Nel tempo in cui i figli di Giacobbe si trasferirono in Egitto, crebbero e divennero un popolo, possiamo affermare che ora Israele non è più solo Giacobbe ma, d'identità dello stesso popolo, che da ora inizia l'epopea della conquista della Terra. Tutto inizia con un faraone che non ha conosciuto Giuseppe e con un Dio che si affaccia a vedere il suo popolo che subisce l'avversione degli Egiziano, una ostilità che si esprime contro la vita dei figli maschi di Israele. Ciò che emerge ci deve essere di guida anche oggi, tempo nel quale occorre custodire e difendere soprattutto l'amore per le persone, specialmente le più indifese e deboli, adesso a prescindere.
CUSTODIRE LA PAROLA ... don Fabio Gennai
di don Fabio Gennai
domenica 13 luglio 2025
Un segno equivoco nella storia
Es 1,8-14.22 e Mt 10,34-11,1
Nel tempo in cui i figli di Giacobbe si trasferirono in Egitto, crebbero e divennero un popolo, possiamo affermare che ora Israele non è più solo Giacobbe ma, d'identità dello stesso popolo, che da ora inizia l'epopea della conquista della Terra. Tutto inizia con un faraone che non ha conosciuto Giuseppe e con un Dio che si affaccia a vedere il suo popolo che subisce l'avversione degli Egiziano, una ostilità che si esprime contro la vita dei figli maschi di Israele. Ciò che emerge ci deve essere di guida anche oggi, tempo nel quale occorre custodire e difendere soprattutto l'amore per le persone, specialmente le più indifese e deboli, adesso a prescindere.
Nel tempo in cui i figli di Giacobbe si trasferirono in Egitto, crebbero e divennero un popolo, possiamo affermare che ora Israele non è più solo Giacobbe ma, d'identità dello stesso popolo, che da ora inizia l'epopea della conquista della Terra. Tutto inizia con un faraone che non ha conosciuto Giuseppe e con un Dio che si affaccia a vedere il suo popolo che subisce l'avversione degli Egiziano, una ostilità che si esprime contro la vita dei figli maschi di Israele. Ciò che emerge ci deve essere di guida anche oggi, tempo nel quale occorre custodire e difendere soprattutto l'amore per le persone, specialmente le più indifese e deboli, adesso a prescindere.
Chiesa Samaritana e Locanda
Dt 30,10-14 Sal 18 Col 1,15-20 Lc 10,25-37
Ci
sono due situazioni che le parole di Gesù della Parabola risuonano immediatamente nella Chiesa: Samaritana, e Locanda ospitale. Ai tempi di
Gesú essere samaritani era una disgrazia, una condizione deprecabile
... oscena, ma per Gesù diventa condizione prediletta e condizione
scelta da Dio per coinvolgersi nella storia del popolo di israele, una
condizione che diviene prioritaria per configurare la Chiesa.
Una Chiesa Samaritana che cosa significa?
In realtà si tratta semplicemente di essere discepoli di Gesú... alla scuola del maestro!
Con altre parole: Insegnaci, Signore, la prossimità che risolleva e fa vivere,
che sceglie di farsi carico e non vuole mantenere distanze.
Come il Samaritano, possa il nostro sì a te diventare un sì a favore della prossimità, della cura, della fraternità.
Non è Samaritana se non si comprende che per Gesù non è possibile umanamente essere suoi discepoli a prescindere dalla prossimità ...
Una Chiesa Locanda accogliente che cosa significa?
Essere una Chiesa spazio accogliente e di ospitalità, dove sperimentare concretamente l'esito della missione e la fratellanza nella fraternità, che per il Signore non è impresa impossibile. Quello che Dio chiede non è oltre noi stessi, non è oltre le nostre possibilità.
Chiesa locanda non vuol dire che è un albergo ma che è il luogo dove Gesú buon Samaritano porta e fa curare il malcapitato finito nelle mani dei briganti; la locanda è l’immagine di quella Chiesa che accoglie e si prende cura dei malcapitati della storia e del tempo, è l’immagine di una Chiesa dell’ospitalità che vede nel debole e nel malato la carne di quel Cristo che tanto predica e prega.
Essere locanda significa aprirsi alla missionarietà ovunque.
Una Chiesa Samaritana che cosa significa?
In realtà si tratta semplicemente di essere discepoli di Gesú... alla scuola del maestro!
Con altre parole: Insegnaci, Signore, la prossimità che risolleva e fa vivere,
che sceglie di farsi carico e non vuole mantenere distanze.
Come il Samaritano, possa il nostro sì a te diventare un sì a favore della prossimità, della cura, della fraternità.
Non è Samaritana se non si comprende che per Gesù non è possibile umanamente essere suoi discepoli a prescindere dalla prossimità ...
Una Chiesa Locanda accogliente che cosa significa?
Essere una Chiesa spazio accogliente e di ospitalità, dove sperimentare concretamente l'esito della missione e la fratellanza nella fraternità, che per il Signore non è impresa impossibile. Quello che Dio chiede non è oltre noi stessi, non è oltre le nostre possibilità.
Chiesa locanda non vuol dire che è un albergo ma che è il luogo dove Gesú buon Samaritano porta e fa curare il malcapitato finito nelle mani dei briganti; la locanda è l’immagine di quella Chiesa che accoglie e si prende cura dei malcapitati della storia e del tempo, è l’immagine di una Chiesa dell’ospitalità che vede nel debole e nel malato la carne di quel Cristo che tanto predica e prega.
Essere locanda significa aprirsi alla missionarietà ovunque.
Erio
Castellucci, commentando la pagina dei discepoli di Emmaus ed
evidenziando la straordinaria attualità di essa nell’oggi della Chiesa,
scrive: “I due discepoli aggiungono un posto a tavola. Non hanno paura
di allargare lo spazio della loro casa, non si barricano dietro alla
loro porta. Hanno intuito, sentendo parlare Gesù, che quello straniero
può solo arricchire la loro vita. Hanno capito, senza forse averlo
sentito direttamente da Gesù, quello che aveva detto alla fine del
Vangelo di Matteo: “ero straniero e mi avete accolto”.
L’esperienza dell’essere accolti e dell’accogliere è uno degli elementi fondamentali della Chiesa.
Oggi le nostre comunità dovrebbero semplicemente crescere ancor di più in questo senso e in questo stile.
L’esperienza dell’essere accolti e dell’accogliere è uno degli elementi fondamentali della Chiesa.
Oggi le nostre comunità dovrebbero semplicemente crescere ancor di più in questo senso e in questo stile.
sabato 12 luglio 2025
Non tutte le terre sono la "promessa"
Gen 49,29-33; 50,15-26 e Mt 10,24-33
Giacobbe muore e lascia detto che vuole essere seppellito a Macpela, la caverna sepolcrale di famiglia. La narrazione è densa e serve per annubciare che non resteranno sempre in Egitto, ma che torneranno nella terra promessa. Il messaggio, ancora una volta è di fede. Credere nel disegno che Dio ha immaginato per ognuno di noi e per la comunità. Mai, come in questa fase storica, l’uomo si sente al centro della propria vita. Autonmia difficilmente derogabile. Questo stare insieme è l’Ecclesia, è il vivere insieme, il confrontarsi, il decidere. In quanto “uomo contemporaneo" è difficile affidarsi ad un disegno divino; non so se ho la forza di arrendersi alla reale volontà di vivere con un altro.
venerdì 11 luglio 2025
San Benedetto
Pr 2,1-9 e Mt 19,27-29
Che cosa rappresenta per noi la Parola di Dio?
Occorre prestare attenzione alla parola di Dio, perché è parola di saggezza, che può renderci saggi per la salvezza. Occorre che siamo convinti che le parole di Dio sono la fonte della saggezza e della comprensione, e che non abbiamo bisogno di desiderare di essere più saggi di quanto la Parola ci renderà. Dobbiamo tendere allz Parola il nostro orecchio e applicare le Parole al nostro cuore. Dobbiamo, di conseguenza, ricevere la parola di Dio e accoglierla, senza presunzione e pregiudizio, mormorii o contestazioni. Parla, Signore, perché il tuo servo ascolta!
giovedì 10 luglio 2025
Riconciliarsi
Gen 44,18-21.23-29; 45,1-5 e Mt 10,7-15
Un brano narrativo: Giuseppe ha sofferto a causa dei suoi fratelli, ora li mette alla prova, non si rivela immediatamente, prova a capire se i fratelli lo riconoscono. Cerca di comprendere se esiste ancora un legame di indissolubile appartenenza, se esssere fratelli va oltre le conseguenze del loro agire, vuole scoprire se l’hanno dimenticato. Ma è la riconciliazione che fa il suo cammino di evidenza. Alla fine non importa cosa si è provato, non importa l’abbandono, il dolore, le sofferenze; ci sarà sempre un momento in cui sarà importante riconciliarsi con l’altro e con sé stesso. Fare pace con sé stessi è il primo passo per amarsi ed amare.
mercoledì 9 luglio 2025
Una storia umana continuamente ferita
Gen 41,55-57; 42,4-7.17-24 e Mt 10,1-7
Il brano narra della vicenda di Giuseppe durante la carestia. È il racconto di un dolore e della necessità della sua redenzione: quasi il desiderio di “restituire” il medesimo dolore a chi gliel’aveva causato. Giuseppe è addolorato e, non potendo dare una ragione al proprio dolore vuole capire quanto tutto ciò abbia inciso anche sulla vita dei fratelli che lo abbandonarono al suo destino.
Ma comprendere il dolore, è possibile fuori da un’otti
martedì 8 luglio 2025
Da Giacobbe a Israele
Gen 32,23-33 e Mt 9,32-38
Nel contesto attuale dire Israele, per molti risuona male, crea imbarazzo o disagio ... Eppure dobbiamo trovare, al di là dell'attualità dei fatti la profondità di un mistero: l'umana fragilità del "Soppiantatore" - Giacobbe -, diviene lo spazio della sua stessa vocazione: "Dio è forte" - Israele -. Il confronto serrato di quella notte è una lotta che non indebolisce ma dà forza, e trasforma Giacobbe profondamente. In questa lotta si compie la sua identità, da scartato, peccatore, diviene forte al punto da vincere contro Dio e contro gli uomini. In realtà a vincere è Dio che non rivela il suo nome, mantiene intatto il suo mistero. La lotta invece lascia Giacobbe-Israele zoppicante, segno dell’incontro con Dio che rende manifesta la sua trasformazione.
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