domenica 25 maggio 2025

Parola, Pace, Ricordo

At 15,1-2.22-29; Sal 66; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29

Nel vangelo di questa domenica, come in questi capitoli del suo vangelo, Giovanni ci immerge nell'esperienza che lui stesso ha fatto di Gesú, ci racconta le sue parole non per farcene un resoconto ma per dirci cosa quelle parole, nel tempo hanno suscitato in lui e nella comunità. 
Ci sono tre immagini che sii tracciano, tre situazioni che si rincorrono: la parola, il ricordare e la pace. Sono le realtà che oggi più di altre interagiscono con la nostra vita, con la nostra quotidianità e con la nostra fede.
La fede ha bisogno della Parola;
La quotidianità ha bisogno della pace;
La vita ha bisogno del ricordo.
Giovanni ci riporta alla Parola che è Gesù stesso, che per un discepolo è il criterio di giudizio della realtà. Proprio Gesù - Parola di Dio incarnata -, è il criterio di giudizio della realtà per tutti coloro che vogliono vivere secondo la volontà del Padre. Dobbiamo imparare ad usare il criterio della Parola, e pensare sempre all’esempio di Gesù e alla sua predicazione, per capire quali scelte fare, quali strade prendere, come rispondere a chi ci interpella o ci provoca, come affrontare difficoltà che la vita ci pone davanti.
Osservare la Parola significa fare della vita lo spazio esistenziale dove Dio dimora, rendendo il nostro cuore capace del mistero. E solo così la fede si alimentare e illumina la vita.
Giovanni risuona della parola detta da Gesù vivo e risorto: la mia pace è per voi! 
Non c’è forse qualcosa di cui oggi avremmo più bisogno? E credetemi, per quanto sappia quanto necessaria sia la pace tra i popoli, in questo momento, di fronte al Vangelo di Giovanni e a quella bellissima promessa di Gesù – «Vi lascio la pace, vi do la mia pace».
Se infatti penso alle parole e ai gesti di Gesù non come a delle formule magiche, capaci di risolvere i problemi del mondo con interventi divini straordinari, allora quella promessa di pace mi sembra qualcosa di molto più sconvolgente, che interpella la coscienza e non può essere silenziata. Il dono della pace di Gesù si radica in profondità; è un dono interiore, che annienta il timore e annulla le titubanze; è quella pace profonda che rende ogni persona capace di ascoltare lo Spirito, i suoi moti interiori, le sue istanze, i suoi effervescenti suggerimenti. La pace di Gesù, è quella che dobbiamo continuamente chiedere, nella consapevolezza che è un dono promesso e che, se accolto, rende ognuno strumento di pace… con lo stile di Dio!
In ultimo il ricordare ... L’invito a ricordare ritorna spesso con insistenza proprio perché l’uomo, da parte sua, tende a dimenticare.
Ma cosa significa realmente ricordare se non cercare in ogni modo di  riportare alla mente per fare rivivere e dare presenza nel reale, non nella immaginazione, al punto che la memoria interagisce col presente, con il quotidiano. Una grande fragilità umana è infatti la dimenticanza ... ci si dimentica degli amici, dei parenti, degli impegni presi ... ci si dimentica pure di Dio, e ci si rivolge ad altro. Ma quando l'uomo dimentica, perde la propria identità, perde se stesso, perde la vita, perché noi siamo interattivi con la memoria, con il ricordate, con la Parola che Dio dice in noi e per noi.
Giovanni, per primo, lui che ha vissuto gli anni della sua giovinezza con il Signore, ci fa dono della sua esperienza di memoria. Il suo stesso vangelo non è un racconto, una cronaca, ma uno spazio di memoria attualizzata, dove Gesù si rende presente e concreto, sempre. Il ricordo non ci spinge semplicemente a compiere un’azione piuttosto che un’altra, a ricordare una Parola piuttosto che un’altra, in ragione di Gesù, ma a rivivere ciò che Gesù ha vissuto, o, meglio, a vivere come Gesù ha vissuto. Allora, potremmo dire, che lo Spirito ci risuona della parola, per ricordarci che la pace è il dono del vivente ... egli ci riempie di pace.

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