mercoledì 15 ottobre 2025

Gesù pienezza della legge di Dio

Rm 3,21-30 e  Lc 11,47-5

Che meraviglia! Quanto è straordinario l’amore di Dio per ciascuno di noi! La legge di Dio per Paolo diviene lo strumento per camminare lungo la sua strada, per tornare a Lui, per permetterci di "riappropriarci" di quella divinità a immagine della quale siamo stati creati. Ma se ma legge sembra creare distinzione, tra chi la accoglie e accondiscende e chi no, Paolo afferma che, Dio Padre "indipendentemente dalla Legge" ci ha donato direttamente suo figlio Gesù Cristo, che è "la giustizia di Dio": la legge nella pienezza e verità; la legge capace di renderci “giusti”, cioè giustificati "gratuitamente per la sua grazia".

Liberi in Dio

Rm 2,1-11 e Lc 11,42-46

Il Signore spinge, invita alla conversione "ogni uomo", anzi, qui si dice espressamente "ti spinge alla conversione". È una chiamata in prima persona, come se Paolo fosse, preoccupato che il lettore/ascoltatore si distragga, o che pensi si parli di qualcun altro, per questo lo richiama all’attenzione rendendolo destinatario immediato della lettera. Ciascuno di noi deve comprendere a cosa é diretta tutta l’azione di Dio: non a condannare, ma a far sì che l’uomo lungo il proprio cammino riscopra sempre di più quella somiglianza con Dio, nella quale é stato creato, cioè la "bontà", la "clemenza" che è "magnanimità", perché solo accoglieremo il mistero di Dio in noi riscopriremo il nostro essere creati e umani. Se però liberamente scegliamo di rendere “duro e ostinato” il cuore, non riconoscendo limmagine originaria, Dio non ci obbligherà alla conversione ma ci renderà solo ciò che abbiamo scelto di non realizzare di noi.

martedì 14 ottobre 2025

Cambio non alla pari

Rm 1,16-25 e Lc 11,37-41

Paolo sente il bisogno di affermare di «non mi vergogno del vangelo»? E come si può pensare di potersi vergognare di una “bella notizia”? Ma noi, siamo convinti nel profondo di poter affermare di non vergognarci del Vangelo? Siamo capaci di dimostrare che il vangelo corrisponde alla dinamicità della nostra vita? Oppure siamo fermi, immobili, gente che non cammina, non cresce, non cambia idea e prospettive?
La preoccupazione di Paolo è quella di richiamarci alla verità per dirci: guardate che se vi vergognate avete ribaltato il senso del vangelo, delle Parole di Gesú, avete ribaltato l’ordine delle cose: avete scambiato Dio con l’uomo, avete messo un uomo al posto di Dio, ma in questo scambiare si svuota la buona e bella notizia che è il Vangelo si perde chi siamo veramente, perdiamo in umanità.

lunedì 13 ottobre 2025

Il valore di essere stato scelto

Rm 1,1-7 e Lc 11,29-32

Splendido inizio della Lettera ai Romani: Paolo manifesta immediatamente la necessità di presentarsi, di dirci chi egli è. Ci dice quanto è importante aver chiaro, prima a noi stessi, chi siamo. Paolo parla di sé in terza persona, sembra quasi che nel presentarsi parli di un altro. Ma cio che energe subito è che il suo parlare è sempre intrecciato con l’opera di Dio: si definisce «servo» di Cristo Gesù; egli è «apostolo» non per scelta, ma «per chiamata»; Paolo è «scelto» (e non “ha scelto”). L’agire di Dio in lui è la sua vocazione, e la sua vocazione è «annunciare il vangelo di Dio». I versetti 2, 3 e 4 contengono questo annuncio, e il centro di questo annuncio non è un concetto, non è un’idea, ma è una persona, è Gesù Cristo; il nome di Paolo compare solo all’inizio, poi tutto ci parla di Gesù.

domenica 12 ottobre 2025

Cammino, Gratitudine e fede

 2Re 5,14-17 Sal 97 2Tm 2,8-13 Lc 17,11-19

Mettersi in cammino verso Gerusalemme, va oltre la località geografica, indica ilcamminare verso Dio ... ma non come aporodo ma come condizione della nostra vita: pellegrinaggio di una esistenza nel suo compiersi, nel suo realizzarsi. È questo camminare lo spazio della felicità della realizzazione di sè stessi nell'amore.

Il cammino
Nel camminare di Gesù c'è un incontrarsi con altri che camminano ... è l'incontrocon i 10 lebbrosi che parla a noi del nostro cammino nelle nostre famiglie, nei luoghi dove lavoriamo e che ogni giorno frequentiamo, siamo capaci di camminare insieme agli altri, siamo capaci di ascoltare, di superare la tentazione di barricarci nella nostra autoreferenzialità e di pensare solo ai nostri bisogni.
Camminare insieme – cioè essere “sinodali” – è anche la vocazione della Chiesa.  Chiediamoci quanto siamo davvero comunità aperte e inclusive verso tutti; se riusciamo a lavorare insieme; se abbiamo atteggiamenti accoglienti non solo a parole ma con gesti concreti – verso chi è lontano e verso tutti coloro che si avvicinano a noi. Li facciamo sentire parte della comunità oppure li escludiamo? Li escludiamo perché sono "lebbrisi", segnati dalla fragilità unana, fisica e spirituale!

Il secondo aspetto è ringraziare.
Nel gruppo dei dieci lebbrosi ce n’è uno solo che, vedendosi guarito, torna indietro per ringraziare Gesù e lodare Dio. Gli altri nove vengono risanati, ma poi se ne vanno per la loro strada, dimenticandosi di Colui che li ha guariti.
Dimenticare le grazie che Dio ci dà.
Il samaritano, invece, fa del dono ricevuto l’inizio di un nuovo cammino: ritorna da Chi lo ha sanato, va a conoscere Gesù da vicino, inizia una relazione con Lui.
Il suo atteggiamento di gratitudine non è, allora, un semplice gesto di cortesia, ma l’inizio di un percorso di riconoscenza nei confronti del Signore è di relazione di conoscenza, al punto che Gesù, nel salvarlo lo manda a essere segno di quella salvezza.

9 guariti e 1 salvato
La liberazione dal male, la salute riavuta deve diventare appello per un nuovo rapporto con Dio, essa non è solo un bisogno esaudito, ma diventa una chiamata ascoltata. 
Gesù incalza con una serie di domande: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli
altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori
di questo straniero?» Qui sta la differenza. I primi nove sono stati solo "guariti", il decimo viene invece "salvato"!

Uno su dieci ringrazia per ciò che Dio ci dà
Ogni giorno il discepolo poneva la stessa domanda: "Come posso trovare Dio?".
E ogni giorno riceveva la stessa misteriosa risposta: "Devi desiderarlo".
"Ma io lo desidero con tutto il mio cuore, no? Allora perché non lo trovo?".
Un giorno, il maestro si stava bagnando nel fiume con il discepolo. Spinse la testa del giovane sott’acqua e ve la tenne mentre il poveretto si dibatteva disperatamente per liberarsi.
Il giorno dopo fu il maestro a iniziare la conversazione: "Perché ti dibattevi in quel modo quando ti tenevo la testa sott 'acqua?".
"Come perché?" disse il discepolo indispettito. "Perché cercavo disperatamente aria!"
"Hai risposto bene. Quando ti sarà data la grazia di cercare disperatamente Dio
come cercavi l’aria, allora lo troverai".
Dio si fa sempre trovare da chi lo cerca con cuore sincero...

Il punto è: quanto siamo realmente capaci di gratitudine? Quanto i nostri atteggiamenti profumano di «grazie»?

Chi è capace di gratitudine, sa vivere una relazione con il mondo, con se stesso e con Dio, da persona libera e liberante… veramente risorta!

Grazie, Signore,
nostro Padre e Creatore,
per le tenere e delicate carezze
con cui silenziosamente ci raggiungi.
Per la tua paziente attesa delle nostre risposte;
per quelle mille forme di guarigione interiore
che restituiscono pace al nostro cuore
anche in tempi di bufere.
Grazie, Signore, semplicemente
perché ci sei e perché ci sono. Amen.


sabato 11 ottobre 2025

Li siederò a giudicare

Gl 4,12-21e Lc 11,27-28

Nel profeta Gioele il giorno del giudizio di Dio non tarderà ad arrivare. Il giudizio cadrà su quei popoli che avranno perseguitato Israele, poiché "il Signore è un rifugio per il suo popolo, una fortezza per gli Israeliti". Giosafat, in ebraico, significa "il Signore giudica"; perciò, non è altro che un nome simbolico per indicare il luogo in cui Dio entra in giudizio con le nazioni. Il luogo e l'azione si identificano nella stessa parola che si compie vicino a Gerusalemme. Una visione che porta in sé, e riflette, un monento storico ben particolare. Ma questa immagine si dilata nell'idea escatologica del compimento, rispetto al quale tutti siamo coinvolti. Il giorno del giudizio riguarda il rapporto tra l'umanità e Dio, riguarda la nostra conversione. Il giorno del giudizio può portarci su strade inaspettate e impervie, di cui non ne comprendiamo a pieno il senso, perché il senso di tutto appartiene a Dio.

venerdì 10 ottobre 2025

Viene il giorno del Signore

Gl 1,13-15; 2,1-2 e Lc 11,15-26

Il profeta Gioele parla del giorno del Signore come fosse una “calamità” ancora da venire. Ciò che dobbiamo davvero temere e ciò che ci scuote la vita: la tiepidezza esistenziale e la nostra aridità spirituale. Lo dice lo stesso Gioele: "svegliatevi e piangete"; "restate confusi.. alzate lamenti". Siamo spesso troppo superficiali, al punto di farci smarrire il senso di ciò che è umano. Di fronte a queste fatiche è inevitabile interrogarsi su come sto vivendo la mia vita? Posso davvero contare sulle mie forze e basta? Posso salvarmi da solo? Se da una parte queste domande ci spaventano, in realtà non dobbiamo averne paura, perché da qui nasce il cammino di conversione nel quale non siamo soli. Dio vuole la nostra salvezza.

giovedì 9 ottobre 2025

... sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

Ml 3,13-20 e Lc 11,5-13

Malachia è l'ultimo profeta prima di Giovanni Battista; passeranno fatti oltre quattrocento anni di silenzio ... L'attesa diviene, sconforto, disimpegno, disillusione, tutto sembra precipitare nel male, nella colpa, nel vizio, nell'immoralità. È in questo abisso che nasce l'attesa messianica. Anche oggi le nostre comunità hanno bisogno di ridestsrsi col fuoco dello Spirito e della Parola del Signore per essere nutrite e illuminate; il pane eucaristico che spezziamo e condividiamo è segno concreto della presenza di Dio che cambia il nostro cuore. Ma se non cambiamo il nostro cuore, se continuiamo ad aggrappiamo alle nostre sicurezze, se rimaniamo chiusi nelle nostre comunità non saremo capaci di riconoscere il Dio che viene ad abitare il nostro cuore e la nostra vita, e non sapremo essere una Chiesa che cammina nel mondo.

mercoledì 8 ottobre 2025

Ninive è salva!

Gio 4,1-11 e  Lc 11,1-4

Dopo tutte le vicende, Giona è a Ninive, e si confronta con un inedito Dio: la profezia di Giona non si realizza, la città non sarà distrutta, Dio ha avuto misericordia.
Giona ha rischiato la vita per andare a preannunciare la distruzione, e questa non avviene. Che figura! Giona non accetta che gli abitanti di Nìnive possano essere perdonati per quanto hanno fatto in passato. Ma se Giona è fermo nel suo sdegno, Dio è ben più saldo nella sua misericordia. Spesso siamo portati a esprimere severi giudizi, sia sugli altri sia circa noi stessi. Ma il metro di misura di Dio è altro ... Possa la misericordia plasmare le nostre vite, e farci ricordare che con Dio combattiamo il male, non le sue vittime.

martedì 7 ottobre 2025

Il bene fatto porta la salvezza di tanti

Gio 3,1-10 e  Lc 10,38-42

Giona parte alla volta di Ninive ed inizia la sua predicazione. Qui scopriamo che Dio non ha scelto male il suo servo, Giona è davvero un bravo profeta e il popolo di Ninive lo ascolta! Il testo ci dice che per attraversare Nìnive occorrono tre giorni, ma quando Giona ha percorso solo un terzo della città, già le persone si convertono. Egli ha dato inizio alla conversione di Nìnive, la città che sembrava perduta, la cui malvagità era salita fino al trono di Dio. Queste poche righe ci provocano profondamente come cristiani: spesso sentiamo che le società in cui viviamo non sono giuste, eppure il libro di Giona ci parla di un mondo che può cambiare se anche solo un uomo risponde alla chiamata del Signore. Il bene fatto da un solo uomo porta la salvezza di tanti, l’obbedienza di uno solo coinvolge molti. Come spesso la Scrittura ci ripete, non dobbiamo temere, il Signore ha scelto con cura la nostra missione, ci ha dato tutto ciò che occorre per portarla a termine, il Signore continua a chiamarci.

lunedì 6 ottobre 2025

Per convertire Ninive occorre Giona

Gio 1,1-2,1.11 e Lc 10,25-37

Giona, un profeta diverso, che sfugge ai nostri schemi profetici, risulta infatti una figura profondamente umana, anche nel suo fugge il più lontano possibile dalla chiamata del Signore ... In realtà la vicenda di Giona, narra le nostre piccole e grandi infedeltà, quando di fronte a Dio temiamo di perdere qualcosa: beni materiali; piaceri; la stima di qualcuno; temiamo il giudizio del mondo e fuggiamo. Eppure Giona non è privo di amore per il Signore, e nel suo fuggire non è disposto ad abbandonare del tutto la sua fede. Ama Dio eppure ha troppa paura per obbedirgli ... umana fragilità! Ma è proprio in questa fragilità che possiamo scoprire che Dio non ha mai smesso di amarci. Spesso nella vita ci capita essere lontano dal Signore che ci ha chiesto di seguirlo, eppure Lui non ci abbandona. 

domenica 5 ottobre 2025

Facci vivere di TE

Ab 1,2-3;2,2-4 Sal 94 2Tm 1,6-8.13-14 Lc 17,5-10

Il gelso era un albero molto diffuso ai tempi di Gesù; le sue radici erano robuste e penetravano in profondità nel terreno, per cui il gelso era considerato un albero longevo, e difficile da estirpare.

Una immagine che se accostata alla richiesta dei discepoli suona in questo modo ... la fede riesce anche lì dove sembrerebbe proprio difficile ... come sradicare un gelso ... e in assurdo trapiantarlo nel mare ...

Oggi questa immagine si accompagna alla nostra quotidianità in cui sembra che il male non si riesca più a sradicare ...

Come può il Signore della vita restare inerme; come può permettere che addirittura nel suo nome qualcuno uccida bambini innocenti, per bombe o per fame!

Per assurdo, Gesù ci sta dicendo che per sradicare il male occorre la nostra piccola e fragile fede ... che in realtà è una forza che non sappiamo giustamente valutare. Il male, a volte, può solo sembrare impossibile da sradicare ... ma …

Siamo di fronte a dei paradossi ...

Alla richiesta, forse legittima, ma ingenua dei discepoli, che contrappongono alla forza del male o del mondo la necessaria forza della fede; anche di noi ... pieni di paura e umanamente fragili ... chiediamo il dono della fede forte, di una fede grande, per vincere il mondo, Gesù invece ci offre l'immagine assurda del Gelso e di un seme piccolo e insignificante, il seme della senape.

Ma è proprio questa fede piccola che in realtà è capace di cose grandi ...

Il gelso, così difficile da estirpare, finisce addirittura nel mare, dove non potrà sopravvivere ... ma la fede sostiene anche l'impossibile, ciò che umanamente è fuori ragione.

Poi succede che anche noi sperimentiamo l'essere servi inutili ..., anche noi nella nostra inutilità sperimentiamo le conseguenze dell'essere figli di Dio ... di avere un padrone come Dio Padre ... Un padrone che sa di avere servi inutili ... ma comunque figli.

Ma è a questi figli che il Padrone fa dono della fede in Lui ... 

Cosa significa avere fede?

Avere fede in Dio significa comprendersi come quel servo nei confronti del suo Signore, sentirsi parte di un vincolo e di un legame basato sulla somiglianza e la pratica del suo amore. Un rapporto questo che rende appunto il credente figlio di Dio.

Perché questo sia possibile, Gesù più volte nel vangelo di Luca ci mette di fronte all'essere come il Padre, cioè ad essere buoni fino in fondo.

Cioè bisogna che l’amore del discepolo raggiunga una qualità il più simile a quella di Dio.

E qual è la qualità dell’amore di Dio? Quella che si esprime in un perdono senza condizioni. (Aiiia)
Gesù propone una fede che è un’alternativa, una risposta diversa al mondo e alla nostra vita: accogliete questa offerta d’amore di Dio e l’amore di Dio vi rende liberi e questo amore si esprime attraverso il perdono incondizionato, diversamente rimanete nella condizione di servi verso il vostro Signore, di schiavi delle logiche del mondo, schiavi della violenza e della vendetta..
“Così anche noi, quando avrete fatto tutto quello che ci è stato ordinato…”,  “siamo semplicemente servi. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare": amare, perdonare.
Noi oggi di fronte a Gesù siamo messi di fronte a una domanda: credi nell’impossibile.

La fede può davvero spostare le montagne?

La fede è un dono tanto prezioso quanto fragile, ha un potenziale infinito ma per crescere e diventare capace di frutto ha bisogno di una cura e attenzione quotidiana, ha bisogno di essere nutrita. La piccolezza e la fragilità del nostro credere, non va abbandonata a se stessa.

Prendiamoci cura della nostra fede! Chiediamo il dono della fede cioè di imparare a vivere di Gesù e come lui.


Fammi vivere di te

La mia fede, Signore Gesù,

è debole e vacillante:

fammi vivere di te!

La mia fede è soffocata,

la soffoco con le mie mille domande:

fammi vivere di te!

La mia fede è indebolita

dal poco tempo che riesco

a dedicare a te e alla tua Parola:

fammi vivere di te!

La mia fede è bloccata da ciò

che vorrei e non vedo:

fammi vivere di te!

Signore Gesù, maestro nel credere,

fammi vivere di te. Amen.

 

I campi erano arsi e screpolati dalla mancanza di pioggia. Le foglie pallide e ingiallite pendevano penosamente dai rami. L'erba era sparita dai prati. La gente era tesa e nervosa, mentre scrutava il cielo di cristallo blu cobalto.

Le settimane si succedevano sempre più infuocate. Da mesi non cadeva una vera pioggia.
Il parroco del paese organizzò un'ora speciale di preghiere nella piazza di fronte alla chiesa per implorare la grazia della pioggia.

All'ora stabilita, la piazza era gremita di gente ansiosa, ma piena di speranza.

Molti avevano portato oggetti che testimoniavano la loro fede. Il parroco guardava ammirato le Bibbie, le croci, i rosari.

Ma non riusciva a distogliere gli occhi da una bimba seduta compostamente in prima fila. Sulle ginocchia aveva un ombrello rosso.

... credere è portare l'ombrello.






sabato 4 ottobre 2025

Il mio vanto è la croce

Gal 6,14-18 e Mt 11,25-30

Oggi festa di San Francesco d'Assisi, la liturgia della Parola ci conduce nell’epilogo della lettera ai Galati, dove in modo molto deciso Paolo affronta il gravoso problema della circoncisione. Siamo allo scontro tra coloro che la raccomandano (giudeizzanti), forse per vantaggi personali, e coloro che si affidano alla dottrina di Paolo per cui la vera circoncisione è essere nuova creatura. Non è una incisione della carne che ti fa figlio di Dio ma la grazia che ti trasforma la vita e ti unisce alla passione stessa di cristo: la croce. Paolo arriva ad affermare che la croce di Cristo è l'unica vera circoncisione della carne; è aderire a Cristo che ci fa nuove creature, è questo aderire che si incide nella carne.

venerdì 3 ottobre 2025

Oltre ogni nostra chiusura … la sua parola

Bar 1,15-22 e Lc 10,13-19


Quante volte nella nostra vita siamo stati così ostinati da non ascoltare la voce di Gesù? Quante volte la voce che ascoltiamo è solo la nostra? Questo non è capitato solo nel passato, perché la nostra autoreferenzialità spesso prevale anche oggi più di quanto immaginiamo. Ma il Signore sembra essere più ostinato di noi, la sua parola non si esaurisce nella nostra tiepida accoglienza, e anche nel lasciarci liberi, sempre, il suo amarci ostinatamente si rivela e nasconde in tutte le pieghe e gli angoli della nostra vita. Al punto che possiamo dire con la parole del profeta Baruc: "Al Signore, nostro Dio, la giustizia; a noi il disonore sul volto, come oggi avviene per l’uomo di Giuda e per gli abitanti di Gerusalemme, ..." ma sempre sperimentiamo la misericordia di Dio, e possiamo dire il nostro sì quotidiano.

giovedì 2 ottobre 2025

Angeli Custodi ...

Es 23,20-23 e  Mt 18,1-5.10

Questa pagina del libro dell’Esodo viene ripresa dal profeta Malachia nel preannunciare l’avvento del Messia e del suo Precursore; ma pure nel Nuovo Testamento le figure angeliche rivestono ruoli ricorrenti e significativi. Anche nel Libro dell’Apocalisse Gesù interloquisce con gli Angeli delle Chiese a cui si rivolge.Nella Sacra Scrittura gli angeli sono i messaggeri di Dio che portano la Parola di Dio la quale è per l’uomo luce al suo cammino. L’angelo custode, al di là di ogni fantasia e sentimentalismo, ha quindi la funzione di renderci sempre presente la parola di Dio per poter discernere ciò che è conforme alla volontà divina e al nostro bene e metterla in pratica. Gli angeli non esercitano un’autorità autonoma ed autoreferenziale ma sono puri mediatori della volontà di Dio a servizio esclusivo del bene di chi è loro affidato in custodia.


mercoledì 1 ottobre 2025

Ricostruire dalle ferite

Ne 2,1-8 e Lc 9,57-62

Neemia ci appare come un uomo del cuore ferito, ma non disperato. Il ricordo di Gerusalemme, la città amata e distrutta, una nostalgia profonda, abita in lui radicalmente. Davanti al re, chiede di poter tornare per ricostruire. Il suo è un gesto coraggioso - chiedere al re - e di fiducia - prima di chiedere prega -, non si limita a piangere sulle proprie sventure e sulla distruzione di Gerusalemme, ma si affida alle promesse di Dio. Neemia ci insegna ciò che ogni ciascuno farebbe imparare a vivere: ogni ricostruzione nasce da una ferita consegnata al Signore, e da un cuore che si lascia muovere dallo Spirito.