venerdì 31 gennaio 2025

Forti della memoria

Eb 10,32-39 e Mc 4,26-34

I sentimenti che ci legano e la nostra fede sono spesso tiepidi rispetto al calore che animava le prime comunità cristiane, e questo oggi, leggendo questo brano della Lettera agli Ebrei. Così è assolutamente necessario per ciascuno di noi, di tornare a fare memoria viva dell’incontro con la luce di Cristo, per riscaldare e illuminare di nuovo ogni cosa nelle nostre vite e ritrovare la gioia vera del cammino. Forse in questo tentativo di memoria scopriremo di aver dato Gesù per scontato, o forse per la prima volta ci sentiremo realmente attratti da lui. Sarà solo in quel momento che situazioni come persecuzioni, carcere e sofferenze, non ci intimoriranno più ma sarà tutto occasione di rinnovato slancio nella vita personale e comunitaria.

giovedì 30 gennaio 2025

Il vero santuario è il Padre

Eb 10,19-25 e Mc 4,21-25

Abbandonarsi a qualcuno, avere fiducia è possibile solo quando la relazione è vera, quando si è realmente coinvolti. Gesù col suo sacrificio, segno di un vero amore, ha reso possibile per ognuno di noi la relazione intima con Dio Padre. Grazie a Gesù abbiamo capito che la salveza, cioè essere giustificati deriva semplicemente da un Padre amorevole. Dio non è più il giudice distaccato e lontano da riverire e servire, ma attraverso Gesù Dio aquista la sua piena paternita, ma questo è pisibile solo se ci accostiamo a Dio Padre con cuore sincero. La relazione è la via per vivere in pienezza la fede. La relazione è la via privilegiata per tener viva la speranza e così coltivare la pienezza della fede.

mercoledì 29 gennaio 2025

Un mix sacrificale

Eb 10,11-18 e Mc 4,1-20

Ogni giorno celebro l'offerta del sacrificio di Cristo, e a volte anche più e più volte al giorno ... Ci si sente un poco sacerdoti dell'antica legge, in cui i ripetuti sacrifici non cancellarono i peccati ... In realtà solo a pensarci ci si accorge che il celebrare non è una semplice ripetizione ma realizzare nel tempo l'essere alla destra di Dio. Ciò che la maggior parte dei credenti non comprende è proprio ciò che realizza il sacrificio di Cristo nel sacrificio celebrato nel tempo e come questo nostro celebrare è proprio Cristo alla destra di Dio. Noi invece ci ostiniamo ad applicare suffragi e a contabilizzare peccato e salvezza. Ma dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato!

martedì 28 gennaio 2025

Il nuovo ed unico sacrificio

Eb 10,1-10 e Mc 3,31-35

Tutta la Lettera agli Ebrei vuole fare comprendere come l’avvento di Cristo nel mondo fa prendere consapevolezza dei sacrifici Antichi che i sacerdoti compiono, perché lui stesso, mandato dal Padre, sarà il solo ed unico Sacrifico in grado di cambiare le sorti dell’uomo. Il corpo stesso gli è stato daro per essere sacrificato sulla croce e compiere così la volontà del Padre, che con la morte del Figlio ha abolito tutti i molti sacrifici con il nuovo sacrificio, offerto per sempre per la nostra salvezza. Finisce il tempo Antico della preparazione e della profezia, finisce l’Antica liturgia del Tempio e si compie la profezia Nuova: “Un corpo mi hai preparato …. Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”.

lunedì 27 gennaio 2025

Perché la morte è redenzione

Eb 9,15.24-28 e Mc 3,22-30

Può essere incomprensibile per noi entrare nel contenuto di questa pagina di Ebrei, se non abbiamo consapevolezza del senso dei sacrifici, anche cruenti e di sangue, in cui la vittima veniva uccisa e la sua vita era espiazione dei peccati. Ecco che la morte di Gesú diviene quindi espiazione dei peccati e si carica di tutto il senso sacrificale che inaugura un patto nuovo. Sono tutte situazioni che non trovano in noi uno spazio di accoglienza, sono irrilevanti nella nostra mentalità globalizzata, ma è bene conoscerle per poter comprendere come la vicenda di Gesù si inserisce e rielabora tutta la ritualità giudaica e del Tempio. Il suo sacrificio, la sua offerta, è avvenuta una volta per tutte, Cristo indatti si è fatto uomo ed è morto «una volta sola» come ogni uomo, ma nel suo caso questa unicità ha un valore assoluto e irripetibile.

domenica 26 gennaio 2025

Un libro ... ma non solo

Ne 8,2-4.5-6.8-10 Sal 18 1Cor 12,12-30 Lc 1,1-4; 4,14-21

Inquadramento
La Bibbia è il “libro più presente e meno letto” nelle nostre case ... dovrebbe essere alle fondamenta della nostra fede; eppure, lo trattiamo con sufficienza, dimenticanza, quasi fosse un elemento di decoro caro quanto pressoché invisibile. Quando va bene lo utilizziamo ben poco, tanto da accontentarci di una mezza paginetta di lettura domenicale a Messa – per chi ci va –, ma il libro originale lo sfogliano ben in pochi. A questo libro è legato un immaginario religioso presente nella vita di molti italiani benché quasi del tutto ignorato dal discorso pubblico, tra media e cultura. In base a un sondaggio del Censis nel novembre 2024, il 15,3% di “cattolici praticanti” la Bibbia in quanto tale è ancora un libro degno di nota. Ma dei praticanti che ormai sono il 10% di chi si riconosce ancora cattolico, cioè il 71,1% degli italiani.
Un anno di Grazia già iniziato.
Nelle parole e nell'agire di Gesù, il suo carisma sacerdotale, profetico e regale, annunciano la piena realizzazione dell'anno di grazia dell'anno giubilare. Gesù non sta raccontando una parabola, e neppure annunciando una profezia di compimento, egli dice che lì a Nazareth, quel giorno si è compiuta la scrittura e che quel compimento è per sempre. Quel rotolo di Isaia da profezia diviene realtà concreta ... non è semplicemente qualcosa di importante, non è solo una parola scritta, non è solo memoria e promessa, ma quel giorno a Nazaret la parola per quello che realmente è, si realizza in potenza e continua a essere realtà, di cui forse ci siamo un po’ dimenticati.
La concretezza della parola
È straordinario quello che accade davanti alla Legge quando Esdra la porta davanti al popolo, apre il libro e lo legge. Provate a leggere la prima lettura e a immaginarvi in quella folla, a sentirvi parte di quel popolo ritornato dall’esilio ... Provate e provare la gioia della libertà dopo la schiavitù. Provate a lasciarvi attraversare dalla gratitudine per quel Dio che aveva riportato il suo popolo a casa, e ora poteva essere nuovamente lodato, pregato, adorato.
La parola accade, è viva.
Accade nella storia e, pronunciata, si fa evento. La Parola quando può raggiungerci ci tocca e ci trasforma, perché è potenza che attraversa anima e materia.
Ciò che dice il Signore non è un auspicio o una rivendicazione di giustizia che dobbiamo cercare, ma sottolinea e precisa che la profezia di Isaia si è compiuta: vuole dire che non è successo semplicemente qualcosa, magari di bello, ma che tutto quello che è accaduto è un compimento. Qualcosa, cioè, che ha raggiunto la sua pienezza, ha raggiunto il suo scopo, il suo obiettivo, il regno di Dio è vicino, per questo la Parola si è compiuta. Allora, da tutto questo, possiamo trarre un primo elemento, ovvero che all’inizio c’è un compimento. Se il regno di Dio è vicino allora per i poveri vero l'annuncio di gioia, a proclamare la pace, la libertà, la salvezza, la vita ... il compiersi della profezia innesca un principio che si innerva e prende forma nella realtà.
Si è compiuta, non siamo più nel tempo dell’attesa, dell’incertezza, ma siamo nell’oggi della salvezza.

sabato 25 gennaio 2025

Conversione (tensione) di san Paolo

At 22,3-16 e Mc 16,15-18

Paolo non può tacere quello che ha “visto e udito”, soprattutto quella luce che lo ha avvolto sulla via di Damasco e la voce del Signore Gesù che gli ha parlato. Ciò che Paolo vuole fare capire ai Giudei è che il Dio di cui parla è senza alcun dubbio lo stesso “Dio dei nostri padri”. È quel Dio che lo ha “predestinato”, letteralmente “preso per mano e scelto per una missione”: quella di “vedere il Giusto e di ascoltare una parola dalla sua bocca”. Ciò che Paolo racconta e vive attraverso la sua esperienza personale è la conseguenza di un incontro unico e particolare che però appartiene all'universalità della storia della salvezza, in cui tutti siamo immersi. Paolo vive l’obbedienza che genera  una tensione tra il particolare e l’universale.  


venerdì 24 gennaio 2025

Una alleanza migliore!

 Eb 8,6-13 e Mc 3,13-19

Il concetto di alleanza, si pone nel contesto di una relazione di reciprocità che possa riconoscerla. Diversamente un'alleanza è inutile e il termine non dice nulla di interessante e vincolante. L'alleanza ha senso nella storia di Israele, proprio perché  viene tradita, durante l'esodo, e in forza della legge di Mosè l'alleanza viene riproposta e spesso disattesa dal popolo. Ora in Gesù la proposta di una alleanza si rinnova e questa volta il mediatore della Nuova Alleanza sarà lui stesso, il Figlio di Dio. La scrittura testimonia che non sarà l’istruzione a garantire l'osservanza del patto, ma la legge di Dio, ma l'Alleanza nuova, sarà impressa nel cuore di ogni uomo. Questa è la Nuova Alleanza, e questa porterà al perdono dei nostri peccati: Dio dimenticherà la nostra dimenticanza di lui.

giovedì 23 gennaio 2025

Che cosa offre Gesù sacerdote ...

Eb 7,25-8,6 e Mc 3,7-12

Gesù sacerdote non ha fatto sacrifici sull’altare per propiziarsi Dio, e neppure per ottenere favori e grazie, ma ha fatto di sé un altare e una offerta mediante l’obbedienza alla volontà del Padre; ha sacrificato sé stesso per redimere l’umanità dal peccato. La redenzione dal peccato, rappresenta oggi il punto più critico, essendo venuta meno la coscienza del peccato, e avendo l’uomo sospeso il senso di Dio e la sua paternità.
Il peccato è ben oltre l'agire morale; il peccato rivela ed esprime la libera volontà di rinnegare il bene, il vero e il bello dell'essere di Dio di cui la natura umana è partecipe. 
Cristo può salvare perché offre alla nostra libertà l'occasione e la possibilità per avvicinarci di nuovo al Padre.

mercoledì 22 gennaio 2025

Ontologicanente come Melkisedek

Eb 7,1-3.15-17 e Mc 3,1-6

Quante volte abbiamo sentito storpiare la lettura di questo nome, senza però mai prendere coscienza di chi si sta parlando: Melchìsedek, una figura dell'Antico Testamento unica nel suo genere, sacerdote e re di Salem, che entra di forza nella vicenda di Abramo, e lo benedisse. Il nome Melchìsedek significa in ebraico “re, eterno sacerdote di giustizia (e) di pace” (Salem). Di lui si dice che non ha origine da padre o madre, non ha una tradizione genealogica né si conosce il suo principio o la sua fine. Un sacerdote, e sacerdozio che precede quello di Aronne ... con Melchisedek raggiungiamo l'origine del sacerdozio rispetto allo ruolo sacrale nella rivelazione del mistero di Dio. La sua sacralità non appartiene al mondo degli uomini ma è da Dio stesso, che lofa esistere come sacerdote. 

martedì 21 gennaio 2025

Eredi della promessa

Eb 6,10-20 e Mc 2,23-28

La Scrittura attesta che Dio è entrato nella storia dell’uomo dal momento della sua creazione, e che questa sua creatura rimarrà sempre nello sguardo del Padre. Come nello sguardo di Dio fu  Abramo, nostro padre nella fede, a cui fece la promessa solenne di dargli una discendenza numerosa come le stelle del cielo; a quella promessa Dio mise il suo sigillo, fece un giuramento a cui mai verrà meno. Lo stesso giuramento costituisce la promessa come irrevocabile, perché la parola di Dio è in tutto e per tutto verità. Questo, per tutti noi, rappresenta la nostra certezza, la nostra ancora di salvezza, di cui essere sempre certi e ci fa sentire saldi nell’esistenza. Di questa promessa ne è la garanzia, Gesù, divenuto sommo sacerdote, re e profeta.

lunedì 20 gennaio 2025

Cristo sacerdote sommo

Eb 5,1-10 e Mc 2,18-22

Per cercare di aprire questa parte della Lettera agli Ebrei è necessario entrare nel ruolo del sommo sacerdote, che è quello che officia i riti ed offre i doni e i sacrifici per i peccati. La sua dignità e il suo essere sacro gli derivano da Dio, perché il sacerdote non ha in sé la possibilità in quanto è umano e pure lui pieno di debolezza; solo con lo Spirito del Signore è in grado di riconoscere la sua fragilità e provare il sentimento della compassione. Così lo stesso Gesù Cristo fu sommo sacerdote perché gli fu conferito da Dio. Questo non fece di Gesù un privilegiato, ma la sua prova fu quella di vivere tutte le fragilità e i dramma umani, ultimo quello della morte in croce. Cristo visse da uomo e con gli uomini, e tutta la sua esistenza fu quella di vita sacerdotale in obbedienza al Padre.

domenica 19 gennaio 2025

Sei giare di pietra per un vino nuovo

Is 62,1-5   Sal 95   1Cor 12,4-11   Gv 2,1-12

Con questa domenica entriamo nel tempo liturgico normalissimo, ma anche straordinario che attraversa la normalità dei nostri giorni. Ed è proprio alla ferialità dei giorni a cui fa riferimento il vangelo di Giovanni di questa domenica. In realtà siamo tre giorni dopo, altri quattro che erano già passati. Un riferimento non casuale per dire il giorno della festa ... il giorno di Dio ... il giorno dell'alleanza. Dall'introduzione ci si può infatti chiedere: “il terzo giorno” rispetto a cosa? Certamente non nel senso cronologico dello sfogliare il calendario.
In realtà l'evangelista Giovanni ci vuole dire che ciò che accade a Cana di Galilea sono eventi da terzo giorno.
Il terzo giorno per l’evangelista è il giorno nuovo, il giorno della risurrezione, del sepolcro vuoto … è il nuovo giorno, per cui gli eventi di Cana sono esattamente ciò che accade quando nella nostra vita c’è il Risorto, e con lui lo Spirito.
Noi di solito, presi dalla foga della narrazione corriamo immediatamente al "segno", in realtà pensiamo al miracolo ..., ma in questo modo svuotiamo il segno dell'acqua che diventa vino e tutto ciò che rappresenta.
Siamo a una festa di nozze ...; le nozze sono immagine e "segno" dell'alleanza  tra Dio e Israele; le nozze sono il segno della consegna reciproca nell'amore e nel dono di se stessi; queste nozze sono il segno di un patto che segna la storia di riscatto e salvezza, fatta di promesse e di riconciliazione con Dio e di tradimenti del suo popolo; le nozze sono segno di una abbondanza insperata, non dovuta che rinnova la vita. In queste nozze succede di tutto, al punto che ci fu gioia grande, speranza futura ed entusiasmo, come anche incomprensione e dubbio. Ma poi c’è lui con i suoi gesti, semplicemente lui. Ma prima dovettero fare esperienza di carenza di vino … il vino finì. La gioia finì. La festa finì. E fu notte, paura, disorientamento. Fermiamoci un attimo a rileggere oggi, in questo nostro tempo questo "segno di Cana". Che fine ha fatto il vino? Che fine ha fatto la gioia, la speranza, l’entusiasmo, la determinazione, la resilienza? Che fine ha fatto ciò che permette la gioia, speranza, entusiasmo, determinazione e la perseveranza nel dare spessore alla nostra vita?

Forse ci siamo scordati che il vino non è un miracolo e basta, ma il vino è segno di quel nuovo vino che è il suo sangue per la nuova ed eterna alleanza. Ma se dimentichiamo questo, dimentichiamo che la gioia non è frutto delle nostre mani ma del esserci solamente di Lui. Se abbiamo finito il vino, non basta andare a comprarne altro con giusti o scaltri compromessi, ... sarà sempre un vino triste e scarso ... pronto a finire presto, lo consumiamo senza accorgercene, lo diamo per scontato, o permettiamo ad altro, ad altri, ad altre, a noi stessi di prosciugarlo: relazioni tossiche, aggressività, depressione, disfattismo, individualismo, autoreferenzialità, pessimismo, egocentrismo… Alla fine non avremo più vino perché abbiamo semplicemente messo Dio alla porta, esodandolo dalla nostra quotidianità. Oggi a noi il compito di portare acqua che possa diventare vino, portiamo noi stessi in un incontro con il Signore che fecondi e trasformi la nostra vita. Oggi siamo invitati a una festa che è quella delle nostre nozze con il Signore, oggi è il terzo giorno, il giorno quello della risurrezione, il tempo nuovo dello Spirito che non tramonta. Lo Spirito del Risorto, può se vogliamo riconsegnarci alla vita, riempiendo le nostre giare di pietra di vino nuovo e buono, riempiendole della sua presenza viva.

sabato 18 gennaio 2025

Abbiamo origine nella sua parola

Eb 4,12-16 e Mc 2,13-17

La parola di Dio è la parola della Genesi, quella ch, ha creato tutte le cose del mondo. Questo rende la parola di Dio certamente viva, e capace di entrare all’interno delle sue creature nel percorrere le strade che portano all’anima e allo spirito, ed anche nel corpo materiale dell’uomo stesso e nei suoi pensieri. Il testo dice che «non è possibile nascondersi» dal nostro Creatore. Siamo usciti dalla sua bocca e gli apparteniamo. Siamo creature la cui fragilità si manifesta nella lontananza da Dio, nella ricerca di una libertà che è solamente una illusione. In tutto questo non siamo stati abbandonati, ma invece il Dio creatore ci ha soccorso donandoci suo Figlio.

venerdì 17 gennaio 2025

Un riposo attivo

Eb 4,1-5.11 e Mc 2,1-12

Dio il settimo giorno si riposò, che non significa che si distaccò o si astiene da compiere delle attività, anzi, lo contemplò, guardando ciò che aveva fatto con amore. Il giorno del riposo é il tempo del godimento della pienezza; riposarsi in realtà è lasciare l’ansia, l’affanno, la stanchezza del fare, per contemplare ciò che è vero e bello. Non è staccarsi dalla realtà ma viverla nel concreto, restando uniti a lei e tra di noi. Il riposo di Dio è la contemplazione, l’adorazione, l’abbandono a Lui. Affrettiamoci, perché il tempo è prezioso e va usato bene! Affrettiamoci a entrare in questo riposo di Dio.

giovedì 16 gennaio 2025

In rete con Dio

Eb 3,7-14 e Mc 1,40-45

Allontanarsi da Dio è la tentazione antica che Israele ha vissuto nel deserto, quando costruì il vitello d’oro. Per non cedere alla tentazione dell’allontanamento da Dio, abbiamo una grande possibilità che deriva dell’aiuto fraterno: la fraternità,  l'amicizia generata nella comunità sono un'àncora vera e propria per non allontanarmi da Dio. Ecco che la comunità porta in sé stessa una forza speciale di vicendevole e quotidiano aiuto a vivere la fede; ma oggigiorno la tentazione non è un idolo di metallo prezioso, ma l'individualismo, l'indifferenza e la solitudine esistenziale. In questa nostra civiltà in rete e dalle relazioni digitali, Dio è escluso perché non è in rete, non ha account ..., e da lui ci siamo allontanati, lo abbiamo esodato. La Comunità di fede può eserere una rete sussidiaria.

mercoledì 15 gennaio 2025

Vera fratellanza di sangue

Eb 2 14-18 e Mc 1,29-39

Cristo è diventato veramente un tutt'uno con noi rivelandosi nel tempo, nella storia e  nella natura umana fatta di carne e sangue - parole che dicono la condizione umana -, e solo in forza di questa condivisione intima può ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo. Il diavolo è la personificazione e la fonte del Male, e il male che non possiamo ridurre a sola moralità di azioni,  è condizione prima di schiavitù, di mancanza di libertà e di pienezza di esistenza. Ecco che Gesù si prende cura di noi, della stirpe di Abramo ... - nostro padre nella fede -, quindi di tutti popoli, cioè di tutti i suoi figli: ... innumerevoli come le stelle del cielo e come i granelli di sabbia sulla riva del mare.Cio che si genera tra Gesù e noi è un rapporto di amicizia che è vera fratellanza di sangue ...

martedì 14 gennaio 2025

La grande convenienza

Eb 2,5-12 e Mc 1,21-28

La lettera agli Ebrei introduce la figura di Gesù, Figlio di Dio, e anche uomo. È a Lui che Dio sottomette tutte le cose, non agli angeli. È Dio che si china sull’uomo, ma che cos’è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? È Dio che si ricorda dell’uomo e se ne prende cura. Lo fa in maniera speciale, un modo molto umano, prima donandogli tutto, poi togliendogli, anche la paura della morte. Tutto questo nell'ottica di una grande "convenienza", cioè l'unica cosa giusta, buona. Cioè, è bene, è buono che Gesù salvi l’uomo dalla morte, anche se attraverso la sua sofferenza.

lunedì 13 gennaio 2025

Un nuovo inizio ... buon anno ...

Eb 1,1-6 e Mc 1,14-20

La Lettera agli Ebrei pur riflettendo il pensiero di Paolo, non siamo sicuri che lui ne sia l'autore. Viene introdotta e presentata la figura di Gesù, che viene da subito definito “Figlio” che è più importante degli angeli, è irradiazione stessa del Padre. La lettera interrompe la "normalità del tempo antico" introducendo una cosa che prima non c’era e adesso c’è, un inizio nuovo. Dio ha come messo un punto e ha ricominciato. Dalla venuta del Figlio cambia tutto, dal rapporto con Gesù, che è un rapporto tra Dio e uomo, ma anche tra uomo e uomo, cambia tutto. Quando io faccio esperienza di questo inizio nuovo, cambia tutto pure per me.

domenica 12 gennaio 2025

Battezzare significa immergersi

Is 40,1-5.9-11   Sal 103   Tt 2,11-14;3,4-7    Lc 3,15-16.21-22

Battezzare significa immergersi ... ovvero andare a fondo. Ecco che battezzare vuol dire andare a fondo. È l’uomo che va a fondo della realtà umana. E lì incontriamo il Signore.
Spesso ancora oggi il battesimo non è una scelta di fede o di sequela matura di Gesù Cristo; non comporta una conversione significativa della vita e neppure una scelta di sequela, al punto che nemmeno nella cresima ci si arriva senza alcuna consapevolezza.
Il battesimo è spesso un gesto di tradizione, per cui si pensa al battesimo come qualcosa che ha a che fare con la festa per la nascita e con l’ingresso sociale nella comunità. È un approccio sbagliato, e certamente incompleto che non corrisponde alla sua natura del sacramento che si celebra.
Ma questa è prima di tutto l’esperienza che i genitori hanno, e ciò che cercano, il coinvolgimento familiare, gli amici e i legami relazionali e affettivi, che confluiscono pure in certi casi nella scelta del padrino, che diviene una sorta di pubblico protettore e garante sociale del bambino.
Il battesimo non ha nulla a che fare con tutto ciò ..., ma occorre partire del desiderio di essere liberati dal male (... e del male occorre averne coscienza e consapevolezza, perchè il male significa morte), questa liberazione passa attraverso l'unione con Cristo, all’immersione nella sua morte e all’emersione nella sua risurrezione, perché, se uno non rinasce dall’alto (da Dio o in Dio),  non può vedere il suo regno, cfr Gv 3,3.
Il battesimo comporta l'immergersi nella realtà.
Gesù quando riceve il battesimo è in mezzo alla gente comune, la sua stessa gente, questa condizione non è uno sfondo ma è la componente essenziale dell’evento. Prima di immergersi nell’acqua, Gesù si ‘immerge’ nella folla, si unisce ad essa assumendo pienamente la condizione umana, condividendo tutto, eccetto il peccato.
Ma per noi cosa significa immergersi?
In questi anni ho cercato di farvi immergere nella realtà della nostra comunità cercando dispingervi a  rigenerare quel tessuto di relazione, accoglienza e familiarità che non si respirava più... Di fronte all'immobilismo e al tradizionalismo occorre risorgere, riemergere con Gesù e come lui ha fatto ... facendosi annuncio del nuovo ... di Dio Padre.
Ho cercato di immergervi nelle emergenze della vita di tutti i giorni:
- dalla emergenza energetica;
- alle sciagure dell'alluvione e delle frane;
- alla responsabilità nell'economia della Chiesa/parrocchia e del sostegno del clero;
- come anche al dramma della guerra non solo in Ucraina; 
- al problema concreto dell'educazione e della nostra scuola parrocchiale;
- e in questo avvento e natale all'emergenza dell'esodo dei cristiani dalla Terra Santa e dell'oriente in generale ...
Riemergere, significa impegno concreto per rendere la realtà degna del nostro essere figli di Dio, ... E' triste sentire parrocchiani immaturi, chiusi nei propri interessi e tornaconti, ridurre la mia proposta pastorale alla richiesta di soldi.
Immergersi significa prendere adulto contatto con la carne dell'uomo, con le miserie, significa riconscere la nostra condizione disumana, ... perché questo ha fatto Gesú, manifestando non solo se stesso ma il senso e la logica della sua missione. Gesù vuole condividere la vita, la quotidianità  a non si limita a compiere un'azione socialmente utile. Lui pone al centro del suo agire la preghiera, il coinvolgersi insieme al Padre e nello Spirito Santo, ecco che il nostro riemergere deve essere pieno di comunione, di Eucaristia e di azioni spiritualmente riempite, e non solo di chiacchere che finiscono per essere solo delle maldicenze, cioè del male.
La festa del Battesimo del Signore è allora un'occasione per rinnovare con gratitudine e convinzione le promesse del nostro Battesimo, impegnandoci a vivere quotidianamente in coerenza con esso, immergendoci ed emergendo. Magari ci può aiutare . Questo festeggiare anche la data del nostro battesimo.


Preghiera di aiuto ...

Facci sentire amati,
Signore Gesù,
di quell’amore di cui
tu stesso sei stato amato.

Facci sentire
raggiunti dalla gratuità,
trasformati dal perdono,
spinti dalla tua radicalità.

Amiamo accontentarci del “già”,
ma tu, Dio amore,
insegnaci a credere nel “non ancora”.
Amen.

sabato 11 gennaio 2025

Dio non è più semplice mistero

1Gv 5,5-13 e Lc 5,12-16

Cosa emerge dalla conclusive della Prima lettera di Giovanni?
Tre elementi fondamentali della vita cristiana: la realtà semplice e concreta del dono di Dio; la potenza della preghiera nella inevitabile lotta contro il peccato; la conoscenza nella relazione con Gesù. E per finire, l’ultima raccomandazione della Lettera è "guardatevi dagli idoli"  perché basta un niente perché ci mettiamo ad adorare e a spenderci per quello che non è da adorare e per il quale non conviene dare la vita.

venerdì 10 gennaio 2025

Amare Dio e il prossimo è un unico amore

1Gv 4,19-5,4 e Lc 4,14-22

Giovanni dice una cosa “quotidiana”: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio, che non vede”. “Se tu non sei capace di amare una cosa che vedi, come amerai mai una che non vedi? Quella è la fantasia”, evidenzia il papa, esortando ad amare “questo che vedi, che puoi toccare, che è reale. E non le fantasie che tu non vedi”.
L’apostolo ci offre la via della concretezza dello Spirito di Dio, che “non va per le fantasie”: il dire e il fare sono la stessa cosa. “Se tu hai lo Spirito di Dio” – ricorda Papa Francesco – farai le cose buone.

giovedì 9 gennaio 2025

Il rischio di amare

1Gv 4,11-18 e Mc 6,45-52

Quante volte abbiamo avuto paura di amare? Allora vuol dire che c’è qualcosa che non va? Qual è dunque l'amore perfetto del quale si parla? Esiste davvero?  Che “Dio è Amore” e che trascina tutta la mia esistenza, come posso dirlo? Cosi come credo che tutti possiamo riconoscere almeno momenti della vita in cui l'esperienza di amare ci ha portato a Dio con libertà e pienezza, ugualmente è anche vero che amare ha portato con sé anche la paura di non essere corrisposti e di essere giudicati non amabili. Dio amore ci ha amati pienamente attraverso l’umanità di Gesù; ma l’amore se vissuto in pienezza, porta con sé una parte di rischio, perché il mettersi in gioco così come si, è di per sé rischioso. Proviamo a capire che occorre accettare il rischio di amare e nello stesso tempo il coraggio di prendere con sé la paura di amare.

mercoledì 8 gennaio 2025

Dio è amore

1Gv 4,7-10 e Mc 6,34-44

È un precetto insieme antico e nuovo, ed è rivelazione di Cristo fondamento dell'amore vicendevole. In questo brano, Giovanni ci invita ad entrare nella logica dell’amore che ha in Dio la sua sorgente. E poi va oltre, affermando che Dio stesso è, nella sua realtà più profonda, agàpe, “amore”. Tutto questo non è detto come definizione, ma come una constatazione, che riassume tutta la storia della salvezza: Dio ama quando sceglie; Dio ama quando perdona; Dio ama e rimane fedele al suo popolo nonostante i tradimenti; Dio Padre ci ama in Gesù Cristo e si manifesta come amore che si dona e si lascia crocifiggere. È soprattutto attraverso la storia di Gesù si comprende che Dio è amore. “Dio è amore”. Dunque noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Non dobbiamo solo accoglierci gli uni gli altri, dobbiamo amarci.

martedì 7 gennaio 2025

La professione di fede è costante attualizzazione

1Gv 3,22-4,6 e Mt 4,12-17.23-25

Ciò che esprime il nostro essere cristiani è la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, e l’amore reciproco. Questa intima relazione e reciprocità ci garantisce nel dimorare in Dio e essere sua dimora. Ma non siamo comunque indenni  - come non lo erano i credenti della comunità giovannea - dalla contrapposizione tra lo Spirito di Dio e quello dell’anticristo. Ecco allora il discernimento dello spirito: “non lasciatevi incantare da ogni spirito” e “non date credito ai falsi profeti”.
Per questo Giovanni chiede di riflettere sullo Spirito della verità e lo spirito dell’inganno. Quest’ultimo è sempre causa di confusione, è divisivo, produce frattura. Giovanni indica allora tre criteri per un corretto discernimento:
- il primo è la retta professione di fede nell’incarnazione di Cristo; 
- Il secondo è la valutazione dello spirito del mondo che ci allontana dal Vangelo;
- il terzo consiste nell’ascolto dell’apostolo. 

lunedì 6 gennaio 2025

I Magi siamo noi

Is 60,1-6    Sal 71   Ef 3,2-3.5-6    Mt 2,1-12

Come tenere insieme le vicende di questo mondo sfigurato dalla indifferenza e avvilito dal male della guerra e la narrazione di una adorazione ad un bambino da parte di alcuni Magi. Come tenere insieme lo splendore del mistero di Dio a partire dalla nostra umanità e l'esperienza disumana di questi tempi?
La vicenda dei Magi può divenire un risuonare vuoto e gli eventi della storia farsi narrazione sterile. È invece necessario, recuperare il valore assoluto dell’annuncio nella realtà, in cui il Vangelo si fa "costruttore di senso", in modo che gli eventi avranno il sapore dell'eternità.
Così anche per l’Epifania è necessario che porti nella realtà il suo mistero di dono e di adorazione:
infatti l'Epifania racconta il viaggio inaudito e coraggioso dall’estremità della terra per portare a Dio dei doni preziosi;
l'Epifania racconta il nostro essere cercatori di Dio e adoratori del mistero; 
l'Epifania è il racconto di come chi il dono più grande di Dio, la pace, nonostante ogni tentativo di calpestarla resiste;
L'Epifania  ci svela il mistero dell'amore e della fratellanza che vince ogni estremo tentativo di sopprimere i fratelli con bombe e violenza. Celebrare l’Epifania tra canti, ori e splendori, potrebbe risultare una tremenda illusione e una contraddizione. E come sempre, si presenterà quella domanda inquietante dei primi passi della Bibbia : «Che cosa hai fatto di tuo fratello ?»

Celebrare l’Epifania, mentre la guerra imperversa come un predone che ruba la vita e la speranza agli altri, manda in frantumi il viaggio stesso dei Magi, di chi si spoglia di se stesso, delle proprie abitudini, della propria terra per farsi dono. Una festa, quindi,  dal significato ricco, universale, rivoluzionario.
Oggi, tenere in mano il Vangelo significa in questa festa dell'Epifania non guardare i Magi d’oriente ma significa essere noi quei Magi d'Oriente. Non per una rappresentazione scenica, in costume, ma per riconoscere nell’umanità  ferita e fragile il figlio di Dio.
Essere Magi al giorno d’oggi significa incontro tra realtà di mondi e culture diversi:
- ritrovarsi perduti in un cammino in cui tutto è imprevedibile;
- condividere ricchezze e povertà;
- significa mettersi in ginocchio in silenzio e in adorazione; di una terra segnata dal sangue di Abele e di quello di Cristo;
- significa accogliere ciò che è essenziale come ciò che tutti rifiutano;
- e in ultimo significa,  partire dalla propria casa propria e ritrovarsi nomadi in un mondo qualsiasi.

Oggi guardare ai Magi significa tornare con loro a terre lontane, 
alla Turchia, all’Iran, alla Siria all’Iraq… non con uno strano mistico senso di oriente, ma con il rispetto e la nostalgie di popoli e genti che cercavano una verità in una stella … una verità oggi continuamente calpestata nella pace negata.
Inseguivano una stella, che per loro era la via e la vita. Sì, una vita degna di essere vissuta. E così come i Magi anche oggi scopriamo a Betlemme una sorprendente fraternità che è il vero miracolo di Dio ! Anche per uomini venuti dai confini della terra, la speranza di pace ha ancora un nome si dice Gesù, e incantati si rimisero in cammino …

domenica 5 gennaio 2025

Abbiamo bisogno di vedere Dio

 

Sir 24,1-4.12-16   Sal 147   Ef 1,3-6.15-18   Gv 1,1-18

Come la scienza ci spiega che l'universo riceve esistenza dal famoso bosone di Higgs o particella di Dio, la quale gli conferisce massa, così la luce rivela la vita. Senza luce non c'è vita. Ebbene queste tre parole sono esattamente Gesù. Lui è la Parola (il verbo, il logos), la Vita, la Luce. La Parola di Dio (il Logos eterno e creatore), dissolvere l'oscurità del nulla, che è lo stesso torpore che si insinua nel nostro spirito, essa è come il sole che dissolve con la sua luce l'oscurità della notte. Ecco allora che possiamo dire che la parola di Dio diventa luce dentro la nostra storia e dentro la nostra vita, perché senza di essa ci sentiamo perduti e nell'oscurità. Questa è la più bella sintesi del testo biblico di Giovanni che abbiamo appena ascoltato.
Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος,
καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν,
καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.
      In principio era il Verbo,
      e il Verbo era presso Dio
      e il Verbo era Dio.

"Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato".
Una espressione ineccepibile e ragionevole, come anche teologicamente corretta.
Giovanni si propone come il testimone più accreditato per narrarci la sua personale esperienza di Gesù: Dio, maestro e amico. Il Prologo, ovvero l'inizio del vangelo di Giovanni come anche tutto il vangelo, è scritto per un discepolo del Signore che ha già compreso il senso della fede, ha già compiuto un cammino di sequela di Gesù. Il vangelo di Giovanni vuole condurti a riconoscere le implicazioni serie, derivanti dalla presenza del Verbo tra noi.
Egli infatti vuole raccontarci  ciò che era al principio, vuole spiegare ogni cosa e dare ragione di tutto quanto esiste, perché Logos significa anche «senso».
Il Prologo di Giovanni mette in relazione l'origine del mondo e di quanto esiste con la venuta di Gesù sulla terra: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi», ma a partire dalla pre-esistenza.
Ma cosa significa Logos, che in latino traduciamo con la parola Verbo. (...)
Per un greco di quel tempo il significato più evidente, era quello di logos delle cose, cioè la ragione ultima d'essere della realtà.
Per un credente di Efeso di quel tempo, sentendo parlare del logos in senso assoluto, non poteva non pensare alla ragione ultima delle cose, al perché del mondo, e non cominciasse di qui la sua riflessione.
Elenco, quindi, cinque fondamentali significati:
1) ragione d'essere della realtà; cioè il senso di ciò che esiste, l'esistere rispetto al nulla;
Di fronte a questo, che senso ha la mia esistenza?
2) parola creatrice: Dio creò tutto con la parola; cioè nel logos è contenuto il concetto che sviluppa la realtà della creazione, per come essa la contempliamo;
Di fronte a questo, io che cosa sono nella creazione, che parte occupò nel logos creatore?
3) sapienza che presiede alla creazione, sapienza ordinatrice; questo significa che non c'è un caso ma che tutto appartenenti alla sapienza ordinatrice di Dio, passato, presente futuro, nulla è un caso tutto appartiene a un progetto.
Di fronte a questo neppure io sono un caso?
4) parola illuminante e vivificante; malgrado le oscurità della situazione presente dell'uomo, malgrado la tragedia umana che ci circonda, malgrado le prove della Chiesa e le situazioni quasi assurde nelle quali si trova il mondo, il logos è luce e assicura esserci una ragione luminosa e vivificante di tutte queste cose, dobbiamo solo coglierla e lasciarci trasformare da essa.
5) parola rivelatrice: il Figlio di Dio viene tra noi in Gesù (si incarna) ed è Gesù che rivela il Padre. Ma tutto ciò che Gesù ci dice è Logos, le parole della scrittura che ascoltiamo esprimono il logos nel suo contenuto. Il logos si fa conoscere e percepire storicamente attraverso la persona di Gesú.
Quale deve essere dunque l'atteggiamento da assumere di fronte al vangelo di Giovanni: un atteggiamento ispirato al senso che tutto da Dio dipende e a Dio va, e che la nostra azione può inserirsi in maniera sensata, ragionevole, giusta in tale movimento, qualunque sia la nostra condizione presente.

sabato 4 gennaio 2025

Come vincere il male

1Gv 3,7-10 e Gv 1,35-42

Vincere il peccato, significa vincere il male di cui siamo capaci e vincere la realtà di male che è attorno a noi. Come è possibile tutto questo?
Per un credente è possibile ascoltando e facendo intimamente propria la Parola; solo e la Parola è germe che se rimane in noi, ci permette di rinascere da Dio e così saremo veramente figli di Dio e non peccheremo più. Oltre al germe della Parola occorre praticare la giustizia amando i fratelli, tutto questo vince il peccato. Dio è giusto e misericordioso, egli unisce giustizia e misericordia e compie la giustizia nell'evento dell’amore, che ne è a fondamento.

venerdì 3 gennaio 2025

Chi rimane in Dio desidera

1Gv 2,29-3,6 e Gv 1,29-34

Gesù è il giusto per eccellenza e i suoi seguaci devono rimanere in Lui. Guardando Gesú si capisce il senso, la direzione e l’ampiezza della giustizia che ha l’estensione e la forza dell’amore gratuito e universale. Giusto è allora chi agisce in maniera corrispondente alla sua unione con Cristo. Già nel presente i cristiani vivono nella certezza di essere amati da Dio come figli, ma alla venuta di Cristo nella gloria, si svelerà pienamente il loro vero essere e potranno così vedere Dio faccia a faccia. Ecco che nell’oggi del cristiano c’è un posto speciale per il desiderio: " Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è".

giovedì 2 gennaio 2025

Rimaniamo in Cristo

1Gv 2,22-28 e Gv 1,19-28

Cosa significa "rimanere"?
Rimanere per Giovanni significa acquisire la consapevolezza e responsabilità, come anche le conseguenze che ne derivano. Nel rimanere scopriamo che lì è proprio il nostro posto; il rimanere corrisponde alla stabilità relazionale che ciascuno è chiamato a realizzare con Cristo. Il rimanere corrisponde a una relazione impegnativa e feconda; rimanere significa amare. È nel dispiegamento di questa relazione che è fondamentale il punto di oartenza, come lo è in ogni relazione di amore l'innamoramento come origine. In modo pressante Giovanni comanda di rimanere nell’integrità dell’annuncio, in ciò che abbiamo appreso dall’inizio, in ciò che la tradizione apostolica ci ha trasmesso; fiduciosi nell’ascolto dell’unica Parola che è verità, e in attesa del suo ritorno.  

mercoledì 1 gennaio 2025

Maria madre della speranza

Nm 6, 22-27  Sal 66  Gal 4,4-7  Lc 2,16-21

Giornata mondiale della pace
Abbiamo bisogno di pace ... soprattutto dopo aver constatato il fallimento di tanti tentativi a livello politico e diplomatico; se le istituzioni sono deboli, occorre andare lì dove il coraggio della gente normale dimostra nel piccolo segno che la pace non è morta, ma vive nelle relazioni buone e fraterne che ancora si è capaci di generare.
Ecco, proprio queste relazioni nuove saranno il fermento di quella pace che dovrà nascere sulle rovine di questa guerra distruttrice, atroce e disumana. Solo relazioni nuove e di fiducia reciproca potranno sanare le ferite profonde e laceranti che l'odio, la violenza e la morte hanno generato.
È questo il senso e il contenuto del messaggio che il Cardinal Pizzaballa ha inviato per la giornata mondiale della pace che si svolgerà oggi a Imola.
Perché in questo fine anno in cui le guerre non finiscono e l'indifferenza e l’egoismo crescono, a causa della nostra incapacità, finiamo per scambiarci l’augurio più desolante che ci sia: che l’anno nuovo che sta per iniziare sia per forza migliore".

Il Giubileo
Tra i tanti stimoli offerti dal Giubileo appena cominciato c’è il suo sguardo sullo scorrere del tempo.  Sarà un tempo speciale in cui adoperarci per ristabilire la giustizia nei confronti di chi, a causa di scelte o rapporti economici iniqui, ha perso i suoi beni o la sua stessa libertà. É per questo l’insistenza di papa Francesco nel rilanciare in occasione di questo Giubileo i due grandi gesti sociali sollecitati già da Giovanni Paolo II nel Duemila – la remissione del debito dei Paesi poveri e la clemenza nei confronti dei carcerati. È uno sguardo preciso sulla storia. Una storia che ha bisogno di umanizzazione e di recuperare l'umano nella sua fragilità.
Il Giubileo viene a ribaltare la prospettiva, ci ricorda il nostro essere debitori verso Dio e verso i fratelli, e la necessità di essere noi stessi a rimettere i debiti.
È solo la consapevolezza del nostro essere debitori che può farci ritrovare quella speranza che il Giubileo annuncia: la vera fratellanza. Il tempo di grazia dell'Anno Santo, è il tempo da cui ricominciare, non con i nostri calcoli, ma a partire dal disegno di salvezza che abbraccia tutti.

Maria madre di Dio ci mostra la speranza di essere fratelli
Primo Giorno dell'anno iniziamo celebrando la Santa Madre di Dio. Lei, che custodisce nel suo cuore il mistero di Gesù, insegna anche a noi a leggere i segni dei tempi alla luce di questo mistero (omelia di Papa Francesco di ieri sera).
Maria, donandoci il figlio di Dio nella sua carne, ci permette di riconoscerci figli di Dio e fratelli tra noi. in un orizzonte largo che è la speranza della fraternità. “Pellegrini di speranza”, e uno degli aspetti principali della speranza del mondo sta nella fraternità!
Ma la speranza di un’umanità fraterna è solo uno slogan o ha una base “rocciosa” su cui poter costruire qualcosa di duraturo?
La risposta ce la dà la Santa Madre di Dio mostrandoci Gesù. La speranza di un mondo fraterno non è un’ideologia, non è un sistema economico, non è il progresso tecnologico.
La speranza di un mondo fraterno è Lui, il Figlio incarnato, mandato dal Padre perché tutti possiamo diventare ciò che siamo, cioè figli del Padre che è nei cieli, e quindi fratelli e sorelle tra di noi.