Ger 33,14-16 Sal 24 1Ts 3,12-4,2 Lc 21,25-28.34-36
Le parole del profeta Geremia rivolte a un Israele sofferente, in un momento estremamente difficile della propria storia continuano a risuonare con una forte carica profetica anche per noi oggi, perché in fondo sono state pronunciate in tempi forse non così dissimili dai nostri, tempi bisognosi di speranza, tempi in cui continuare a credere in una storia capace di generare vita, tempi in cui scegliere di non arrendersi allo scoraggiamento, alla disumanità, tempi in cui resistere scegliendo di fare la differenza.
Il vangelo oggi dice che insieme alle tante difficoltà, vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria". Lo vedrà chi non ha il cuore appesantito e distratto, vede chi non ha il cuore ripiegato su di sé: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso”.
Ecco che è necessario allenare il cuore a guardare oltre, il Signore non verrà all’improvviso, non sarà una sorpresa: sarà come un ospite atteso da tutta la vita, giorno dopo giorno. Dove alcuni vedono soltanto sventure, dove si fanno paralizzare dalla paura, altri sanno vedere la possibilità che il Signore si apra un varco, e venga per la nostra liberazione.
Ma chi è colui che allena il cuore, che alza il capo, che prega veglia?
È il profeta ... ecco il segno della speranza. Ciascuno di noi ha la vocazione del profeta!
Il profeta è colui che annuncia la speranza costantemente dentro la storia ...Il tempo di Avvento può essere allora l’occasione propizia per rianimare il nostro bisogno di parole e gesti di profezia; per una fede che sia viva in questo nostro tempo, è essenziale la profezia.
Abbiamo bisogno di profezia per capire qualcosa di questo nostro tempo, dei suoi cambiamenti e delle sue fratture, delle sue risorse e dei suoi limiti; abbiamo bisogno di uomini e donne che con coraggio e parresia rischiano una parola scomoda, ma generativa e feconda, almeno di pensiero, prima che di azione.
Il tempo di Avvento è propizio alla profezia, perché la Parola ci spinge verso il Natale invitandoci all’ascolto di profeti che hanno smosso e hanno indicato vie percorribili per un’umanità in cammino; è un tempo necessario per non farci sommergere, ogni anno sempre di più, dalla religione del consumo e della polemica, mentre l’attualità bussa con la sua pesantezza che soffocando il bene che resta comunque in noi.
Servono tempi di silenzio e riflessione, di preghiera e di immersione nel proprio io, di docilità allo Spirito e di ‘digiuno’ da troppe chiacchiere a vuoto; servono tempi di superamento di resistenze, di fiducie ricomposte, di sequele da rianimare. Servono maestri e discepoli, essenzialità e sostanza di vita, conseguente, per quanto possibile, ciò che pesa e appesantisce. Può essere il tempo che indirizza al Natale un kairòs per riscoprire la sete di profezia. Il tempo di Avvento ci guida, attraverso la Parola, ad allenare l’orecchio e la vista, il cuore e la ragione, per scorgere lampi di profezia che sappiano, un passo dopo l’altro, farci abitare l’oggi e il domani.
E ciascuno noi come può essere profeta?
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