamenti, il Signore accompagna quel tale (anche noi) nel superamento dell'egoismo attraverso la vera esperienza di amare ed essere amato. Solo amando si supera e vince l'egoismo cioè la solitudine esistenziale. Quel tale se ne andò triste ... Rimase attaccato, vincolato alla sua solitudine, l'egoismo era la sua ricchezza più cara.

domenica 27 febbraio 2022

È necessario sovrabbondare

Sir 27,5-8; Sal 91; 1 Cor 15,54-58; Lc 6,39-45


Come stare di fronte a questo Vangelo?
A un primo sguardo sembrerebbe un approccio morale alla nostra vita, al nostro stile, per cui:
- sei così privo di luce da condurre fuori strada i tuoi fratelli?
- sei così ipocrita da giustificare la tua trave e giudicare la pagliuzza del fratello? Che cosa è quel piacere maligno che provi nel ricercare ed evidenziare il punto debole dell’altro, a godere dei suoi difetti.
- non sai offrire il frutto del tuo albero? Non è che sai produrre solo frutti acerbi e non commestibili? Dio non cerca un albero senza difetti, ma gode dell'albero i cui rami sono piegati per i molti frutti buoni.
- perché trattieni il tuo tesoro in una avarizia tale che nessuno può averne beneficio? La vita è il tuo vero tesoro, ma non è solo per te stesso, essa è al servizio della vita di tutti i fratelli.
Se questa pagina di Vangelo fosse solo un richiamo moraleggiante a una etica rigorosa, il rapporto con questa parola si esaurisce in un atto di accusa a cui non potrebbe seguire se non una triste incapacità di corrispondere a una attesa che ci risulta impossibile. Ma alla fine delle parabole di Gesù c'è una espressione che provoca in un modo accattivante: "La bocca, infatti esprime la sovrabbondanza del cuore" ... Di quale sovrabbondanza si tratta, di cosa è fatta?
E se il Vangelo non fosse una semplice esortazione moraleggiante, quanto invece un invito a coltivare, a ricercare la sovrabbondanza del cuore a cui ciascuno può dare voce con la propria bocca?
Che cosa è questa sovrabbondanza? Credo che sia la nostra quotidianità, da immaginare come se fosse la nostra "bottega artigiana", in questa bottega possono accadere cose stupende; alla fine dal nostro costante e impegnativo "lavoro" può venire fuori una espressione nuova della nostra umanità. Possiamo essere uomini e donne nuovi, non solo migliori, ma completamente rinnovati dall'incontro con Gesù.
La nostra umanità è tutto ciò che poniamo sul banco di lavoro della nostra esistenza quotidiana. Le nostre mani possono cesellare, modificare, plasmare la nostra materia umana per farne il meglio che si può!
Seguendo il magistero di Papa Francesco, possiamo intuire quale grande responsabilità e opportunità ci è affidata, e come tutto questo si scontra e confronta insieme, con i nostri limiti e le nostre rigidità marmoree.
Papa Francesco ci invita a guardare a Gesù e fare della sua esperienza quotidiana il nostro itinerario nell'umano.
Ecco allora che siamo chiamati sempre di più a un vivere il quotidiano fatto di accoglienza, condivisione, ascolto fraterno, di vicinanza, mostrando così con i fatti la bellezza e la forza dell'immagine del figlio di Dio attraverso la nostra umanità. Da queste parole siamo incoraggiati a offrire le nostre energie, il nostro impegno a chi è nel bisogno e farci artefici di relazioni vere e sincere.
Il punto di partenza per la novità del nostro quotidiano vivere non è un itinerario di introspezione, o un giochetto di psicologia spirituale, ma il nostro battesimo, si parte dall'essere inseriti e uniti a Cristo; in quell'acqua Lui si è fatto accanto a noi; la sua luce ci permette di vedere e la sua vita che ci apre la possibilità di dare alla nostra esistenza la pienezza del per sempre.
Il nostro cammino quotidiano si colora della speranza della fede, e non è una speculazione intellettuale, ma un vero itinerario esistenziale accompagnato dalla sua Parola, ispirati dalla sua gioia, aperti all'attesa futura come condizione che si concretizza nel fare del bene e rifiutare il male e l'egoismo.
Questo Vangelo non è l'elenco delle nostre imperfezioni e dei nostri limiti ma ci introduce nella bottega umana in cui lavorare il dono di vita che noi siamo, generando frutti abbondanti, e oggi di fronte alla storia che viviamo ci invita a produrre sovrabbondanti frutti di pace:
261 "Fratelli tutti": Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. (...) Consideriamo la verità delle vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace. Possa il mondo, per la nostra sovrabbondanza di frutti, trovare la pace. 

sabato 26 febbraio 2022

Non solo bambini, non solo piccoli

Giacomo 5,13-20 e Marco 10,13-16


Una pagina di tenerezza. Ciascuno la comprende, la capisce e la desidera. Ciascuno rincorre i ricordi del suo essere bambino, forse anche Gesù stesso ripercorre la sua vicenda personale, il rapporto affettuoso con Giuseppe e Maria, e ora il suo essere figlio rispetto a Suo Padre, Dio. Dobbiamo tutti ricordate le carezze ricevute, l'affetto gratuito che inondava il cuore, la gioia di sentirsi tra le braccia di babbo e mamma ... È una immagine densa di emozioni, di amorevolezza, di nostalgia. Ma non può essere solo passato, essa è indicazione nel presente perché spetta a noi essere tenerezza, carezzare affetto per tutti coloro che ora sono i piccoli del regno di Dio. È una proposta per il futuro; è un seminare ora l'amorevolezza che porterà frutto nel tempo che verrà. Come abbiamo sperimentato il tradimento della tenerezza verso i piccoli, che ora mostra tutta la sua atroce durezza, il suo essere male per tutto il corpo che è la Chiesa, ora comprendiamo la profondità degli atteggiamenti di Gesù e della proposta che pone di fronte a tutti: lasciare emergere l'apertura del cuore, capace di accogliere e donare insieme: accogliere nei piccoli il mistero del regno che a tutti appartiene e donare tenerezza e amore, condizione indispensabile per crescere in umanità. Per crescere i piccoli ... Per fare crescere anche noi ...

venerdì 25 febbraio 2022

Per la durezza del nostro cuore

Giacomo 5,9-12 e Marco 10,1-12


È la durezza del cuore che conduce all'infedeltà al tradimento, fino a decretare anche un adulterio. I discepoli si collocano nel ragionamento giuridico del "cosa" e del "come", ma Gesù senza entrare in un merito specifico della disposizione di legge, pone l'accento sulla durezza del cuore, come condizione che annulla un principio, un inizio in cui il desiderio di Dio corrispondeva al desiderio di amore e fedeltà che l'uomo e la donna realizzano nel loro amore vicendevole. L'espressione "è lecito", pone la domanda nell'ordine del dubbio, quasi a ricercare una legittimazione, pur nella consapevolezza di essere di fronte ad un adattamento per giustificare la nostra fragilità e le nostre infedeltà. Ciò che viene messo in discussione è il valore assoluto dell’amore; i farisei provano di giustificarsi con l'uso distorto della legge rispetto a ciò Gesù esprime come condizione di sostanza dell'amore. La fedeltà all'amore e all'amarsi non è questione di centimetri, di numeri, di cose permesse o vietate, ma questione di dignità di un rapporto vissuto nella sua esclusività, che in quanto tale si offre come indissolubile e fedele, come appunto l'amore di Dio verso l’umanità a partire dall’inizio della creazione.

giovedì 24 febbraio 2022

Momenti di luce

Giacomo 5,1-6 e Marco 9,41-50

Fosse facile togliere ciò che è di inciampo nella nostra vita. Una lettura diretta del Vangelo di oggi dice di sradicare da noi la mano, il piede e l'occhio, quando viene messa in discussione la nostra capacità di entrare in contatto e relazione con gli altri; quando il nostro camminare non conduce alla meta; quando il vedere non penetra nel profondo.
Ma questo triplice "scandalo" è ciò che genera impedimento alla nostra testimonianza e diventa un danno per i nostri fratelli, per i piccoli che guardano a ciascuno di noi, in attesa di comprendere le nostre scelte di vita e nel tentativo di maturarne delle loro.
Ecco con una immagine fortissima e ad effetto: Gesù dice che sarebbe meglio gettarsi nel mare con una macina al collo, quando si è in tali situazioni.

Ma quella macina è una provocazione, per l'enormità di ciò che causa nel nostro stile di vita. Credo che il Vangelo sia prima di tutto un invito a ricercare quella luce interiore che colloca nella giusta connessione e posizione la mano, il piede e l'occhio. La prospettiva del Vangelo non è mai distruttiva, se non nella possibilità che tutto si rigenera nella vita nuova. 

mercoledì 23 febbraio 2022

Come i bollini delle banane

Giacomo 4,13-17 e Marco 9,38-40


La tentazione è veramente forte, quella di mettere una etichetta a ciò che facciamo. Questo stile, della serie "io sono di Paolo, io di Cefa e io di Apollo ...", dilaga proprio all'interno della Chiesa e nei vari progetti pastorali che hanno rilevanza e visibilità.
Siamo di fronte a tristi rivendicazioni di ruolo, espressioni muscolari di una presenzialità che esprime solo la nostra fragilità e inconsistenza; ci affidiamo molto alle nostre sbandierate possibilità piuttosto che impiegarci e dissolverci nel realizzare il regno di Dio.
È possibile che una appartenenza non diventi motivo di identificazione e di pretesa! Diversamente sembra quasi di essere nella condizione di mettere il bollino sulle banane!

Ma dal Vangelo, le parole di Gesù sono esplicite nello smascherare una tentazione che era presente anche intorno a lui. Ma è proprio lui, il giovane maestro di Galilea, in fasce crescente di popolarità, a suggerirci che il bene non ha patenti, non ha corsie preferenziali. Il discepolo, seguendo le parole del maestro, deve preoccuparsi di vivere ed agire in quella misericordia, ossia nella vicinanza di Dio a partire dalla vicinanza a Gesù, è questo stile che supera i protagonismi sterili e le inutili identificazioni, tra bravi e più bravi.

martedì 22 febbraio 2022

Ma la Chiesa può cambiare?

1 Pt 5,1-4 e Matteo 16,13-19


La domanda sull’identità di Cristo non può essere una domanda generica, o addirittura retorica, perché in realtà quella domanda ci interpella nel momento in cui ci mettiamo davanti al Signore e cerchiamo di capire cosa lui centri con la nostra vita di tutti i giorni.
La risposta di Pietro ci introduce in un rapporto personale e sincero: il riconoscimento in Gesù dell'unico suo assoluto: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
Riconoscere in Gesù il Cristo significa dire che Lui è centro e riferimento della vita presente, del nostro progettare il futuro e del destino di eternità che speriamo a partire proprio da Gesù. È in questo rapporto personale e generativo che nasce anche il nostro modo di percepire la Chiesa per ciò che è, e per ciò che rappresenta.
Oggi, in un contesto nel quale al parlare di Chiesa, ci si gira dall'altra parte, è importante capire che ogni cambiamento nella Chiesa non può essere una semplice riforma, ma un ripartire da quel vincolo che emerge tra la fede di Pietro in Gesù e l'affidargli e l'edificare in lui la Chiesa. Le richieste di cambiamento, che da più parti emergono, non sono provocatorie o rivoluzionarie, ma esprimono l'amore di Gesù e a Gesù, a partire dall'esperienza del cambiamento. La stabilità della Chiesa come la roccia, non va confusa con l'impassibilità o immutabilità, forse dobbiamo ricordarci che la Chiesa è in cammino ...