sabato 31 ottobre 2020
Per me vivere è Cristo ...
venerdì 30 ottobre 2020
Persuasi per l'opera di Dio ...
Filippesi 1,1-11 e Luca 14,1-6
Un Paolo innamorato di Cristo e della comunità di Filippi, è quello che emerge all'inizio di questa lettera. Un Paolo insolito, che fa trasparire sentimenti fortissimo e insieme, la gioia di chi vede compiersi l'agire di Dio: " Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù."
giovedì 29 ottobre 2020
La volpe e la chioccia.
mercoledì 28 ottobre 2020
Un legame strettissimo
Efedini 2,19-22 e Luca 6,12-19
Festa degli apostoli Simone e Giuda
martedì 27 ottobre 2020
La sottomissione ... La lievitazione ...
Efesini 5,21-33 e Luca 13,18-21
lunedì 26 ottobre 2020
Liberi come i figli della luce
domenica 25 ottobre 2020
Come amo?
Es 22,20-26; Sal 17; 1Ts 1,5-10; Mt 22,34-40
Ma quale è per noi il vero e "grande" comandamento?
Questa domanda oggi necessità di una verifica personale.
Gesù risponde con immediatezza; una risposta che non è frutto di conoscenza dottrinale, ma è la sua stessa vita, le sue stesse certezze ed esperienze che esprimono quel comandamento, che tanta ammirazione suscita nel dottore della Legge che con malizia gli ha posto la domanda.
Anche a noi è chiesto oggi - dalla parola di Dio -, di dare una risposta a quella domanda.
Come capire se realmente vivo la grandezza del comandamento dell'amore?
A volte le scritture di Israele le ascoltiamo con estrema sufficienza, quasi che non essendo Vangelo siano meno Parola di Dio, ma espressioni come:
- "Non molesterai il forestiero né lo opprimerai ...";
- "Non maltratterai la vedova o l’orfano";
- "Se tu presti denaro ... non ti comporterai con lui da usuraio ...";
- "Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta ..."; non esprimono dei criteri fondamentali con cui il discepolo di Gesù deve confrontarsi?
In tutta la Scrittura emerge una attenzione quasi una premurosa tenerezza da esercitare con il prossimo, e con chi è fragile, scartato, svantaggiato; anzi nel prossimo e nella sua fragilità, Dio sembra proprio voler dimorare, e a partire da quella reagisce rispetto alla realtà e alla vita di tutti i giorni.
Anche oggi Gesù chiude la bocca ai Sadducei e i Farisei che si dimenano per trovare una scappatoia per un clericalismo (arrivismo ipocrita) che ieri come oggi rischia di portare fuori strada.
Il più grande comandamento della legge non lascia alcun dubbio o scappatoia altrimenti ci si allontana dal pensiero di Dio, e dai sentimenti di Cristo.
Il comandamento dell'amore non impone una morale fatta di regole, ma rivela il mistero di una umanità, una carne - cardine della salvezza - che appartiene a Dio.
Gesù non ha amato Dio perché era un comandamento, una legge o un obbligo, ma lo ha amato come risposta alla Sua paternità, bontà, tenerezza ...
Ora il Vangelo non vuole esprime un enunciato ideale, ma attraverso Gesù, in forza del suo stile di vita, ci dice come lui ha amato.
Il Vangelo mi chiede oggi come io amo Dio, come oggi io amo il mio prossimo, i miei fratelli, le persone che Dio mi ha affidato.
Occorre che ci misuriamo sull'amore nella prossimità; nell'amore umano a partire dagli amici, per arrivare a vedere in loro il volto di ogni uomo! Questa è fratellanza, questo è amare nella tensione di: "tutti sono fratelli".
"Ama il prossimo come te stesso", assume una particolare densità, se penso quale è stato il modo in cui lo ha fatto Gesù: "non c'è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici".
Allora amare, con verità permette anche di non fraintendere nemmeno le ultime riflessioni e i pensieri del Papa.
È scandaloso che nella Chiesa, uomini e donne non sentano la fratellanza come condizione di esistenza, ed è ancora più scandaloso che ci siano anche Vescovi che non sentano la paternità per ogni uomo come condizione del loro essere pastori.
È inumano poter insinuare il germe della divisione e della paura dell'altro. Snaturare e sfregiare l'idea del fratello e della fratellanza, quando questa ha nella legge di Dio le proprie fondamenta.
È ipocrita voler gettare discredito sul vicario di Cristo quando questo serve solo ad alimentare i propri fini e le proprie trame di potere dentro la Chiesa; o a nascondere ciò di cui ci si deve vergognare.
In realtà, ancora una volta riscopriamo che, amare Dio e amare il prossimo, non sono delle leggi da obbedire, ma sono una esperienza da vivere.
Non è facile amare, è più facile dirlo che farlo. Ma una comunità di fede permette al mio desiderio di amare di non spegnersi, permette al mio amore di non morire perché costantemente chiede al mio amore di non essere per se stesso ma di essere dono che colma il desiderio di un altro: il desiderio di essere amato.sabato 24 ottobre 2020
Frutti per l'avvenire ...
venerdì 23 ottobre 2020
Io prigioniero del Signore ...
giovedì 22 ottobre 2020
Sono venuto a gettare fuoco sulla terra ...
mercoledì 21 ottobre 2020
Una attesa bella e responsabile
Efesini 3,2-12 e Luca 12,39-48
Diversamente da scribi e farisei, che vivono una religiosità di apparenza, e che gestiscono il culto come professione, Gesù vuole che i suoi discepoli, tutti, siano figli dell'attesa. A pensarci bene tutta la vita di un cristiano, di un battezzato è segno evidente di una attesa che conduce all'incontro definitivo con Dio Padre. Questo non in senso depressivo come una inevitabile disgrazia che incombe, ma nel senso positivo della realizzazione della promessa:"quella, che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo", cioè la saldezza eterne che è la vita in Dio. Questa prospettiva non può essere interpretata con la solita visione "funerea" che traduce il senso della fede di molti cristiani del passato e anche di molti sopravvissuti, oggi; l'attesa proposta nel Vangelo è il coinvolgimento "responsabile" ed esistenziale nel dare forma attraverso la nostra vita, al regno di Dio (la sua vicinanza nell'amore). La venuta "improvvisa" non trasformiamola in una venuta indifferente, una venuta non attesa e soprattutto lontana da noi e dai nostri desideri.
martedì 20 ottobre 2020
Chi bussa?
Efesini 2,12-22 e Luca 12,35-38
lunedì 19 ottobre 2020
Fidarsi e ... affidarsi al dono di Dio.
Efesini 2,1-10 e Luca 12,13-21
La tentazione di "farsi da soli", di gestire e di progettare la propria esistenza, non è solo frutto di orgoglio, ma è spesso il sottofondo della vita di tutti; quel istinto di auto conservazione, e il modo di difenderci dalle fragilità che ci accompagnano. Ma questo stile innato, si scontra con il dono della fede, con l'esperienza della sequela di Gesù. L'impatto con Gesù risuona in noi come la domanda del vangelo di oggi: "E quello che, hai preparato, di chi sarà?" Confrontare la vita con le esigenze del Vangelo mette in discussione in modo positivo, e mai distruttivo le scelte che quotidianamente facciamo. È da questo confronto che nasce quella criticità che ti permette di crescere, cioè arricchire davanti a Dio, e non per noi stessi. È questo confronto che apre al di più di senso e significato la stessa realtà, superando la superficialità di accomodare le cose per un comodo vivacchiare. Leggendo la prima lettura si percepisce come la fede abbia permesso a Paolo e ai credenti della prima Chiesa, di riconoscere, e di fare esperienza del dono di grazia, cioè della presenza di Dio e del suono amore per noi, "e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene".
domenica 18 ottobre 2020
Oltre ogni logica di restituzione ...
Is 45,1.4-6; Sal 95; 1 Ts 1,1-5; Mt 22,15-21
Dopo aver ascoltato le parole del Vangelo, ed aver fatto riemergere i vari commenti più volte ascoltati, non verrebbe forse da dire: "Ciascuno appartiene all'immagine a cui vuole assomigliare ... "
Un primo livello di lettura del Vangelo ci porta immediatamente a contrapporre "Cesare e Dio", è il tranello che Erodiani e Scribi e Farisei, abitualmente nemici, ora insieme stanno tessendo ai danni di Gesù: da che parte stai ...
Questo tranello oggi porterebbe a schierarsi o con la civiltà globale, atea, indifferente al mistero, e fondata sulla finanza e il profitto, oppure con un Dio ormai antico ... e residuale della memoria di un uomo che perde giorno dopo giorno il contatto col mistero della sua vita.
Gesù nel Vangelo passa oltre la contrapposizione e parte da ciascuno di noi come il soggetto che tutto ha ricevuto; l'uomo è il vertice di tutto ciò che esiste, è il fine ed è il compimento ... Bene, dice Gesù, questo uomo che tu sei a chi deve la sua vita ma sua esistenza a Dio che è un Padre o a Cesare che è la Globalizzazione e la ricchezza?
A chi ti restituisci, a chi rendi ciò che hai ricevuto?
A questo punto la domanda di Gesù risuona in noi e risuona come chiamata alla nostra personale vocazione di figli di ... di colui a cui apparteniamo!
Quindi ciò che dobbiamo avere chiaro è: Noi a chi apparteniamo?
Noi siamo fatti ad immagine di Dio, a lui apparteniamo! Questa è la nostra risposta! Non solo restituiamo a Dio il dono di noi stessi e della nostra vita, ma riconosciamo non un debito ma l’appartenenza.
Ed è questa appartenenza che da pienezza a tutta la nostra vita da discepoli. Chi ha ascoltato Gesù ha certamente capito che in ballo c'era molto di più di un semplice pagare o non pagare delle tasse, ma ieri come oggi era in gioco l'appartenenza del cuore ...
Dire a chi appartengo significa dire chi abita il mio cuore, i miei desideri, le mie attese e speranze. Significa dare un volto alla realtà e darle forma secondo una Parola che non è solo nostra, ma è parola umana che diviene parola di Dio che agisce con noi nella storia.
Quale è il problema del dare a Dio noi stessi, cioè ciò che è suo? Ciò che gli appartiene?
"... restituire dunque ciò che è di Dio a Dio", supera il restituire qualcosa!
Ecco che il restituire non si esaurisce nel rendere qualcosa ma nel darci a lui totalmente. Questo sconvolge ogni nostra visione della vita e della realtà!
Ma perché dovrei restituirmi a Dio?
Prima di tutto perché non mi appartengo, "il Signore ha dato, il Signore ha tolto" ...
Essere di Dio, restituirsi a Lui non è né facile né immediato; Scribi, Farisei ed Erodiani, non lo hanno voluto fare e neppure lo concepivano.
Ci si restituisce a Dio ogni giorno, cercando di lasciare che il Vangelo ci dia forma secondo la Parola di Cristo; ecco che ci si restituisce agendo con misericordia; ci si restituisce confidando e affidandosi alla forza di Dio che è il suo amore. Quando avrò finito di restituirmi a Dio, non temerò più nulla, ma avrò anche finito i miei giorni sulla terra. Ma alla fine della restituzione, allora, mi sarò completamente ritrovato.
sabato 17 ottobre 2020
La forza di Cristo in noi ...
Efesini 1,15-23 e Luca 12,8-12
La memoria di Sant'Ignazio di Antiochia, martire, ci permette una riflessione particolare sulla fede, proprio a partire dalla Parola, la quale non presenta la fede come atto di volontà, o come scelta e opzione fondamentale, ma a partire dal manifestarsi di Dio nella vita: "... perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire". Siamo troppo abituati a pensare alla fede e all'atto di fede come percorso personale, spirituale e di intelletto; frutto più di ragionevolezza che di mistero; una deformazione "normale" della prassi catechistica. Invece la fede è riconoscimento del mistero, è annuncio della Parola, e manifestazione di Gesù. Vorrei oggi partire proprio da questi aspetti suggeriti dal Vangelo: "chi mi riconoscerà ..." Questo riconoscere, è ben di più di una attestazione fatta davanti a un tribunale o a una Sinagoga. Chi mi riconoscerà a partire dalla vita vissuta; a partire dalla vicinanza a Dio; dalla compagnia di Dio, di Cristo e dello Spirito ... Chi mi riconoscerà dentro la relazione di fede che condivido con chi crede, tutto questo mi introduce in un atto di fede capace anche di ospitare un suggerimento è la forza dello Spirito, che è altro da me stesso, ma che è la forza della fede. Lo ripeto, esiste una dimensione della fede che è più esperienza e riconoscimento del "mistero", piuttosto che ragionevolezza del pensiero. Ignazio, dimostra il superamento della razionalità, non in un delirio mistico; non in un gesto sovrumano che lo renderebbe difficilmente imitabile, ma proprio a partire dalla percezione della vicinanza e comunione con il mistero, la sua vita divenne capace della forza meravigliosa dello Spirito, fino al dono della vita nel martirio.
venerdì 16 ottobre 2020
Effetti del lievito ...
giovedì 15 ottobre 2020
Guai a voi ...
Efesini 1,1-10 e Luca 11,47-54
mercoledì 14 ottobre 2020
Crocifissi con Cristo?
martedì 13 ottobre 2020
Le nostre care ipocrisie ...
Dal Vangelo comprendiamo il disappunto se non l'avversione di Gesù rispetto agli stili vita di scribi e farisei, agli stili di vita ipocriti, ma non per questo li escludeva dalle sue relazioni. Allo stesso modo con cui si intratteneva con pubblici peccatori, ugualmente con scribi e farisei. Il confronto con la vita degli uni, come degli altri era serrato. Cioè il confronto tra il "Vangelo" ( la parola annunciata da Gesù) e gli stili consolidati di vita non ammette tregue. L'ipocrisia infatti è come un'erba infestante (la gramigna) che si radica saldamente sotto traccia anche quando sopra il terreno viene estirpata è ridotta ai minimi termini.
L'ipocrisia dei farisei è diventata ormai un concetto stabile: vivere le regole religiose, in modo superficiale e apparente, ed essere poi incoerenti nel modo di applicarle alla vita.
Ma cosa c'è alla radice della ipocrisia? C'è la finzione, il sorridere fintamente; il voler bene finto; l'approvare per distruggere; il giustificare per poi criticare e il celare/nascondere sempre la propria idea, una finta timidezza che in realtà vuole dire: "non ti do il mio sostegno, il mio aiuto". Quanto male fanno questi atteggiamenti nella Chiesa e in particolare nelle comunità cristiane, nelle parrocchie e nei gruppi ecclesiali. Eppure, la nostra Chiesa oggi, vive il dramma della ipocrisia perché la fedeltà al Vangelo costa lo sforzo della conversione del cuore, unico rimedio alla ipocrisia. Gesù indica anche lo strumento principale del cammino di conversione: la carità, il dono e la gratuità; sono le armi che spezzano la catena della ipocrisia che diversamente toglie libertà e verità.
lunedì 12 ottobre 2020
Libertà di amare
domenica 11 ottobre 2020
La festa è per tutti!
Is 25,6-10; Sal 22; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14
Fratelli tutti, questo è il titolo della tanto discussa Enciclica sociale di Papa Francesco. Scrive il papa: “San Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo. Tra i suoi consigli voglio evidenziarne uno, nel quale invita a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. Qui egli dichiara beato colui che ama l’altro «quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui». Con queste poche e semplici parole ha spiegato l’essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita. Infatti San Francesco, si sentiva fratello del sole, del mare e del vento, sapeva di essere ancora più unito a quelli che erano della sua stessa carne. Dappertutto seminò pace e camminò accanto ai poveri, agli abbandonati, ai malati, agli scartati, agli ultimi.
Che cosa percepiamo immediatamente se non che la fratellanza è lo stesso pensiero di Gesù; allora questa parabola di oggi ci descrive come il regno dei cieli non è un'astrazione o una favola di carattere parenetico o una similitudine pedagogica. Le parabole vogliono descrivere una realtà di Dio che entra nella vicenda dell'uomo fino a diventarmi è una esperienza concreta. Ecco allora che la finalità di tutte le parabole che descrivono il Regno dei cieli sembra essere la festa di nozze per il figlio del re. Tutti gli invitati godono della libera gratuità del Re, nessuno è invitato per meriti personali. Se nelle parabole precedenti la corresponsabilità al regno dei cieli e il produrre frutto ci coinvolgeva direttamente; ora il Re compie un gesto di una bontà che ci sorprende: il banchetto è dato agli invitati affinché facciano festa, affinché gustino la festa.
Ancora una volta la logica del Regno supera ogni nostra logica, attesa e ogni possibilità. La bontà di Dio così come abbiamo già riconosciuta nella parabola degli operai delle diverse ore, non ha confini e non discrimina nessuno. “Venite alle nozze!”
Ecco che Dio si fa come un mendicante del nostro esserci al banchetto di nozze, come a dirci: vieni, permetti di mostrarti quanto ti voglio bene, fidati di me; fidati dei miei sentimenti, della mia bontà, del mio prendermi cura di te. Perché allora rifiutare l'invito? Si rifiuta l’invito quando bastiamo a noi stessi non abbiamo bisogno di vivere la festa che è per tutti.
Dice Isaia: "Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati"; solo in una vera fratellanza, si sperimenta la festa come superamento ogni differenza, di ogni limite e divisione, cioè una festa dove nessuno è uno scartato.
Solo con questa consapevolezza l'attenzione alle periferie del mondo non sarà un gesto di filantropia ma significherà aprirsi all'altro, riconoscendo che anche chi sta ai margini, addirittura proprio colui che è rigettato e disprezzato dalla società è oggetto della bontà di Dio.
"Tutti siamo chiamati a non ridurre il Regno di Dio nei confini della chiesetta – la nostra chiesetta piccoletta – ma a dilatare la Chiesa alle dimensioni del Regno di Dio. Soltanto, c’è una condizione: indossare l’abito nuziale cioè testimoniare la carità verso Dio e verso il prossimo" (papa Francesco, Angelus 12/10/2014).
sabato 10 ottobre 2020
Beatitudine della "Parola"
venerdì 9 ottobre 2020
Il demonio e le condizioni di male
giovedì 8 ottobre 2020
Quando il padre nostro è vita.
La successione delle domande che costituiscono il Padre nostro - dacci il pane; perdona i peccati; non abbandonarci alla tentazione ...- rappresentano lo spazio normale in cui la nostra vita e me nostre relazioni, messa di fronte al Padre ne viene toccata. Il dono del pane colma le nostre fragilità; il perdono dei peccati riscatta ogni limite, anche quello che vediamo nell'altro e la vicinanza nella tentazione ci toglie dalla conseguenza di una solitudine antica che ci rende indifferenti all'amore al Padre e ai fratelli.
mercoledì 7 ottobre 2020
Il Padre di tutti ...
Galati 2,1-2.7-14 e Luca 11,1-4
A pochi chilometri da Gerusalemme, sulla strada che saliva da Gerico, c'è il villaggio di Betania. Gesù più volte ha percorso quella strada e molte volte si era fermato nella casa di Lazzaro, Marta e Maria. Spesso Gesù, quando era ospite dell'amico Lazzaro, saliva verso Gerusalemme e si fermava in cima al Monte degli Ulivi a pregare. in Cima al monte, anche oggi ricordiamo in una grotta l'insegnamento del padre nostro. Il Vangelo di oggi, ci riporta ad uno dei momenti di preghiera di Gesù. Ora, inaspettatamente il Vangelo fa emergere la domanda dei discepoli:"Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli". Al di là delle motivazioni che conducono a questa domanda (imitazione di Giovanni Battista; fatica del pregare ...) l'evangelista riporta come dalla preghiera di Gesù fuoriesce anche la nostra preghiera. È lui infatti che ci insegna a pregare. La preghiera ha una direzione, non è semplice risonanza interiore o richiesta rivolta a un Dio: nella preghiera Gesù si rivolge al "Padre". Gesù insegna questo atteggiamento iniziale: il Padre è il riferimento primo della preghiera. ll Figlio, il discepolo si mette in relazione al Padre, in dialogo, in contemplazione, in ascolto del Padre.
martedì 6 ottobre 2020
Una accoglienza normale
Galati 1,13-24 e Luca 10,38-42
Torniamo nella normale quotidianità del Vangelo; la casa di Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro, rappresenta lo spazio in cui Gesù sperimenta la semplice accoglienza di una amicizia che nulla pretende. Nel tempo si è letto in Marta e Maria la contrapposizione tra vita attiva e contemplativa, tra il fare e l'essere; oggi vorrei lascare queste questioni per concentrarmi, su Gesù, sulla casa, e sulla amicizia.
lunedì 5 ottobre 2020
La vita eterna
Galati 1,6-12 e Luca 10,25-37
Dopo i giorni della nostra vita, in cui tutto si percepisce in una successione di tempo, ciò che ciascuno attende è l'eternità: una sorta si esistenza che non finisce, una vita che non conosce il limite e la paura della morte. Questo dottore della legge - e forse anche buona parte di noi - è convinto che la vita eterna sia la conseguenza di uno sforzo morale, che permette di accedere a un diritto legittimo: l'eredità. Come scardinare questo "dogma" umano? Il dottore della legge conosce bene il cuore della legge, e crede che la vita eterna dipende dall'osservare e mettere in pratica i precetti dell'amore. Secondo molti è dal mettere in pratica, cioè dare vita a quei precetti, che si giunge a sentire e gustare la vita come eternità. Ma dalle parole del Vangelo, si intuisce, che vita ed eternità non sono due realtà staccate, non sono la conseguenza, una dell'altra. Gesù porta il dottore della legge a confrontarsi sulla vita come relazione; e l'amore a Dio e al prossimo come superamento dell'egoismo e della indifferenza. Il prossimo non è l'occasione per compiere una buona azione, ma è relazione, è la vita che si affaccia alla mia, con tutto suo bisogno e la sua esistenza. Ecco che la vita eterna non è questione di tempo, ma di pienezza. La vita eterna, o la vita piena, si percepisce come desiderio e possibilità di amare. Chi non ama, non vive il tempo presente e neppure riesce a desiderare un amore che è per sempre.
domenica 4 ottobre 2020
Oltre la cruda realtà ... La pietra angolare!
Is 5,1-7; Sal 79; Fil 4,6-9; Mt 21,33-43
C) "Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
La vigna darà il suo frutto, perché c’è ancora chi saprà difenderla e farla fruttificare. Ci sono, stanno sorgendo, nascono dovunque, e lui sa vederli, vignaioli bravi che custodiscono la vigna anziché depredarla, che servono l’umanità anziché servirsene. La vendemmia di domani sarà più importante del tradimento di ieri.
sabato 3 ottobre 2020
“... ora i miei occhi ti hanno veduto”.
Giobbe 42,1-16 e Luca 10,17-24
venerdì 2 ottobre 2020
Un amico immaginario
Esodo 23,20-23 e Matteo 18,1-5.10
Festa Angeli custodi
giovedì 1 ottobre 2020
Certezze nascoste, certezze sperate ...
Giobbe 19,21-27 e Luca 10,1-12