martedì 30 giugno 2015

Genesi 19,15-29 e Matteo 8,23-27
La misericordia ci prende per mano...

Lo sguardo di Lot si perde nella valle del Giordano e nel mar Morto, Sodoma e Gomorra, città degli uomini sono fumanti, ogni segno della creazione di Dio è venuto meno. La scrittura racconta la catastrofe che ha cancellato l'opera originaria di Dio. Tutto ciò che è accaduto, si vela di uno strano mistero, giustizia e misericordia si incontrano: lo scontro con il male che è nel cuore dell'uomo e la misericordia che prende Lot per mano e mette in salvo la sua vita. Ci sono momenti della vita in cui, come per Abramo, conviene guardare l'orizzonte della nostra esistenza e ammettere che per la poca fede che abbiamo non possiamo che gridare come nel Vangelo: "Salvaci, Signore, siamo perduti ..."
In questo giazzebuglio ... È in questo strana condizione che potremo riconoscere, che la misericordia di Dio ci ha preso per mano e ci ha salvato, che Dio nella sua misericordia rimane il Dio fedele all'alleanza con Abramo.

lunedì 29 giugno 2015

Atti 12,1-11 / Salmo 34 / 2 Timoteo 4,6-8.17-18 / Matteo 16,13-19
SOLENNITÀ dei Ss Pietro e Paolo
Tu sei il Cristo

Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede.
La buona battaglia ... La corsa ... La fede ... Al compimento della sua vita Paolo da testimonianza della sua appartenenza a Cristo. Non si è sottratto al combattimento e alla lotta, perché il regno dei cieli potesse prevalere sul male del mondo; ha vissuto con intensità ogni momento della sua esistenza, senza pigrizia e parzialità; la fede, cioè il vincolo di amore al Signore lo ha custodito e alimentato. A questo punto anche per Paolo sono chiare le parole del Signore dette a Pietro come condizione di "Beatitudine ..."
Sulla fede in Cristo si costruisce ben più di una religione, ma la vera felicità; si costruisce l'umano, si costituisce il Regno dei cieli e la Chiesa.

domenica 28 giugno 2015

Sapienza 1,13-15; 2,23-24 / Salmo 29 / 2 Corinzi 8,7.9.13-15 / Marco 5,21-43
La risposta alla morte ...

Gesù ha iniziato ad annunciare il regno ... Arrivano le prime difficoltà: la poca fede che si traduce nel poco amore: il nostro problema fondamentale, la morte e il male ...
Se qualcuno avesse pensato che il regno dei cieli fosse un ideale, una proposta spirituale, uno stile di vita ... Bene! Lo è anche, ma non si esaurisce in ciò ... L'arrivo del "regno dei cieli" apre a una guerra, a uno scontro senza precedenti tra il regno (potenza di Dio) e il male.
Immagini di morte e di male sono ormai all'ordine del giorno: ciò che accade ormai quotidianamente suscita il nostro sdegno e la nostra condanna ... Ma soprattutto la nostra paura.
Questa è la strategia del male.
Cosa dice la parola di Dio? Cosa lo Spirito del Signore scucita e genera nella storia per portare a compimento la salvezza?
Non possiamo pensare il male come ciò che limita e distrugge la salvezza, questa è indissolubilmente legata alla realtà creata in forza dell'opera di Dio Padre e per la vittoria di Gesù sulla morte.
Ma il discepolo di Gesù non è un ingenuo, un sognatore, egli con lo sguardo al suo Signore Crocifisso è Risorto, comprende il senso dello scontro (di quella guerra) tra il "regno dei cieli" e il male e la morte, fino ad arrivare a capire che la fatica rispetto al male corrisponde alle energie e alla forza del generare il regno stesso. Gesù in croce vince il male e la morte abbracciandola totalmente ... Toccando la morte con tutto sé stesso e con la sua vita ... non è solo un "sacrificio espiatorio".
Toccare le fragilità umane, non separarsi dai segni che il male e la morte disseminano nella storia e nella vita degli uomini diventa il modo di combattere il male e la morte.
Se cercassimo di isolare il male costruendo muri difensivi di ogni sorta: muri reali, muri ideali, muri sociali, muri morali ecc... Altro non faremo che aiutare il male a diffondersi e a recuperare forza. Faremmo il cumulo delle ingiustizie da una parte e dall'altra del muro.
Oggi potremo arrivare a generalizzare il male pensando che la religione è male; non è vero! Ci sono solo uomini che separati, isolati da Dio, sono preda del male e della sua pazzia! Il male vince lì dove c'è separazione e divisione.
Il "regno dei cieli" invece è sempre un ponte attraverso il quale facilitare il passaggio del Signore risorto.
Gesù si confronta con il male, egli non solo guarisce a distanza ma ci dimostra che per guarire, per vincere il male, è necessario toccare il male, perché il toccare è ben di più di un aspetto legato ai sensi. Il toccare è allora: compassione; desiderio del bene altrui; riconosco la tua necessità di amore.
Nel toccare non c'è nulla di magico, ma solo quella comunione che immette la potenza di Dio che si manifesta nel mio amare, nel mio prendere parte, nel mio faticare insieme, nel mio volere una realtà più bella e buona, più simile a quel "regno dei cieli" di cui Gesù ci parla. Allora facciamo nostre quelle parole "talità km" che sono il compimento del bene sperato e attuato.

sabato 27 giugno 2015

Genesi 18,1-15 e Matteo 8,5-17
... Non passare oltre ...

Una immagine tipicamente orientale: l'arrivo di un "pellegrino"; ma questa volta si tratta di Dio stesso. La sacralità dell'ospitalità pone Abramo nella necessità di onorare in tutti i modi la presenza di questo straordinario viandante.
Tutto ormai sembra destinato all'attesa, Abramo e Sara sono ormai vecchi ... Umanamente non più capaci di generare la vita attraverso la loro carne. Prossimo a un riposo che prelude al congedo dal tempo e dalle cose, il "pellegrino" giunge proprio nel momento in cui ogni attesa e aspettativa sembrano cedere il posto alla fatalità.
Dio non è mai uno sconfitto, non si arrende di fronte alla nostra debolezza, ma proprio nel limite mostra la sua potenza. La sua presenza diventa, attraverso gli obblighi dell'ospitalità, la condizione per cui tutto nella vita di Abramo e Sara riprende forza e speranza.
Il "pellegrino" giunge all'improvviso; riconosciuto, va onorato, non ignorato ... Lui lascerà il segno della sua venuta.

venerdì 26 giugno 2015

Genesi 17,1.9-10.15-22 e Matteo 8,1-4
Da Abram ad Abramo ... da Sarai a Sara

"Io stabilirò la mia Alleanza con lui come Alleanza perenne, per essere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui". Un patto che per Yhwh esprime il suo compromettersi con la storia di Abram. Ciò che ci sfugge realmente è quanto l'alleanza implica un coinvolgimento di Dio non solo a parole, ma nella vita e si incarna nell'umanità. Sembra quasi che il contenuto dell'Alleanza sia come un patto di sangue... quasi una realtà sacramentale che rinnova la nostra umanità.
Ciò che è Alleanza nell'antico Testamento, diviene Incarnazione nel Compimento del Nuovo e Pentecoste nella realtà umana attuale. L'alleanza è perenne; è manifestata nella carne a partire dalla generazione del Figlio della Promessa, alla circoncisione preludio dell'incarnazione; è novità esistenziale: il nome che ci manifesta e rappresenta è portato a compimento come realtà nuova; è benedizione per sempre: Dio si prende cura di noi.  

giovedì 25 giugno 2015

Genesi 16,1-12.15-16 e Matteo 7,21-29
Promessa e carne

La Promessa di Dio fatta ad Abram su quale piano si colloca? Sul piano dell'impegno di Dio, della fedeltà, della giustizia? Credo che si debba andare ben oltre. Tutte queste categorie custodiscono una promessa nella relazione; la promessa di Dio va oltre, essa è custodita nella carne. La carne dice non solo la nostra materia ma anche la nostra natura umana! Nella vicenda di Abram, di Sarai, di Agar e Ismaele, vediamo come la promessa della discendenza risuona non solo nelle relazioni, ma si rivela nell'espressione della carne: i figli.
Questa condizione è stupenda perché anticipa quella grazia immensa e straordinaria che è l'incarnazione del Figlio di Dio. La carne è cardine della salvezza, di cui la Promessa ne è anticipo e manifestazione. Tutto questo ci parla della sacralità dell'uomo nella sua pienezza, ma anche della sacralità della carne espressione dell'atto creativo e di amore del Padre.

mercoledì 24 giugno 2015

Isaia 49,1-6 / Salmo 138 / Atti 13,22-26 / Luca 1,57.66-80
"Giovanni è il suo nome"


Il nome significa " Dio ha avuto misericordia" ovvero "dono del Signore", un dono lungamente atteso e che quindi apre al compimento di una speranza: la vita legata alla posterità, alla discendenza.
In questo senso la storia di Zaccaria ed Elisabetta ripercorre le vicende antiche del popolo di Israele e mette in evidenza la concretezza delle parole di Isaia: "Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria". Io ho risposto: "Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio". Anche la storia del Battista si intreccia con la manifestazione gloriosa di Yhwh (Dio); una manifestazione gloriosa che significa realtà della presenza (Shekhinah). Nel dono che è il bambino, Giovanni, si rende evidente ciò che Yhwh dice di se stesso (io sono misericordioso e pietoso, lento all'ora e grande nell'amore) ma anche la sua stessa tensione rispetto all'uomo,a ciascuno di noi (misericordia infinita, Dio arde di misericordia per ciascuno di noi).
Il precursore non è quindi solo un araldo che precede il messia, ma anche chi ci fa pregustare la misericordia del padre. Nei tratti duri e severi del Battista, la gloria si nasconde per essere compresa come misericordia: "Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di penitenza a tutto il popolo d'Israele". Il battesimo di penitenza ... perché  non l'immersione nell'amore misericordioso?