Ef 6,10-20 e Lc 13,31-35
mercoledì 30 ottobre 2024
Lacrime di vita
Si salvano i primi o gli ultimi
Ef 6,1-9 e Lc 13,22-30
martedì 29 ottobre 2024
Un regno utile
Ef 5,21-23 e Lc 13,18-23
lunedì 28 ottobre 2024
Cerca proprio me
Ef 2,19-22 e Lc 6,12-19
domenica 27 ottobre 2024
Conseguenze del vederci bene
Ger 31,7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52
Siamo ormai alle porte di Gerusalemme, ovvero nel cammino (sulla strada) che porta Gesù a Gerusalemme, l’evangelista ci presenta un cieco e vuole creare un legame tra Bartimeo e gli altri personaggi, Bartimeo, infatti, è la figura del discepolo, di colui che segue Gesù nel suo cammino verso Gerusalemme.
Ecco questo è il senso di questa pagina di vangelo: ci fornisce le coordinate del nostro cammino, della nostra sequela.
Bartimeo è una persona chiamata, (il verbo chiamare ricorre tre volte) e la sua chiamata dice qualcosa sulla vita dei discepoli, che non sono persone perfette, diverse, migliori, ma bisognose, come tutte, di salvezza, di luce. Gesù chiama persone fragili e, chiamandole, le può guarire nel mentre lo seguono nel compiere la volontà del padre.
Bartimeo è il discepolo che lascia tutto ciò che ha, proprio come avevano fatto i primi chiamati. Non per uno sforzo di volontà, ma perché ha trovato il tesoro, qualcosa di più grande e di più importante della propria sicurezza di vita.
Infine, ultimo Bartimeo, segue Gesù proprio come i discepoli sono chiamati a seguirlo.
Bartimeo però ci dice che seguire il Signore Gesù non significa solo andargli dietro. Seguirlo significa imparare a guardare la vita, le situazioni, con il suo stesso sguardo. Per questo l’ultimo miracolo, il miracolo capace di creare un discepolo, è una guarigione dalla cecità, perché il discepolo è colui che piano piano impara a guardare le cose dal punto di vista stesso di Dio.
Come Bartimeo anche noi possiamo pensare di vivere alcune esperienze in relazione a Gesù:
- dal grido disperato o rabbioso alla preghiera intima e confidente;
- dall’essere seduto e passivo all’essere in cammino e missionario;
- dall’essere cieco nel tuo buio all’essere vedente la luce che è cristo;
- dall’essere mendicante che dipende ed è limitato all’essere una persona libera;
Perché ogni discepolo, dall’incontro con Gesù, esce trasformato; immedesimarsi in un processo di trasformazione è il fine della nostra esperienza di fede, dove riconosciamo cosa Gesù è capace di fare per ciascuno uno di noi.
Vedere nella fede
Signore Gesù, insegnaci a credere.
Insegnaci a coltivare una fede
fatta di fiducia e di affidamento,
ma anche capace di osare, di scattare a ogni tua parola.
Apri i nostri occhi, spalanca il nostro cuore
e aiutaci a credere.
Tu, Figlio di Dio e nostro fratello,
sulla tua parola, insegnaci ad alzarci,
a scattare, a non restare nel buio,
per lasciarci raggiungere dalla tua luce. Amen.
sabato 26 ottobre 2024
Pazienza
Ef 4,7-16 e Lc 13,1-9
venerdì 25 ottobre 2024
Urgenza di discernere
Ef 4,1-6 e Lc 12,54-59
giovedì 24 ottobre 2024
Divampi il fuoco
Ef 3,14-21 e Lc 12,49-53
mercoledì 23 ottobre 2024
Vigilanza non sorveglianza
Ef 3,2-12 e Lc 12,39-48
martedì 22 ottobre 2024
Contenitore e contenuto
Ef 2,12-22 e Lc 12,35-38
lunedì 21 ottobre 2024
La vera gioia
Ef 2,1-10 e Lc 12,13-21
Gesù nel vangelo ci ammonisce a tenerci lontano da ogni cupidigia, cioè dalla tentazione di riempirci di cose o di affetti gratificanti. Perché non solo non troverai la gioia ma perderai la vita stessa. Dice Gesù, la vita non dipende da ciò che accumuli. Colui infatti la cui gioia dipende da determinate condizioni non ha in sè la gioia, ma la sua gioia è nelle condizioni, è condizionata da esse. La gioia per essere tale deve essere libera, non necessitata, non condizionata. E’ puro dono, la sua causa affonda nel mistero di Dio. Per questo non può dipendere dai beni materiali. Il più grande inganno è credere che se appaghi i tuoi bisogni allora sarai felice e avrai la gioia in te.
domenica 20 ottobre 2024
Servo per amore
Isaia 53,10-11; Sal 32; Eb 4,14-16; Mc 10,35-45
Come definire Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, se non due discepoli che stanno prendendo una grossa cantonata. Non sappiamo neppure quanto fossero coscienti della loro richiesta, e delle ricadute.
Da un lato se la loro preoccupazione era rispetto a un regno di questo mondo, restano spiazzati dalle parole di Gesù che in modo sorprendente da concretezza a ciò che vivrà nella passione.
Dall'altro se il regno è quello del cielo, quello futuro, ancora peggio, la risposta di Gesù ribalta ogni aspettativa e ogni ordine di grandezza, il primo l'ultimo è lui.
Forse Giacomo e Giovanni erano completamente fuori strada oppure erano talmente consapevoli del regno di Dio al punto di preoccuparsi del futuro, di quella eternità (che magari chiamiamo paradiso) di cui speravano di farne parte.
Ma l’invito che Gesù fa è di spostare ogni nostra preoccupazione: dalla gloria di un giorno futuro al servizio di oggi, dall’essere primi in paradiso al servire gli ultimi oggi.
Ma perché questi pensieri?
Forse perché il il gruppo sta andando a Gerusalemme e la situazione, il clima si sta scaldando, i rapporti con i sacerdoti, scribi e farisei si erano inaspriti; la gente che lo seguiva ora a volte non c'è più ... la visuale diventa più complessa.
Marco utilizza una rilettura di ciò che accadrà nella passione e lo immerge, anticipando il contenuto in questo salire a Gerusalemme. Certamente il senso di provvisorie è transizione, come anche la drammaticità del momento ritorna per la terza volta nel parlare di Gesù. È in questo contesto che possiamo collocare le singole esperienze umane, sentimenti e reazioni, come anche lo sguardo nuovo che Gesù vuole insegnare, allora ma anche oggi.
Cosa insegna Gesù?
È evidente, esprimere con le scelte della vita la propria vocazione a seguire il maestro nella via che egli stesso ha tracciata: il servire; farsi diacono:
1) essenziale è una vita che si dona, il donare da senso alla vita;
2) non il potere per il potere, ma l'obbedienza, cioè fare la volontà del Padre;
3) essere servizio tiene legati strettamente a Gesù, ci fa prendere la sua forma.
Il servire è lo stile nuovo che deve esprimere la Chiesa è la vita delle Comunità cristiane.
Ecco perché nella Chiesa il servizio è espressione di amore e cura delle relazioni e non fa affidamento a un sistema a una istituzione, ecco perché non può esistere una Chiesa clericale o Tradizionalista, vanitosa (pizzi e merletti) e ostentativa (manifestazioni di forza). La gerarchia nella Chiesa è vera se è servizio.
Ed ecco perché la croce non ci salva in quanto si soffre, ma in forza dell'amore. La croce è immagine di quanto Gesù ama e ci insegna ad amare.
Per cui il servizio che rende come Cristo, non è quello di chi si annulla semplicemente per l’altro, ma quello che sceglie liberamente di consegnarsi all’altro per il suo amore e in questo realizza al massimo sé stesso.
Solo in questa condizione diventiamo immagine di Gesù, per cui in noi rispecchia il servitore il primo e ultimo. Chi vuole può ora pregare con queste parole:
Signore Gesù, fratello e Signore,
vogliamo imparare a servire!
Per noi non è facile.
Per noi non è sempre una priorità.
Se è evitabile lo preferiamo.
Ma tu, giorno dopo giorno,
insegnaci a bere il tuo calice,
anche quando è difficile.
Facci assaporare la vita
che sgorga dal dono gratuito.
Trasforma il nostro cuore
perché i nostri occhi vedano
e riconoscano l’altro.
Liberaci da noi stessi
perché possiamo farci servizio.
Amen.
sabato 19 ottobre 2024
Non precetti, ma amicizia
Ef 1,15-23 e Lc 12,8-12
venerdì 18 ottobre 2024
Missionari
2Tm 4,10-17 e Lc 10,1-9
giovedì 17 ottobre 2024
Com’è difficile e facile il perdono
Ed 1,1-10 e Lc 11,47-54
mercoledì 16 ottobre 2024
Quando si farebbe a meno della legge
Gal 5,18-25 e Lc 11,42-46
martedì 15 ottobre 2024
Come farisei
Gal 5,1-6 e Lc 11,37-41
lunedì 14 ottobre 2024
Vedere i segni
Gal 4,22-24.26-27.31;5,1 e Lc 11,29-35
Cogliere i segni, capirli non è da tutti, non è per chi come i gretti farisei, da una parte pretendono un segno, ma dall'altro sono incapaci di vederli. Per cogliere i segni devi essere semplice, innocente e puro di cuore. Allora non hai bisogno di chiedere segni, perchè il segno è quello che ti accade e che riconosci fra le tue mani. Pretendere un segno equivale a non vederlo. La pretesa non rientra nella meraviglia e tantomeno nella fede. Quindi esclude il riconoscimento di un segno. Per questo Gesù non gli dà nessun segno: tanto non erano capaci di vederlo.domenica 13 ottobre 2024
Possediamo di tutto ... "ma andiamo tristi" ...
Sap 7,7-11; Sa 89; Eb 4,12-13; Mc 10,17-30
Anche oggi che possediamo di tutto e ci sforziamo in ogni modo di correre oltre ogni nostra possibilità ... ci accorgiamo che non raggiungiamo il fine della nostra vita: essere felici ... dare alla vita un senso vero ed eterno. Per cui siamo esistenzialmente tristi, tendiamo sempre al lato grigio della vita e nulla sembra coinvolgerci al punto di darci la gioia.
Quest’uomo ricco, aveva fatto tutti i compiti come un bravo scolaretto, aveva obbedito alle leggi e si era costruita un'immagine di uomo giusto e corretto, la sua coscienza era a posto, perfettamente a posto, insomma proprio un bravo ragazzo!
Ma una domanda, anche in lui, anche nella sua autosufficienza non trova risposta, non trova soluzione: come posso vivere per sempre? (... maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?)
Questa domanda, quando la si esprime ci lascia sgomenti, perché dice che io da solo non posso darmi una vita la cui qualità sia la felicità e la gioia dell'eternità.
Quest'uomo continua a vivere la sua storia personale nella tristezza. Dice papa Francesco: esiste una tristezza amica e una tristezza non buona.
La tristezza amica è quella che fa parte del cammino di conversione del cristiano e che la grazia di Dio trasforma in gioia; ma vi è anche quella che si insinua nell’anima e che la prostra o la conduce nell'abbattimento o nella durezza e nella rigidità. Questa seconda tristezza viene dal "Maligno". Quando il mostro cuore si indurisce, si intiepidisce e non ha più lo slancio dei desideri, dei sogni, non genera più speranza ... il cuore diviene solo spazio di delusione di fronte anche all'evidenza di ciò che potrebbe ridare la gioia o il gusto della felicità ... per cui se ne andò triste, cioè deluso anche dalle parole del Signore. Questa tristezza porta all'egoismo, al chiudersi in se stessi, a rincorrere giustificazioni ai nostri atteggiamenti rancorosi o pretestuosi; maturato questo, è come succhiare una caramella amara, cattiva ... il sapore in bocca sarà sempre cattivo, amaro.
Semplicemente c'è bisogno d'altro!
Dobbiamo stare attenti a questa tristezza e pensare che Gesù ci porta la gioia della risurrezione. Ma cosa devo fare quando sono triste? Fermarti e vedere, fare discernimento sulla mia tristezza ... perché la tristezza può essere una cosa molto brutta che ci porta al pessimismo, ci porta a un egoismo che difficilmente guarisce.
Come vincere la tristezza:
La tristezza si vince quando la nostra vita scopre le relazioni buone capaci di generare amore, quando scopri che il prossimo è la chiave della vita eterna, le relazioni sono la chiave dell'eternità. Mi ricordo di un ragazzo che aveva un poco lo sguardo triste, non si sentiva realizzato, poi sopraggiungono anche dei limiti fisici ... grande turbamento e infelicità ... fintanto che non ha scoperto la sua gioia nel vivere accanto a chi è escluso, e ai margini del mondo. Quelle relazioni gli danno la gioia della vita. Gesù è risorto anche oggi, per ciascuno di noi, e lui è il senso della vita.
sabato 12 ottobre 2024
Un orecchio tutto ascolto
Gal 3,22-29 e Lc 11,27-28
venerdì 11 ottobre 2024
Il regno e la comunione
Gal 3,7-14 e Lc 11,15-26
giovedì 10 ottobre 2024
Chiedete, cercate e bussate
Gal 3,1-5 e Lc 11,5-13
mercoledì 9 ottobre 2024
È necessario pregare? Perché è a cosa serve pregare?
Gal 2,1-2.7-14 e Lc 11,1-4
martedì 8 ottobre 2024
Quando il fare è buono
Gal 1,13-24 e Lc 10,38-42
lunedì 7 ottobre 2024
Amare per essere felici
Gal 1,6-12 e Lc 10,25-37
Ieri sera un giovanissimo all’incontro del gruppo nella preghiera ha detto che se ci amiamo gli uni gli altri "siamo più felici"... e non ha ascoltato la mia omelia domenicale! Ma forse solamente chi è giovane ha lo sguardo aperto al futuro senza preclusioni e limitazioni. Questo Vangelo di oggi possiamo riassumerlo nella domanda: "Cosa dobbiamo fare per essere felici?". Con molta essenzialità la risposta è: amare dona la vita eterna, cioè amare dona la felicità. Da qui un’altra domanda: Come si ama? E soprattutto, chi si ama?. Gesù nella pratica dell’amore è chiaro: occorre amare chi viaggia sulla strada della tua vita. Il prossimo, cioè chi è nelle tue prossimità. E’ lui da amare.
domenica 6 ottobre 2024
Fin dal principio
Gen 2,18-24 Sal 127 Eb 2,9-11 Mc 10,2-16
Ci sono pagine della Bibbia che conosciamo fin da bambini, ma in realtà non ne sappiamo nulla, anzi il più delle volte le usiamo a proposito e a sproposito per difendere convinzioni e approcci all’esistenza. In questo senso la pagina evangelica del ripudio della propria moglie è emblematica; come anche la creazione della donna dalla costola del primo uomo. Pagine trasformate in bandiere ideologiche propri degli stessi contesti storico-culturali, li abbiamo trasformati in bandiere, in proclami, in difesa di posizioni antropologiche che di divino avevano e hanno ben poco. Oggi Marco, rifacendosi a Gesù ci spinge ad andare oltre, oltre la stessa legge di Mosè, pur se sacra. Oggi torniamo alla creazione ed ecco che si apre la meraviglia della creazione del femminile.
Genesi racconta al credente come Dio ha posto l’uno accanto all’altra l’uomo e la donna; e come la creazione del femminile è accaduta da un fianco. Non sopra o sotto, ma da un fianco. Perché, seppur strutturalmente diversi, la donna e l’uomo erano l’uno a fianco dell’altra, capaci non di possedere ma di unire, non di dominare ma di custodire, non di schiacciare ma di generare ... generare dei figli di Dio, dei piccoli del regno. Dio ha unito creando, ha plasmato l’essere umano a sua immagine e somiglianza, gli ha donato il suo stesso spirito.
Questa condizione dall'origine permette di guardare alla legge come spazio di pienezza e di rivelazione del mistero di Dio e non come la Gabbia che ci imprigiona rigidamente nella vita.
Assurdità delle Leggi a priori
Anche per molti cristiani e per un certo modo distorto di vivere la fede tutto il relazionarsi con Dio sta nel districarsi tra ciò che è permesso e ciò che è vietato, tra il lecito e l'illecito: "i farisei chiedono se il ripudio è lecito; gli stessi farisei affermano che Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio con cui separarsi dalla moglie. A questi interessa solo sapere cosa si può fare e cosa non si può fare, cosa è permesso dalla Legge e cosa non lo è. Non pensano di poter esprimere un discernimento sulla vita, non credono di esercitare la loro libertà da figli, di usufruire della coscienza, davanti a Dio. Non pensano neppure che è nell’intimo del cuore che è dato di conoscere l’unica legge che Dio ha dato all’uomo, quella dell’amore.
Una legge di vita.
In queste parole del vangelo c'è quindi un modo nuovo e diverso di pensare la propria vita, la propria fede, la relazione con Dio e con gli altri. La vita di fede per quei farisei consiste nell’osservare le norme, nello stare dentro a dei limiti. Per cui se sei un obbediente della legge, puoi sentirti a posto, con Dio e con tutti. Ma la legge e questo stile di vita distaccato dall'umano indurisce il cuore, ci rende egoisti e impermeabili alla misericordia e all'amorevolezza. E se il nostro cuore diventasse un pezzo di pietra nel petto incapace di commuoversi e di stupirsi davanti alla meraviglia del creato e al mistero dell’altro? Sarebbe la nostra rovina.
Le leggi devono permettere di custodire e coltivare il rispetto e la difesa della dignità, il tremore dinanzi alla diversità, l’attenzione e la cura verso chi è nostro compagno di cammino. Dio nell'atto della creazione tutto riconduce alla possibilità di corrispondere all'amore. Un umano che non ama è incompiuto. Gesù ci porta stare nella legge per andare alla sua pienezza, verso ciò per cui ciascuno vive, ci conduce al cuore della vocazione personale ad andare alla propria chiamata, l’altissima dignità insita nell'atto creatore di Dio. Criterio di discernimento è la vocazione di ciascuno, ciò che dentro di noi dice chi siamo.
Essere come bambini.
Non è un nostalgico attaccamento a dei ricordi fanciulleschi o ad atteggiamenti pueri, essere piccoli, essere bambini è condizione di chi davanti a sé pone ogni possibile cambiamento, cioè la conversione e ogni reale possibilità cioè lo stupore di fronte alla realtà che ci pervade. Essere piccoli per essere bambini è avere il coraggio di rimettersi sempre in gioco anche dopo l'ultimo litigio. Poi sorprendentemente i piccoli, i bambini, i figli sono il frutto dell'amore e come tali hanno il diritto di chi è erede ... eredi del regno di Dio.
sabato 5 ottobre 2024
Settantadue bambini
Gb 42,1-3.5-6.12-16 e Lc 10,17-24
venerdì 4 ottobre 2024
Il vantaggio della piccolezza
Gal 6,14-18 e Mt 11,25-30
giovedì 3 ottobre 2024
La vera missione
Gb 19,21-27 e Lc 10,1-12
mercoledì 2 ottobre 2024
Ci vuole un Angelo
Es 23,20-23 e Mt 18,1-5.10
martedì 1 ottobre 2024
Il prezzo della elezione
Gb 3,1-3.11-17.20-23 e Lc 9,51-56