Gb 38,1.8-11 Sal 106 2Cor 5,14-17 Mc 4,35-41
Dopo aver ascoltato il cuore del pensiero di Gesù attraverso le parabole, Gesù invita tutti a muoversi, a non restare fermi sulla propria riva, e ci da’ il buon esempio: invita i discepoli, quelli più vicini, quelli che ha scelto, quelli a cui "in privato spiegava ogni cosa", ad andare dall'altra riva, a raggiungere la sponda pagana del Lago.
Il vangelo ci racconta come questo attraversamento non è privo di difficoltà e di situazioni non sempre, facili da vivere e accettare.
Una difficoltà in partenza all'imbarco:
"Presero Gesù così come era ...": caricarono Gesù sulla barca con tutti i suoi pensieri, le sue proposte ... le sue parabole ... Un carico di novità, di richieste alla conversione della vira, dei cuori, degli atteggiamenti. Gesù è un invito a fare del regno di Dio la novità a cui aderire. I discepoli questo non lo capiscono ancora, fanno fatica a vivere tutto ciò che Gesù propone.
Gesù dorme nella tempesta:
Come è possibile dormire in una tempesta? Forse perché la tempesta, la fatica a raggiungere la sponda opposta, la preoccupazione per le cose che cambiano, non è di Gesù, ma è dei discepoli. I discepoli sono nella tempesta, Gesù è sereno nel voler attraversare il lago e raggiungere tutti coloro che ancora non hanno potuto ascoltare la proposta del regno di Dio.
La tempesta smaschera le nostre ipocrisie da pii e devoti.
Gesù smaschera le nostre piccole e grandi paure di fronte alla sua chiamata a seguirlo, anche in questo attraversamento del lago. C'è un regno da annunciare e da vivere...
La nostra preoccupazione, deve incentrarsi su come fare vangelo (il regno di Dio) in quella distanza che ci separa da coloro che sono abbandonati o isolati sulla soglia della nostra chiesa, in strada, nelle carceri e negli ospedali, aprendoci e andando incontro ai nostri fratelli e sorelle. Si tratta di immergere le nostre realtà nello spirito di Cristo, incrociare il vangelo con la vita quotidiana, cioè, intessere Cristo con tutte le realtà terrene, soprattutto lì dove si formano i nuovi racconti di vita, e dove la passione dell'uomo ha bisogno di toccare la passione di Cristo.
Portare il regno significa smascherare le vecchie e nuove schiavitù che feriscono l’uomo e la donna, specialmente oggi che vediamo rinascere discorsi xenofobi, e promuovono una cultura basata sull’indifferenza e la chiusura, come pure sull’individualismo e l’espulsione. Occorre risvegliare in noi discepoli l'entusiasmo del regno di Dio.
Annunciare il regno significa contrastare l'anti-regno.
Il regno di Dio è come il seme di senape, piccolo gettato nell'orto di questo nostro mondo ... la Chiesa ne è segno profetico ... Ma è proprio a partire dalla realtà che facciamo esperienza dei segni dell'anti-regno. Di tutto ciò che si oppone e distruggere il regno. A partire dalla tempesta delle nostre resistenze e incomprensioni circa la Parola di Gesù, e a seguire delle nostre paure. Annunciare il regno di Dio, raggiungere l'altra riva significa prima di tutto confrontarci con le fragilità, con la diversità e l'inclusione. Non si vive l’annuncio del regno stando sulla nostra sponda a guardare l'orizzonte immaginando altre “sponde” senza raggiungerle.
Anche oggi, che ci sentiamo nella tempesta, pieni di paura e con dubbi che sorgono a ogni colpo di vento. Ma Gesù ci mostra come la fede in lui supera ogni nostra fragilità e ci riconduce alla sua chiamata a seguirlo ogni momento con coraggio e speranza.
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