venerdì 31 agosto 2018

1 Corinzi 1,17-25 e Matteo Matteo 25,1-13
La stoltezza della croce ...

Ci sono momenti, o fasi della vita, in cui ho cercato di dare un senso alla Croce, intesa come sofferenza e fatica. Ma questo non mi ha mai portato molto lontano dal luogo in cui sono inciampato nella croce. La stoltezza della croce la misuro con la mia inadeguatezza al mistero. La croce ha di sogno di essere portata, accolta, voluta e anche amata ... Tutto questo rischia di essere una aberrazione per troppi ... Allora occorre partire dalla adorazione e dal desiderare ciò che la croce può dare: amore fino al sangue, un amore totale. La croce è la condizione in cui tutto diventa dono e attraverso cui si diviene una esistenza donata ... Questa sapienza per il mondo è stoltezza, perché il dono è inconcepibile se non è motivato da un ritorno, o da un amore che non sia un contraccambio.

giovedì 30 agosto 2018

1 Corinzi 1,1-9 e Matteo 24.42-51
Irreprensibili per il giorno del Signore ...


A partire dalla realtà, dalla vita che viviamo, dalla precarietà delle cose, dal limite delle conoscenze, anche solo parlare di Dio, e di salvezza, sembra tutto inadeguato. La creazione non necessita da sé un Dio e tantomeno una salvezza; così neanche il senso spirituale dell'uomo significa di conseguenza la trascendenza del mistero divino. Forse la progressiva e attuale indifferenza rispetto alla fede nasce proprio da questi presupposti. Allora, come millenni di anni fa, è Dio che si fa strada nella realtà creata, che noi non conosciamo e comprendiamo se non ne l'orizzonte particolare della nostra vita e del nostro tempo. Non può essere che Lui a fare breccia, a fare incursione nella nostra fragile incapacità di dare un senso che sia diverso dal caso. È il mistero di Dio che provoca la fede attraverso la vocazione cioè: chiamare l'uomo a prendere parte a una intima comunione con lui, che traduciamo con amicizia. È proprio Lui a rinnovare quella nostalgia sentimentale che assume i toni di una escatologia rispetto alla quale sempre ci sentiamo non preparati, non pronti ... Come il servo, custode che si lascia "trascinare" dalle stesse cose affidategli. Il vegliare assume la sfumatura della perseveranza e del discernimento del reale.

mercoledì 29 agosto 2018

Geremia 1,17-19 e Marco 6,17-29
Martirio di San Giovanni Battista
Il vortice del peccato

Giovanni è stato precursore della luce, della verità e della vita. Essere precursore non significa semplicemente che è venuto prima o che abbia preparato la venuta ... significa che ha lottato per la salvezza, si è opposto al peccato, cercando di anticipare le conseguenze della salvezza, cioè dell'amore del Padre. Quando ci soffermiamo a considerare cosa sia il peccato, spesso, anche noi cattolici ci limitiamo a una considerazione moralistica, per cui il peccato è una infrazione di una norma, di un precetto, di un comandamento, e quindi tutto lo riduciamo a una questione soggettiva. Ma il Vangelo di oggi apre a una comprensione devastante della realtà a causa del peccato. Il peccato è una deriva in modo alternativo di tutta la realtà: la vita di Erode, le sue scelte, la sua corte, Erodiade, sua figlia; tutto danza e si muove nella conseguenza di un esistere secondo il peccato: rifiuto di Dio come amore; è una struttura di peccato ...
Giovanni Battista, nel sacrificio della sua vita, pone tutto se stesso come argine al peccato e invito ai suoi discepoli a proseguire in quella opposizione al male. Essi infatti, i suoi discepoli, vennero, presero il corpo e lo posero in un sepolcro, poi riferirono il tutto a Gesù ... La salvezza continua nella lotta contro il male è il peccato ... Forse non è così anche oggi? Non è nella lotta al male e nell'opporsi al peccato che riconosciamo l'agire di Dio per realizzare la redenzione di ciò che esiste? Non può essere solo l'amarezza per ciò che viviamo oggi a declinare la quotidianità ... ma il sostegno a chi della lotta al male e al peccato ha fatto un programma di vita.

martedì 28 agosto 2018

2 Tessalonicesi 2,1-17 e Matteo 23,23-26
Non lasciatevi confondere ... State saldi ... C'é tanta la confusione ...

Chissà cosa stava accadendo nelle comunità paoline, forse nulla di diverso da quello che vediamo oggi nelle nostre chiese; se infatti allora qualcuno scriveva lettere ed esprimeva dottrine personali che mettevano in confusione circa la predicazione dell'Apostolo, non da meno oggi, memoriali, lettere e annunci sui social network creano divisione, confusione e scandalo per la fede di tanti. Di fronte a questa situazione, risuonano pesantemente le parole di Gesù "guai a voi scribi e farisei ipocriti ..."; esiste una ipocrita che maschera e distorce la verità, una ipocrisia che come inganno perverso ferisce e lacera il corpo mistico di Cristo, la Chiesa al pari degli scandali e dei peccati degli uomini di Chiesa.
Non lasciamoci troppo presto confondere la mente e allarmare, ma con fermezza restiamo saldi rispetto a quella "tradizione" ricevuta attraverso la parola del Vangelo e continuando a fare nostre la giustizia, la misericordia e la fedeltà; perseveriamo nella vita e camminiamo incontro al Signore.
La giustizia ha un intimo legame con la salvezza, per cui non c'è giustizia se non c'è manifestazione della misericordia; ma sia l'una che l'altra esistono come virtù che provengono dal cielo se ci portano a vivere la consolazione derivante dalla fedeltà di Dio alle sue promesse: "sono con voi sempre fino alla fine del mondo".

lunedì 27 agosto 2018

2 Tessalonicesi 1,1-12 e Matteo 23,13-22
Degni della sua chiamata ...

A volte ci facciamo strane idee circa la "chiamata", quasi che sia una consegna di un incarico per la vita ... Nelle parole di Paolo, la chiamata, ovvero la nostra vita diviene espressione dell'intima amicizia con Dio. La "chiamata" corrisponde allo spazio della fede, dell'amore reciproco, della sofferenza per il nome di Cristo, delle persecuzioni, della realizzazione del regno ... tutto è espressione della potenza di Dio, cioè della sua amicizia che è una offerta di gratuità e dono di amore.
San Paolo fa presente come la vocazione è prima di tutto attenzione del cuore alla presenza di Dio. Compiere la sua volontà non è eseguire una serie di precetti o dei doveri, ma è una esperienza di vicinanza e di condivisione di un tesoro: una esistenza felice nonostante a volte la durezza della quotidianità. È nella risposta alla vocazione che sorge la gratitudine a Dio per il dono della vita e della fede. La vita e la fede esprimono la risposta alla chiamata di Dio. Rispondere alla chiamata è l'esistenza cristiana.

domenica 26 agosto 2018

Giosuè 24,1-18 / Salmo 33 / Efesini 5,21-32 / Giovanni 6,60-69
Parole scandalose!

Tutto il capitolo sesto a partire dal segno del pane fino ad arrivare al pane del cielo, al mangiare il suo corpo e bere il suo sangue, tutto è sintetizzato in questa espressione: le mie parole sono Spirito ... sono vita!
Eppure i discepoli e le folle iniziano ad allontanarsi ad andarsene, perché quelle parole sono "dure".
Sono parole dure perché non ci appartengono; con difficoltà infatti impariamo a condividere il pane, a porre la vita a servizio degli altri, a diventare come il pane che si mette nelle mani di chi ha fame.
Ma nonostante tutte le nostre resistenze, le parole di Gesù, ciò che ci ha detto e che danno forma e sostanza al Pane, sono Spirito e Vita.
Di fronte a questo molti discepoli, anche oggi, reagiscono negandole: queste parole sono dure ...
No, non è vero, non sono le parole di Gesù ad essere dure, ma è duro il nostro cuore, è resistente alla fede la nostra vita, ed è indurito il nostro spirito!
Una durezza che tende all'auto giustificazione, che si esprime come indifferenza, come egoismo, come incoerenza della vita cristiana ...
Una durezza così insidiosa che è capace di rendere le liturgie che noi viviamo e facciamo delle vere menzogne, perché anche noi, da questo celebrare usciamo dicendo con il nostro modo di vivere che la "parola del Vangelo è 'dura' ... Chi può comprenderla?" E inevitabilmente esprimiamo la nostra durezza, la nostra disumanità e passo dopo passo ci si allontanerà dalla Chiesa, dal Vangelo, dal Signore, da Dio.
Di fronte a questo Vangelo, anche noi restiamo scandalizzati, cioè inciampiamo a causa di Gesù. Cadiamo di fronte ad un pane che ci presenta un Dio che si condivide; che si mette a servizio della vita; che si fa mangiare per diventare nostra vita; che non domina nessuno, ma serve tutti; che scompare, perché il pane scompare se vuole essere cibo, nutrimento ... Vita eterna ...
Quando mi allontano dell'eucaristia, mi allontano inevitabilmente dalla Chiesa; il segno evidente di questa lontananza è proprio il non vivere la Messa. Quanti oggi sono quelli che sono convinti della non necessità della Messa Domenicale? Quanti sono coloro che battezzati la percepiscono solo come noia; quanti sono coloro che preferiscono altro al cercare Dio.
È proprio in questa enorme fatica, in questa voragine tra fede e vita, tra mistero di Dio e realtà dell'uomo che Gesù ripete anche per noi oggi: "volete andarvene anche voi?"
Vogliamo andarcene pure noi? Vogliamo abbracciare una esistenza che rispecchia il pensiero di questo nostro mondo?
Quando avremo vissuto come il mondo ci insegna, secondo la logica dell'individualismo, della ricerca del benessere, del piacere fine a se stesso, del profitto e dello scarto, a quel punto ci saremo allontanati pure noi ... E in noi non avremo più il cuore in cui dimora lo Spirito della vita ... Ma avremo solo la durezza di una pietra.
A quel punto non saremo più in grado di desiderare il pane del cielo che è il corpo del Signore da mangiare.
Ora invece, quel cibo ci da la forza per non sottrarci all'esperienza di amare e di donarci.
Quel pane, il corpo e il sangue di Gesù, riporta nella quotidianità la Risurrezione, la vittoria sulla menzogna diabolica della morte compresa come parola definitiva per la nostra umanità. La parola di Gesù, diventa Il pane del cielo, che mette in noi la forza di rispondere come Pietro: "Signore da chi andremo ... Tu solo hai parole di vita eterna!"

sabato 25 agosto 2018

Ezechiele 43,1-7 e Matteo 23,1-12
Dove abita Dio?

L'uomo può perde la propria anima? Sembra di sì! Un uomo svuotato di infinito, dentro di sé, fa supporre che ha perso la propria anima. Un uomo i cui pensieri, affetti avvenimenti non gli appartengono più, suggerisce che ha perso la propria anima. Un uomo che riesce ad amare solo come effetto di un contatto virtuale, o gioire solo nella distanza e senza il contatto della carne, ha perso la propria anima. Un uomo che non ha più il bisogno di Dio, ha per forza perso la propria anima. Perdere l'anima è come ridursi a una esuvia, a un contenitore esterno. Come essere forma di umanità senza sostanza umana. Un uomo senza anima è come l'universo senza Dio ... È, per certi versi inconcepibile! La visione di Ezechiele ci introduce nella pienezza della realtà, dell'esistenza se riempita dalla gloria (presenza/potenza) della divinità. Una esistenza senza Dio, non è più esistenza ... essa è solo una formalità esistenziale. La percezione della presenza di Dio, si traduce, ora, nella qualità della vita secondo il Vangelo. Il Vangelo non ha proprio nulla a che fare con la formalità dell'esistenza, il Vangelo inaugura la rivelazione della presenza/azione di Dio a partire dall'esistenza umana animata dallo Spirito di Dio. Dove c'è l'anima umana, Dio, dimora nel Suo Tempio Santo.

venerdì 24 agosto 2018

Apocalisse 21,9-14 e Giovanni 1,45-51
Festa di San Bartolomeo apostolo (Natanaele)
"Vieni e vedi!"

All'invito di Filippo di verificare personalmente chi era Gesù, segue, nella proposta di Gesù a Natanaele, la conseguenza del vedere al Figlio dell'Uomo e al seguirlo.
La conseguenza è vedere il cielo aperto!
Il cielo aperto corrisponde alla visione della gloria di Dio, della Gerusalemme del cielo (apocalisse). In realtà il cielo si apre attraverso la fede, cioè nell'incontro esistenziale con il Signore (non è conoscenza intellettuale), e da quel momento la fede esprime affetto a Gesù; desiderio di Dio; nostalgia del mistero; fascino rispetto all'eternità ... Tutto questo colloca il cielo è la terra in un intimo contatto che è apertura reciproca tra cielo e terra tra terra e cielo. Natanaele, toccato, affascinato, desideroso di pienezza, attraverso la sua fede riconosce il Signore, il Figlio dell'Uomo (atteso) e in lui ciò che unisce il cielo è la terra. Si dice spesso: "è possibile fare esperienza di Dio ... di cielo sulla terra?"
La risposta di Natanaele sarebbe affermativa. È possibile in relazione a Gesù.
È possibile quando mi "muovo" verso di lui; quando il fascino del mistero mi accompagna; quando non pongo freni al suo farsi accanto; quando mi lascio stupire dal suo modo di guardarmi e riconoscermi "sotto un albero di fichi".

giovedì 23 agosto 2018

Ezechiele 36,23-28 e Matteo 22,1-14
Gesù parlava loro del regno dei cieli ...

Ad un certo punto della sua vita, oggetto della predicazione del Signore, è il Regno dei cieli. Le parabole insistono in un modo anche "forzato" su questa espressione, al punto che forse molti si saranno chiesto: "cosa sarà mai questo regno dei cieli?"
Ora uscendo dalla narrazione parabolica e dalle sue dinamiche, che risentono della realtà quotidiana, dello scontro che a breve si sarebbe consumato con i capi del popolo, scribi e farisei; che risente della fatica delle folle, di tutti coloro che sono ai  crocicchi delle strade, che si accalcano per toccarlo e vedere i "segno" o di chi vorrebbe mangiare ancora quel pane e qualche pesce. Eppure Gesù vuole portare alla nostra attenzione altro: "il regno dei cieli". Il regno degli uomini si oppone a quello di Dio, esso è il mondo del rifiuto, del disdegnare la festa di nozze; il regno dei gli uomini, al più, può cercare di intrufolarsi nel regno dei cieli senza l'abito nuziale. Ma il regno dei cieli per Gesù non è una semplice proposta o un invito rivoluzionario; esso si concretizza a partire dal desiderio di Dio di dimorare nel cuore dei suoi figli. La festa di nozze è una immagine comprensibile a tutti, e a cui tutti i chiamati possono partecipare. Ma chi è veramente nella condizione di aprire il proprio cuore la vita di Dio? Sembra solo pochi eletti ....

mercoledì 22 agosto 2018

Ezechiele 34,1-11 e Matteo 20,1-16
Essere primi ed ultimi.

"... non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?" Fare ciò che voglio (del Signore) corrisponde al desiderio che non ci siano ultimi (cfr don Giorgio Sgubbi). Effettivamente questa parabola permette di rilegge e portare a maggior comprensione la novità oggettiva del Regno dei Cieli. Il superamento dei diritti retributivi e la ricompensa come realtà necessaria, stravolge nei nostri criteri, eppure, tutto nel Vangelo si comprende nello stravolgimento della realtà in forza della sua rigenerazione cioè della sua "redenzione" che già da ora si compie fino all'ultimo giorno.
Quell'unica moneta, non è una paga, ma è il segno per avere prestato la propria opera alla causa del Regno, ovvero aver corrisposto alla chiamata del Signore a lavorare nella sua vigna. La moneta è il segno di un accordo: lavorare nella mia vigna ha come certezza l'essere parte alla salvezza: ricevere una moneta. 
È una parabola che sempre smobilita ogni presunzione di "primogenitura", relativizzando anche il discepolato alla luce primato del servizio: quella unica moneta ci permette di gioire, tutti, della salvezza che raggiunge tutti. Se quella moneta diventa una discriminante, il Vangelo e ciò che promette sarebbe veramente solo una ideologia umana.

martedì 21 agosto 2018

Ezechiele 28,1-10 e Matteo 19,23-30
Molti dei primi ... Molti degli ultimi ...

Il giudizio cosa sarà? Semplice resa dei conti? Giusta retribuzione di una ricompensa eterna? In realtà credo che il giudizio sarà proprio "molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi ...", cioè dal primo all'ultimo, tutto entrerà a fare parte della relazione originaria con Dio Padre. Nulla e nessuno ne sarà escluso; saranno superati tutti i nostri termini di giudizio. Essere stati i "primi" a seguire il Signore non comporterà nessun vantaggio, nessuna gratificazione per essere stati i primi ... Le nostre logiche mondane non sono in grado di mostrare il giudizio dell'ultimo giorno. E noi che abbiamo lasciato le nostre sicurezze, i nostri affetti, le nostre ricchezze? Quale senso ha vivere la povertà e il distacco se poi alla fine non c'è alcuna differenza?
Chi è più meritevole delle nostre attenzioni: un povero o un ricco? La risposta corretta sarebbe entrambi. A Dio appartengono entrambe queste esistenze: una vita povera in cui solo l'abbandonarsi a Dio permette di desiderare il regno dei cieli; una vita ricca in cui solo un cuore capace di condividere permette di esistere nella cruna di un ago.
Signore, ma noi ti abbiamo seguito! Cosa sarà di noi? Non so se sia corretta la mia interpretazione, ma non credo esista né ricchezza né povertà a cui corrisponda il centuplo e la vita eterna come giusta ricompensa; ma tutto ciò che esiste anche la nostra vita imperfetta e le nostre ingiustizie, tutto dovrà entrare nella "rigenerazione di questo mondo", anzi tutto è in una progressiva rigenerazione, già da ora.
Seguire Gesù significa avere un ruolo attivo con Lui, fin da subito, nella salvezza data ora e che si compierà in pienezza nell'ultimo giorno.

lunedì 20 agosto 2018

Ezechiele 24,15-24 e Matteo 19,16-22
Possediamo infatti molte ricchezze ...

... e le "nostre ricchezze" ci bloccano ... Ma andiamo con ordine!
Cosa mi manca per essere "perfetto", questa è l'espressione che Matteo mette nella bocca di Gesù per replicare alla richiesta di vita eterna del giovane ricco, cosa mi manca, sono bravo in tutto: vado a messa ogni domenica; prego ogni mattina e sera; corro se il mio parroco chiama; ho sempre il sorriso stampato sul volto; se in casa c'è da portare via il pattume sono sempre disponibile; non mi sottraggo al servizio, anche se umiliante ...
Dopo aver coltivato ogni virtù del "bravo cristiano" che cosa mi manca ...
Bé ecco - direbbe Gesù - sei sempre tu che ti metti in mostra, che stai sul piedistallo di tutto ciò che fai, questo è amore di te stesso, è la tua ricchezza ... la ostenti e la riprendi tutta nelle tue mani, gli altri che ti sono intorno deve semplicemente ammirarti.
Ecco, ti consiglio di essere un segno di "povertà" evangelica ...
Spogliati delle tue ricchezze: la Messa non è un precetto, la Messa è la vita quotidiana!
Il servizio o i molti servizi, l'accoglienza e la disponibilità, non servono per realizzare una iniziativa della Parrocchia, ma sono il modo di spendere tutto di sé, sono lo stile del giorno per giorno, per arrivare a non essere più nulla di orgoglio, ma essere solo dono. In questo modo sarai segno di perfezione nella vita quotidiana, non sarai più le tue ricchezze ... E nel Seguirmi avrai il tuo vero tesoro!

domenica 19 agosto 2018

Proverbi 9,1-6 / Salmo 33 / Efesini 5,15-20 / Giovanni 6,51-58
Dieta di pane ... (Il) pane il suo corpo, non una bistecca!

Quando i discepoli della comunità di Giovanni si ritrova a fare ciò che Gesù ha fatto nell'ultima cena, hanno iniziato a chiedersi che cosa rappresentava quel pane, e perché doverlo mangiare e perché continuare a farlo e quali conseguenze aveva quel mangiare il pane/corpo ...
In realtà sembra - e il capitolo sesto di Giovanni ce ne da testimonianza - che la comunità prende progressivamente coscienza dell'intimo legame tra ultima cena e morte e risurrezione; tra corpo e vita; tra pane ed eternità (cielo).
La memoria delle parole del Signore aprono realmente alla comprensione del mistero del pane!
Amen amen ... Gesù non scherza assolutamente, egli sta affermando che la nostra vita, la vita stessa del mondo non ha nulla a che vedere con la vita che Lui può dare.
Il Pane dal Cielo è il modo in cui la vita di Dio che viene comunicata al mondo ...
Non è il rito della prima comunione o il rito della messa domenicale ...
Così nello stesso modo la sua carne e il suo sangue - che mangiamo nel segno del pane - ci comunicano la vita di Dio quella eterna, che è capace della risurrezione nell'ultimo giorno. La nostra virtù, la nostra vita, le nostre buone opere non possono dare alla nostra vita l'eternità, solo la sua vita di Dio può dare risurrezione, può al priore all'eternità.
Ciò che il Vangelo ci ricorda è ciò che noi oggi non riusciamo più a riconoscere nel segno del pane.
Il Vangelo ci racconta quale è la conseguenza del mangiare il pane del cielo?
La conseguenza non è sul piano spirituale, ma deve essere agita e riconosciuta nella realtà. Ecco la conseguenza del mangiare il pane del cielo: il pane che noi mangiamo è la sua carne per la vita del mondo.
Quando diciamo che la vita del cristiano è una vita nuova, significa che la vita del discepolo ogni volta che si confronta con il segno del pane è messa di fronte alla provocazione al cambiamento.
Mangiare il pane ci porta al confronto col suo corpo, col credere in Lui.
Che la vita da risorti è una vita nuova ... Cosa significa?
Significa che la comuinone mi chiede di accogliere ad esempio il principio di solidarietà e di fratellanza superando il particolarismo e l'individualismo.
Ed ecco che il primato dell'ospitalità trova il suo fondamento nell'agire del Signore che non si condivide solo per adesione e imitazione, ma che Gesù ti dona con il suo corpo, per cui quel pane non è solo il suo corpo, ma il suo modo di essere vivo, la sua stessa vita donata e condivisa.
Mangiare il suo corpo non è mangiare una bistecca ... Troppo facile se fosse così ...
Con un briciolo di ironia dico mettiamoci a "dieta" di pane e vino, del suo corpo e del suo sangue.
Dice Silvano Fausti: "... mangiare questa carne vuol dire avere il pensiero di Cristo e agire come lui. Tutto il nostro essere è trasformato, divinizzato: diventiamo figli; è qualcosa di molto concreto e quando celebriamo l’Eucaristia, celebriamo che cosa? Il corpo suo dato per noi, perché in quel corpo che così ha vissuto, che così si è donato, noi comprendiamo chi è Dio! Dio è colui che ama così e si dona così e si dona a me ed io entro in comunione con lui mangiandolo, assimilandolo, masticandolo addirittura. E se faccio questo bevo il suo sangue. Il sangue per i semiti è la vita, non si può bere il sangue, appartiene solo a Dio. Se io assimilo il suo corpo, la sua umanità, ho il suo Spirito, ho la vita stessa di Dio perché lui ha vissuto nel corpo lo Spirito del Figlio e del Padre". 
Quali sono le conseguenze del mangiare il suo corpo e bere il suo sangue? Quando è un vero mangiare e bere e non un semplice masticare del cibo ...
Almeno una conseguenza è nella possibilità di amare; mangiare il pane del cielo mi obbliga a ripensare la mia capacità di amare così come sono amato da Dio e dai miei fratelli; poi quel pane e quel vino sono come fermenti di una esperienza di vita che nel mio profondo è già presente ... Quel pane porta con sé la fragranza e il profumo di ciò che è eterno, vince la mia puzza di morte.

sabato 18 agosto 2018

Ezechiele 18,1-32 e Matteo 19,13-15
La tua benedizione ...

Si è detto tanto su questo brano di Vangelo e su questi bambini; si dice tutto e il contrario di tutto per interpretare il cuore di chi possiede il regno dei cieli ...
Oggi vorrei soffermarmi in contemplazione della mano del Signore ...
La fatica di ogni giorno è stremante, supera le forze disponibili e spesso è avvilente ...
Quando ci sentiamo forti sfuggiamo distratti la tua benedizione, Signore ... e il regno dei cieli ci sfiora solo marginalmente. Sembra che sia solo la nostra fragilità a spingerci verso di te. Ma tu Signore non disprezzi nemmeno questo nostro venite a Te con una utilità in cuore: "abbiamo bisogno" anche solo della tua benevolenza ... come bambini avidi di carezze e coccole ... 

venerdì 17 agosto 2018

Ezechiele 16,1-15.60.63 e Matteo 19,3-12
Tutto in discussione ...

Ma in realtà quale è il problema? Se si stabilisce una legge che va bene a tutti per sancire la separazione di una coppia? Se esiste un modo legittimo, equo, per dare l'atto di ripudio? Quale è il problema?
In fin dei conti, le scritture, interpretano anche un dato culturale e mettono in risalto una modalità che appartiene alla convenzione sociale di un popolo, per cui: "l'uomo lascerà  casa di suo padre e si unirà alla sua donna ..."
Da qui, fino a definire le convenzioni sociali suscettibili di trasformazioni anche radicali in ragione della loro corrispondenza alla realtà e attualità.
Perché doversi addossare una norma immutabile è un vincolo indissolubile? Perché lo facciamo riferire alla volontà di Dio? Una sentenza inviolabile dalle parole del Signore?
Sono queste le obiezioni dei farisei e di tanti che fino ad oggi si uniscono in questa "lamentela".
Cosa significa essere maschio e femmina, la nostra antropologia umana, rivela che essere maschio e femmina esprime una diversità capace di realizzare l'esperienza sentimentale, sessuale, affettiva e spirituale che si chiama amore (agape) e che ha proprio il sapore della sopranaturalità. Stiamo attenti a banalizzare questa parola, perché tutta la nostra umanità si gioca su questa parola. Essere maschio e femmina costituisce una "diversità" capace sempre di originare l'amore nella condizione umanamente soprannaturale. È quindi l'amore che rivela la più intima sacralità ("eunuchia" che rivela il regno dei cieli) della nostra umanità, e che ci conduce all'amore generativo che è Dio stesso.
Forse, anche voi, volevate una "regolina", ma non credo sia possibile ...

giovedì 16 agosto 2018

Ezechiele 12,1-12 e Matteo 18,21-19,1
Guardando il mondo da un oblò ...

Qual'è la logica del regno dei cieli? Stupire; stupire sbaragliando nell'amore ogni ragionevolezza e logica umana.
Entriamo bella parabola, ciò significa entrare in una esperienza di misericordia che si presenta come assoluta e inaspettata gratuità. Ciascuno è consapevole che di fronte a "tanto" si rimane senza parole. Ciascuno sperimenta in sé stesso come nel corso della vita ci si è ceduti agli altri, ci si è venduti a circostanze e obblighi; abbiamo stretto patti e compromessi che limitano la nostra libertà ... Tutto questo al punto che nessuno è nella possibilità di restituire sé stesso alla propria libertà, alla propria condizione originaria. Il regno dei cieli afferma che questa restituzione è possibile attraverso un "amore realizzato" che inevitabilmente stupisce.
Il fascino di questa possibilità deve muovere in noi la conversione dei nostri stili abituali.
La logica di amare in proporzione o secondo ragionevole prudenza, conduce alla "giustizia ingiusta" di chi pretende comunque il saldo dei 100 denari.
Poveri noi ... Il regno dei cieli è una "bella" fatica ... Per quanto bello e affascinante nella manifestazione, è comunque una grande fatica, un non facile superamento della realtà.

mercoledì 15 agosto 2018

Apocalisse 11,19;12,1-6.10 / Salmo 44 / 1 Corinti 15,20-26 / Luca 1,39-56
Cosa racconta un dogma? Che senso ha un dogma rispetto alla realtà?

Questa mattina per prepararmi a questa eucaristia, ho guardato la lettera di Pio XI del primo novembre 1950, che proclamava il dogma di Maria Assunta al cielo, nella parte conclusiva dice: "Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo".
Nello scritto del Papa tutto il percorso e le motivazioni che hanno portato alla proclamazione del dogma.
Ora, mi chiedo ma il cristiano medio è capace di argomentare questa verità di fede, di farla sua e di difenderla di fronte alla stragrande ostilità e indifferenza del mondo di oggi? La maggior parte dei battezzati, con le nozioni ricevute al catechismo, non riuscirebbe e non saprebbe spiegare nessuna delle verità di fede che sostengono il credere dei cattolici. 
Oggi che festeggiamo l'assunzione di Maria al cielo, non possiamo limitarci a dire che è un dogma della fede della Chiesa, che è il decimo ed ultimo dogma che la Chiesa ha riconosciuto a fondamento della fede.
Quando la Chiesa si esprime con un dogma, significa che i cristiani nelle circostanze e nel tempo sono minacciati dalla fragilità della loro fede e potrebbero incorrere in errore, fino a mettere in discussione ciò che prima era ritenuto verità ...
Oggi il rischio è che non una verità sia misconosciuta ma che tutta l'esperienza di fede sia snaturata, e venga  trasformata in una sorta di filosofia di vita.
La fede invece chiede un intimo rapporto con la vita ... Non una proclamazione intellettuale di una formula. Il dogma chiede di essere compreso e riconosciuto nel quotidiano della vita.
Maria Assunta al cielo, ci ricorda come la vita stessa di Maria è un segno della presenza di Dio nella nostra storia, di come ciò che accadde in un angolo sperduto della Galilea, ciò che accadde in un punto dell'universo non è una casualità e neppure un evento senza significato o al pari di qualsiasi altro che può accadere in un altro spazio dell'universo.
Non è da sciocchi o ingenui pensare la storia come l'insieme delle vicende legate alla creazione di un universo in cui l'atto creativo va oltre i batteri e le piante, ma arriva all'uomo ... È in questo uomo, che si recepisce lo straordinario della creazione: nella sua coscienza, unica tra tutti gli esseri viventi, egli è capace di riflettere sé stesso e anche di pensare al mistero di Dio ... Ed è in questa umanità creata che il mistero della creazione prende coscienza e voce ... Diviene parola e la parola a sua volta diviene carne di uomo ... Gesù Cristo.
Dire che Maria è stata assunta in cielo anima e corpo, non significa dire una storia fantastica ... Ma ci conferma che Dio, entra nelle vicende che rappresentano la nostra stessa vita ... Così come ha scelto Maria e Giuseppe per essere famiglia del suo Figlio; così come Gesù non è un filosofo, un pensatore e neppure un carpentiere ... ma tutto ciò che lo riguarda è storicamente l'uomo Gesù Cristo figlio di Dio ... 
Così Maria per il mistero che accoglie, ne è pure trasformata nella sua stessa natura e identità ... Quando Dio dimora in noi ci cambia a suo modo ... E ci fa santi, capaci delle sue cose.
Io non credo alle favole, ma credo alla sacramentalità della nostra storia, del mondo, delle cose che sono di Dio e a lui appartengono pienamente.
Questo certamente è un pensare contro corrente che urta con la mentalità di un mondo scientista che propone la ragionevolezza come supporto per la negazione di Dio e della fede.

martedì 14 agosto 2018

Ezechiele 2,8-3,4 e Matteo 18,1-14
Non essere ribelle ...

La docilità è una virtù? Si certamente, ma la docilità è anche una conquista della maturità umana. Se nella maggior parte dei significati la docilità è intesa come "disposizione ad apprendere, a lasciarsi guidare, e anche a piegarsi, a cedere ...", ben diversa è la connotazione della docilità cristiana; essa non sviluppa semplicemente la rinuncia alla propria autonomia in favore di un altro bene, ma prima di tutto la condizione di apertura a un bene maggiore. La docilità Cristiana si edifica sulla fiducia riposta nella volontà di Dio, che, se anche non conosciuta fino in fondo, si pone davanti a noi come il "rotolo della parola" di Ezechia; egli ne mangio ed era dolce al suo palato, ma amara nelle viscere ... eppure non dubitò e si prodigò (facendo spazio in se stesso) nella sua docilità a quella parola.
Oggi ricordiamo il martirio di San Massimiliano Maria Kolbe; un martire che insegna la docilità alla volontà di Dio, soprattutto ad accoglierla quando si impone nella realtà della vita. Non a tutti è dato di vivere la docilità, di farla priorità, ma a tutti i cristiani è chiesto di imitarla attraverso l'esempio di mitezza e umiltà di cuore del Signore. 

lunedì 13 agosto 2018

Ezechiele 1,2-5.24-28 e Matteo 17,22-27
Per noi nessuna tassa ...
(Per la Diocesi di Imola oggi è Festa di San Cassiano)

Nel regno dei cieli non si pagano tasse, ma il sangue del Figlio dell'uomo trasforma ogni nostro debito in un atto di grazia. La morte e risurrezione del Signore al pari della moneta in bocca al pesce, libera i figli da ogni obbligo.
Liberarsi dalle mentalità che rendono schiavi, è questa la prima conseguenza della redenzione. Nella vita di tutti i giorni cerchiamo di affrancare noi stessi dagli obblighi, anche quelli religiosi con giustificazioni o scuse che spesso altro non sono che il pagare una "tassa". Il precetto domenicale, le offerte per le messe e i sacramenti, la preghiera quotidiana rischiano di essere alla pari di un saldo della tassa ... "Si deve pagare" ... Ma tutto questo formalismo e legalismo uccidono la fede la snaturano nella sua originalità.
Ogni giorno occorre ripartire dal l'annuncio della passione, morte e risurrezione, e gioire della libertà dei figli che per corrispondere all'amore del Signore rifiutano ogni schiavitù. La libertà dei figli non è conseguenza di una rivoluzione e di una pretesa, o una conquista essa è cristianamente un dono di grazia, si è liberi quanto ogni passo del nostro agire è animato è mosso dall'amore a Dio e al prossimo.

domenica 12 agosto 2018

1 Re 19,4-8 / Salmo 33 / Efesini 4,30-5,2 / Giovanni 6, 41-51
Gustate e vedete quanto è buono il Signore ...

Dove andiamo stasera a cena? Domanda esistenziale! Pizza? Sushi? Cinese o Giapponese? Cucina romagnola ....
Per la scelta del tipo di cena con gli amici spesso si aprono discussioni e confronti che assumono i tratti di una azione diplomatica a livello internazionale ...
Ma c'è una specialità che mangiata una volta, diventa l'ultima nostra scelta ...
Ad esempio dopo la prima comunione, la domenica successiva, solo l'11% dei ragazzi è tornata alla Messa, in comunità ... Spero che il restante 89% sia andata altrove ... Dei ragazzi che invece hanno ricevuto la cresima solo il 9% la domenica successiva era in parrocchia per la Messa in comunità ... Ma queste percentuali scendono fino a tendere allo "zero %" se pensiamo alla partecipazione alla Messa domenicale, anche fuori della propria parrocchia durante le domeniche dei mesi estivi.
Ciò che rivelano le percentuali è semplicemente la completa mancanza di comprensione di cosa sono i sacramenti dell'Eucaristia e della Cresima. Ma mettono in luce pure la completa incapacità delle famiglie di custodire la Fede dei ragazzi e di comunicare ed educare alla fede i propri figli.
Quanto è importante comprendere la Messa domenicale come momento personale ... e a partire dal momento personale viverlo comunitariamente e viceversa.
Dagli anni 70 in poi quante volte è in quanti modi ci si è prodigati per far passare la celebrazione domenicale quale punto nodale e culmine della vita della Chiesa.
Ebbene tutto questo non è passato ... La Messa, l'Eucaristia, la Cesima sono semplicemente l'obiettivo raggiunto formalmente della formazione cristiana, null'altro ...
Ma in questo modo, tra fede e vita concreta si traccia una distanza che negli anni diviene una voragine incolmabile.
Ma se la comunità non è uno spazio della mia vita, ma metti caso, è lo spazio in cui sperimento le mie frustrazioni i miei conflitti e tante fatiche relazionali ... È di conseguenza che viene meno nelle famiglie l'educazione ad un luogo che non è riconoscono e che mai hanno riconosciuto come espressione di fede, ma solo di ritualità. Il rito non potrà mai motivarmi a una comprensione di un segno che invece avviene solo attraverso l'adesione di fede.
È di fronte a questa realtà comunitaria e della Chiesa in generale che ciascuno è chiamato a confrontarsi con le parole del Vangelo, con quelle parole di Gesù, pronunciate in riferimento al pane e al suo corpo.
"Io sono il pane vivo disceso dal cielo". Quattro parole e quattro immagini/realtà/metafore, ciascuna espressione del linguaggio di Gesù, il suo mistero e la sua storia espressi non con ragionamenti ma per immagini: pane, vivo, discesa, cielo. Il pane: la bontà di quel cibo appena sfornato, caldo e soffice, lievitato e fragrante, non è più quel pugno di acqua e di farina passata per la macina e il fuoco, ci conduce alla sua stessa vita, quella vita spezzata e donata che non può essere sprecata ... I pezzi del suo corpo sono vita per noi, la nostra stessa vita, che non viene da noi stessi ma è realmente discesa dal cielo. Fintanto che non alzò gli occhi al cielo con gratitudine non comprenderò mai il dono del pane che è disceso dal cielo; disceso dal cielo, da Dio. Mi lamento sempre che Dio è lontano che non lo sento nella vita ... Che stolto e che ingenuo, ho il pane che è la sua stessa vita e non lo mangio! Sono proprio un cristiano non credente, un cristiano fasullo...
In quelle parole di Gesù occorre lasciarsi immergere, quasi abbandonarsi al loro significato e senso ... Allora si è portati dalle onde nel cuore di Dio Padre.


Sorge una domanda: di cosa nutro anima e pensieri? Sto mangiando generosità, bellezza, profondità? Oppure mi nutro di egoismo, intolleranza, miopia dello spirito, insensatezza del vivere, paure?

"Guida, o Padre,  la tua Chiesa pellegrina nel mondo,  sostienila con la forza del cibo che non perisce,  perché perseverando nella fede di Cristo  giunga a contemplare la luce del tuo volto".

sabato 11 agosto 2018

Abacuc 1,12-2,4 e Matteo 17,14-20
La forza della fede ...

"I tuoi discepoli non sono riusciti a guarirlo ..."
È inevitabile e spesso capita anche oggi: quante pretese dai discepoli di Gesù, quante soluzioni il discepolo deve saper trovare ... Forse non più guarigioni, per queste cose ormai nessuno ha più fede che un discepolo possa fare qualcosa, ma ugualmente c'è qualcuno che pensa che per le "raccomandazione" un credente ha ancora la possibilità di influire ... Fortunatamente il tempo e le vicende della storia, almeno qui da noi, sta lavorando a nostro favore, per cui una certa irrilevanza culturale si rivela pure come insignificanza nella gestione del potere clientelare ...
Tutto bene se serve a fare piazza pulita di vecchie incrostazioni e di inutili schemi sociali.
Ma il Vangelo in realtà ancora una volta ci raccontava altro, ci ricordava la forza e la potenza della preghiera che i discepoli di Gesù sono chiamati a esercitare senza dubitare ... Forse è quel senza dubitare che ci frega, non tanto sui risultati, ma sull'atto iniziale di metterci a pregare affidando al Signore il compimento delle nostre opere.

venerdì 10 agosto 2018

2 Corinzi 9,6-10 e Giovanni 12,24-26
Donare con gioia ... Morire nella gioia ...

La libertà di donare, esprime l'animo del discepolo, rivolto alle realtà del cielo e svincolato dai possessi di ciò che è della terra. L'invito dell'Apostolo Paolo, va ben oltre alla generosità, egli promuove uno stile di vita che ha come obiettivo la condivisione dei beni, delle possibilità, della vita stessa. Il discepolo del Signore in questa libertà matura la sua umanità e si libera della cupidigia e della spilorceria, caratteristiche dell'animo umano che mira a conservare e affermare la propria autoreferenzialità. La maturità umana rappresenta in questo senso ben più di un obiettivo, essa corrisponde alla profondità dell'adesione di fede alla chiamata che il Signore rivolge a ogni uomo. Dalla logica del dono di sé, infatti, scaturisce l'adesione al mistero di amore che si configura nel perdere la vita per farne dono al mondo, come il maestro. In questo stile di vita quindi, non esiste la privazione come mortificazione a sé stante, ma come possibilità per lasciarsi penetrare dal mistero di Dio.

giovedì 9 agosto 2018

Osea 2,16-22 e Matteo 25,1-13
Santa Teresa Benedetta della Croce, patrona d'Europa
Ti farò mia sposa ...

Le straordinarie parole di amore del profeta Osea, suonano come una soffice carezza, come un dolce sussurrò all'orecchio: è una promessa eterna, è una realtà immediata.
Ti farò mia sposa ... La sponsalità esprime il coronamento del desiderio e dell'attesa. Essa prefigura la nuova realtà di vita, quella in cui, il dono dell'amore è l'essenza di tutto.
Ti condurrò nel deserto ... Occorre affidarsi e camminare in quel silenzio e in quella sterilità di vita che purifica da ogni orpello e da ogni inutile appartenenza. Nel deserto si dedica il cuore ... Si rende chiaro ciò che è essenziale.
La nostra vita, la nostra relazione con Dio, non sfugge a questa proposta profetica di Osea, che trova nelle parole di Gesù lo svelamento rispetto alla sua persona e alla novità del Vangelo.
Ogni discepolo nella verginità per il regno dei cieli, trova la propria esplicita dedicazione, questa condizione è originaria, perché esprime l'appartenenza, così come la venuta dello Sposo decreta le nozze eterne, la salvezza a cui solo con lui puoi prendere parte.

mercoledì 8 agosto 2018

Geremia 31,1-7 e Matteo 15,21-28
Guardando i cagnolini ...

La comunità di Matteo, avrà certamente riflettuto a lungo circa questo passo del Vangelo per arrivare ad aderire alla novità che Gesù propone: seppure il popolo di Israele, seppure la nuova comunità dei salvati é destinataria e custode della salvezza, non ne è per questo esclusiva beneficiaria. Essere "amati di amore eterno" ed essere il "resto d'Israele", il suo popolo che viene salvato da Yhwh, non significa che tutti gli altri sono esclusi dalla possibilità di essere amati e salvati.
Quelle briciole che cadono dalla mensa dei figli, non sono l'avanzo del "santo pasto", non sono neppure un resto, lo scarto che viene gettato ... Del dono di Dio nulla viene gettato, perché anche una "briciola" è necessaria per salvare la vita della figlia della donna cananea, considerata spesso come un cagnolino sotto la tavola.
Oggi la Chiesa, deve avere il coraggio di distribuire tutte le briciole "necessarie" della tavola dei Figli. A volte ci urta, ma in effetti, sembra proprio che Gesù, fin da allora, fosse proprio interessato anche a chi stava sotto la tavola e con lo stesso amore con cui guardava i figli, guardava quei cagnolini. Davanti a Dio non ci sono figli e figliastri, ogni uomo è figlio salvato per amore.

martedì 7 agosto 2018

Geremia 30,1-22 e Matteo 14,22-36
Signore, salvami!

Nonostante tutte le infedeltà e gli abbandoni, le liti e le rivendicazioni, voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio. Queste parole restano scolpite nella storia del popolo di Israele e nella vita di Geremia: sono l'unica certezza; Yhwh non viene meno alla sua promessa alla sua fedeltà.
In un tempo come il nostro in cui sperimentiamo, soprattutto in occidente, la precarietà dei valori umani come criterio per il progresso, l'avanzare dell'individualismo, la tutela dell'interesse personale e le logiche del profitto; un discepolo non può che ancorarsi alla fedeltà del Signore.
Occorre assolutamente recuperare il silenzio e la preghiera con Gesù per attraversare il "Lago" quando il vento e le onde sono sfavorevoli; occorre condurre sempre col Signore la barca (la chiesa e l'esperienza del credere) verso la terra ferma per continuare la missione affidata: salvare l'uomo è lasciare che l'umanità possa toccare anche solo il lembo del suo mantello. Il Vangelo di oggi, è veramente bello e pieno di aperture e possibilità per vita cristiana.

lunedì 6 agosto 2018

Daniele 7,9-14 e Marco 9,2-10
Trasfigurazione del Signore
Cosa vuol dire risorgere dai morti.

Pietro, Giacomo e Giovanni, dice il Vangelo, non avevano capito cosa intendesse Gesù con l'espressione "risorgere dai morti". Certamente le loro idee erano come le nostre, legate alla mentalità del momento, al punto che l'idea della risurrezione si confrontava con quella del tornare in vita.
Sul Santo Monte - così lo cita il Vangelo - saliti sull'Altissimo, avvolti dalla sua nube della Presenza, la risurrezione assume un senso che supera la durevolezza della vita.
La risurrezione che cosa è? Credo che si possa dire che la risurrezione, per noi, è la vita di Dio. Non è un ritornare alla vita, essere rianimati in modo permanente ... Fosse anche eterna, una vita eterna del mio corpo attuale alla fine non credo soddisferebbe l'esigenza di risorgere.
Forse occorre premettere a tutto ciò che possiamo intuire come risurrezione, il confronto con ciò che è il morire. La morte come male che si genera a partire dalla mia stessa vita. Morire non è solo sofferenza e il cessare dalle funzioni biologiche. Morire è fare reale e totale esperienza del male come annullamento di sé.
La risurrezione di Gesù possiamo pensarla come la morte del morire.
La vita di Dio vince la morte. Tutto ciò che i discepoli hanno visto, toccato, sperimentato sul Santo Monte è "Gloria" cioè rivelazione della presenza di Dio come la sua stessa vita: germi di risurrezione.

domenica 5 agosto 2018

Esodo 16,2-4.12-15 / Salmo 77 / Efesini 4,17.20-24 / Giovanni 6,24-35
Un mondo che ha fame e sete ...

Mai come in questi ultimi decenni abbiamo conosciuto che il mondo ha una fame e una sete insaziabile, e che nel susseguirsi degli avvenimenti, idee, persone, movimenti, mode ... di tutto tende ad nutrirsi ... Ma in realtà il mondo ha fame perché gli uomini sono affamati e assetati ma non di "cibo o cose" ma di giustizia.
Per saziare questa fame, c'è chi ha pensato di sfamare l'umanità con ciò che non è giustizia, con ciò che non è pace, con ciò che non è amore ... Sono coloro che guidano i fenomeni di massa, le lobby, i gruppi finanziari e di potere.
È questa la realtà che riconosciamo che ...
L'umanità ha fame di pace e si alimentano le ostilità e le guerre ...
L'umanità ha sete di fratellanza e si alzano muri per separare e rinchiudere ...
L'umanità ha fame di condivisione e la si alimenta con la disperazione e l'intolleranza ...
L'umanità ha sete di amore e la si disseta con l'indifferenza e l'invida ...
L'umanità a fame di dignità, ma in verità si cerca di spogliare l'uomo dei suoi diritti inalienabili di figlio di Dio ...
L'umanità a sete libertà e giustizia, ma in verità c'è chi trasforma la sete in una spietata contrapposizione tra culture e civiltà ...
Il discepolo di Gesù in forza delle Parole del Vangelo, non può scappare e neppure nascondersi, egli è chiamato a darne attualizzazione è messa in pratica: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!"
Prima di tutto non posso esimermi dal mangiare quel pane se voglio che quel pane agisca in me e nella realtà concreta della mia vita.
In secondo luogo quel pane e quel vino, che sono il suo corpo e il suo sangue, saziano non in senso ideale, ma saziano in modo reale e concreto.
La vita di Dio che il Padre dona nel suo Figlio, è donata sempre in quel segno, per questo da quel pane è possibile compiere le opere di Dio cioè corrispondere alla sua volontà!
Quale è la volontà di Dio, del Padre?
Il discepolo a partire dal Verbo, Parola che si fa carne per darsi come vita del mondo, non potrà non essere fedele alla sua vocazione, per cui anche lui da la vita al mondo, ai fratelli, attraverso il dono di se stesso e di tutto ciò che gli appartiene.
Solo in questo modo sarà saziata la fame e la sete del mondo, la fame e la sete di giustizia, la fame e la sete di dignità e libertà ...
Solo così la fame e sete dell'uomo diventerà un cammino di salvezza...
Il nostro celebrare l'eucaristia, non è un privilegio di alcuni, ma l'occasione per i molti di nutrirsi di ciò che è necessario, per saziare fame e sete: "il nuovo cibo che Il Signore vi ha dato in cibo."


sabato 4 agosto 2018

Geremia 26,11-16.24 e Matteo 14,1-12
Migliorate dunque la vostra condotta ...

C'è un popolo che non si fida delle Parole del Profeta, che cerca il compromesso con gli assalitori, che non si pone in ascolto della parola di Dio ... A questo popolo il Signore chiede con mitezza di migliorare la condotta della vita ... di cambiare stile, modo di porsi ... E così accogliere nell'ascolto di Dio, a forza necessaria per contrastare le fatiche e le prove del momento. Geremia, in se stesso, nel suo agire, già vive e anticipa ciò che Dio chiede al suo popolo. 
Lo stile e l'atteggiamento esprimono la fede di Geremia, non fraintendiamolo con l'arrendvolezza con la codardia, non è neppure debolezza!
Nel Vangelo tra le righe, nella vicenda di Giovanni Battista scopriamo che per spezzare la sua condotta di vita, ad Erode non resta che assecondare le richieste di coloro che gli sono nemici, e lo fa decapitare. Giovanni vive in se il dramma riservato a Geremia, cioè il dramma del giusto perseguitato e ucciso: "Il Signore mi ha mandato a profetizzare contro questo tempio e contro questa città le cose che avete ascoltato. Migliorate dunque la vostra condotta e le vostre azioni e ascoltate la voce del Signore, vostro Dio, (...) ma sappiate bene che, se voi mi ucciderete, sarete responsabili del sangue innocente, voi e tutti gli abitanti di questa città, perché il Signore mi ha veramente inviato a voi per dire ai vostri orecchi tutte queste parole". 

venerdì 3 agosto 2018

Geremia 26,1-9 e Matteo 13,54-58
Una Parola [insegnamento] scandalosa ...

Quali sono le caratteristiche della Parola di Gesù?
Tra le varie è colorite espressioni che corrispondono alla predicazione del Signore, possiamo dire che la sua Parola corrisponde alla nostra umanità, ma ugualmente ci è motivo d scandalo, cioè di inciampo.
Noi che ci distinguiamo per orientamento sociale e politico per uomini progressisti e conservatori, di destra e sinistra, moderati e populisti, liberali e socialisti ecc...
Noi che come credenti cerchiamo anche di assoggettare la Parola del Signore al nostro progetto invece di lasciarci ispirare; cadiamo nello scandalo della  Parola; le Parole di Gesù ci portano alla contraddizione se usate strumentalmente e ad arte.
La condizione dei figli di Dio invece non è né di destra né di sinistra e supera ogni altra espressione politica e sociale; essa esprime la natura umana, la dignità dell'uomo e la sua relazione intima ed esclusiva con la stessa vita di Dio.
Ci sono scelte, orientamenti, e convinzioni che non solo non concordano con la dottrina cristiana e gli insegnamenti della Chiesa, ma sono semplicemente contrari alla Parola del Signore e per questo sono causa di ingiustizia e di non pace. In questo la Parola di Dio è estremamente chiara e priva di sfumature e interpretazioni: Gesù non era un "sofista" e neppure un parolaio egli era ed è il Verbo, la Parola definitiva del Padre. 

giovedì 2 agosto 2018

Geremia 18,1-6 e Matteo 13,47-53
Da scriba a discepolo del regno dei cieli ...

Dopo aver ascoltato tutte quelle Parole, le Parabole, non è possibile continuare a essere degli scribi; è inevitabile convertirsi alla Parola divenendo "padroni" di un tesoro di rara bellezza.
Le Parabole, se ascoltate, ti plasmano secondo il pensiero del Signore, ti suggeriscono immagini attraverso le quale rileggere la tua stessa vita, la tua stessa speranza, la tua stessa fede. Non potrai mai più stare di fronte alla Parola come uno scriba della legge antica, un uomo capace so di trascrivere la Parola.
Un discepolo del regno dei cieli, si trova infatti ad essere "padrone" cioè capace di disporre pienamente della Parola ... del mistero nascosto e donato del regno dei cieli.
La parola non è, e non sarà più solo Parola del Signore, ma anche le tue stesse Parole: le custodirai come il tesoro del campo, come la perla preziosa, come la rete nel mare che tutto raccoglie ...
Essere discepolo del regno e custode della Parola ti rende capace di discernere sempre l'avanzare del regno dei cieli ... "di estrae dal tesoro cose nuove e cose antiche".
Per stare sulla spiaggia del mare e gettare ciò che è cattivo e tenere ciò che è buono, occorre avere coraggio, occorre essere disposti ad usare la Parola come criterio per mettere in evidenza il regno dei cieli nella storia degli uomini; non tutti i discepoli hanno questo coraggio.

mercoledì 1 agosto 2018

Geremia 15,10-21 e Matteo 13,44-46
Il regno dei cieli è simile ...

Quando mi sveglio al mattino e sento nel cuore il desiderio di essere cullato da Dio ...
Quando non disdegno la sua parola, ma la ascolto per risuonarla nella giornata ...
Quando credere in Dio si traduce nell'esperienza di amare ... 
Quando in un mondo che va per la sua strada io non rinuncio a essere di Cristo ...
Quando ...
Ebbene, quando anche una sola di queste situazioni della vita sono vere, allora il regno dei cieli si mostra concretamente; ed è realmente come la scoperta di un tesoro, perché riconosco che sta cambiano la mia vita ... Una vita come una campo in cui è nascosto un tesoro è una consapevolezza di grande esultanza ...
È realmente come la scoperta di una perla preziosa, perché la sua bellezza mi affascina al punto da desiderarne continuamente la visione.
La vita cristiana è costante scoperta del tesoro nascosto nel "mio campo" e ricerca delle  perle nel mondo ... quelle belle!