Gen 18,16-33 e Mt 8,18-22
lunedì 30 giugno 2025
La promessa è fatta di misericordia
domenica 29 giugno 2025
Ma tu?
At 12,1-11 Sal 33 2Tm 4,6-8.17-18 Mt 16,13-19
La figura di Gesù continua a suscitare interesse e riflessioni diverse, a seconda del contesto culturale, religioso, personale e sociale. Per la gente di oggi, Gesù può rappresentare molte cose, e il suo significato varia da persona a persona. In sintesi oggi Gesù è una figura multiforme: per alcuni è Dio incarnato, per altri un esempio di giustizia e amore radicale, e per altri ancora una figura mitica o simbolica. La sua immagine continua a evolversi con la società.
Se volete potreste approfondire i vari esempi tipologici, ma alla fine di tanti ragionamenti saremo ugualmente costretti a confrontarci con una domanda personale:
Devo essere sincero, la risposta se pur corretta letteralmente è una grande delusione!
Ma tu… La domanda di Gesù è preceduta da una contrapposizione: Ma tu ..., Tu invece, che cosa dici? Tu che mi segui da anni, tu che vieni regolarmente a messa la domenica; che mi hai visto sorridere, piangere, respirare nella quotidiana vita della comunità e ai chinato il capo quando trasformo il pane e il vino … .
Pietro risponde: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. E Gesù: su questa pietra edificherò la mia Chiesa. Pietro senza Gesù non è roccia di nulla, forse può anche essere una pietra, ma una pietra soltanto ...
Pietro è roccia quando il suo essere pietra unisce le altre pietre e costruisce la Chiesa ..
Il suo essere roccia, la sua solidità parte dalla sua risposta, parte dalla relazione che garantisce con Gesù e che gli permette di riconoscere in Gesù il Cristo, il figlio di Dio, il vivente. È da questa risposta che nasce la Chiesa, che per sua volta è roccia per l’uomo, proprio nella misura in cui ripete che Dio si è donato in Cristo, che Cristo, crocifisso, è vivente, che tutti siamo figli nel Figlio. Questa è la fede, questa è la roccia. Che bello il ruolo di Pietro, un ruolo che gli permette di essere il primo a sperimentare la roccia, un ruolo che fa (fare) la Chiesa.
Come Pietro, modello nel credere, anch’io sono chiamato a fare esperienza di solidità a sperimentare la roccia che dà appoggio, sicurezza, stabilità per il fratello che mi è affidato; anche a me è data la chiave che apre le porte belle di Dio, di un Regno dove la vita fiorisce; anch’io sono chiamato a legare e a sciogliere, a creare cioè nella mia storia strutture di riconciliazione, di prossimità.
Quindi, tu, chi dici che io sia?
Signore tu non sei uno da comprendere, ma sei uno che mi attrae; non sei uno da interpretare a seconda delle circostanze, ma uno che mi afferra con la sua originalità.
Non sei un ideale astratto o spiritualmente consolatorio, ma la roccia a cui aggrapparci per non scivolare nel dirupo della storia umana.
Tu, chi dici che io sia? Mi ricordo che tu sei quello che afferra Pietro e lo trattiene quando sta per affogare nel lago di Galilea: "Signore Salvami!"
sabato 28 giugno 2025
Cuore immacolato di Maria
Is 61,10-11 e Lc 2,41-51
È necessario dare contenuto alla devozione per non trasformarla in ideologia. Ecco che la lettura di Isaia ci permette di pensare a Maria nella sua relazione speciale con Dio mediante lo stesso suo figlio Gesú. Una relazione speciale che si realizza nei segni della sponsalità: è un abito di gioia, del quale oggi ci possiamo vestire anche noi. C’è una parola che caratterizza in modo straordinario questa vestizione: il termine “salvezza”. Le vesti di cui si è rivestita sono vesti della salvezza e, prosegue Isaia, “mi ha avvolto con il mantello della giustizia come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli”. Ricordiamo che il nome Gesù significa “salvezza di Dio”. Questo abito di salvezza ciascuno di noi l'ha ricevuto il giorno del suo battesimo: ci siamo rivestiti di Cristo.
venerdì 27 giugno 2025
Sacro cuore di Gesù
Ez 34,11-16 e Lc 15,3-7
giovedì 26 giugno 2025
Lo chiamerai Ismaele
Gen 16,1-12.15-16 e Mt 7,21-29
mercoledì 25 giugno 2025
Che cosa mi darai?
Gen 15,1-12.17-18 e Mt 7,15-20
martedì 24 giugno 2025
Nascita di San Giovanni Battista
Is 49,1-6 e Lc 1,57-66.80
lunedì 23 giugno 2025
Una promessa non un possesso
Gn 12,1-9 e Mt 7,1-5
domenica 22 giugno 2025
Abbiamo mangiato, ora condividiamo ...
Gn 14,18-20; Sal 109; 1Cor 11,23-26; Lc 9,11b-17
"Nel cuore della Terra Santa ferita, nel luogo stesso in cui Cristo ha donato la sua vita per amore dell’umanità, risuona con forza il: “Date voi stessi da mangiare”. Così ha esordito il Patriarca di Gerusalemme, il cardinal Pizzaballa, nella Solennità del Corpus Domini, giovedì scorso."Guardando la fame che abita il nostro tempo, guardando a ciò che accade in Palestina" sembra di rivivere la fatica di quella giornata raccontata di Luca: una folla stanca e affamata che, nonostante tutto, rimane con Gesù. Una folla che non si lascia sopraffare dai bisogni materiali, ma cerca qualcosa di più: cerca la Sua presenza, la Sua parola, il Suo pane. È una domanda che tocca anche noi oggi: di cosa abbiamo veramente fame?
Una domanda che oggi assume un peso drammatico e reale. Non si parla solo di fame simbolica o spirituale, ma di una fame concreta, legata alla povertà, all’insicurezza, alle ferite di un conflitto che continua a strappare dignità e futuro a intere famiglie. «Penso a Gaza – ha detto il Patriarca – ma non solo. Alle tante situazioni di povertà che il conflitto ha creato».
Ma ciò che accade in tutto il mondo è drammatico, è fuori da ogni vera logica umana, è segno di crudeltà, di ingiustizia e menzogna.
Di fronte a questa realtà la Chiesa è l'eucaristia, è segno sacramentale di quel pane spezzato e moltiplicato, di ieri, di oggi e per sempre, quindi non si rassegna di fronte al nascondimento della verità.
Non possiamo fare finta di nulla, disinteressati delle folle, ovvero dei nostri fratelli e mandarli via, lasciare che ognuno pensi a sé?
Gesù come ai discepoli, chiede a noi di condividere il poco, offrire noi stessi, diventare dono. L’Eucaristia, cuore della fede cristiana, non è solo celebrazione, ma stile di vita: è condivisione nella povertà, forza nella fragilità, comunione nella differenza.
«Date voi stessi da mangiare» non è solo un comando: è la chiamata alla conversione pastorale della Chiesa. Occorre lasciarsi coinvolgere dal Signore e correre a mangiare il suo pane per poter essere casa.
Aci di dare il pane a chi ha fame, perché siamo chiamati ad essere eucaristici,cioè donare noi stessi, insieme al pane consacrato.
È questa Eucaristia che dà forma alla comunità, infatti Gesù non moltiplica il pane per una massa anonima, ma per una folla divisa in piccoli gruppi. L’Eucaristia, dunque, non solo nutre la comunità, ma la costruisce, le dà volto, identità, relazioni. L'Eucaristia in questo modo non genera una istituzione ma fa delle comunità lo spazio dove maturare e crescere la fraternità e la fede con semplicità e pazienza reciproca.
Ed ecco che ciò che si condivide diviene abbondanza, possa questa Eucarestia dare forza al cammino della nostra comunità.
sabato 21 giugno 2025
Mi vanterò …
2Cor 12,1-10 e Mt 6,24-34
venerdì 20 giugno 2025
La forza della debolezza
2Cor 11,18.21-30 e Mt 6,19-23
giovedì 19 giugno 2025
Coinvolgimento paolino
2Cor 11,1-11 e Mt 6,7-15
mercoledì 18 giugno 2025
La forza del donare
In questo passo della lettera, Paolo mostra la sua grande capacità di legare insieme citazioni bibliche e esperienze della vita. Citazioni di Salmi e Libro dei Proverbi, ricomprese a partire dalla situazione attuale in cui vive la comunità. Abbondanza, ricchezza; Paolo, esorta ad essere magnanimi ed a elargire con generosità, Pro 11,24. Ma sembra riecheggiare con forza la parola di Atti (forse di Gesù): "vi è più gioia nel dare che nel ricevere", espressione che mette in luce il cuore del vangelo del Regno di Dio 2Cor 9,6-11 e Mt 6,1-6.16-18
martedì 17 giugno 2025
Una colletta di ecumenismo
2Cor 8,1-9 e Mt 5,43-48
lunedì 16 giugno 2025
Come ministri di Dio ...
2Cor 6,1-10 e Mt 5,38-42
domenica 15 giugno 2025
Nelle nostre mani tutto
Pr 8,22-3; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15
"Ai tempi di Erode, la notte in cui nacque Gesù, gli angeli portarono la buona notizia ai pastori. C’era un pastore poverissimo, tanto povero che non aveva nulla. Quando i suoi amici decisero di andare alla grotta portando qualche dono, invitarono anche lui. Ma lui diceva: “Io non posso venire, sono a mani vuote, che posso fare?”.
Ma gli altri tanto dissero e fecero, che lo convinsero.
Così arrivarono dov’era il bambino, con sua Madre e Giuseppe. Maria aveva tra le braccia il bambino e sorrideva, vedendo la generosità di chi offriva cacio, lana o qualche frutto. Scorse il pastore che non aveva nulla e gli fece cenno di venire. Lui si fece avanti imbarazzato. Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori, depose dolcemente il bambino tra le braccia del pastore che era a mani vuote…"
Più che sforzarsi di capire un mistero, certamente più grande di ogni comprensione teologica e umana possibile, questa semplice storia, come anche il vangelo di Giovanni di questa domenica ci invita ad accogliere il mistero e a fare nostro ciò che lo Spirito annuncia e ci vuole donare, ovvero ciò che dello spirito ci si chiede di accogliere in noi.
Tutto hai messo nelle nostre mani, ma non per distruggere e per distruggerci, perché l'uomo nella sua fragilità e nessuno peccato è capace di trasformare il mistero di Dio nel suo destino di morte e di distruzione.
Il salmo 8 che abbiamo pregato ci dice come tutto il mistero che nasce da Dio è nelle nostre mani, ma la realtà ci dà testimonianza di come la bellezza del mistero sia oscurata dal brutto del male; come la comunione e l'amore siano sfregiate da odio e violenza; come la verità che da senso alla vita sia soffocata dalle parole di menzogna che vogliamo aggiungere noi nel tentativo di spiegare il mistero.
Accogliere Dio Trinità, scoprire la sua vita, entrare in relazione con lui, metterlo al centro di noi stessi. avrebbe dovuto dare forma a un modo di vivere capace di comunione e di pluralità, di concordia e accoglienza; di abbracci e di diversità ossia molteplicità, cioè a contenere insieme la molteplicità e la singolarità.
La Trinità… forse più che capirla va vissuta nei modi di vita quotidiana. Sperimentando il gusto delle realtà molteplici e diverse, come anche quella singolarità che è la sintesi della comunione, cioè quella spinta o forza di amorevolezza che ricrea, rinnova, risveglia, ripara, sorregge, spinge, muove la vita nel mondo e nella nostra storia personale, nelle nostre relazioni, nei desideri.
Credere in un Dio Trinità ci regala ogni giorno il coraggio della differenza. Credere la Trinità ci mostra Dio e a credere nel suo venire tra noi fragile uomo, prima che onnipotente.
Credere la Trinità ci offre la possibilità di un Dio camminatore insieme con noi vivendo una quotidianità che ci restituisce una fede viva.
- Sarebbe molto più facile credere in un Dio più definibile;
- in un Dio tutto d’un pezzo che o dà o toglie;
- che fissa una volta per tutte dove sta il bene e dove sta il male.
Ma lo Spirito, che nel Risorto riceviamo e che può aprirci alla novità e alla verità di Dio, ci spinge oltre e ci fa sentire l’ebbrezza di una fede che è sempre in bilico tra l’abisso e la pienezza, tra l’errore e la possibilità, tra il sentire profondo e il non riuscire a capire ancora, tra l’uno definito e il differente …
Questo ci permette di aprirci definitivamente a Dio.sabato 14 giugno 2025
La sua carne ci salva
2Cor 5,14-21 e Mt 5,33-37
venerdì 13 giugno 2025
Un tesoro speciale
2Cor 4,7-15 e Mt 5,27-32
giovedì 12 giugno 2025
Anche noi veniamo trasformati
2Cor 3,15-4,1.3-6 e Mt 5,20-26
mercoledì 11 giugno 2025
San Barnaba apostolo.
At 11,21-26;13,1-3 e Mt 10,7-13
martedì 10 giugno 2025
Un SI che aggrega
2Cor 1,18-22 e Mt 5,13-16
lunedì 9 giugno 2025
È gia nata la Chiesa
At 1,12-14 e Gv 19,25-34
domenica 8 giugno 2025
Sempre e tutto
At 2,1-11 Sal 103 Rm 8,8-17 Gv 14,15-16.23-26
Siamo la parrocchia dello Spirito Santo, e quindi questa Solennità liturgica per noi è festa patronale e anche, essendo anno giubilare, possiamo avere pure la grazia dell'indulgenza plenaria.
Tutte ottime premesse ma non sufficienti ... per motivarei ciò che stiamo vivendo con la nostra festa, che per molti può sembrare solo tradizione e per altri un rinnovato copione che garantisce uno standard qualitativo ecclesiale essenziale.
Mi lascio condurre da due suggestioni: Non ci lascia quindi soli. Se lo amiamo, lo portiamo nel cuore e lui abita. Ecco che il Signore è addirittura in noi. Con il dono dello Spirito inizia la sua nuova presenza, l’alleanza nuova ed eterna, sancita con la parola SEMPRE. Un sempre dentro una relazione con lui fatta di amore, ascolto e presenza.
Esperienza molto umana ... che ci appartiene e caratterizza.
Questo significa che lo Spirito è fatto di SEMPRE, non é un qualcosa che si aggiunge alla mia vita ogni tanto quando lo invoco.
Quindi quel sempre si realizza non solo nella vita ma realizza l'esistenza di ogni uomo, perché ogni uomo è figlio di Dio, e per ogni uomo Gesù ha dato la sua vita e il dono dello Spirito Santo, SEMPRE; ma solo nella fede possiamo riconoscerlo ... Forse è per questo che oggi lo Spirito dell'amore è ai più sconosciuto, e prevale lo spirito dell'indifferenza e dell'odio.
É l’amore per Gesù e non solo di Gesù che ci fa entrare nella nuova alleanza, stabilendo un rapporto con Dio fondato sul suo amore di Padre.
Che bello ora scoprire o ricordate che tutto ... ecco la seconda suggestione, TUTTO è in Gesù, il Signore che ci ama: amare lui è il comando che ci rende TUTTI simili a lui.
Che bello ricordare o riscoprire che TUTTO ciò che è essenziale nella Chiesa nasce dall’amore di Gesù per lei. Non si tratta di un sentire vago o estatico, ma di un conoscere e mettere in pratica le sue parole.
Noi a Santo Spirito siamo custodi del sempre e del tutto! Aia … Aia … Aia …
Dice il Cardinal Pizzaballa" "la presenza dello Spirito nella vita dei credenti non è un evento occasionale, straordinario, ma una presenza quotidiana e costante, una vita dentro la nostra vita.
Lo Spirito non è con noi e fra noi solo nei momenti bui e difficili, e nemmeno solo nei momenti importanti, ma sempre, generando costantemente la vita del Cristo in noi.
Ma se lo Spirito viene sempre, allora tutto è pieno di vita e di senso.
sabato 7 giugno 2025
Dopo tre giorni
At 28,16-20.30-31 e Gv 21,20-25
venerdì 6 giugno 2025
Per raccontare Gesù
At 25,13-21 e Gv 21,15-19
giovedì 5 giugno 2025
Mi darai testimonianza anche a Roma
At 22,30;23,6-11 e Gv 17,20-26
mercoledì 4 giugno 2025
Testamento spirituale ... seconda parte
At 20,28-38 e Gv 17,11-19
martedì 3 giugno 2025
Il testamento di Paolo a Mileto
At 20,17-27 e Gv 17,1-11
lunedì 2 giugno 2025
Come e cosa annunciare
At 19,1-8 e Gv 16,29-33
domenica 1 giugno 2025
Desiderare il paradiso
At 1,1-11 Sal 46 Eb 9,24-28;10,19-23 Lc 24,46-53
Con la solennità dell’Ascensione celebriamo un mistero: il nostro desiderio di ritornare al Padre. “L’uomo è desiderio, l’uomo è un essere finito che si apre all’infinito, quindi gli manca sempre qualcosa. Grazie a Dio, gli manca l’infinito”, gli manca il paradiso. Che Gesù Ascende al cielo, in realtà o coinvolge anche tutti noi oppure resta un evento teologico ininfluente, per cui nel Figlio asceso al cielo, l’umanità di cui anche Dio si è impastato, siede alla destra del Padre, accanto al Padre. La nostra umanità, anche quella fatta di carne ferita, colpita, uccisa, è con il Signore, nel Signore, accanto al Padre dei cieli, accanto al Signore e Creatore del tempo e dello spazio. C’è una frase che appartiene al vangelo di Matteo che riempie di senso e ci corrisponde umanamente: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Sono le ultime parole del Vangelo di Matteo. Ecco, lui è con noi tutti i giorni perché noi siamo con lui nel cuore del Padre, lì dove è la sorgente di ogni vita. Lui è con noi perché nella sua ascensione non c’è più cielo e terra, ma nel cielo ora c’è anche la terra. È questa la straordinaria certezza che ci deve accompagnare, è questo ciò che vorrei riempisse le nostre giornate colme oggi di crudeltà e disumanità. Gesù Asceso al cielo trasforma il desiderio di cielo in annuncio del Vangelo … al punto che Gesù risorto e vivo possa riempire il cuore e la vita di chi è in questo mondo e chi lo abita. Il Vangelo ci chiede di alzare gli occhi, di spostarli dal nostro ombelico, all'orizzonte di Dio ... ed è in questo tentativo che impauriamo l'esperienza dell'assenza, e ci chiede di fare lo sforzo di desiderare una fede che riesca a spingersi sempre un po’ più oltre. Non un oltre noi, ma un oltre con noi. Una fede forte di una certezza: siamo fatti per il cielo, la nostra umanità, noi siamo accanto a Dio, noi siamo con Dio, lì dove lui è. È questo il pensiero che dovrebbe disarmare ogni nostro gesto, ogni parola, ogni pensiero nemico.