martedì 31 maggio 2022

La vera accoglienza!

Sof 3,14-18 e Luca 1,39-56
Festa della Visitazione

Questa gioiosa festa, che sboccia nella visita di Maria ad Elisabetta, è per noi immagine meravigliosa di accoglienza, tratteggia ciò che deve essere la Chiesa: accogliente.
Maria, dopo aver ascoltato e creduto alla Parola del Signore, proprio perché riconosce come primario il ruolo di Dio nella sua vita, va dalla cugina. La corrispondenza perfetta d’amore tra Creatore e Creatura moltiplica la carità nel grembo di Elisabetta. L’amore di Dio si comunica per attrazione, attraverso la gioia, la felicità, la fiducia che riposa nell’affidamento completo a un Padre pieno di Misericordia. È questo amore; è questa vicinanza; è questa misericordia che tutti vorremo incontrare nella Chiesa. Papa Francesco sempre ci ricorda che la Chiesa, non è una roccaforte, ma una tenda capace di allargare il suo spazio perché entrino tutti. La Chiesa ha bisogno "dei tutti ...", proprio di tutti, senza esclusioni.
Ed è una Chiesa fragile e in uscita nel mondo che scopre la sua vera identità: per cui La Chiesa è “in uscita” come Maria verso Elisabetta o non è Chiesa; o è in cammino per i monti della Giudea e in tensione allargando il suo orizzonte affinché entrino altri, o non è Chiesa. È "una Chiesa con le porte aperte", sempre con le porte aperte, come la casa di Elisabetta.
Ecco allora che l'esperienza della comunità credente si tinge del colore della accoglienza, dello sguardo della tenerezza e della comprensione.
Accogliendo, la Chiesa, le comunità credenti, riconoscono un atteggiamento nuovo di confronto con la realtà, con il mondo. Emerge in un modo nuovo, come accogliere non significa rinchiudere dentro di sè, fagocitare, inglobare o quella strana esperienza che è l'integrazione; accogliere non è un processo inclusivo, ma una dinamica di apertura, di dilatazione di orizzonti, è un abbraccio libero e gioioso.

lunedì 30 maggio 2022

Abbiate coraggio ...

Atti 19,1-8 e Giovanni 16,29-33

Ad un certo punto, sembra che i discepoli, improvvisamente ostentino sicurezza dicendo “ora sappiamo che tu sai tutto”, pensano di sapere, di aver capito tutto, in realtà Gesù li precede ancora perché sa bene che lo lasceranno solo nel momento più difficile della croce. Una ostentazione che fa eco alla nostra sicurezza e indifferenza rispetto al mistero. In molti a volte ci illudiamo con presunzione di aver capito il pensiero di Dio, di aver capito quello che Dio ci sta mandando in un determinato momento della nostra vita, quando vogliamo afferrare i suoi progetti pensando di poterli fare interamente nostri.
A volte camminiamo sicuri delle nostre certezze, ma Gesù ci avverte che tale sicurezza è illusoria, perché proprio in quella sicurezza si nasconde il Imite e la possibilità della nostra solitudine e di abbandonarlo pure noi, "lasciandolo solo". È il superamento della solitudine che emerge nelle parole di Gesú. Egli ha sperimentato come la nostra paura è la sua solitudine; ma lui con amorevolezza ci conferma che non viene meno; che lui non ci volta le spalle; lui non sarà mai causa della nostra solitudune. Quando il limite e la sconfitta sembrano segnare la nostra vita, è proprio lì che con coraggio occorre cercarlo. Ci vuole il coraggio di rivivere in noi la solitudine di Gesù, e di riconoscere la forza che è frutto dell'abbandono confidente nell'amore del Padre: "ma io non sono solo, perché il Padre è con me".

domenica 29 maggio 2022

Ascensione storica!

At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53

 

In cima al Monte degli Ulivi, fino dal 378 dC, una edicola o piccola Chiesa da' testimonianza della Ascensione del Signore. Oggi, dopo alterne vicende, conquiste, distruzioni e ricostruzioni è una Moschea, in cui, in questa solennità, i cristiani delle varie confessioni presenti a Gerusalemme, possano ugualmente celebrare la Solennità, e lo fanno per tutta la giornata.

Un segno di estrema fragilità e piccolezza; testimonia il luogo in cui per l'ultima volta i discepoli videro Gesú risorto prima a che si realizzassero le sue parole circa il suo tornare al Padre.

Un luogo modesto, privo di solennità... eppure proprio quello spazio tra cielo terra segna nel tempo questo stupendo mistero. Una impronta su una roccia custodisce quel ricordo, come a dirci ecco, qui è giunto a compimento tutto.

La Risurrezione ha infatti il compimento in questa assenza, nel non esserci più con noi di Gesù e nel suo essere di nuovo nel e con il Padre.

Cosa rappresenta il segno dell'Ascensione?

- È la cerniera tra il tempo di Gesù e quello della Chiesa; una Chiesa chiamata a rivivere l’intima amicizia col maestro e ad annunciarlo, qui e ora, nella testimonianza quotidiana.

- É l’ultima apparizione del Risorto; è il suo modo definitivo di essere tra noi fino al suo ritorno. Quando ritornare non sarà solo la fine del mondo ma sarà la vera Pasqua che tutti ci comprende; sarà il compimento di tutto ciò che rappresenta la creazione, sarà il punto di arrivo dell’esodo da Dio della creazione stessa (la nostra lontananza dal mistero).

- Sarà l’uscita dalla terra dei sepolcri e dalla morte per entrare nel cielo; perché tutto sarà cielo: la creatura si ricongiunge al suo creatore. Con l’Ascensione Dio ha dato tutto di sè stesso; nell'Ascensione  conosciamo il Padre che ama questo mondo; ci ha dato totalmente suo Figlio, al punto di non avere più nulla da dire o da dare; ha già detto e dato tutto nella carne glorificata di Gesù. 

Tutto questo mistero di gloria non obbliga la nostra libertà, non ci schiaccia con la sua onnipotenza, ma lascia solo una debole traccia di sé nascosta nelle turbolente vicende umane; una traccia velata dalla povertà di una roccia che per molti è solo segno di ilarità o di scandalo - inciampo -.

Un segno che ci interpella in un modo diretto e originale. Ci pone di fronte l'esito del suo essere uomo, al bilancio fallimentare dei suo agire, dei suoi miracoli, delle sue parole: tutto trova sintesi nell'immagine di un gruppo sparuto di amici (11 per la precisione) e alcune donne viste neppure troppo bene.

Tutto questo sembra dirci che per noi resta il compito di ricercare ed esprimere il segno della presenza di Dio, fintanto che Dio non sarà tutto in tutti.

Quel segno sulla roccia è ben di più dell'impronta di un corpo glorificato; è l'impronta del suo amore per noi. Il suo amore, il suo darci la vita, lascia un segno per sempre per rassicurarci che non verrà mai meno. Tornare al cielo significa per Gesù aver acceso in questo nostro mondo e per tutti i tempi il fuoco del suo amore

Gesù sa che nessuno di quegli uomini e di quelle donne lo dimenticherà mai, perché lui li ha amati e loro si sono sentiti amati da lui, è questa la sola garanzia che permette al Vangelo di essere ancora annunciato; è questa la garanzia che ogni uomo può sperimentare come l'amore è sempre più grande di tutti i limiti che abbiamo, anzi ci permette di comprendere che amare è condizione e di esistenza. Di fronte a quella pietra abbiamo il dovere di scoprire la traccia dell'amore di Gesù per noi; di lasciarci toccare dalla tenerezza di Dio Padre e di infiammarci del fuoco di amore che arde come Spirito Santo nel tempo e nella storia.

Solo queste tracce misteriose di Dio ci permetteranno di pensare a un mondo luogo della salvezza di Gesù e che non sia condannato a sprofondare nella disumana barbarie dell'egoismo, della guerra, della morte.

Quegli undici, testimoni del suo andare al cielo, sono stati l'onda espansiva dell'amore

di un Dio che ci porta con sé al cielo, mentre i segni del cielo precipitano sulla terra e continuano a manifestarsi in tutto il mondo. Da oggi ciascuno di noi è interpellato ad essere cercatore e scopritore di questi segni di amore.

sabato 28 maggio 2022

Vi lascio il Padre ...

Atti 18,23-28 e Giovanni 16,23-28

Per molti, questo tempo di transizione e di profonda trasformazione, insieme a una imprevedibilità circa gli eventi futuri, si carica anche di domande circa quella fede che ci è  stata consegnata, affidata e da trasmettere. Domande fondamentali! Ci chiediamo innanzi tutto dov’è il Signore che cerchiamo e come possiamo vederlo; vogliamo capire qual è il nostro nuovo rapporto con il Padre; vogliamo infine sapere se la nostra fede è autentica o illusoria, presunta o reale. Sono gli stesdi interrogativi che la Chiesa delle origini si è posta dopo che Gesù se ne è andato e che ancora si pone nell’attesa del suo ritorno. Come e quando troviamo colui che cerchiamo? Che senso ha questa storia dopo di lui, senza di lui? Come vivere la sua assenza? Quando sarà il suo ritorno?
La nostra esistenza cristiana ha come modello l’esistenza terrena di Gesù: la conoscenza di lui si sviluppa attraverso le sue stesse parole. Centrale in questa conoscenza è il Padre. Ecco infatti che dopo la sua "partenza", egli ci affida al Padre e ci affida il Padre, il nostro rapporto con il Padre sarà molto più profondo e responsabile: il dono dello Spirito d’amore ci farà dimorare nel Figlio e ci darà libero accesso al Padre. “Nel suo nome”, uniti a lui, siamo quei figli che sanno di avere un Padre che non viene mai meno.

venerdì 27 maggio 2022

La vera gioia ..., la vera fede!

Atti 18,9-18 e Giovanni 16,20-23

Il cristianesimo non è una religione, ma è esperienza di vicinanza di Dio e fede nella sua manifestazione nella persona umana di Gesù. Questa esperienza di fede ha tutti i tratti della natura umana e insieme del mistero trascendente che in Gesù chiamiamo Incarnazione del Verbo. È alla luce di questa coscienza che possiamo superare quel limite che per noi umani è il dolore attraverso la piena comprensione dall'esperienza di amare, un amore che coinvolge totalmente e necessariamente tutta la vita. Un amare che si esprime totalmente nel donarsi. Il nostro amore non è puramente emozionale ma è viscerale ed è condizione di esistenza: la nostra umanità non è tale senza l'amore. Questa condizione nelle parole del Vangelo si esprime nell'immagine di una madre che soffre nel partorire il proprio bambino ma poi gioisce, così non c’è amore vero che non comporti l’uscita da sé, e la rinuncia al proprio egoismo: il coraggio di accogliere la sfida di amare cio che è altro.
Questa matura consapevolezza è di un uomo che sta per essere crocifisso eppure ci parla di gioia, di amore e di vita. Questo è il vero volto della fede cristiana, che mai sarà riconducibile a una religione con regole e riti ripetitivi.

giovedì 26 maggio 2022

Un "poco" molto presente

Atti 18,1-8 e Giovanni 16,16-20

Le parole del vangelo di oggi, giocano tra presenza e assenza di Gesù, tra vederlo e non vederlo più, tra tristezza e gioia. Possiamo rileggerle attraverso l'esperienza di chi si è separato da un amico, di chi ha visto partire da sè chi ama. Se Gesù fosse solo un uomo, alla sua partenza ci sarebbe stato solo lo spazio per la disperazione e la tristezza; ma, poiché Lui è Dio, e Dio rimane sempre per mezzo di Lui e resta anche dopo di Lui. Chi ha fede, percepisce la stretta connessione tra andare e restare, tra vederlo e non vederlo più; chi ha fede si sente che quel "poco ancora" caratterizza la nostra vita nel tempo. Ma tutto questo non ci impedisce di sperare e sperimentare la verità delle parole del maestro. Questa verità (in forza del suo andare al Padre) trasforma la fede in certezza, la speranza in gioia piena e la capacità di bene in carità fattiva. Potremo forse dire che il non esserci di Gesú, il suo andare, non è che un modo diverso di presenza, un cambiare il “modo” di farsi vedere, grazie allo Spirito da Lui donato. Ma allora, se è lo Spirito Santo il nuovo modo di essere presente da parte di Gesù, significa che la nostra gioia è proprio in relazione allo Spirito (cioè ad una presenza “diversa” di Dio nella nostra vita). Lasciamoci coinvolgere nel quotidiano soffio dello Spirito, fermiamoci un attimo ad ascoltarne la voce ... è la voce di Cristo.
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mercoledì 25 maggio 2022

Tutta la verità … Gesù nostra vita

Atti 17,15.22-18,1 e Giovanni 16,12-15

Il tema della verità, apre grandi domande, soprattutto di fronte alla mistificazione, a cui oggi assistiamo come normale atteggiamento nel rileggere e raccontare la realtà. È possibile parlare di verità? Esiste ancora la verità?
Quando Gesù parla della verità a cosa si riferisce, a cosa pensa?
Quando Gesù parla di verità, certamente la pone in relazione a sé stesso e alla sua stessa vita, al suo pensiero, ai suoi sentimenti: “Io sono la via, la verità e la vita; Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”(Gv 14,6). Gesù oggi ci introduce nella conoscenza dello Spirito di verità, che avrebbe accompagnato coloro che credono in lui, a partire dal suo non essere più con loro. Sembra quasi affermare che una sua assenza fisica non preclude l'esperienza di ciò che è la verità. Allora, cosa intendeva Gesù quando diceva che lui era la verità? Che cos’è la verità? Certamente l'espressione "verità" identifica tutta la vita e l'esistenza terrena di Gesù. Quando confrontiamo la nostra vita con la sua, si accende in noi quella luce di desiderio-nostalgia di Lui ...
La verità è quella luce che splende nelle nostre vite e rivela come siamo per natura: attratti da ciò che è vero, e fatti per corrispondere alla verità; in contrasto (nel confronto) percepiamo come la menzogna corrisponde al nostro degrado umano.
Vivere nella e con la verità di Gesú ci porta a essere trasformati nell'immagine di Cristo. È questa trasformazione che viene operata dallo Spirito della verità, che ci rende capaci di accogliere in noi la verità di Gesù con tutto ciò che porta con sé, prima di tutto l'esperienza di amare i fratelli e il desiderio di fare della nostra vita lo spazio reale della comunione almeno con chi amiamo.