venerdì 28 febbraio 2025

Un vero amico

Sir 6,5-17 e Mc 10,1-12

La fede cristiana considera l’amicizia apice della comunione d’amore! Per questo possiamo ripensare il brano di Siracide, che di per sé si presenta alquanto negativo nei confronti dell’amicizia, eccetto i versetti 14-17, dove si parla dell’ “amico fedele”.
Una lettura più attenta del brano porta a considerare gli “amici” che scompaiono al sopraggiunge di un evento o di una prova. Se vale questa interpretazione, è possibile dire che la vera amicizia è quella che si manifesta come pienezza di comunione proprio quando l’esistenza entra nell'esperienza più profonda cioè quando si confronta con la fragilità e il limite. Nella parole di Siracide possiamo giustamente leggere l’amicizia come la relazione più profonda della vicenda umana e cristiana, perché è comunione con Gesù, il solo “l’amico” è capace di stare in piena comunione con ciascuno di noi.

giovedì 27 febbraio 2025

E se ci guida la superbia ...

Sir 5,1-10 e Mc 9,41-50

Chi confida "eccessivamente" in sé stesso crede di poter dare approvazione alle proprie azioni o ai propri progetti, grazie alle proprie forze o addirittura piegare verso di sé il volere di Dio, fino alla approvazione di sé davanti all'onnipotente. É una forma di sottile superbia che si esprime nella presunzione umana. Una presunzione che alimenta l'ascesa di sé stessi e l'accrescere dell'inclinazione al possesso. Siracusa ricorda  all'uomo che il peccato ha origine nell presunzione e nell’autoreferenzialità che colloca il proprio io al di sopra di tutto e lo pone come criterio di discernimento del bene e del male. La conversione invece è un cammino continuo di superamento del proprio egoismo e della propria superbia per diventare uomini e donne secondo Dio.

mercoledì 26 febbraio 2025

Figli della Sapienza

Sir 4,12-22 e Mc 9,38-40

Siracide esorta alla ricerca dell’armonia nella vita personale e sociale, evitando gli eccessi, la precipitazione e la forzatura degli eventi. Questa condotta non nasce da sè, ma è conseguenza della Sapienza di Dio nell'uomo: “La sapienza esalta i suoi figli e si prende cura di quanti la cercano. Chi l’ama, ama la vita”. Questa mattina posso renderti grazie, Signore, per il semplice appartenere a te, per il piacere di sentirmi amato e custodito da te nel mio esistere. Amo la vita, Signore, e tu sei la vita, presente e in tutte le cose umane come nel ritmo dei giorni e nella meraviglia del creato. Ti rendiamo grazie, per la Sapienza che riempie tutte le cose, che sono tue ma che sento anche mie.

martedì 25 febbraio 2025

Tentati dalla tentazione

Sir 2,1-13 e Mc 9,30-37

Il libro del Siracide sembra voler consigliare il modo per maturare gli atteggiamenti migliori per svolgere il proprio servizio presso il Signore. Stiamo parlando di un vero proprio ministero legato al tempio, ma non solo inteso nelle cose rituali da fare, ma di servizio come un vero percorso di elevazione personale e spirituale.
Per comprendere il senso della tentazione occorre entrare nella logica biblica dell'essere messi alla "prova". Siracide invita, dunque, a non desistere nel momento della stanchezza ma a perseverare nel proposito, perché nella prova, il discepolo ne uscirà rafforzato. La tentazione conduce a vagliare le situazioni limite del servire, mettendo in guardia dall'adeguarsi a coloro che non seguono la via di Dio.

lunedì 24 febbraio 2025

La sapienza è donata

Sir 1,1-10 e Mc 9,14-29

La sapienza, cioè la possibilità di comprendere il senso, la bellezza e bontà delle realtà create, cioè giungere alla pienezza della conoscenza, non è frutto di speculazione intellettiva, ma nella fede si evidenzia come un dono: una gratuità nella relazione di chi è amato da Dio, e ama Dio. Rispetto alla presunzione e all’orgoglio che lo spirito del mondo diffonde con larghezza, la Parola di Dio di oggi ci mostra un sapere umile e mite. L’umiltà non consiste nella svalutazione di noi stessi, ma nel riconoscimento della propria piccolezza e fragilità: l’umiltà ci  fa distogliere lo sguardo da noi stessi per rivolgerlo a colui che può tutto.

domenica 23 febbraio 2025

Un amore im-possibile

1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23; Sal 102; 1Cor 15,45-49; Lc 6,27-38

Avete ascoltato il Vangelo? No? Allora fermatevi un attimo e provate a rileggerlo.
Che belle parole! Ecco nella nostra "ipocrisia" o limitata possibilità nell'amore, siamo capaci di dire: "che belle parole!" Ma poi ci fermiamo a questa esclamazione e non vogliamo andare oltre ...
Di fronte a queste parole di Gesú non possono non venire in mente tutte le volte, le infinite volte, in cui non sono proprio riuscito ad amare. Già… proprio così!
Perché non so voi, ma anche se nell’amore di cui Gesù ci parla in questa pagina di Vangelo ci credo veramente, credo anche che Gesù, in quei diciotto imperativi, traccia una via e indica un ideale a cui tendere e verso cui tendere cioè, camminare tra alti e bassi, tra successi e sconfitte…
Devo ammettere che se anche, in fondo non uccido, non faccio del male, anzi, tendo a giustificare il male ricevuto, a comprendere chi lo compie, questo non basta... rispetto all'amore mancato, quello che non abbiamo espresso e generato.
Il vero problema non è amare i nemici, ma non amarli ...
Credo che nell'imperativo di Gesù ci sia il desiderio di farci prendere voscienza che siamo macchine capaci di generare amore, ma se non ci mettiamo in moto, con le sue "parole", l'amore resta una astrazione, una possibilità non realizzata.
Ma perchè bisogna amare come dice Gesù?
Perché non posso accontentarmi di amare come umanamente riesco a fare? In quelle poche occasioni e con quelle particolari persone?
Perché non amare cercando di farlo senza perderci, realizzando una parità che ci permetta di voler bene a qualcuno, a patto che questo non tolga nulla alla nostra vita, alla nostra libertà e non ci ponga obblighi. Altrimenti, nel caso. Ci pensiamo un attimino ...
Tutti gli imperativi usati da Gesù richiedono una condizione di partenza: la gratuità. Ma questa gratuità rappresenta il limite rispetto al quale si inizia ad amare realmente.
Ma perché amare nella gratuità? Che senso ha?
Gesù ha un’unica risposta.
Amare nella gratuità significa che il mio amore non è motivato da qualcosa, non poggia su tante elucubrazioni, ragionamenti, pensieri.
Ha un’unica ragione, ed è una ragione di fede, in ciò che Gesù mi dice. Perché è il Padre che insegna a Gesù a essere gratuità, ad amare in perdita: “Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi".
D'altronde con noi e per noi, Gesù non ha fatto uguale, ha dato tutto sé stesso, a perso tutto se stesso ...
Tutto ciò che avremo perso per amore ci tornerà, alla fine, come un grande credito di conoscenza di Dio, cioè di esperienza di Lui; ci farà vivere la sua stessa vita, che è una vita che non passa.
La logica fiori di logica è che il nostro vero guadagno! Il vero guadagno consisterà in ciò che avremmo saputo perdere, sarà l’amore gratuito che avremo saputo dare: più perdiamo, e più guadagniamo. Se la logica umana comporta di ragionare in parità, la logica di Gesú è umanamente illogica. 
Allora quale è stata la prina reazione all'ascolto del Vangelo? Occorre partire da lì!
Prendiamo un impegno: proviamo a crederci insieme. Proviamo vivere credendo che quell’amore vissuto da Gesù e chiesto a noi sia uno stile di vita veramente possibile, anche per noi.

sabato 22 febbraio 2025

Presbiteri

1Pt 5,1-4 e Mt 16,13-19

Le parole di Pietro nella lettera sono rivolte alla Chiesa, alla comunità, non certo a una categoria di persone caratterizzate dall'età avanzata. L'esportazione è per gli "anziani" per i "presbiteri" ovvero per i responsabili della comunità: coloro che sono investiti del compito di guida. Tale compito corrisponde all'immagine del pastore. Anche Pietro si colloca nella loro condizione, testimone sia del compito affidato, come anche dell’esperienza personale circa le sofferenze del Signore Gesù, e quindi anche “partecipe della gloria che deve manifestarsi”. Pietro infatti, vede nella Chiesa lo spazio di presenza e di vita di Gesù e del mistero pasquale, uniti in un tuttuno. Queste parole di Pietro sono importanti, perché aiutano coloro che sono gli anziani a conoscere qual è il vero ministero dei "presbiteri", e come bisogna svolgerlo.