martedì 5 novembre 2019

Romani 12,5-16 e Luca 14,15-24
Servire il Signore! (Imparare a)

Queste parole, cuore della lettera ai Romani di oggi, svettano come un vessillo di un progetto umano, comunitario ed ecclesiale completamente rinnovato nel Vangelo: "abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi ... ", tutto è contenuto, generato e maturato in una grazia, che non resta in sé stessa ma è data a ciascuno per poter essere realmente "pienezza di grazia". Questa grazia si completa e si genera - non solo è donata -  proprio attraverso il coinvolgimento personale: "chi ha un dono ... chi ha un ministero ... chi insegna ..."
Parlare di dono della grazia significa essere immersi nel Vangelo vivente, in una relazione desiderata, custodita e attuata attraverso la Parola, con il Signore Gesù.
A questo servire il Signore si oppone il disimpegno/disinteresse di chi non raccoglie l'invito al banchetto: "ho comprato un campo ... ho comprato cinque buoi ... mi sono appena sposato ..."
Questi atteggiamenti non rappresentano delle scelte di contrapposizione ma sono le nostre pigre reazioni e coinvolgimenti rispetto al Vangelo, e alla proposta di servire il Signore. Quando io voglio stare insieme a Gesù, ma premetto me stesso e il mio progetto o desiderio non condiviso con Lui, non mi pongo in nessun modo al suo servizio. Lo spazio della risposta per servire il Signore è illimitato: "Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto. Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia".

lunedì 4 novembre 2019

Romani 11,29-36 e Luca 14,12-14
Insondabili i giudizi, inaccessibili le vie ...

La cena nella casa del fariseo è per Gesù occasione per mettere in luce lo schematismo del nostro modo di agire, ma soprattutto lo stile auto-difensivo che mettiamo nelle nostre relazioni umane: "non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio".
Questo atteggiamento, ancor prima di rispondere a una logica di egoismo e di convenienza, risponde a una paura, quella di esporsi a chi non è conosciuto, a chi non è amico. Noi spesso siamo così schiavi degli schemi e degli stereotipi che nemmeno riusciamo a immaginare Dio al di fuori dei nostri schemi. Invece il Vangelo rivela l'originalità di come Dio invita ad accostarsi a lui: "quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti".
Questo stile disarmante permette di gustare la beatitudine, cioè la felicità ... Ma quale felicità può esserci nell'invitare, nell'accostare un povero?
Se non sento la felicità rispetto all'incontrare una umanità diversa dalla mia, vuol dire che mi sono ben arroccato nella mia soggettività.
Questa prospettiva del Vangelo corrisponde alla novità costante e imprevedibile del pensiero di Dio e delle sue vie ... La felicità nell'accostare un povero, è la luce dei suoi occhi che arriva a illuminare il mio cuore ... Non importa se il povero è giusto o ingiusto, sono i suoi occhi che generano felicità.

domenica 3 novembre 2019


Sap 11,22-12,2; Sal 144; 2 Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10
Mai accontentarsi della piccolezza!

Questo piccolo uomo, nello sguardo di Gesù diviene il più grade nel cambiamento della vita. Non siamo di fronte a una storia a lieto fine e neppure a un racconto dalla tipica morale cristiana. Siamo semplicemente di fronte alla Parola di Dio che incontra la mediocrità di un piccolo uomo, con tutti i suoi normali difetti, accresciuta dalla diffidenza e dal disprezzo degli altri.
Giudizio e pregiudizio non fanno parte dell'esperienza di Gesù. Tutti a Gerico giudicano Zaccheo ed ora giudicano anche Gesù, che si intrattiene con un tale peccatore. Tutti evitano pregiudizialmente Zaccheo, e si apprestano pure a evitare Gesù. Ma Gesù non si cura del giudizio e tantomeno del pregiudizio. Sei ebreo o pubblicano; sei alto o basso; ricco o povero; sei italiano o extra comunitario; sei sano o malato; eterno oppure omo; bianco o nero; Gesù non fa differenza, Gesù non dirà mai prima l'uno e poi l'altro ... Questo sarebbe già ideologia della differenza, sarebbe ideologia!
Gesù pone la priorità alla persona, Gesù è attratto dall'uomo, desidera incontrare anche solo una piccola umanità, perché nell'incontro, ogni umanità diventa grande per il regno dei cieli.
La grandezza fiorisce attraverso la Parola di Dio che in Gesù chiede la conversione, cioè un cambiamento inaspettato della vita, un cambiamento il più delle volte proprio inaspettato.
In Zaccheo la parola produce un gesto che non è semplice generosità ma vero cambiamento. Zaccheo si riconosce ladro e non solo restituisce il maltolto, ma quattro volte tanto, questo è il segno del cambiamento inaspettato.
Ecco che emerge la grandezza di un piccolo uomo, senza più tutta quella "procedura" che gli permette di avvicinare Gesù e di stare ugualmente a distanza, per poter soddisfare il desiderio, senza assaggiare la bellezza della persona del maestro. 
Credo che la prima sollecitazione del Vangelo, sia rivolta al piccolo Zaccheo che è sempre ben nascosto in ogni discepolo, arrampicato sul sicomoro della vita.
Ogni giorno Gesù avvicinandosi a ciascuno di noi, rinnova la proposta di dimorare in noi per condividere con noi il cambiamento che è il Vangelo. Non si tratta di indossare le vesti della generosità e del pentimento. La vera e nostra conversione, il vero cambiamento è il dimorare di Gesù, che pone Zaccheo in un "work in progress", cioè un continuo "lavoro", progressivo; il cambiamento, la conversione non si esaurisce in una esperienza puntuale, ma è uno stato permanente della vita del discepolo.
I nostri cambiamenti accadono quando scendo a terra, quando smetto di guardare le cose dall'alto della mia piccolezza e mi metto insieme a Gesù a percorrere le strade di Gerico, cioè della mia storia della mia città. Zaccheo è il primo discepolo di una Chiesa in uscita. A Gerico oggi, non c'è una grande comunità cristiana, ma una piccola comunità di poco più di 300 Cristiani Latini, cattolici, e altrettanti Ortodossi, essi vivono in una città di circa 20.000 mussulmani. Eppure i Latini, sono stimati e  riconosciuti per il ruolo educativo che rivestono nella comunità. Essi curano l'educazione della gioventù attraverso un complesso scolastico che raccoglie oltre 700 tra bambini, ragazzi e giovani.
La parrocchia di Gerico è una immagine di Chiesa in uscita, una immagine di chi entra in dialogo con la diversità pur essendo minoranza ... Essi sono lievito, sono piccolo seme eppure sono comunità dei discepoli di Gesù, magari proprio i discendenti di Zaccheo il pubblicano, che alle parole di Gesù si è convertito ed ha iniziato ad essere comunità in uscita. Credo che oggi ci venga suggerito di dare forza e maggior slancio ai nostri tentativi di essere comunità in uscita. La carità in un certo modo aiuta ... La scuola materna anche ... L'impegno in politica pure ...
Il Zaccheo in uscita è il cristiano che prende coscienza di sé, smettendo di sprecare in mille ma e se, la propria vocazione, ma con generosità si spende nell’ordinario per fare di ciò che è piccola cosa un grande realtà.

sabato 2 novembre 2019

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
Giovanni 6,37-40
La vita eterna


Erano tutti dei "creduloni" i nostri vecchi che facevano celebrare messe in suffragio dei defunti; tutti creduloni che per paura della morte si aggrappavano a una consuetudine religiosa, oppure erano veramente animati dalla fede nella vita eterna e nella risurrezione al punto che per sentirsi parte di quel desiderio introducevano anche se stessi nella celebrazione del suffragio?
Oggi la morte è una esperienza tombale, cioè definitiva senza appello per la stragrande maggioranza delle persone e anche per una buona parte dei cristiani.
Premetto una differenza, perché chi non crede la vita eterna e la risurrezione della carne non può più dirsi cristiano.
Oggi con il nostro stile di vita abbiamo ucciso il cristianesimo sprofondandolo nella ideologia del personale credere/non credere, tutto è uguale e non importa, perché non cambia nulla e la morte non mi appartiene perché morire significa "nulla" e nel nulla cosa importa ... Tanto alla fine non si esiste. Allora tutto si scommette sul presente e su una vita ancorata alla caducità, alla realtà presente e all'esperienza del contingente.
È talmente forte questo convincimento che anche i bambini, i ragazzini dai 6 ai 12 anni, già sono predisposti in questo senso. A loro, pur mandandoli al catechismo, esperienza marginale della vita, perché si chiede solo di farla breve e di arrivare presto ai sacramenti, ma nulla è lasciato della speranza cristiana: "don Fabio, io ormai non credo più in Dio, perché visto che dopo la morte non c'è nulla, non sento proprio nessun desiderio di Dio, e senso di Dio, non saprei proprio cosa farmene (ragazzino di 1 media)". Ecco che cosa siamo stati capaci di educare come comunità, come famiglie "cristiane" di oggi. Ecco, con i nostri discorsi, i nostri esempi critici verso la Chiesa, con in nostri comportamenti sempre in contrasto per non dire in conflitto con le proposte della fede siamo stati capaci di generare: l'ateismo a 11 anni!
Educare alla fede è educare al mistero di una vita che si apre al Signore risorto è vivo, non al mistero di una morte tombale che chiude tutto nell'abisso del nulla di senso e di significato. Come sono dissonanti anche oggi le parole del Vangelo, pur nella loro pienezza e bellezza, sono dissonanti rispetto allo smarrimento drammatico della speranza: "Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno".
Oggi siamo qui ancora in un certo gruppo, a dire con la nostra presenza, che questi morti non sono morti per il nulla di senso, ma che la loro morte è attesa di eternità e di risurrezione. Oggi siamo in un certo gruppo, un gruppo che negli anni sempre più si va assottigliando, e guardiamoci bene attorno, saremo sempre meno perché non c'è un desiderio di eternità che motiva il legame e il ricordo dei nostri cari.
Oggi è la prassi dell'archiviazione in tempi brevi e facili, per cui alla morte corrisponde la dimenticanza ... Altro che il ricordo e il suffragio nella Messa, nel pane spezzato che è partecipazione al mistero di morte e risurrezione di Cristo.
Ma d'altronde come sarebbe possibile diversamente se per oltre il 93% di questa parrocchia la Messa rappresenta una esperienza noiosa, da scartare da evitare, e che diverse "mamme" ai loro figli insegnano che "don fabio si sbaglia, noi alla domenica a messa non ci dobbiamo andare ...".
Alla luce di questo non stupiamoci se l'unica Messa che viene celebrata per i defunti è quella del funerale, quando dalla agenzia funebre viene chiesto: "volete portarlo in chiesa oppure al cimitero direttamente? Ovviamente portarlo in chiesa ha un costo aggiuntivo ... È tutto il mistero cristiano viene pesato a suon di moneta ...
Ecco il suffragio dei defunti diventa un punto economico in aggiunta al funerale, non una necessità ed espressione della fede.
Eppure spesso ripetiamo: credo il perdono dei peccati, la vita eterna, la risurrezione della carne ecc... e il giudizio di Cristo nel mondo che verrà! Amen!

venerdì 1 novembre 2019

Ap 7,2-14; Sal 23; 1 Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
I santi fanno la Chiesa ... ma, mai la Chiesa è fatta solo dai Santi.

Un desiderio di verità, di riscatto, si diffonde all'ascoltare le Beatitudini, parole che descrivono le nostre situazioni di vita e anche le nostre attese. Parole di Gesù, che ci raccontano un Dio accessibile anche nella contraddizione della vita di tutti i giorni, o meglio nel groviglio di una realtà che si dimena rispetto al Signore del cielo e della terra.
Ieri sera abbiamo assistito alla partita tra sacro e profano il cui risultato è: Halloweem batte Ogni Santi ...
Questa è la notizia che anche i TG nazionali ieri diffondevano come news ... Che bella notizia, direi esaltante ...
Di fronte a questa cruda realtà, non serve contrapporre la Solennità di tutti i Santi alla festa di Halloween... Soprattutto in una realtà sociale che ha abdicato il senso cristiano come orizzonte di verità e per questo si adagia ad adottare ogni qualsivoglia e possibile recupero di identità per colmare il vuoto esistenziale che si porta dentro.
Vestire i panni di un demone, di una strega, di un vampiretto o di uno zombi, dicono gli specialisti, esorcizza cioè allontana e mette in quiete dalla paura della morte e l'impossibile vittoria sul male che abita il nostro intimo.
Ma una carnevalata, non è forse molto più illusoria della proposta della fede.
Secondo molti il Cristianesimo, in duemila anni avrebbe soppresso, quasi provocato un trauma umano mediante la pretesa della Santità della vita, occultando il naturale desiderio umano di coinvolgersi col mondo del magico e del mistero. Per cui sarebbe lecito il recupero dei riti pagani, delle credenze celtiche e naturali ...
Ecco che per molti, in questo nostro tempo, il Cristianesimo risulta nuovamente portatore di negatività e di errore, e non serve certamente a convertire l'umano proporre farse sulla Santità quali sfilate dei Santini e cambiare il dolcetto e scherzetto con santino e dolcetto. Le nostre proposte alternative sono stesso di una tristezza esemplare.
Il cristiano possiede una bellezza e una profondità del mistero racchiusa proprio nelle Beatitudini, e con la semplicità e la fedeltà nel tempo presente, esse saranno capaci di affascinare ancora attraverso la nostra vita, se vorremo.
Vivere la povertà, come distacco dall'avarizia e dal tornaconto e come opportunità di dono e gratuità; essere animati da giustizia e carità, fino al punto di rappresentare la stessa misericordia di Dio nel concreto della vita. Custodire e coltivare la purezza del cuore come spazio per stupirci del dimorare di Dio accanto e in noi ...
Il fascino di queste parole sono profezia delle parole di Gesù che superano ogni tempo e si dilatano eternamente.
Oggi possiamo gioire della santità della vita come opportunità per vivere meglio e per generare serenità e pace in un mondo scosso da sofferenza e disagio.
La festa di tutti i Santi rappresenta l'opportunità di evangelizzare attraverso la stessa vita. Questa festa dice che anche la nostra vita è spazio di santità, una profezia di una Chiesa che non viene meno rispetto alle tempeste del mondo, e che la sua forza è l'amore di Cristo che converte e guida il cuore dei suoi figli.
I Santi sono il segno fecondo di questo amore, e oltre a riconoscerne le virtù, oggi ne gustiamo l'esempio di vita da imitare e di cui consolarci.
Propongo in questo anno parrocchiale dedicato ai giovani, due beati, come esempio e come protettori per la comunità di Toscanella.
Carlo Acutis quindicenne, muore di Leucemia fulminante, il 13 ottobre 2006, dalla sua vita: "cercava sempre o prima p dopo la celebrazione eucaristica di sostare davanti al Tabernacolo per adorare il Signore presente realmente nel Santissimo Sacramento".
Chiara Badano diciannovenne, muore di cancro, il 7 ottobre 1990, dalla sua vita: "dinamica, sportiva, bella, Chiara si sente amata da Dio e lo vuole portare a tutti coloro che incontra sulla sua strada. Animata da profondo risento per ognuno, manifesta con schiettezza il proprio pensiero di credente, ma evita ogni prevaricazione sulla libertà di coscienza altrui".
Beati Calo Acutis e Chiara Badano, pregate per noi!