sabato 30 aprile 2022

La nostra paura ...

Atti 6,1-7 e Giovanni 6,16-21

Il segno del pane e del pesce sembrava aprire ad una prospettiva di successo e popolarità, invece è l'inizio del cammino di Gesù verso Gerusalemme, e verso la gloria del l'innalzamento della croce. È in questo svelamento che i discepoli fanno esperienza della paura, della prova e delle difficoltà: i discepoli sulla barca devono affrontare una tempesta di giudizi e di negatività che contraddistingue la loro missione. Ma proprio in quei momenti il Signore ci raggiunge nel cuore della notte e ci invita a non avere paura. Davanti ad ogni tempesta, personale o comunitaria, che cosa fare se non invocare l’aiuto del Signore che ci soccorre nel pieno della notte, nella paura più intensa e tenebrosa. La paura rappresenta il peggior nemico dell’amore e della fede. Quante volte Gesù ha detto ai discepoli di non avere timore? Di fronte alla paura Gesù ci suggerisce di reagire sempre! Bisogna vivere e non rimanere fermi in mezzo alla tempesta; occorre guidare la barca, prendere una direzione ed avere una meta, remare ...
"Ma egli disse loro: Sono io, non abbiate paura!" Queste sue parole si accostano sempre alle nostre paure; ascoltarlo e credere alla sua presenza nella nostra vita questo Lui ci garantisce nella paura .

venerdì 29 aprile 2022

Sapienza e conoscenza

1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 11,25-30

La nostra aridità, la nostra insensibilità, la nostra distrazione, ci impediscono di sentire come Dio si manifesta e si fa conoscere. Eppure, nella gioia stessa di Gesù, nella sua esultanza è possibile riconoscere come il Padre si rivelava a suo figlio, dentro quella esperienza straordinaria che era la sua natura umana. È infatti la natura umana di Gesù che esulta perché Dio si rivela nella piccolezza (ai piccoli), cioè agli umili, in coloro che si fanno piccoli per rendere grandi per amore i loro fratelli. È Gesù stesso che nel suo essere umile (piccolo) fa esperienza del Padre, della sua paternità, che è lo spazio in cui non solo si conosce Dio, ma si è da lui ristorati, confortati, accolti e amati. La nostra umiltà ci apre la vita, ci conduce nella vera sapienza. Esiste una falsa sapienza e falsa conoscenza di Dio che è la sapienza dell’autosufficiente, di colui che basta a se stesso; di chi nega l'importanza della relazione; di chi nega l’amore. In questo, siamo di fronte alla sapienza che distrugge la persona, una sapienza che sfocia nell’odio, dell’egoismo, nel vuoto, ma in questa sapienza Dio non si rivela, anzi si nasconde.

giovedì 28 aprile 2022

Libertà nell'amare

Atti 5,27-33 e Giovanni 3,31-36

Uno degli aspetti più belli nella vita di fede è la libertà. La libertà di fronte all'evidenza come di fronte al mistero. La nostra libertà per il Padre è cosa seria! Nessuno potrebbe negare che la libertà per Dio corrisponde al suo agire nell'amore.
Un agire per la nostra libertà che in Dio Padre trova eco e rispondenza nella crocifissione di Gesù, egli avrebbe potuto - come lo invitano a fare irridendolo i suoi aguzzini durante la Passione -, scendere e salvare sé stesso, e obbligandoci a credere in lui, ad amare lui; ma Gesù da testimonianza di un amore totale: l'amore della nostra libertà messa di  fronte alla possibilità di accogliere e amare colui che: "Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti".
Ecco che la misura della nostra libertà è l’amore testimoniato nella gratuità; nell'accoglienza di tutti; nelle scelte, negli atteggiamenti e negli stili di vita. Colui che è al di sopra di tutti, nulla impone di sè, neanche di corrispondere al suo amare. Questo è sconcertante, perché significa che l'amore per la nostra libertà, per Dio, è amore fino al sacrificio di sé stessi.

mercoledì 27 aprile 2022

C'è una luce che illumina

Atti 5,17-26 e Giovanni 3,16-21

Il dialogo tra Nicodemo e Gesù è tutt'altro che formale; Nicodemo mette in gioco tutto il suo desiderio di capire, di comprendere; Gesù guarda nel profondo del cuore di un fariseo; è in quell'incontro che si mostra la disponibilita ad amare e a essere amati. È da quell'incontro che Gesù prende per mano Nicodemo e comincia un cammino in cui centrale è l'esperienza di amare; dove la legge di Dio supera il giudizio, la giustizia e il condannare; per ricercare invece come realizzare la felicità.
Ecco che Gesù parla d’amore; dell’amore di Dio che ha donato il proprio Figlio per salvare il mondo; parla di un amore, che vuole proprio salvare il mondo attraverso di Lui.
Gesù non richiama l’obbedienza di una legge, non suggerisce una norma, ma ci richiama al fatto che un amore dato desidera essere corrisposto e che solo questo Dio vuole, nel rispetto della nostra libertà: cioè che noi accogliamo e abbracciamo la sua volontà di farci suoi figli.
Questo amore illumina la vita ... anche la nosrra ...

martedì 26 aprile 2022

Ma chi vuole realmente rinascere?

Atti 4,32-37 e Giovanni 3,7-15

Gesù dice a Nicodèmo (anche lui sarà sotto la croce): «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto, ...».Anche a noi, oggi, Gesù ripete le stesse identiche parole. Ma cosa significa questo rinascere? Questo alto?
Potremmo cogliere questa nuova nascita nel battesimo, ma per Nicodèmo e anche per noi, il battesimo segna solo l'inizio di questa vita nuova, che viene dall'alto. Credo di tratti di un alto più immediato non legato esclusivamente alla grazia sacramentale, quanto al desiderio.
Questo "alto", ha a che fare con Dio, con le verità di Dio, Gesù ne parla come di una realtà che gli appartiene. Lui infatti viene dall'alto, dal cielo; Gesù ci testimonia in questo essere dall'"alto" la sua relazione d’amore piena e gratuita con il Padre, dove tutto supera ogni misura umanamente accettabile.
Nicodemo resta incerto, titubante, meravigliato; pure noi, ma in più, sentiamo la distanza che la nostra esistenza umana porta in sé rispetto alla realtà del cielo.
Per nascere dall'alto occorre accettare di mettersi in gioco finanche a ridiscutere le nostre logiche e a sovvertire i nostri progetti. Non si può nascere dall'alto se si resta legati ciò che è in basso, sopratutto se ciò che é in basso ha per noi maggiore attrattiva rispetto all'esperienza di Gesù Cristo. Chi vuole salire al cielo - da dove Gesù viene a noi -, deve rinunciare alla tentazione di fare del mondo di quaggiù il proprio ambito di riuscita,  di potere e di superbia. Decliniamo questo concetto nel quotidiano e ci accorgeremo come è inizio di rinascita.

lunedì 25 aprile 2022

Amare nella prova e nel sacrificio

1 Pietro 5,5-14 e Marco16,15-20

Prima la pandemia e ora la guerra ...,  le nostre preghiere che sembrano non trovare breccia nel cuore di Dio. Dove sono oggi i prodigi che accompagnavano la fede di chi credeva?
Quale senso può avere oggi,  annunciare il vangelo della risurrezione quando è costante il disinteresse per il messaggio cristiano e l'abbandono della fede, vista ormai solo come retaggio bigotto di tempi passati.
Oggi come nel suo inizio, ciò che spinge a proclamare il Vangelo come tesoro di verità e come vera gioia, è l’amore per Gesù. Stare con Gesù: è questa la sorgente della fede! Non i segni straordinari. È la fede in Gesù che rende possibile il prodigioso e sopportabile ogni prova e sacrificio. Non  credere significa non fidarsi dell’amore del Padre. Un amore che trasforma il nostro amare, quando è capito e accolto nella vita. Credere significa non cedere alla tentazione del male: quella tentazione che ci fa dubitare della forza dell'amore. Non credere non è semplicemente frutto di un rifiuto, di una ostinata negazione, ma di una privazione. Chi non crede non riesce a fare esperienza di essere amato da Dio e non si capacita di fare dell'amore il principio primo della propria esistenza. É questa trasformazione nell'amore che ci eleva al cielo, come Gesù stesso è nel cielo.


domenica 24 aprile 2022

Dal racconto alla realtà

At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11.12-13.17-109; Gv 20,19-31

Quale é il senso delle Scritture che oggi abbiamo, letto anzi proclamato e ora, dopo avere ascoltato, ci apprestiamo ad attualizzare e interiorizzare?
Molti di noi, ascoltando questi brani, cercano risposte alle loro domande, altri pensano d'essere di fronte a racconti con un senso morale nascosto; altri ancora rileggono questi testi pensandoli frutto di fantasia dubbiosi sulla testimonianza della verità storica.
La Chiesa custodisce e insegna la verità rivelata contenuta nelle Sacre Scritture, proprio a partire da queste Parole, riconoscendo in esse non una forma espressiva perfetta, non sempre adeguata rispetto al mutare dei tempi, ma ugualmente capace di trasmettere una verità biblica, che è la vita stessa di Dio Padre, e che nella nostra umanità si è manifestata nell'incarnazione di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Per questo la Parola non va solo compresa, studiata e pregata, ma va riconosciuta e accolta in tutto il suo mistero, che va oltre alla forma che nel tempo l'ha graficamente fissata. Se la parola si fosse dovuta scrivere oggi, avremmo infatti i vangeli virtuali, e la digitalità segnerebbe certamente e diversamente la modalità espressiva, ma non la possibilità di comunicarsi della rivelazione.
Dopo questa premessa, forse ancora un poco fumosa nella mia testa, la liturgia della parola di questa domenica della divina misericordia, seconda dopo Pasqua, potrebbe essere percepita proprio all'insegna della incredulità circa ciò che vuole comunicarci.
Il raccontato nel Vangelo di Giovanni, rappresenta l'anello di congiunzione tra i primi discepoli che hanno visto il Risorto perché erano presenti e noi che non l’abbiamo visto, e che mai lo vedremo in quella realtà storica. Ma proprio per questo siamo coinvolti rispetto alla testimonianza del vangelo.
D’altronde tutta la nostra cultura si fonda sulla testimonianza altrui, e oggi vediamo quanto le testimonianze possono essere manipolate e possono condizionare la verità dei fatti. Per cui, ciò che imparo, lo imparo da altri, questo è il presupposto per affidarci a ciò che io mai sperimenterò.
Anche noi, tutti i giorni, siamo sollecitati e provocati a credere alla testimonianza di altri. Tommaso per principio non crede, vuol vedere e toccare di persona, egli rappresenta la nostra incredulità rispetto alla testimonianza.
Ecco allora che il vangelo non è una semplice narrazione, o una storia, ma questo vangelo vuole metterci di fronte a Gesù, che con la sua testimonianza e presenza reale, vuole rompere il muro dell’incredulità, che molto spesso noi stessi costruiamo, con la nostra invidia, autosufficiente superbia e autoreferenzialità.
C’è qualcosa di irripetibile in questo racconto quando diviene testimonianza di Gesù vivo e reale, che supera il racconto stesso per diventare anche la nostra realtà concreta, non virtuale o di fantasia.
Gesù venne e stette in mezzo a loro, come era al centro della loro paura, ora è in mezzo a noi. Lui sta al centro della comunità, nell'essere noi comunità tra di noi e con lui. Lui non accusa, non rimprovera, non abbandona, “ma sta in mezzo”, per essere concretamente pace e perdono. Quanto questo suo esserci tra noi, rappresenta l'unico e necessario del nostro mondo di oggi: pace e perdono. Ma come Tommaso, anche noi non crediamo a Gesù ... e lo vediamo nei tanti cristiani che in tutto il mondo non costruiscono la pace di Gesù.
"Pace a voi", é come una carezza sulle nostre paure, sui nostri sensi di colpa, sui sogni non raggiunti, sulla tristezza e sul male che scolora i nostri giorni. La Pasqua, non sono semplici “apparizioni del Risorto”, ma è l'incontro, con tutta la realtà nuova di Gesù vivo, con la potenza del suo incontrarlo. Otto giorni dopo Gesù torna lì: li aveva inviati per le strade, e li ritrova ancora chiusi in quella stessa stanza, nelle loro paure nei loro dubbi. Ma per andare nel mondo come discepoli, occorre mettere il dito nel foro dei chiodi e la mano nella piaga del costato; la risurrezione è la concretezza di un dramma che si apre alla certezza di un amore per sempre, che è la gloria di Dio, il suo folle amore per noi. Alla base ci sta il superamento della nostra umana ragionevolezza.