venerdì 28 febbraio 2025

Un vero amico

Sir 6,5-17 e Mc 10,1-12

La fede cristiana considera l’amicizia apice della comunione d’amore! Per questo possiamo ripensare il brano di Siracide, che di per sé si presenta alquanto negativo nei confronti dell’amicizia, eccetto i versetti 14-17, dove si parla dell’ “amico fedele”.
Una lettura più attenta del brano porta a considerare gli “amici” che scompaiono al sopraggiunge di un evento o di una prova. Se vale questa interpretazione, è possibile dire che la vera amicizia è quella che si manifesta come pienezza di comunione proprio quando l’esistenza entra nell'esperienza più profonda cioè quando si confronta con la fragilità e il limite. Nella parole di Siracide possiamo giustamente leggere l’amicizia come la relazione più profonda della vicenda umana e cristiana, perché è comunione con Gesù, il solo “l’amico” è capace di stare in piena comunione con ciascuno di noi.

giovedì 27 febbraio 2025

E se ci guida la superbia ...

Sir 5,1-10 e Mc 9,41-50

Chi confida "eccessivamente" in sé stesso crede di poter dare approvazione alle proprie azioni o ai propri progetti, grazie alle proprie forze o addirittura piegare verso di sé il volere di Dio, fino alla approvazione di sé davanti all'onnipotente. É una forma di sottile superbia che si esprime nella presunzione umana. Una presunzione che alimenta l'ascesa di sé stessi e l'accrescere dell'inclinazione al possesso. Siracusa ricorda  all'uomo che il peccato ha origine nell presunzione e nell’autoreferenzialità che colloca il proprio io al di sopra di tutto e lo pone come criterio di discernimento del bene e del male. La conversione invece è un cammino continuo di superamento del proprio egoismo e della propria superbia per diventare uomini e donne secondo Dio.

mercoledì 26 febbraio 2025

Figli della Sapienza

Sir 4,12-22 e Mc 9,38-40

Siracide esorta alla ricerca dell’armonia nella vita personale e sociale, evitando gli eccessi, la precipitazione e la forzatura degli eventi. Questa condotta non nasce da sè, ma è conseguenza della Sapienza di Dio nell'uomo: “La sapienza esalta i suoi figli e si prende cura di quanti la cercano. Chi l’ama, ama la vita”. Questa mattina posso renderti grazie, Signore, per il semplice appartenere a te, per il piacere di sentirmi amato e custodito da te nel mio esistere. Amo la vita, Signore, e tu sei la vita, presente e in tutte le cose umane come nel ritmo dei giorni e nella meraviglia del creato. Ti rendiamo grazie, per la Sapienza che riempie tutte le cose, che sono tue ma che sento anche mie.

martedì 25 febbraio 2025

Tentati dalla tentazione

Sir 2,1-13 e Mc 9,30-37

Il libro del Siracide sembra voler consigliare il modo per maturare gli atteggiamenti migliori per svolgere il proprio servizio presso il Signore. Stiamo parlando di un vero proprio ministero legato al tempio, ma non solo inteso nelle cose rituali da fare, ma di servizio come un vero percorso di elevazione personale e spirituale.
Per comprendere il senso della tentazione occorre entrare nella logica biblica dell'essere messi alla "prova". Siracide invita, dunque, a non desistere nel momento della stanchezza ma a perseverare nel proposito, perché nella prova, il discepolo ne uscirà rafforzato. La tentazione conduce a vagliare le situazioni limite del servire, mettendo in guardia dall'adeguarsi a coloro che non seguono la via di Dio.

lunedì 24 febbraio 2025

La sapienza è donata

Sir 1,1-10 e Mc 9,14-29

La sapienza, cioè la possibilità di comprendere il senso, la bellezza e bontà delle realtà create, cioè giungere alla pienezza della conoscenza, non è frutto di speculazione intellettiva, ma nella fede si evidenzia come un dono: una gratuità nella relazione di chi è amato da Dio, e ama Dio. Rispetto alla presunzione e all’orgoglio che lo spirito del mondo diffonde con larghezza, la Parola di Dio di oggi ci mostra un sapere umile e mite. L’umiltà non consiste nella svalutazione di noi stessi, ma nel riconoscimento della propria piccolezza e fragilità: l’umiltà ci  fa distogliere lo sguardo da noi stessi per rivolgerlo a colui che può tutto.

domenica 23 febbraio 2025

Un amore im-possibile

1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23; Sal 102; 1Cor 15,45-49; Lc 6,27-38

Avete ascoltato il Vangelo? No? Allora fermatevi un attimo e provate a rileggerlo.
Che belle parole! Ecco nella nostra "ipocrisia" o limitata possibilità nell'amore, siamo capaci di dire: "che belle parole!" Ma poi ci fermiamo a questa esclamazione e non vogliamo andare oltre ...
Di fronte a queste parole di Gesú non possono non venire in mente tutte le volte, le infinite volte, in cui non sono proprio riuscito ad amare. Già… proprio così!
Perché non so voi, ma anche se nell’amore di cui Gesù ci parla in questa pagina di Vangelo ci credo veramente, credo anche che Gesù, in quei diciotto imperativi, traccia una via e indica un ideale a cui tendere e verso cui tendere cioè, camminare tra alti e bassi, tra successi e sconfitte…
Devo ammettere che se anche, in fondo non uccido, non faccio del male, anzi, tendo a giustificare il male ricevuto, a comprendere chi lo compie, questo non basta... rispetto all'amore mancato, quello che non abbiamo espresso e generato.
Il vero problema non è amare i nemici, ma non amarli ...
Credo che nell'imperativo di Gesù ci sia il desiderio di farci prendere voscienza che siamo macchine capaci di generare amore, ma se non ci mettiamo in moto, con le sue "parole", l'amore resta una astrazione, una possibilità non realizzata.
Ma perchè bisogna amare come dice Gesù?
Perché non posso accontentarmi di amare come umanamente riesco a fare? In quelle poche occasioni e con quelle particolari persone?
Perché non amare cercando di farlo senza perderci, realizzando una parità che ci permetta di voler bene a qualcuno, a patto che questo non tolga nulla alla nostra vita, alla nostra libertà e non ci ponga obblighi. Altrimenti, nel caso. Ci pensiamo un attimino ...
Tutti gli imperativi usati da Gesù richiedono una condizione di partenza: la gratuità. Ma questa gratuità rappresenta il limite rispetto al quale si inizia ad amare realmente.
Ma perché amare nella gratuità? Che senso ha?
Gesù ha un’unica risposta.
Amare nella gratuità significa che il mio amore non è motivato da qualcosa, non poggia su tante elucubrazioni, ragionamenti, pensieri.
Ha un’unica ragione, ed è una ragione di fede, in ciò che Gesù mi dice. Perché è il Padre che insegna a Gesù a essere gratuità, ad amare in perdita: “Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi".
D'altronde con noi e per noi, Gesù non ha fatto uguale, ha dato tutto sé stesso, a perso tutto se stesso ...
Tutto ciò che avremo perso per amore ci tornerà, alla fine, come un grande credito di conoscenza di Dio, cioè di esperienza di Lui; ci farà vivere la sua stessa vita, che è una vita che non passa.
La logica fiori di logica è che il nostro vero guadagno! Il vero guadagno consisterà in ciò che avremmo saputo perdere, sarà l’amore gratuito che avremo saputo dare: più perdiamo, e più guadagniamo. Se la logica umana comporta di ragionare in parità, la logica di Gesú è umanamente illogica. 
Allora quale è stata la prina reazione all'ascolto del Vangelo? Occorre partire da lì!
Prendiamo un impegno: proviamo a crederci insieme. Proviamo vivere credendo che quell’amore vissuto da Gesù e chiesto a noi sia uno stile di vita veramente possibile, anche per noi.

sabato 22 febbraio 2025

Presbiteri

1Pt 5,1-4 e Mt 16,13-19

Le parole di Pietro nella lettera sono rivolte alla Chiesa, alla comunità, non certo a una categoria di persone caratterizzate dall'età avanzata. L'esportazione è per gli "anziani" per i "presbiteri" ovvero per i responsabili della comunità: coloro che sono investiti del compito di guida. Tale compito corrisponde all'immagine del pastore. Anche Pietro si colloca nella loro condizione, testimone sia del compito affidato, come anche dell’esperienza personale circa le sofferenze del Signore Gesù, e quindi anche “partecipe della gloria che deve manifestarsi”. Pietro infatti, vede nella Chiesa lo spazio di presenza e di vita di Gesù e del mistero pasquale, uniti in un tuttuno. Queste parole di Pietro sono importanti, perché aiutano coloro che sono gli anziani a conoscere qual è il vero ministero dei "presbiteri", e come bisogna svolgerlo.

venerdì 21 febbraio 2025

La terra comune

Gen 11,1-9 e Mc 8,34-9,1

Che bella prospettiva … L’umanità che si riunisce in un’unica fraternità, nello stesso culto, con la stessa lingua. È il cammino di unità cui tendiamo! E invece nel racconto di Genesi, Dio si pone di traverso e punisce questo obiettivo. La spiegazione di questa non comprensibile reazione di Dio, sta nel fatto che l’umano tenta di raggiungere Dio, cosa impossibile e irrealizzabile … nessuno può vedere, toccare Dio.
La strada della fraternità ovvero della fratellanza non è l’omologazione e uniformità, ma la comunione della diversità. Costruire la Torre è quasi un principio di imperialismo politico ed economico ma nulla ha a che fare con la fratellanza universale. E neppure un ideale religioso serve a questa fraternità, che diversamente si fonda sul nostro essere fatti di terra tutti quanti.

giovedì 20 febbraio 2025

Un arco nel cielo

Gen 9,1-13 e Mc 8,27-33

Dopo il diluvio la nuova benedizione di Dio, invoca la fecondità e la moltiplicazione come anche la responsabilità sulla vita di ogni uomo immagine di Dio. Dopo che Dio ha deciso che distruggere la creazione non serve, Dio ripropone nella benedizione l'alleanza, "berit", sancita con ogni essere vivente e il segno dell’alleanza sarà l’arcobaleno. L'alleanza riscritta con Noè ricalca le parole di quella adamica: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra"; le parole di Dio sono una promessa di vita e di fecondità, nonostante il peccato dell’uomo che comunque segna radicalmente questa nuova creazione, infatti dopo il diluvio il rapporto tra l'uomo e la creazione non è come prima, come pure è nuovo il discorso sulla sacralità della vita e del sangue. È evidente il riferimento alla storia di Caino, che colpiì a morte suo fratello.


mercoledì 19 febbraio 2025

La fine dell'ira di Dio

Gen 8,6-13.20-22 e Mc 8,22-26

Il corvo, e la colomba sono inviati come esploratori, che annunciano la fine dell’ira di Dio; le acque si sono ritirate, e anche che la vita è ritornata a rifiorire sulla terra. Quando la colomba non torna più all’arca è il segno che ha trovato un luogo da abitare, e questo apre di nuovo la possibilità all’uomo di abitare la terra, la nuova creazione e pronta. Noè come primo atto della nuova creazione offre sacrifici di ringraziamento e di comunione a Dio che gradisce e benedice. Da ora in poi Dio coltiva sentimenti di compassione che lo inducono a promettere che non maledirà mai più la terra per colpa dell'uomo.

martedì 18 febbraio 2025

Il regno di Dio: l'Eden

Gen 6,5-8; 7,1-5.10 e Mc 8,14-21

L'uomo si è lasciato affascinare, avvicinare conquistare dal male. Mangiare dell'albero ha generato la coscienza, ma con la coscienza del bene e del male l'umanita ha acquistato anche la libertà di compiere il bene o il male. Tutto questo rwppresenta uno sconvolgimento originario, un cataclisma di ció che in origine era la "creazione", ciò che noi chiamiamo appunto "il progetto di Dio". Oltre alla minaccia di distruggere l'umano, Dio introduce nella creazione un principio redentivo: la grazia! Egli pone la condizione e possibilità di incontrare l'uomo nella esperienza di misericordia. Non si tratta di una indulgenza o di un atto unilaterale ma del riconoscersi agli occhi di Dio cioè di esserci per lui, di corrispondere a un amore gratuito: è la vicenda di Noè, di Abramo, di Mosè, di Ruth, di Anna la madre di Samuele, del re Davide e di Maria, la “piena di grazia”. Ogni grazia realizzata, è una Nuova Alleanza, un ritorno in Eden, ... il Regno di Dio.

lunedì 17 febbraio 2025

Caino e Abele

Gen 4,1-15.25 e Mc 8,11-13

In una esperienza di originalità e di peccato difficile da collocare, il testo di Genesi ci pone di fronte alla vicenda dei figli di Adamo ed Eva. Quasi a dirci ciò che nasce dalla nostra umanità. Nasce Caino il primogenito, Kain, “l’ottenuto, l’acquistato”; che già nel nome esprime la nostra necessaria concretezza e pesantezza, quel figlio che però, subito, suscita in Eva gioia e gratitudine a Dio. Poi nasce Abele, Avel, il “soffio”, la “vanità”; ciò che è inconsistente e vacuo; di Abele non si commenta nulla. Il rapporto di fratellanza diviene scenaa della dilatazione dell'originalità, capace di esprimere la relazione tra umanità e peccato: uccidere il proprio fratello ha molto di originale e di archetipo; poiché ogni uccisione tra gli umani è l’uccisione del proprio fratello.


domenica 16 febbraio 2025

La vera beatitudine ... la vera felicità

Ger 17,5-8; Salmo 1; 1 Cor 15,12.16-20; Lc 6,17.20-26

Di fronte alla fatica, di fronte alle difficoltà del quotidiano e alle delusioni della vita non si estingue il desiderio di felicità.

Gesù in questo vangelo, chiamato le Beatitudini, sembra voler agganciare la nostra attenzione a partire dalla nostra fragilità che tutti sperimentiamo: povertà, fame, tristezza e persecuzione. Ma lo fa superando l'idea della magra consolazione, e in verità propone una ricompensa per i più illusoria: "Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo".

L'impressione comune è che i beati secondo Gesù raccolgono ben poco, come ricompensa rispetto a certuni che pur non hanno nulla a che fare con il regno di Dio, ma la cui sazietà, benessere e godimento sono sotto gli occhi di tutti, e sembra vivano già la loro ricompensa.

Ma di quale beatitudine ci parla Gesù?

Non credo sia una beatitudine una felicità legata alla materialità della vita, come pure non credo sia, una beatitudine spirituale o puramente sentimentale, credo che Gesù si riferisca alla beatitudine/felicità come nostra realizzazione umana.

Gesù scende dal Monte e si ferma in mezzo alla gente e prima di guarirli dai loro mali e di incontrare i loro bisogni condivide con loro una Parola capace di dar loro uno sguardo nuovo sulla loro stessa vita.

Sarò beato veramente quando avrò realizzato la mia esistenza umana, ma questa esistenza passa nel tempo, non occupa del tempo, nel tempo è creatura, ma la sua pienezza è nel cielo, nel Padre.

La nostra beatitudine ha a che fare con la nostra umanità:

Beati noi, Signore, non perché poveri o affamati, non perché ammalati o perseguitati…

Beati noi, quando nella povertà scegliamo di continuare a credere nella condivisione,

nella malattia non permettiamo al dolore di isolarci dalla vita, nell’incomprensione, anche grave, non permettiamo alla rabbia o allo scoraggiamento di scegliere per noi.

La beatitudine/felicità non è un premio ma un esercizio esistenziale, quando questo esercizio esprime il meglio e il di più della nostra umanità. Quando di fronte al contrasto della morte e della vita non desideriamo altro se non continuare a essere discepoli del Vangelo.

Si ne sono convinto la beatitudine è un esercizio di quotidianità. Benedetti e felici, beati, sono coloro che mettendo Dio al centro ogni giorno, che affondando nel suo cuore le proprie radici, guardano con occhi e cuore nuovo la vita, portano frutto, generando il nuovo, ricomprendendo ogni giorno la storia e le sue domande, non si lasciano inaridire dai deserti, scelgono di vivere ogni situazione da risorti.

Nella Bibbia c’è un’unica grande beatitudine con la quale si possono riassumere tutte le innumerevoli beatitudini di, ovvero quella di conoscere il Signore: "Beato l’uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore e non si volge verso chi segue gli idoli".

Questa è la nostra vocazione, la nostra gioia più grande: conoscere Lui. Questa è la nostra beatitudine.

sabato 15 febbraio 2025

Conoscenza come quella di Dio

Gen 3,9-24 e Mc 8,1-10

"Uomo dove sei?". È la domanda di Dio di fronte alla mia caduta. Dio mi chiede dove sono finito, che cosa sto coltivando di me, di che cosa mi sto nutrendo. Una domanda che riconduce alla coscienza e alla consapevolezza e conoscenza di sé stessi: “torna in te, torna sul sentiero che ti realizza, che fa di te chi devi essere!”. La mia rosposta, dopo il deragliamento, quando mi accorgo di aver sbagliato, gela il sangue, mi sale dentro cercando conforto ma non ne trova ... il mio sbaglio mi fa male: "ho avuto paura ..."
Ma il male ha come ricompensa solo il male. E la paura è la conseguenza più esplicita del male.

venerdì 14 febbraio 2025

Mistero sempre nuovo

At 13,46-49 e Lc 10,1-9
Santi Cirillo e Metodio

I pagani nella narrazione di Atti, sono una moltitudine desiderosa di ascoltare la Parola, ed ecco che di fonte a Paolo e Barnaba si dimostrano subito interessati e desiderosi di conoscere quel messaggio attraente per loro, ed effettivamente la loro aspettativa non viene delusa, perché scoprono che la salvezza del Signore verrà portata attraverso loro "sino all’estremità della terra". Dei Giudei invece ci viene detto che la loro gelosia li spinge ad autoescludersi. Da qui raccogliamo l'affermazione di Atti: "Ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani"; ecco la nuova strada della fede. Nuove strade di comprensione del mistero di Dio non devono per forza metterci a disagio e neppure essere scartate a priori. È nel confronto con il mondo che ci circonda che  si può rinnovare la Chiesa, ed è proprio da una dinamica di confronto che la Chiesa annuncia ed evangelizza.



giovedì 13 febbraio 2025

Non si esiste bene nella solitudine

Gen 2,18-25 e Mc 7,24-30

L’uomo non può esistere come solitudine! La differenza rispetto a tutta la realtà creata è l'alito di vita, quel soffio dello Spirito di Dio che lo rende un essere vivente, e che fa dell'uomo l'immagine e somiglianza di una comunione. L’umano è razionale, e in questo relazionarsi esprime la sua consapevolezza rispetto al trascorrere del tempo.. al potersi soffermarsi nel passato, a poter sognare il futuro. Gli altri esseri viventi non lo possono fare, essi vivono sempre e solo il presente. L’umano è cosciente, sente la differenza tra il bene e il male, e può sceglierlo! Può realizzarsi, o perdersi. L'umano-comunione per portare a compimento il proprio processo di umanizzazione è nella necessità  esistenziale di essere in relazione. Questa relazione diventa poi unione, effusione di carni - "una carne sola" -;  solo quando sono capace di vivere in pienezza la relazione con l’altro esisto come umanità realizzata.

mercoledì 12 febbraio 2025

Un secondo racconto

Gen 2,4-9.15-17 e Mc 7,14-23

Perchè ci sono due racconti della creazione? Secondo la tradizione piu accreditata, questo è il racconto più antico dei due: un unico giorno, in cui Dio fece il cielo e la terra, e compare subito l’uomo che risulta quindi il compimento immediato dell"opera della creazione. Dio plasma l’uomo, l’Adam, l’Adamo, che significa “Uomo” in ebraico. Ma non un uomo in quanto maschio, come siamo abituati a collegare, ma uomo in quanto umano. Adamo, ovvero Adam perché dall’Adamah, che è la “terra”, è plasmato: lui è il “terroso”, proprio a ribadire questo rapporto con la terra. Ma non è solo terra, non è solo carne animato, non è solo sensi e percezione. Ha in sé un qualcosa che lo rende simile a Dio, ha il ruach di Dio, il “soffio”, la vita!

martedì 11 febbraio 2025

Maschio e femmina li creò

 Gen 1,20-2,4 e Mc 7,1-13

Al principio “ordinativo” della creazione, nel primo capitolo di Genesi, si associa la creazione degli esseri viventi secondo la loro specie.
A partire dal quinto  giorno l'opera di Dio si compie nel popolare il mondo, partendo dall’acqua e dal cielo, di esseri viventi ciascuno secondo la sua specie. Questa espressione la troviamo dieci volte nel capitolo, come segno di pienezza e completezza della creazione stessa. Ma non per l’uomo. Anche l’umano è creato da Dio, ma in maniera differente. E l’umano non è creato secondo la sua specie, ma è creato maschio e femmina: un unico principio su due facce, un’immagine su due lati. «Maschio e femmina li creò». Una diversità che custodisce in se stessa, in modo originario la comunione.

lunedì 10 febbraio 2025

Creazione un'atto presente

Gen 1,1-19 e Mc 6,53-56

La tradizione ebraica inizia la mettendo  come "Bereshit" - in principio -, il cielo e la terra, il concreto e l’etereo; rappresentano i due fulcro della vita umana. L'attrazione verso l’alto e quello che ci spinge verso il basso. Rappresentano il suo universo di sogni e desideri e la realtà ancorata al suolo. La terra appare segnata dal caos, il "tohu" in ebraico, e dall’oscurità, "hoshek". E Dio mette mano, giorno per giorno, ad ordinare. L’opera della creazione diventa così un’opera di sistemazione e di senso di ciò che esiste.  Dio fa tutto questo in tre modi: dicendo, separando e generando. La parola è in sé stessa atto creativo che mette ordine nel caos ponendo un principio generativo originario e autonomo nella realtà stessa, il processo iniziato non ha bisogno di essere ripetuto, ma continua ad avvenire.

domenica 9 febbraio 2025

Tutti pescatori ... pescati ...

Is 6,1-2a.3-8; Sal 137; 1Cor 15,1-11; Lc 5,1-11

L'evangelista Luca è veramente un abile narratore capace di coinvolgerci nelle vicende umane di Gesù e anche dei primi chiamati. È bello vedere come Luca trasforma un falegname in pescatore e dei pescatori in apostoli di Dio.
Come è possibile scegliere di seguire il maestro di Galilea, un falegname, un uomo dei monti, originario di una terra povera e rozza ...; perché è evidente l'impatto di Gesù rispetto al suo parlare, al suo fare segni e miracoli, al suo proporsi come novità rispetto al rapporto con Dio e con i fratelli ... In realtà sulla riva del lago sta succedendo qualcosa di straordinario, di unico ... Dio stesso si fa accanto all'uomo, e vive con lui ... Dio entra a fare parte delle vicende della quotidiana fatica, delle delusioni e dei fallimenti che troppo spesso rappresentano lo spazio della nostra vita: fatiche sterili e inutili che non portano da nessuna parte. Ma è proprio in quelle esperienze che Dio vuole essere, ed il suo esserci rappresenta il nuovo orizzonte di speranza al quale si affaccia il la vita di Simone e di tutti noi.
«Simone, prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca!». Quante volte questa frase l'abbiamo ascoltata e immediatamente censurata, certi che fosse un invito a provetti seminaristi o canditati novizi di una qualche congrega di religiosi.

In realtà l'invito di Gesù è estremamente concreto: dopo una notte di fatica inutile, e di sfiducia, risuona come una proposta assurda, e come un appello ad accogliere la parola e a fidarsi di quella parola che è di Dio. Quella proposta è assurda proprio perché è di Dio che chiede un atto di fede, di fiducia in lui.
Questo vangelo ci pone di fronte a:
1 - ad andare, al largo, contro ogni logica e ogni dato di fatto, accantonando le nostre certezze; al coraggio di andare cristianamente rispetto a scelte di vita, opinioni e orientamenti politici che non hanno per nulla a che fare con il Vangelo.
2 - alla possibilità di stupirci di un’esperienza che porterà frutto quando meno ce lo aspettiamo; essere una minoranza in un modo che cambia sotto i nostri occhi quale frutto di grazia rappresenta? 
3 - alla delusione massima che è nella realtà quotidiana, lì dove la fatica è sterile; ma proprio per questo ciascuno di noi è testimone di una ricchezza non sua ma di Gesù.

La nostra vita di tutti i giorni è forse diversa? Le vicende attuali sono forse meno faticose e drammatiche? La storia che viviamo, al di là degli allucinanti proclami rappresenta un orizzonte di speranza e di pace, più sicuro rispetto ai tempi passati lontani e meno lontani?

No, ma proprio per questo la parola del vangelo chiama anche noi, proprio noi, tutti noi, a vivere vite non condizionate dal bisogno di certezza. La Parola ci manda per vivere in modo differente; per far sì che la vita sia audace, essenziale, capace di sperare contro ogni speranza.

Quest'anno giubilare della speranza deve essere luce in questo nostro tempo tenebroso, pieno di paura e di incertezze per il futuro.

Vieni, Signore Gesù,
accostati a noi e spingici
a scegliere la vita vera,
a giocarci in nome della fiducia,
a staccarci dalle sicurezze.
Insegnaci a fidarci
della tua parola che, sempre,
spalanca orizzonti immensi.
Insegnaci ad andare, con te,
oltre ciò che già
stringiamo tra le mani
e ci blocca in porti sicuri.
Amen.

sabato 8 febbraio 2025

Conclusione della lettera

Eb 13,15-17.20-21 e Mc 6,30-34

Una solenne benedizione conclude la lettera agli Ebrei. Leggendola si è come coinvolti nella circolarità virtuosa d’amore che vede Dio chinarsi verso di noi, e nel sacrificio di Gesù ci riporta in alto verso la vita eterna. Invochiamo Dio perché possiamo compiere la sua volontà. Chiediamo a Dio di operare in noi ciò che a Lui è gradito per mezzo di Gesù. Egli è il tramite della nostra salvezza, nessuno va al Padre se non attraverso Lui. Preghiamo allora anche noi Dio Padre con la stessa intensita e volontà che la lettera agli Ebrei vuole suscitare, in modo che tutto ciò che saremo, e che vivremo, in questo giorno e in tutti gli altri sia secondo Dio. Amen

venerdì 7 febbraio 2025

Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!

Eb 13,1-8 e Mc 6,14-29

L’autore della Lettera agli Ebrei, ci  ricorda i nostri doveri più importanti, le cose da non tralasciare mai: l’amore fraterno, l’ospitalità, la vicinanza, la solidarietà con chi è carcerato e chi viene maltrattato. Ci ricorda ancora l’importanza della fedeltà nuziale, condanna l’adulterio, ci esorta a non fare cattivo uso del nostro corpo. L’autore ci propone di vivere senza avarizia, senza attaccamento alle cose terrene, senza bramosia, accontentandoci di ciò che abbiamo. La lettera, passa da un senso teologico molto alto a un senso pratico della vita del credente, mettendo in rilievo la comunione con il precetto fondamentale del Signore che è l'amore fraterno. È questo precetto del Signore che orienta e da senso pieno alla nostra esistenza, ponendola in un orizzonte ricco di speranza.


giovedì 6 febbraio 2025

L'origine delle cose nuove

Eb 12,18-19.21-24 e Mc 6,7-13

Se prima era così,  ora è una cosa nuova. Il brano della Lettera agli Ebrei si focalizza sulla novità che è possibile, per noi, a partire da Gesù attraverso il sacrificio della sua vita. Se ne passato Dio era un giudice distante che dettava le leggi da rispettare, per obbligo e per paura. Dopo la venuta di Gesù, per i credenti in lui, si è aperta la possibilità di accostarsi a cose meravigliose e insperate. Dopo Gesù, è divenuto per noi possibile partecipare alla condizione  dei primogeniti, cioè accostarci a Dio in forza di un vincolo di sangue, che genera una comunione gioiosa per la vita eterna. Ma tutto questo è meraviglioso perché  non è una promessa futura, ma «voi vi siete accostati al Monte Sion, alla Gerusalemme celeste..» e così via.., quindi già fin da ora questa novità è una certezza che Gesù ci ha conquistato.


mercoledì 5 febbraio 2025

Dio è Padre che corregge ...

Eb 12,4-7.11-15 e Mc 6,1-6

La vita di tutti i giorni è lo spazio privilegiato in cui facciamo esperienza del nostro limite è anche delle progressioni umane. È in questa dinamica che agisce e si sperimenta anche l'agire di Dio. Dio non è astratto o apersonale, ma il mistero di Dio e la sua rivelazione hanno a che fare con il senso più intimo del nostro esistere singolare rispetto all'universale: un esistere personale, individuale, unico e speciale; immerso in un universale che tutto comprende. È in questa percezione che dobbiamo calare l'intuizione di Ebrei, quando ci propone Dio come un Padre che corregge i suoi figli e come la correzione è segno di amore e occasione di crescita in umanità. Occorre stupirsi di questa modalità in cui incontriamo Dio, perché è spazio di fede, altrimenti il nostro credere diventa una ripetizione stanca di liturgie e riti che lentamente si spegne e diventa un’abitudine, un’abitudine socio-culturale.

martedì 4 febbraio 2025

Gesù origine e compimento della fede

Eb 12,1-4 e Mc 5,21-43

I testimoni della fede non sono semplicemente modelli del passato, ma sono compagni dell'esperienza umana, essi sono accanto a noi, per sostenerci nel nostro cammino. Come dire, c'è un legame tra loro e noi che si genera proprio nell'atto di fede. Tutto ci porta a considerare come la fede non è frutto di razionalità o di convincimento, ma il nostro camminare nella fede, il portare a compimento la nostra corsa, deriva dal nostro essere con Gesù;  viene dal pensare a come Gesù sopportò ogni cosa: la croce, le offese, il disonore. Gesù ci riuscì perché, ci viene detto, i suoi occhi erano fissi sulla gioia che gli era dinanzi..., Gesú credeva in cio che vedeva davanti a se. Fissiamo allora anche i nostri occhi in quella stessa gioia e saremo capaci di affrontare, con fede, qualsiasi prova. 

lunedì 3 febbraio 2025

Cosa opera la fede?

Eb 11,32-40 e Mc 5,1-20

Grazie alla fede, i padri del popolo di Israele ottennero cose incredibili, e superarono i limiti della loro vita. Dio trasformò la debolezza in forza, nel momento in cui si affidarono completamente a lui. Il Signore si serve delle fragilità dei deboli per confondere i forti, e fa crescere l’umanità attraverso quelle che noi consideriamo le imperfezioni. Questo cammino di perfezione nella fede non si esaurisce nella vita personale dei singoli, ma essendo coinvolto nella storia di salvezza, tutti ci include, anche noi e chi verrà dopo di noi. Per questo l’agire dei padri, sebbene gradito a Dio per la loro fede, potrà raggiungere la pienezza della perfezione solo quando tutti gli uomini, di tutti i tempi, avranno dato il loro contributo al cammino della storia della salvezza. Questo essere tutti strettamente legati tra noi è la comunione dei Santi.

domenica 2 febbraio 2025

La luce illumina

Ml 3,1-4 Sal 23 Eb 2,14-18 Lc 2,22-40

Festa delle luci, fin dal passato in questa giornata si benedivano i ceri che servivano ad illuminare le nostre Chiese, e sempre in questa giornata si ricorda l'offrirsi a Dio delle persone consacrate che rinnovano la loro totale adesione a Cristo, entrando così in pieno nella festa della presentazione al tempio di Gesù. Con le immagini siamo condotti anche noi ad entrare nel tempio di Gerusalemme ... Saliamo le imponenti scalinate, varchiamo le porte e siamo condotti fino al cortile interno circondato dalle alte colonne che sorreggevano il portico di Salomone, da cui si accede nei vasti cortili lastricati che immettevano nella zona più sacra del tempio di Gerusalemme. Tutto questo ci parla di spazio, tempo e di ambiente sacro ... abitato da Dio ...
In questo contenitore di sacralità si deve compiere la presentazione e il riscatto dei primogeniti, secondo la legge di Mosè ... e questo anche per Gesú, e per i suoi genitori.
Di tutto ciò che potremmo immaginare, l'evangelista Luca non ci racconta nulla se non di un incontro particolare con un vecchio profeta d'un tempo ormai svanito e con una vecchia donna anch'essa profetessa. Quasi a dirci che la profezia ormai ha compiuto il suo compito, ha raggiunto il suo fine, ha riconosciuto il mistero da sempre annunciato: Gesù Cristo, messia e salvatore. Ora questo Cristo è luce che tutto illumina con sé stesso nel condurci a vedere Dio. Di fronte a questa luce tutto scompare, anche la sacralità maestosa del tempio e dei suoi sacrifici, resta solo u. Abbraccio tra un bambino e un vecchio, e lo stupore di un padre e di una madre.

Un bambino di cui ...
Si dice essere luce per rivelare Dio alle genti e gloria del suo popolo. La missione a cui è destinato quel bambino è fare sbocciare la rivelazione custodita nell’antico popolo dell’Alleanza, per allargarsi a tutti i popoli nella novità del vangelo.

Un percorso di drammaticità ...
Simeone lo dice con parole chiare e nette: "Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione — e anche a te una spada trafiggerà l’anima —, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. Non si può incontrare Gesù e rimanere gli stessi: l’incontro con Lui innesca un profondo cambiamento, una nuova nascita. Ebbene, da come ciascuno accoglierà o rifiuterà questo INCONTRO, prenderanno forma e consistenza i pensieri del cuore, e si rivelerà che tipo di persona ciascuno di noi sia; chi vogliamo diventare, cosa abbiamo a cuore.

OBBEDIENTI: Maria e Giuseppe sono immersi in una piena obbedienza alla tradizione, di rispetto per le Leggi di Israele, ma non per il gusto di conservazione, come spesso trasformiamo il senso religioso in tradizionalismo, essi in realtà sono testimoni di un Dio che si sottomette alle tradizioni degli uomini, per trasformare la tradizione nella sorgente di novita che Gesù rappresenta.

DONARSI: un gesto che si ripeterà infinite volte nella vita di Gesù. Egli è dono al Padre che ne fa dono all’umanità. E in questa logica del dono, oggi, desideriamo fortemente fare della nostra piccola vita un’offerta a Dio. Da lui l’abbiamo ricevuta, a lui vogliamo donarla.

ILLUMINATI: Gesù è la luce che illumina ogni uomo, la luce delle nazioni. In realtà Gesù non emana luce, non ha nessuna caratteristica che lo distingua da qualunque altro, se non il suo rapporto con il Padre, la sua relazione illumina  e aiuta a vedere di quanta luce abbiamo bisogno in questo mondo! Portiamo luce perché siamo accesi, come le candele che oggi benediciamo.

sabato 1 febbraio 2025

Per fede, nella fede e con la fede ...

Eb 11,1-2.8-19 e Mc 4,35-41

La fede è "fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede". La fede di Abramo e di quelli dopo di lui, tratteggia le fondamenra della nostra speranza. La fede ci permette di vivere ogni giorno camminando da pellegrini e da stranieri sulla terra, tenendo sempre lo sguardo puntato alla città celeste «dalle salde fondamenta», che li attendeva. Dio vuole che ci fidiamo di lui, e che fissiamo la nostra attenzione a ciò che ci è stato promesso. Vuole che anche noi impariamo a vedere con gli occhi quello che non si vede, perché le promesse di Cristo devono essere per noi più vere della realtà.