mercoledì 30 novembre 2022

E se tutto fosse amicizia

Romani 10,9-18 e Matteo 4,18-22
Sant’Andrea apostolo


Ciascuno di noi è abituato a determinare la direzione della propria vita, proprio come Simone e Andrea che conducono la loro barca. Arrivato Gesù … è lui che si propone come loro pilota nella vita … a seguirlo senza calcoli, convenienze, senza possibili previsioni. Quello che per noi assume il carattere impegnativo e solenne della chiamata vocazionale in realtà è semplicemente la realizzazione di una amicizia. È il desiderio di Gesù, di essere accolto, a cui corrisponde la disponibilità ad accogliere di Simone, di Andrea, Giacomo e Giovanni. Ecco che la vocazione si rivela un percorso di normalità in cui scoprire sempre più intimamente attraverso la relazione di amicizia con il Signore la dignità della nostra vita, e quale meta è la nostra felicità.

martedì 29 novembre 2022

La gioia vera

Isaia 11,1-10 e Luca 10,21-24

Quale gioia è veramente la vera gioia?
La vera gioia è il nostro nome scritto nei cieli, nel Padre! Ma cosa significa?
A questo punto, Gesù si spinge oltre, rivela come la quotidianità di ognuno è il riflesso del cielo, ed è lo spazio della gioia vera: “beati i vostri occhi che vedono … e gli orecchi che ascoltano …”
È generalmente la nostra piccolezza, la fragilità e l’umiltà che ci permette di entrare in quell’ascolto della Parola di Dio che senza ideologico pregiudizio diviene spazio di verità e condizione di una gioia vera e piena. Se non deponiamo la pretesa di leggere giudicare la vita da noi stessi e quindi essere “maestri” sapienti e dotti non assaporeremo mai la gioia vera.

lunedì 28 novembre 2022

Verrò e lo guarirò

 Is 4,2-6 e Matteo 8,5-11

Accade quanto ci saremmo aspettati, cioè che Gesù si muove a compassione e per amore di chi soffre. Ma il contesto è ben diverso dal solito: chi implora, chi chiede è un centurione, un nemico, ma ciò che chiede è ancora più strano, e anche disdicevole rispetto alla nostra mentalità e moralità: la guarigione del duo servo/amico. La parola greca usata per indicare il servo del centurione è "pais". Nel linguaggio del tempo, "pais" aveva tre possibili significati che dipendevano dal contesto in cui era usato. Poteva significare “figlio o ragazzo”, “servo”, o poteva significare un particolare tipo di servo, un servo "amato/amante del suo padrone”.
Qualunque sia l’interpretazione, ciò che fa Gesù è normale per quanto è straordinario. Segue il dettami di amare e insieme sbalordisce perché supera ogni barriera culturale e di pregiudizio morale mettendo in evidenza la fede e la dignità di ogni figlio di Dio, anche se "pais".

domenica 27 novembre 2022

Avvento: dolce attesa!

Is 2,1-5; Sal 121; Rm 13,11-14; Mt 24,37-44

La Chiesa, ci invita sempre, nella prima domenica di avvento, alla vigilanza nell'attesa, quale condizione necessaria per camminare verso il Natale, perché l’attesa di Gesù è l’attesa propria di chi ama, ed è quindi una attesa fervente e quotidiana.
Cosa significa l'invito alla vigilanza oggi?
I giorni di Noè sono i come i nostri giorni fatti di tutta la pesantezza e la fatica del nostro vivere, segnato ora anche da quei segni che sembrano prefigurare la fine imminente ... ma non è così!
Perché il senso di tutto ciò che accade non è spaventare ma sollecitarci a metterci in uno stato di gioiosa vigilanza: "Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo".
Il nostro tempo liturgico di avvento è un tempo in cui riappropriarci della vita, senza soccombere al caos e al caso. Riscoprire la vita nella sua possibilità …
E' tempo per essere vigili, come una madre in attesa; come fu il tempo di attesa di Maria e di Elisabetta, madri che hanno vissuto una dolce attesa della venuta alla luce dei loro figli.
Il vangelo è esplicito, e la Liturgia della Chiesa con prontezza ha recuperato pienamente il senso di una attesa vigilante, lo stare svegli, desti, che nulla ha a che fare con l'insonnia, ma che vuole esprimere attenzione, interesse e priorità.
Svegliati! Non lasciare che la tua vita interiore si addormenti. Dio dimora in te, sentilo come Maria lo sentiva nel suo grembo: un lieto Avvento vissuto con attesa e desiderio. Noi di fronte alla vita spesso poniamo il caso e la fatalità, ma non Gesù. Forse ci sembra che Dio giochi ai dadi con la nostra vita e la nostra storia, ma quel linguaggio apocalittico, che non lascia spazio alla nostra possibilità di gestire, progettare e possedere, ci pone di fronte a colui che dice di venire, come l'unico che dà senso e pienezza.
Ecco allora l'occasione per generare, custodire e camminare in questo avvento, vediamo come:
1) Un tempo di preghiera … Sveglia, c'è tanto da fare! - Avvento è vivere in uno stato di dolce attesa in cui la preghiera, quella vera, ti permette di non lasciare che la tua vita interiore si addormenti. Dio dimora in ciascuno di noi e ci abita proprio a partire dalla nostra interiorità, poi tutto il resto.
2) Impariamo a tessere con Maria l'accoglienza del Signore: Nelle mani di Maria intrecciamoci per accogliere Gesù: la vita e l'impegno quotidiano diviene la lana necessaria che daremo a Maria per tessere quella copertina che accoglierà il Signore Gesù!
E' un'immagine, è un adesivo, ma rappresenta in figura ciò che siamo disposti a offrire.
3) Avvento: è una comunità che si mette in cammino. Un avvento Sinodale, cioè in cammino per vivere insieme la passione per la Chiesa, per la comunità, per essere ancora una volta protagonisti di una primavera della Chiesa nel nostro paese.
Ogni venerdì di Avvento, chi vuole, mi auguro in molti, e comunque nelle possibilità di tutti, alle ore 20,45 faremo il nostro cammino sinodale con tutta la Chiesa italiana e non solo.
Viene adesso il Signore, camminatore dei secoli e dei giorni, ma la nostra vita, le nostre case, sono la prima tappa del cammino verso la meta del suo viaggio.

sabato 26 novembre 2022

... ci manca solo il Figlio dell'uomo!

Apocalisse 22,1-7 e Luca 21,34-36

Se ci fermiamo a guardare con attenzione gli avvenimenti della storia passata e attuale, è facile sentirsi imbrigliati in quel laccio di cui parla Gesù: "... come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra".Quel laccio è una trappola che ci cattura in un inferno reale e attuale. Siamo ormai consapevoli che possiamo costruire l’inferno fin da qui, infatti, se viviamo una vita in cui il nostro cuore è concentrato su altro che non sia Dio, proprio quello è inferno. Se Dio è un esodato dalla nostra vita, la nostra solitudine esistenziale grida senza ritegno il proprio originario bisogno di senso e di pienezza. Per questo dobbiamo vivere in un presente vigilante, per accogliere con desiderio e trepidazione ogni altrui presenza come possibilità di compimento. Che bello nella vigilanza attendere con un cuore intrepido l’arrivo dell’Amato, e riconoscerlo come originario di senso.

venerdì 25 novembre 2022

Capire da noi stesi ...

Apocalisse 20,1-4.11-15.22,2-2 e Luca 21,29-33

Capire da noi stessi che il regno di Dio è vicino non è cosa così immediata. Capire questa presenza che è da un lato altra da noi, e ci spaventa; ma è anche interazione con noi e ci coinvolge, rappresenta la vera difficoltà circa il riconoscerne la presenza. ll regno infatti, si rende presente e riconoscibile nel presente di ogni generazione umana, attraverso quella sua Parola eterna che tutto pervade e riempie di sè. E' quella stessa Parola che ci accompagna all'incontro con Dio Padre, ci invita a camminare verso Dio. La nostra storia, quella "grande", come anche la nostra "piccola" storia personale è il luogo dove riconoscere la vicinanza di Dio. Di fronte a questo avvicinarsi sono due gli atteggiamenti che derivano dal "capire da noi stessi": la paura e il terrore:"Oh Dio mio, come è tremendo il mondo ..." quando si è pervasi dalla paura del male; oppure ci accorgiamo che in questa storia siamo chiamati a vivere da figli di Dio e da fratelli, cioè siamo chiamati a testimoniare un modo diverso di vivere la vita”.

giovedì 24 novembre 2022

Quando cominceranno ad accadere queste cose ...

Apocalisse 18,1-2.21-23 e Luca 21,20-28

E' una fortissima contrapposizione: quando accadrà tutto questo, la liberazione è vicina. E' questa immagine che ci occorre per definire un tempo nuovo, un tempo di svolta; il tempo per riprendere in mano la nostra vita e capire se c'è qualcosa da sistemare. E in questo tempo di svolta, Gesù parla di segni angosciosi, di difficoltà grandi, di momenti di crisi; ma non sarà anche il tempo che tutti stiamo attraversando, e dal quale sembra non si sia più capaci di uscire? 
Gesù dice anche con chiarezza che quando ci troviamo in periodi di grande fatica, «risolleviamo e alziamo il capo, perché la nostra liberazione è vicina». Diamo un senso pieno e fecondo all'attesa.

mercoledì 23 novembre 2022

La fede si difende da sola

Apocalisse 15,1-4 e Luca 21,12-19

Quanto può essere superfluo e non necessario, affannarsi nel difendere i “valori”, la “dottrina”, la “vera Fede”. Gesù ci ha detto che non dobbiamo imbracciare le spade per difenderlo, come cercò di fare Pietro la notte della cattura, nell'orto degli olivi. Neppure dobbiamo preoccuparci per trovare parole e azioni per difendere la nostra fede, testimoniarla e diffonderla: basterà solo vivere e comportarci in modo che tutto appaia fatto e vissuto in comunione col Signore.
E' la sequela stessa di Cristo la garanzia di vita vera, dell'amore eterno e della gioia piena. Ecco perché non vanno cercate difese, non vanno cercate parole: è Lui in noi che opera se noi ci spogliamo di noi stessi e ci sforziamo di camminare sui passi di Gesù: ma poiché la via del Signore è la via dell’amore che dona se stesso, sicuramente potremo trovare molte incomprensioni, anche tra chi ci è più vicino, proprio a partire dai rapporti più stretti e familiari della nostra esperienza quotidiana.


martedì 22 novembre 2022

Quando accadranno …

Apocalisse 14,14-19 e Luca 21,5-11


Quante volte andando a Gerusalemme, al muro del pianto, oltre ad essere toccati dalla preghiera che gli israeliti ortodossi ritmano con il corpo, espressione del dolore per la distruzione di quel tempio che era la casa di Dio; di fronte a quelle belle pietre, retaggio e resto del grandissimo Tempio in cui Gesù tante volte è stato, a chi non è vento in mente che quelle pietre sono testimonianza reale di tutti quei segni che nei secoli raccontano l’attesa del ritorno del Signore; ovvero il pieno compimento del suo essere nel tempo e nella storia? Sono parole che descrivono in una immagine apocalittica, come la realtà, il tempo e la storia sono già in cammino e, sono parte del compimento che Gesù rappresenta.

lunedì 21 novembre 2022

La cara vedova

Apocalisse 14,1-3.4-5 e Luca 21,1-4

Che immediato senso di pietà e di fierezza proviamo per quella vedova che mette nel tesoro le sue due monetine; ma anche che sdegno e disapprovazione per i ricchi che gettano tanto per ostentare la loro ricchezza ...
Immagini come queste utilizzate da Gesù, siamo così sicuri che abbiano solo una valenza pedagogica o siano solo il monito per la moralità dei discepoli?
In questo tempo in cui veniamo provocati dall'iniziativa del Sovvenire per il sostentamento dei sacerdoti, queste parole di Gesù, questa immagine mi provoca molto rispetto alla corresponsabilità dei battezzati rispetto la vita concreta e le situazioni di sostegno per le opere e le esigenze della nostra Chiesa. 
Il valore della corresponsabilità si deve generare nell'atteggiamento della vedova che imprime in quelle due monetine, il senso profondo della sua vita. Fintanto che il tutto della vita della Chiesa non mi appartiene, quel tesoro, che è tutta l'esperienza ecclesiale, non sarà mai il tesoro dove netto il mio cuore; ma rivestirò solo i panni di quei ricchi che ostentano la loro appartenenza.

domenica 20 novembre 2022

La Gloria del Re in Paradiso!

2 Sam 5,1-3; Sal 121; Col 1,12-20; Lc 23,35-4

C'è aria di crisi ... o meglio ... di voler archiviare la fede cristiana, forse per la sua pretesa di essere via, verità e vita per l'uomo di ogni tempo, epoca e cultura ...
In questo fine anno liturgico, mi è passato sotto gli occhi la recensione di un libro già esaurito, che mi ha subito colpito per la sua forte provocazione ...
Il futuro dell'Occidente è pagano. Siamo in un declino; sedici secoli di cristianesimo stanno per finire ... tutto ci parla di una nuova era che non sarà atea o nichilista, come molti credono, ma pagana.
Che la cristianità abbia esaurito il suo tempo lasciando spazio a nuove religioni, al ritorno del politeismo che venera gli alberi, la terra, le balene?
Il cristianesimo deve forse reinventarsi in altro modo se vuole sopravvivere?
Cosa significa oggi testimoniare la trascendenza, il Cristo Re dell’Universo?
Siamo chiamati a rivestire i panni degli agenti segreti di un Dio di nuovo sconosciuto?
Quale è il senso e il fine dell’esperienza della fede cristiana se non quello di generare figli di Dio, quindi uomini e donne maturi e capaci di fare discernimento sulla vita e sulla storia, quindi non assoggettabili a ideologie o a modelli globalizzanti.
La solennità che celebriamo nella liturgia non è la glorificazione della regalità umana, non cortei con carrozze e pennacchi, con soldatini e servi in livrea a fare bella corona, in un rito solenne di incoronazione, tra chiarine e stendardi medioevali.
Questo fine dell'anno liturgico, questa solennità, vuole introdurci nella comprensione della nostra storia e della nostra vita, non in modo astratto e filosofico, ma in modo molto concreto.
Gesù si presenta come un re crocifisso; chiede a noi se ci interessa ancora la sua proposta di vita; ci chiede se abbiamo ancora desiderio di eternità e di misericordia. 
Ci invita a lasciarci toccare dall'amorevolezza e dal perdono ... 
Ci offre le sue braccia aperte come spazio in cui affidarci a lui e a cui affidare tutti i fardelli e le fatiche di questo tempo.
Braccia allargate per diffondere la sua forza, che non dipende da delle armi, ma da un amore così fragile e nudo che è quasi inerme; che ci appare solo debolezza e sconfitta. Da subito, si è mostrato questo Re come uno sconfitto della storia, decretandone la morte sulla croce, eppure é proprio da quella fine che sgorga la risurrezione e la rinascita dell’uomo, ala sua vera dignità di figlio.
Il vangelo ci racconta come in quel tempo molti stavano a guardare, molti erano curiosi, ma ciò che emerge è il non aver accolto quell'abbraccio di Gesù, perché era più grande la paura di essere inchiodati sulla croce che il caldo fascino della carezza del suo amore.
Per noi è diverso, per noi oggi è il tempo in cui farci carico anche di una storia passata fatta di contraddizioni e di fragilità, ma non per questo capace di annullare ciò che quel Re crocifisso rappresenta.
Possiamo guardare la croce, possiamo fissare il nostro sguardo a questo nostro crocifisso, per renderci conto di quanto costa amare questa nostra umanità.
Un Re completamente immerso nella fragilità dell’umano, al punto da risultare quasi sfigurato, ma è proprio questa immagine che ci racconta, quanto sacrificio si nasconde nel farsi servo ... eppure Gesù non è fuggito di fronte alla nostra disumanità ma ci testimonia che da quel trono di dolore e pazzia umana, ciò che emerge come necessario è donare una parola di amorevole cura per un ladrone, per un peccatore, che in quel momento si è sentito amato, accolto e salvato. Quando amiamo veramente, quando vogliamo bene, desideriamo solo stare insieme a chi amiamo.
Tutto di Gesù si condensa in quel brevissimo momento ... quella è la gloria del nostro Re ... non come la gloria del mondo, fatta di vanità e di potere, ma è l’unica gloria incorruttibile che resterà per sempre: ieri, oggi e domani in paradiso!

sabato 19 novembre 2022

Maestro hai parlato bene

Apocalisse 11,4-12 e Luca 20,27-40

Quanto possono essere torbidi i nostri pensieri? Al punto di mascherare con discorsi che sanno di fede i desideri corrotti e dipingere come buone e volute da Dio, le nostre idolatrie e ideologie. Ma questo in verità ci allontana dalla Resurrezione, da quell'evento che è il momento estremo di verità: il ritorno dell’uomo alla condizione che il Padre voleva fin dalla sua creazione.
Oltre questa vita c’è una vita più vita, più forte, indistruttibile, eterna. Questa è la promessa del Dio di Gesù Cristo. Non si tratta di risorgere ma di vivere fin da subito l’eternità … vivere l’oltre adesso e per sempre. Gesù si fa interprete della semplicità e della evidenza della fede, al di fuori di congetture e ragionamenti.
Con la sua risposta alla domanda maliziosa degli avversari, Gesù ha risposto bene e questo è un dato di fatto riconosciuto. Così egli afferma che non possiamo misurare la Vita Eterna con le categorie mentali umane. La fede nella risurrezione, tuttavia, è un dono da chiedere al Padre e da accogliere con cuore semplice.


venerdì 18 novembre 2022

Il tempio è casa di preghiera

Apocalisse 10,8-11 e Luca 19,45-48

Quando Gesù saliva a Gerusalemne,  ogni giorno andava al Tempio a pregare ... Per Gesù quel Tempio è la sua casa, è la casa di suo Padre. È veramente la casa di cui si dice essere luogo di preghiera, dove Egli insegna la Parola e compie ogni bene. Nella casa di preghiera non si mercanteggia con Dio; non si ruba sul tempo per il Signore; non si offre con avarizia il proprio cuore;  non ci si va solo per voglia o nei "rimasugli" quotidiani. La casa di preghiera è il nostro vero spazio vitale. 
Ma lo stesso Tempio, ora, è ciascuno di noi; la casa di preghiera è il nostro cuore inquieto, lo spazio vitale è anche la nostra fragilità. Dalla preghiera che abita, nel quotidiano della nostra vita, emerge l'amore di Gesù per noi, il cui segno più evidente e concreto è la generosità di donarsi sconfiggendo ogni calcolo e vantaggio personale.
Nel Tempio che è ciascuno di noi, riscopro il dialogo d’amore col Padre; che è quel fiducioso abbandono che tutto rincuora e ristora.

giovedì 17 novembre 2022

Il dominus flevit

Apocalisse 5,1-10 e Luca 19,41-44

Il pianto e il lamento di Gesù su Gerusalemme sono commemorati in questo santuario chiamato Dominus Flevit, fin dall’epoca medievale. "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte". Il vangelo fa sintesi di due monenti distinti, il pianto di Gesù su Gerusalemme, così come altre fonti ci testimoniano, e la realtà concreta della distruzione di Gerusalemme del 71 dC ad opera dei romani. È la testimonianza della comunità cristiana che rilegge nelle parole del Signore il compimento della storia così come è vissuta. Anche oggi Gesù piange su Gerusalemme. Le immagini di sangue che tante volte ci vengono dalla terra santa e in generale dal Medioriente, rinnovano nel nostro cuore le lacrime di Cristo. Esse non sono solo per la città santa, ma per tutte quelle situazioni in cui l'uomo rinnega la sua vera natura di figlio di Dio e si immerge nella desolazione della morte: "... distruggeranno te e I tuoi figli dentro di te ...".

mercoledì 16 novembre 2022

Monete d’oro per il Regno

Apocalisse 4,1-11 e Luca 19,11-28

Tutti pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Tutti erano in attesa di un segno di inizio di questo regno di Dio.
Ecco che la parabola raccontata da Gesù, da un lato soddisfa l’attesa di chi ascolta, perché ottengono una risposta che li coinvolge nel cercare di capire a che punto siamo nella manifestazione del regno; dall’altro la parabola proietta verso una prospettiva in cui l’immagine è di una complicazione ulteriore …; la venuta del regno di Dio, si unisce al tema del giudizio … Questo complica la visione di un regno di Dio che viene e si realizza nel quotidiano, per cui il tema del giudizio, anticipando la pienezza del tempo, sembrerebbe azzerare il quotidiano. Ecco allora che occorre introdurre il criterio oggettivo di rilettura: Gesù è la moneta d’oro che ciascuno riceve; senza quella ricchezza la nostra vita muore e si svuota di senso al punto che nel giudizio quotidiano non può più porre alcuna condizione di discernimento. Quella moneta d’oro è il regno di Dio che posto nelle nostre mani può e deve fruttificare. Se non fruttifica la stessa vita del servo è in grave pericolo perché nel tempo affidato tutto, compresa la sua vita, si è dispersa.

martedì 15 novembre 2022

Una giornata straordinaria

Apocalisse 3,1-6.14-22 e Luca 19,1-10

Che bella scena quella descritta dal vangelo: nella città degli uomini, nella Gerico di tutti i tempi, quel piccolo uomo e grande peccatore esprime in sé stesso, tutto il desiderio incontenibile, di incontrare il maestro. Gesù continua a passare attraverso le nostre città: la domanda è se anche noi, come Zaccheo, siamo pronti ad arrampicarci sul "Sicomoro" per vederlo; se riconosciamo di essere piccoli e inadeguati. Se cerchiamo un punto alto dove andare per poterlo vedere. Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, compie in questo giorno straordinario della sua vita un itinerario che dallo sguardo che cerca Gesù, diviene lo sguardo che penetra le sue fragilità, e senza vergogna, riconosce che le ferite della vita passata si  curano solo con l’amore, il pentimento e la grazia del perdono ricevuto.

lunedì 14 novembre 2022

Una cecità diffusa

Ap 1,1-5;2,1-5 e Luca 18,35-43

Il cieco di Gerico non è l'unico cieco del vangelo di oggi, sono tutti ciechi a Generico ... Siamo in presenza di una folla di ciechi che vogliono vedere Gesù pur senza vedere chi realmente è Gesú; è questa la cecità più devastante e pericolosa. Solo questo cieco marginale, non lascia, che la sua privazione gli precluda la fede di incontrarsi con il Signore.
Quando riconosciamo di essere ciechi, sentiamo anche il desiderio che Gesù ha di noi e possiamo chiedergli di donarci la vista, e con essa riconoscere Lui e finalmente vederlo, riconoscerlo.
Occorre porre attenzione, ai suoni, alle parole, ai passi di Gesù, anche se ancora non lo vediamo, avvertiamo o che accade qualcosa, domandiamo, cerchiamo anche se non sappiamo ancora cosa, e alla fine lo vediamo, e si rivela colui che è vita e amore, colui di cui facciamo memoria nel cuore e che la fede custodisce integralmente.



domenica 13 novembre 2022

Non siamo alla fine!

Mal 3,19-20a; Sal 97; 2 Ts 3,7-2; Lc 21,5-19

Quando contempliamo Gerusalemme dal monte degli Ulivi restiamo impressionati dalla grandezza e dalla bellezza della grande spianata sulla quale era stato edificato il suo grande tempio.
Oggi come venti secoli fa, una costruzione come quella suscitava sorpresa e meraviglia in chi la contemplava per la prima volta ed era motivo di orgoglio. Quella imponente mole di pietra sembrava indistruttibile.
E' in questo sguardo che possiamo rivedere ciò che Gesù vedeva ...
E fu proprio così, perché qualsiasi tempio, pur se fatto di pietre solide e preziose, potrà durare un secolo, due… ma non può durare in eterno. Di fatto poi quello stesso tempio fu distrutto dopo circa 40 anni, dato che nel 71 d.C. Gerusalemme venne rasa al suolo da Tito Flavio Vespasiano, futuro imperatore di Roma.
Ma la distruzione del tempio preannunciata da Gesù è figura non tanto della fine della storia, quanto del fine della storia. Infatti, di fronte agli ascoltatori che vogliono sapere come e quando accadranno questi segni, Gesù risponde con il tipico linguaggio del genere apocalittico molto diffuso a quel tempo.
Forse anche noi di fronte agli sconvolgimenti a cui assistiamo, non troppo diversi da ciò che Gesù dice: "Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo ..." ci sentiamo in angoscia o siamo turbati circa il fine o la fine di tutto?
Certamente ci sentiamo molto insicuri, sottoposti a una incertezza che ci priva di quella determinazione nella quale ci siamo illusi e coccolati.
Abbiamo negli occhi e nel cuore le immagini e la paura dei recenti terremoti; delle inondazioni; abbiamo nel cuore il grido dei migranti affogati nel mare mediterraneo, uomini, donne e bambini; abbiamo nelle orecchie il rumore che i media ci riportano dei cannoni e delle esplosioni dei missili della guerra in Ucraina. Vediamo come tutto questo mette in ginocchio la vita di tanti nostri fratelli, e come anche l'incognita ci raggiunge e tocca anche noi.
La realtà si colora con le tinte drammatiche della povertà, dell'indigenza, della violenza, del dolore inspiegabile, del tradimento della fiducia e delle aspettative.
E' di fronte a tutto questo che Gesù non ci nasconde le ferite della vita, ma ci chiede di perseverare: di confidare nel fatto che il bene vince sempre sul peccato e sulla morte.
Infatti la nostra fede non è religiosità rigida che sta in piedi in forza di un mucchio di pietre!
Un giorno non resterà pietra su pietra delle nostre magnifiche costruzioni, delle piramidi millenarie, della magnificenza di San Pietro; ma l’uomo, salvato e redento da Cristo resterà per sempre. L’uomo resterà, nella sua interezza, perché c'è un Dio, un Padre, innamorato di ogni uomo.
Il nostro essere comunità cristiana, non è un formalismo o un retaggio tradizionale, ma la conseguenza di chi spera che si impegna nel cambiamento per vincere il fine distruttivo che è radicato nella realtà e nelle cose, nella storia, e anche in ciascuno di noi.
Un fine distruttivo che conosciamo fin troppo bene, ma che non ci vincerà, perché nel mondo intero è all’opera anche una radice di tenerezza, che è più forte: ed è l'amore di Cristo, la sua vita per noi, per questo nemmeno il più piccolo nostro capello andrà perduto. Quale deve essere il nostro stile oggi?
In piedi, a testa alta, occhi alti, liberi, profondi: così oggi ci vede il vangelo. E non musoni e col volto triste!

sabato 12 novembre 2022

Stili diversi di conversione

3 Giovanni 1,5-8 e Luca 18,1-8

Una preghiera insistente, senza stancarsi è la causa della "strana" e duplice conversione.
Si converte il giudice, che dal suo isolamento riesce a vivere per la prima volta nella sua vita una attenzione gratuita e disponibile per una donna vedova.
Si converte la donna che scopre e riconosce come alla sua insistenza, Dio corrisponde la sua fedeltà, attraverso l'esperienza burbera del giudice. Ecco allora che la preghiera non è un momento rituale ma diventa occasione di relazione e di vero "incontro".
La preghiera diviene occasione nella vita per entrare in quelle dinamiche profonde e interiori che ci permettono di dialogare con noi stessi e ci permettono pure di aprirci a Gesú in un dialogo veritiero e franco, nel quale sperimentare l'affidamento al Padre e a confidare nella misericordia e nel perdono.

venerdì 11 novembre 2022

Vivere tra lasciare e perdere ...

2 Giovanni 1,3-9 e Luca 17,26-37

Come avvenne ... così, allo stesso modo, che non significa con la stessa modalità, ma significa che "così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà".
La venuta del Signore – il tempo di Dio – emerge dalla storia dell’uomo, e nel particolare della nostra storia personale, e chiama ciascuno a “perdere” sé stessi, abbandonare l'autoreferenzialità, per trovare in Dio la pienezza della vita, per ritrovare nel Padre sé stessi. Nel vangelo Gesù non ci sta invitando a vivere con un atteggiamento di paura o angoscia di un futuro gravido di sventure, morte, dannazioni e dolori dai quali non si può fuggire. Gesù ci sta invitando a vivere liberi. Liberi da noi stessi, innanzi tutto. Di seguire la logica del servizio in cui donare la vita significa renderla feconda nell’amore, che è l'unica strada di una salvezza certa e sicura della nostra vita.

giovedì 10 novembre 2022

Un regno in divenire

Filemone 1,7-20 e Luca 17,20-25

La domanda dei farisei è ipocrita perché pretende una profezia per strumentalizzarla ai propri fini, un voler sapere per poter manipolare il futuro. Ma per Gesú il Regno di Dio è il nostro presente: è il quotidiano gravido di attesa e di speranze.
Il Regno non viene, ma è. Non si cala dal cielo, e non emerge dalla terra, ma è in mezzo a noi, si rende concreto attraverso di noi.
Nel dire "il Regno di Dio è in mezzo a voi", Gesù si offre come quel seme del regno caduto nella terra, un regno quindi già inaugurato e seminato. Questo seme vuol crescere, ma ha bisogno di terreno buono. Ha bisogno di cuori buoni per svilupparsi, proprio perché non è un regno di potenza umana, almeno, non viene per risolvere i problemi terreni degli uomini. Ma proprio perché è in noi e attorno a noi si innerva nel nostro spazio vitale, si nutre e si concretizza attraverso il nostro spazio vitale.

mercoledì 9 novembre 2022

Un corpo per il Tempio di Dio

Ezechiele 47,12.8-9.12 e Giovanni 2,13-22

Il tempio pur se fatto di pietre solide e preziose, potrà durare un secolo, due… ma non può durare in eterno. Di fatto poi quello stesso tempio fu distrutto dopo circa 40 anni, dato che nel 71 d.C. Gerusalemme venne rasa al suolo da Tito Flavio Vespasiano, futuro imperatore di Roma. Il Tempio è per Israele lo spazio assoluto e obbligatorio di accesso a Dio. Se viene distrutto, come potrà perdurare una religione che al Tempio si affida completamente?
Ecco allora il valore aggiunto del corpo del Signore: il Corpo di Gesù muore, ma risorge, salvaguardando l’accesso a Dio.
Il tempio del corpo di Cristo si ricostruisce nell’eternità e nella fede che fa memoria della passione, morte e risurrezione.
Ecco che il suo corpo non sarà mai più un “luogo di mercato, come era diventata la casa del Padre suo; nel corpo di Gesù l'unico rapporto possibile con il Padre è quello della filiazione, non la compravendita  del sacro, il resto è follia umana.

martedì 8 novembre 2022

Ho fatto tutto quello che dovevo fare

Tito 2,1-8.11-14 e Luca 17,7-10

Una immagine parabolica che ha in Gesù il suo esplicito contrario, forse proprio perchè la parabola risponde e ripropone la logica rel mondo, mentre in realtà, il Signore ne rivela il senso piu vero: è infatti il risorto che chiama i discepoli a mangiare il pesce che lui stesso ha preparato; è lui che nella notte della cena si cinge il grembiule e passa a servirli ... Nel pensiero di Gesù, la nostra esistenza non è un esame, dove meritiamo un voto a seconda di quante cose facciamo o in base a quanto riusciamo a fare bene, ma è un rapporto d’amore in cui servire è il criterio e il fine ultimo di tutto.
È da questa applicazione e rilettura attraverso la vita di Gesù che ciascuno, può e deve considerarsi servo degli altri e di Dio Padre, ed avere cone unica possibile conseguenza l'essere servi inutili ...
Gesù è il servo "inutile" come anche il figlio, e anche noi non siamo solo servi ma siamo anche figli amati.

lunedì 7 novembre 2022

Lo scandalo, il perdono e la fede

Tito 1,1-9 e Luca 17,1-6

Sembrerebbero tre pensieri, tre riflessioni di Gesù, raccolte insieme per non disperdere gli insegnamenti del maestro. Ma è proprio questo che ci permette di riconoscere il pensiero di Gesù; di come lui comprendesse la fede come esperienza propulsiva della vita di chi si mette nella sua sequela. Per seguirlo, infatti, occorre condividere con lui, con il maestro, quella fiducia e quel darsi a lui, che è fede in tutto ciò che egli stesso rappresenta: “Signore aumenta la nostra fede in te!”
Solo in questa fede aumentata, potremo vivere il perdono come condizione accettabile delle nostre relazioni, come anche la verità trasparente di noi stessi.
È solo nell’esperienza della fede in Gesù che potremo ricondurre anche lo scandalo della nostra incoerenza nel percorso di conversione. È solo la fede, l’agire per fede, è l’atto di fede che vi fa veri discepoli.

domenica 6 novembre 2022

Non si muore per sempre

2 Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2 Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38

A pochi giorni dalla commemorazione dei santi e dei defunti, la chiesa ci ricorda che la fede nella risurrezione  è dei viventi, cioè di chi è vivo; perché la fede è questione d’amore, e l’amore si caratterizza per l'esserci a priori, la reciprocità e per il per sempre. Nel rispondere ai sadducei, Gesù ci introduce nel Paradiso, nell'esperienza della vita eterna che però ha come origine la nostra esistenza, il nostro essere vivi, oltre ovviamente l'esperienza del morire. Per Gesù la risurrezione è parte del vivere, e questa vita, è già vita del Padre suo: una vita che è dei suoi figli, una vita capace di determinarne identità e dignità: "I figli degni della vita futura e della risurrezione dai morti (...) sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio di Dio. La condizione principale è essere figlio, per cui è vivere la pienezza della intimità (relazione personale), e della comunione (relazione interpersonale e fraterna), con il Padre. Realtà a dir poco semplici, ma insieme misteriose e meravigliose. La storia che i sadducei inventano per mettere in ridicolo l’idea della resurrezione, nega ogni vera intimità, focalizzando tutto in una norma giuridico-matrimoniale, e disattende la comunione, tutto si sviluppa in una opportunità egoistica di un singolo. Gesù prende al balzo questo tentativo di ridicolizzarlo, e apre a una meravigliosa possibilità per farci percepire la vita eterna che si rivela nella speranza che tutto di noi coinvolge, e nell’abbraccio amorevole e fedele del Padre che attende di stringerci ed accoglierci. Forse anche oggi come allora, la fede nella risurrezione rischia di essere una non risposta, perché è messa in ombra e in ridicolo da una religiosità che ostenta sé stessa, ma che risulta al pari di quella di scribi e farisei, clericale, e incapace di dare risposte vere alle domande e alle situazioni di vita che oggi percorrono il nostro cuore. Oggi, realtà come la guerra; l’ingiustizia vissuta sulla pelle da tanti; le povertà; le diversità negate e incomprese; la rabbia che accompagna il vivere insoddisfatto; la fragilità dei giovani come anche di tutti; i dubbi di fede come anche una fede dismessa; tutto questo si confronta anche con un senso religioso o con una proposta di vita assolutamente inadeguata, col rischio di non essere una vera risposta … Gesù ci porta al largo, ci invita a pensare più in grande: "Quelli che risorgono non prendono moglie né marito". La vita eterna non è il prolungamento di quella presente. Coloro che sono morti non risorgono alla vita biologica ma alla vita di Dio. La vita eterna vuol dire vita dell’Eterno Padre.


E’ una vicenda vera …

Al tempo della propaganda antireligiosa, in Russia, un commissario del popolo aveva presentato brillantemente le ragioni del successo definitivo della scienza. Si celebrava il primo viaggio spaziale. Era il momento di gloria del primo cosmonauta, Gagarin. Ritornato sulla terra, aveva affermato che aveva avuto un bel cercare, in cielo: Dio proprio non l’aveva visto. Il commissario tirò la conclusione proclamando la sconfitta definitiva della religione.
Il salone era gremito di gente. La riunione era ormai alla fine. “Ci sono delle domande?”.
Dal fondo della sala un vecchietto che aveva seguito il discorso con molta attenzione disse sommessamente: “Christòs ànesti”, “Cristo è risorto”. 
Il suo vicino ripeté, un po’ più forte: “Christòs ànesti”. 
Un altro si alzò e lo gridò; poi un altro e un altro ancora. 
Infine tutti si alzarono gridando: “Christòs ànesti”, “Cristo è risorto”.
Il commissario si ritirò confuso e sconfitto. Al di là di tutte le dottrine e di tutte le discussioni, c’è un fatto. Tutto il cristianesimo è condensato in un fatto: non si può niente contro di esso. I filosofi possono disinteressarsi del fatto, ma non esistono altre parole capaci di dar slancio al: Gesù è risorto.


Quando supereremo il nostro egoismo?

Filippesi 4,10-19 e Luca 16,9-15

Il nostro futuro di figli si gioca nell’amministrazione - uso e non solo -  che facciamo dei beni presenti: essi sono dono del Padre da condividere con i fratelli. Tra questi beni c’è anche il rapporto tra le persone che va vissuto nel dono e nel perdono. Amministrare bene, nel poco per accedere al molto è la condizione in cui ciascuno  di noi testimonia l'amore gratuito e fedele di Dio!
L’arte di amministrare si lega al discernimento della vera ricchezza: Non si possono servire contemporaneamente Dio e la ricchezza. Ma Gesù non ci parla della ricchezza cone denaro, ma al nostro desiderio di riconoscimento e del bisogno che gli altri ci riconoscano buoni e giusti. Ma questa giustizia come si costruisce? Nell’essere amministratori di noi stessi - cosa spesso abominevole - o nell’amministrare la misericordia che ci è donata ?

venerdì 4 novembre 2022

Il compito di amministrare …

Filippesi 3,17-4,1 e Luca 16,1-8

Ma in realtà, forse, ciascuno di noi si sarebbe comportato allo stesso modo. Nella vita di tutti i giorni, di fronte alle cadute in disgrazia, si affinano le tattiche per salvaguardare un po’ i propri privilegi, il proprio benessere acquisito …
Ma la logica della parabola, prendendo spunto dalla prassi del mondo non vuole certo elogiare la disonestà scaltra dell'amministratore disonesto …, diversamente chissà quanti amministratori si sentirebbero giustificato circa le loro prassi e azioni inique.
Credo che sia evidente come Gesù attraverso l’eccesso di questa parabola voglia suggerirci, prima di tutto, di rendere conto a noi stessi e al Padre di tutto ciò che ci è stato affidato da amministrare nella vita e della vita. Non è l’esito che rappresenta il fine della parabola, quanto la domanda del padrone: “Cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare?”

giovedì 3 novembre 2022

Un Dio esagerato ...

Filippesi 3,3-8 e Luca 15,1-10

Chissa quali reazioni queste due parabole avranno suscitato nei pubblicani e peccatori, e quali nei farisei e negli scribi?
Certamente per i farisei e gli scribi è tutto esagerato, quegli uomini e quelle donne peccatrici non meritano tanta attenzione, non meritano tanta amorevolezza. Gesù invece vuole proprio esprimere una esagerazione nel suo raccontare come il pastore per la pecora e la donna per la dramma ricorrono a mezzi eccessivi e fuori dai comportamenti abituali per trovare quello che hanno perduto. Ma non solo, una volta trovata la pecora e la moneta, danno il via a festeggiamenti non richiesti; diremo alquanto eccessivi. Ma questo, per Gesù, è il modo con cui Dio accoglie i peccatori pentiti, perchè questo è il cuore della parabola, non una pecora, non una moneta, ma la prodigalità dell’amore di Dio che non è misurabile, indipendentemente dalla nostra risposta.

mercoledì 2 novembre 2022

La speranza della vita eterna... un'ancora per dare senso alla vita

Giobbe 19,1.23-27 e Giovanni 6,37-40

Questa mattina, in questo inizio di giornata, quasi come le donne che vanno al sepolcro di Gesù, noi siamo venuti a dare testimonianza reciproca della speranza nella risurrezione che i nostri genitori, i nostri nonni, ci hanno trasmesso.
Una speranza, una fede che la Chiesa fa sue con le parole di Giobbe e ricorda che la certezza cristiana della vita eterna è un "dono" che dobbiamo chiedere a Dio.
"Io so che il mio Redentore è vivo, e lo vedrò con i miei occhi". Questa è la speranza cristiana. Il brano della Prima Lettura ci dice come Giobbe, “sconfitto, anzi, sfinito nella sua esistenza, dalla malattia, con la pelle strappata via e quasi al punto di morire”, ha comunque una certezza e la dice: “Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere”. Giobbe, tocca il punto più basso della sua fragilità umana.
Anche noi in questo luogo, ammettiamolo, tocchiamo il fondo della nostra umanità, siamo prostrati, tutto sembra perso e senza prospettive ... ma proprio qui è possibile quell’abbraccio di luce e calore che rassicura: “Vedrò il Redentore con questi occhi”, “i miei occhi lo contempleranno, e non un altro”.
Questa certezza, quasi nel momento della fine della vita, “è la speranza cristiana”.
Una speranza che è un dono: “Noi non possiamo averla”, non dipenda da noi ... Ma dobbiamo chiederla: “Signore, dammi la speranza”. Ci sono tante cose brutte, che ci portano a disperare, a credere che tutto sarà una sconfitta finale, che dopo la morte non ci sia nulla”. Ma la voce di Giobbe ritorna come condizione comune del cuore dell'uomo.
La speranza ci attrae, ci coinvolge, ci piace, la speranza dà un senso alla vita.
Io non vedo l’Aldilà, ma la speranza è il dono di Dio che mette al cuore della vita, che ci fa toccare la gioia eterna. La speranza è un’ancora che traduce la fede, dall’altra parte, noi, ci aggrappiamo proprio alla speranza e ci sosteniamo ripetendo: Io so che il mio Redentore è vivo e io lo vedrò. E questo, ripetiamolo nei momenti di gioia come nei momenti brutti, nei momenti di morte.
Anche nel Vangelo di Giovanni, Gesù conferma che "questa speranza che non delude", la speranza è lui stesso. La speranza è ciò che riempie la vita di senso e di finalità. Nulla è per caso, e la vita così non per il nulla.
Oggi in questo luogo dove i nostri morti riposano nella speranza, ripetiamo con fede che la nostra forza, la nostra certezza è il nostro Redentore, egli vive e noi lo vedremo, noi stessi lo vedremo; i nostri occhi lo contempleranno, e non un altro”. Di fronte a questi corpi morti umiliati dalla morte, ripetiamo che Cristo è risorto, ed è vivo, ma è proprio lui il senso della nostra esistenza.



martedì 1 novembre 2022

Tutti i Santi del desiderio

Ap ,2-4.9-14; Sal 23; 1 Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
Solennità di tutti i Santi

Oggi celebriamo solennemente, cioè facciamo festa e siamo nella gioia, per la santità che si può realizzare nell'umanità, ma è anche l'occasione per ricordare tutti i nostri fratelli santi. La Chiesa nel suo riflettere la santità supera ogni moralismo, come anche ogni preconcetto o pregiudizio trionfalistico circa i santi.
La Chiesa ci parla della santità come dono dato a ciascun battezzato, è la santità oggettiva, una santità che è dono di Dio e che si lega alla natura umana, direi che è il sentimento di amore di Dio che nel Battesimo è il germe della fede.
E di una santità come compito soggettivo, richiesta non solo a pochi, ma a tutti, nel quotidiano della vita: «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione». Il dono si traduce in un compito, ovvero il dono chiede di essere accolto perché portiamo «frutti di carità per la vita del mondo».
Eccoci più che una lettura morale o moralistica della Santità, oggi occorre fare un discernimento esperienziale e soprattutto metterci nella disponibilità di accogliere il dono della santità nella nostra vita quotidiana.
Il dono della santità sono i sentimenti di Dio Padre.
Gesù nelle Beatitudini afferma che la nostra felicità è direttamente connessa ai sentimenti di Dio.
Dio Padre ha un cuore limpido, non doppio, sincero, amorevole.
Dio Padre ha un cuore capace di commuoversi, di piangere e capace di consolare.
Dio Padre ha un cuore mite, che attende e soffre per amare.
Dio Padre ha un cuore affamato di giustizia, cioè pieno di salvezza.
Dio Padre ha un cuore sempre straripante di misericordia.
Dio Padre ha un cuore che vede, cioè tutto comprende.
Dio Padre ha un cuore di pace e dona la pace del cuore.
Dio Padre ha un cuore che assorbe le ingiustizie e le trasfigura.
Ecco che per noi, accogliere il dono della Santità, significa proprio questo, essere attenti ai momenti della nostra esistenza in cui facciamo particolare esperienza dei sentimenti di Dio e da quella esperienza arrivare a riconoscere che solo il loro dispiegarsi, il loro attuarsi quotidiano nella vita, determinano la nostra beatitudine, ovvero la nostra realizzazione umana: la vera santità soggettiva.
Nel brano di Vangelo di Matteo, è evidente che Gesù non ha davanti a sé dei santi già realizzati, ma vede tutta la fragilità e la fatica umana di tanti uomini e donne feriti e umiliati, e si commuove di fronte ad essi. Si commuove e condivide quei sentimenti del Padre che anche lui, nel suo cammino umano fa suoi, ma che solo riportano la nostra storia, la nostra vita, la nostra umanità, alla santità della sua prima origine. Dove il pacato, il male, non hanno più nessuna possibilità.
Ciascuno di noi oggi è messo di fronte alla sua felicità - la santità della vita - che non si realizza per un moralismo fatto di regole o di costrizioni, ma che con molta semplicità e umiltà si esprime e concretizza nell’incontro sempre nuovo e misterioso tra la grazia di Dio - cioè il dono e la nostra libertà.
È in questo meraviglioso intreccio che il cielo e la terra danno vita al mistero della salvezza, cioè la bellezza della vita vera, di una vita che si esprime nelle relazioni buone di una comunità, desiderosa di ascoltare la voce di Dio; di spezzare il pane per nutrirsi del corpo di Gesù e così rendere attuale sempre il perdono e la vita fraterna.
Oggi Gesù ci chiede se vogliamo essere beati, se desideriamo la nostra felicità, nel caso la nostra risposta sia Sì, ecco che in quel momento essere santi è un dato di fatto, non una possibilità futura e solo sperata.
Oggi possiamo rispondere a questa chiamata - che è nostra vocazione - facendo lievitare e fruttificare i semi di bene che in ogni dovere, in ogni avvenimento Dio mette sul nostro cammino.