mercoledì 30 settembre 2015

Neemia 2,1-8 e Luca 9,57-62
Adatti al regno di Dio


Adatto ... o meglio, utile al regno di Dio. È questo il significato che meglio spiega in quale modo il regno di Dio si interfaccia con ciascun discepolo. Il dialogo con Gesù che il Vangelo rileva si sviluppa tutto intorno alla sequela: si oscilla tra il "ti seguirò" e il "seguimi"; ma in entrambe le situazioni emerge una esigenza particolare che necessita un adattamento: il regno si identifica con Gesù, ed è in ragione di lui e della sua vita che si richiede un adeguarsi e in tal modo si diviene utili.
Essere adatti o utili al regno ci sgancia dalla logica funzionale per divenire una esperienza di vita: "ovunque tu vada" ... "annunceremo il regno di Dio" ... "senza voltarci indietro". Così risoluti (utili/adatti) cammineremo per la strada del mondo insieme al Signore senza nostalgie per ciò che "regno" non lo è.

martedì 29 settembre 2015

Daniele 7,9-14 e Giovanni 1,47-51
Festa dei santi Arcangeli,  Michele, Gabriele e Raffaele


La festa dei messaggeri di Dio (arcangeli) ci mette in relazione con il mistero stesso che è il "regno che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto". La visione di Daniele nella prima lettura di oggi, ci prefigura una realtà che non è di questo mondo; prefigura la "gloria di Dio", affinché attraverso la visione noi che veniamo educati da quelle parole ci disponiamo ad accogliere ciò che è eterno, che non si esaurisce nelle vampe di fuoco e neppure nelle miriadi che sono a servizio. Tutta la visione si fissa su uno "simile a figlio dell'uomo", che appare sul nubi del cielo; egli non resta relegato nella visione ma presentato al vegliardo, entra in relazione con tutte le genti, con l'uomo. Nelle parole del Vangelo troviamo echeggiare questa visione di Daniele in ciò che Gesù dice a Natanaele. La realtà creata non è separata da quella eterna, condannata nella sua fragilità, ma attraverso la visione già si fa parte di ciò che è eterno. Gli angeli ci testimoniano che ciò che è eterno è parte del nostro "tempo".

lunedì 28 settembre 2015

Zaccaria 8,1-8 e Luca 9,46-50
Cosa è piccolo?


La priorità di ciò che è piccolo nel pensiero di Gesù corrisponde all'immagine del bambino ... Ogni discepolo deve imparare a riconoscere Dio, il Padre, in tutti quei sdegni che nel loro piccolo e umile svelarsi rivelano gloria e onnipotenza, cioè presenza, giustizia e fedeltà.
La potenza di Dio è la forza della fedeltà: un patto è una alleanza che non tradisce e non viene meno.
La giustizia è il modo di agire concretamente la misericordia, la quale diviene accoglienza e vicinanza della fragilità e alle ferite dell'uomo.
La gloria è la presenza di Dio il suo non venire mai meno: Dio c'è, e sempre ci sarà per tutti i suoi figli.
Tutto ciò che è "piccolo" per noi ci conduce al Padre, tutto ciò che è piccolo in noi, tutto ciò che ci rende piccoli rivela il Padre.

domenica 27 settembre 2015

Numeri 11,25-29 / Salmo 18 / Giacomo 5,1-6 / Marco 9,38-43.45.47-48
Nel nome (mio) ... 


Essere gettati nella "Genna" dove il verme non muore e il fuoco non si estingue ... Queste parole di Gesù riecheggiano quelle di Isaia (66,22-24) dove si contrappone la realtà nuova che Dio viene a realizzare con la conseguenza di chi non vuole unirsi a Dio nel realizzare la nova creazione. La Genna è il luogo dei rifiuti della città di Gerusalemme, dove tutto si corrompe e marcisce (il verme) e dove tutto viene bruciato (il fuoco) ... Dalla discarica saliva quindi un odore ben distinguibile che dava l'immagine evidente del luogo di morte ...
Ma ciò che è più evidente non si esprime nel giudizio di condanna ... Ma nella sollecitazione ad agire nel nome di Gesù. Il discepolo di Cristo, agisce nel suo nome, non agisce, non vive, non ama per suo conto; ciò che la mia persona è, lo è in quanto unita al Cristo,  all'Unto del Signore, la nostra comunione con Gesù si rivela pienamente nella nostra esistenza ...
Nessuno ha una esistenza insignificante, ma la nostra vita diviene spazio esistenziale della vita di Dio ... È questa la svolta esistenziale che ci permette di vivere un vero ANTROPOCENTRISMO, cioè comprendere il valore dell'uomo a partire dalla sua origine da Dio e della sua inalienabile relazione da Dio.
Gesù tratteggia la condizione esistenziale di chi rinnega l'appartenenza a Lui, di chi non agisce nel nome di Cristo: scandalizzare i piccoli ... ferire la fede semplice e indurre chi è fragile nell'errore (manipolare, plagiare, condizionare) ... Una condanna esemplare (gettati in mare con una macina al collo: certezza assoluta di morire).
Questo scandalizzare si concretizza nell'agire concreto (mano), nel condurre nel cammino di ogni giorno (piede) e nel vedere la realtà, cioè nel discernimento della vita (occhio).
Che cosa permette a discepolo di Cristo di non cadere nello scandalo?
Che cosa permette al discepolo di Cristo di generare e vivere un autentico divino antropocentrismo?
Assomigliare alla misericordia di Dio, assomigliare a Gesù. Le opere della misericordia, cioè l'essere e l'agire secondo misericordia, realizzano la realtà nuova del regno di Dio, cioè come dice Marco, permette di "entrare nella vita".
Ciò che ci è chiesto da Gesù è di infettare la nostra esistenza con il virus della misericordia per poter così contagiare il mondo con la misericordia.
Portatori di una malattia che, contagiando, non porta alla morte ma permette alla vita di entrare in se stessa e fiorire in pienezza!

sabato 26 settembre 2015

Zaccaria 2,5-9.14-15 e Luca 9,43-45
Consegnati nelle mai degli uomini ...


Un Dio consegnato rappresenta l'immagine più chiara del dono della vita. Ogni consegna ci svela il senso e ci permette l'esperienza della gratuità. Ogni cristiano, ogni discepolo ddi Gesù, diventa parte della consegna del Maestro. Il Consegnarsi di Gesù non è semplicemente un gesto che si esaurisce in se stesso; tale consegna infatti pone nella realtà il presupposto dell'unità e della comunione: "vi consegno la mia vita affinché tutti ne facciate parte con la vostra stessa vita". La vita che Gesù ci consegna è la vita del figlio di Dio! Ma dalla consegna fatta da Gesù, anche la vita che mi consegna un fratello è anch'essa la vita di 
un figlio di Dio! Questo adombra la nostra vera Fraternitá! È in questa prospettiva che posso comprendere il dono che è la vita dei fratelli!
"Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo, ed egli dimorerà in mezzo a te"

venerdì 25 settembre 2015

Aggeo 1,1-8. 2,1-9 e Luca 9,18-22
L'unto di Dio (il Cristo)

Una variazione ontologica ... Così dobbiamo intende la conseguenza dell'unzione che imprime il "carattere" nuovo ed esistenziale in ogni battezzato.
Nel segno del "crisma" la vita umana viene non solo resa partecipe della vita di Dio ... ma è come se diventasse essa stessa vita di Dio.
DIO IN NOI... questa prospettiva è stravolgente per l'umiltà in cui si attua ... ma ugualmente è potenza di Dio. Gesù è vita del Padre, ma anche ciascuno di noi diviene vita del Padre.
Ogni minuto in cui esisto nella grazia che mi è affidata, è vita di Dio Padre in me.
"Manda la tua verità e la tua luce; siano esse a guidarmi, mi portino al tuo monte santo e alle tue dimore.
Verrò all'altare di Dio, al Dio della mia gioia, del mio giubilo. A te canterò con la cetra, Dio, Dio mio."

giovedì 24 settembre 2015

Aggeo 1,1-8 e Luca 9,7-9
L'importante da cui partire...

Di fronte alle necessità e ai problemi che ci circondano, o che abbiamo, come siamo capaci di agire, come ci rendiamo capaci di soluzioni?
Dire che prima di tutto c'è   Signore, non vuol dire semplicemente che prima devo pregare e poi agire; la priorità non è nella successione delle azioni ma nella preminenza dell'apertura del cuore. Papa Francesco ci insegna che i problemi trovano la loro soluzione non solo dai nostri ragionamenti, ma da quella Parola che risuona della volontà di Dio. Non è la Parola l'elenco delle soluzioni, ma è la Parola il fulcro del pensiero di Dio che mi viene comunicato, e che interagendo con la mia volontà genera una soluzione ispirata. Questo è il senso della prima lettura di oggi, per cui diviene una divina esortazione: "Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria."
Per piacere prendiamo questo modo di stare con la Parola come stile di vita!

mercoledì 23 settembre 2015

Esdra 9,5-9 e Luca 9,1-6
Quando Dio ci usa misericordia ...


Non pensiamo alla misericordia come a una "cosa" che ci arriva da fuori, un di più gratuito e inaspettato ... Se la misericordia è il modo in cui Dio, come Padre ama i suoi figli, la misericordia è un flusso continuo di  amore che non si arresta.
Come riconoscere questa misericordia?
- il suo amore mi raggiunge sempre anche nelle più difficili condizioni: fossi anche schiavo (del male) o esiliato (lontano da lui) la nostalgia della sua presenza (la sua dimora) è già il suo amore in me, che non si spegne e non si arrende!
- il suo amore mi coinvolge: la misericordia genera amore. È movimento di amore a partire dalle nostre relazioni; l'essere inviati per portare la gioia del Vangelo va ben oltre al compito dell'annuncio, ma è espressione di misericordia, è il modo in cui l'amore si dilata nei cuori e nelle esistenze degli uomini per continuare a dilatarsi...
- il suo amore è una prova di fede: non portare nulla, né bastone, né bisaccia ...

martedì 22 settembre 2015

Esdra 6,7-8.12b.14-20 e Luca 8,19-21
E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme!


Gerusalemme non è solo una città, ma è la città di Dio! Ciò significa che esiste un luogo e uno spazio di sintesi, di comunione tra Dio e l'uomo. 
Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore ... Quale gioia quando è possibile realizzare l'abbraccio con Dio dopo quel cammino che dalla lontananza e dall'esilio ci ha condotto ad essere così vicini a lui al punto di non desiderare altro se non  di abitare la stessa dimora. Questo desiderio è desiderio di eternità: dimorare in Dio.
Il cammino che conduce a Gerusalemme è quindi un paradigma di quel pellegrinaggio esistenziale che porta a compimento la fede che ci è stata donata. Occorre non temere di camminare, di immergersi nell'esperienza delle cose di Dio. Non temere, ma desiderare la Sua Parola, la sua volontà che nella vita di tutti i giorni trova la sua risonanza.

lunedì 21 settembre 2015

Efesini 4,1-13 e Matteo 9,9-13
Imparate cosa significhi: misericordia ...

Matteo ... pubblicano ... peccatore ... uno di noi!
Eppure anche a lui è riservata una vocazione: la chiamata di Gesù a stare con Lui; vocazione ad una vicinanza!
Imparare cosa significhi: misericordia ... è prima di ogni altro discorso imparare a riconoscere la vicinanza di Gesù a ciascuno  di noi. Una vicinanza, come dice il Vangelo, è la domanda di sequela rispetto alla quale da bravi cristiani rispondiamo: grazie ma ci devo pensare; non adesso ...
L'immediatezza di Matteo non è nel senso dell'improvvisazione ma nel modo della disponibilità e dell'abbandono fiducioso e confidente.
La misericordia si impara all'interno di questa dinamica, di questa relazione tra noi e Gesù; a volte si ha l'impressione che siamo un popolo di dis-misericodiosi, dislessici, disgrafici, disfunzioniali ... della  misericordia. La misericordia della vocazione ... è una grazia, è la vera ricchezza; Matteo da bravo esattore delle tasse - che di ricchezza se ne intende - non se la lascia scappare!

domenica 20 settembre 2015

Sapienza 2,12.17-20 / Salmo 53 / Giacomo 3,16-4,3 / Marco 9,30-37
Vi racconto un segreto ...

Questo brano di Marco rappresenta un discorso di Gesù, riassunto dall'evangelista Marco, ma che porta con sé proprio le sue stesse parole. Queste parole sono dette ai discepoli l'ungo il cammino e in quella casa di Cafarnao, forse la stessa casa di Pietro ...
Quelle parole di Gesù questa volta, fanno paura: "il figlio dell'uomo viene consegnato ... e lo uccideranno ...
Sono parole dure che i discepoli non riescono a comprendere ed ad accettare perché, questo è il momento in cui credono che tutto dipenda da loro stessi, che il successo dell'iniziativa di Gesù dipenderà anche dal loro impegno dal loro agire ... Per cui ora i loro progetti sono pieni del "chi è il primo"; cioè non semplicemente del desiderio di primeggiare e dominare, ma del proprio io, del proprio egocentrismo, della propria autoreferenzialità.
Quando giungono a Cafarnao, Gesù entra nel merito del loro stile dei loro progetti e inizia dicendo: "Adesso ascoltatemi, vi dico un segreto che mi riguarda, cercate di capirlo e di ricordarlo per bene!"
Questo è il senso delle parole che abbiamo ascoltato: DECENTRARSI.
Gesù ci confida un segreto che svela il DECENTRARSI da sé per poter osservare e contemplare non in modo narcisistico le proprie possibilità, ma una bellezza, uno stile e una proposta che mi viene offerta e donata: lo stile di vita del Signore e insieme la sua stessa vita.
Gesù ci rivela un Segreto, ciò che è nascosto in lui, che non si vede ma che è scritto nel suo DNA, nei suoi geni, ma anche nei nostri geni e nel nostro DNA umano a partire dal battesimo che tutti abbiamo ricevuto: lo stile del servizio e la vita come dono.
Che gusto c'è nell'essere ultimo, e nell'essere servo ...
In parrocchia, nella comunità cristiana, oggi essere primi, non comporta grandi soddisfazioni ... (meno male, così siamo sottratti ad una tentazione) ... ma anche vivere da ultimi ci fa paura ... O forse non lo comprendiamo ...
L'ultimo è colui che spegne la luce nel campo da calcio quando i ragazzetti hanno giocato tutta notte; l'ultimo è colui che si sveglia al mattino ad aprire le porte della chiesa; l'ultimo è colui che non si limita a dire cosa c'è da fare ma che fa e si preoccupa di fare bene; l'ultimo e chi ha il coraggio di essere amico del parroco ... amico, non adulatore ....
Essere ultimi permette di avere uno sguardo sui fratelli e sulle cose, uno sguardo di comprensione che è più largo, più disteso, più gratuito e generoso ... 
Chi è ultimo riesce a capire cosa significa quel bambino messo al centro ...
Quel bambino sconvolge la logica strutturata dei discepoli, sconvolge il "si è sempre fatto così" e impone il sevizio come stile senza tornaconto e nemmeno come volontariato. È lo stile del Si prima che lo stile del No.
Quel bambino cerca una madre e un padre che si prendano cura di lui; una mamma e un papà non si prendono cura dei figli per sentirsi dire grazie ... mai, e neppure lo fanno per periodi e se hanno un po' di tempo da spendere tra le tante cose e i tanti interessi ...
Il sevizio non è la risposta a cosa mi piace fare, ma è il modo di abbracciare con amore e affetto la comunità a cui appartengo e da questa imparare uno stile che è quello di Gesù: donarsi e dare la vita... Consegnarsi e morire per poter vivere in modo nuovo. Da risorti. Questo si impara nella chiesa, bella parrocchia, e lo si impara per viverlo ovunque.
Tutte le difficoltà che si vivono in parrocchia sono legate alle nostre immaturità rispetto a questa proposta del Signore. Dobbiamo realmente metterci alla scuola di Gesù e alla sua sequela.
Al termine di questo brano evangelico non posso che domandarmi:  io che sono il responsabile, legale rappresentante, il pastore, il prete che presiede, come ci sto? So stare in questo ruolo come servo? Riesco a fare il servo della comunità e non il volontario o il mecenate? Essere servo dei fratelli e delle sorelle, senza sogni o tentativi di potere, senza ricerca di successo per me, senza organizzare il consenso attorno a me e senza essere prepotente con gli altri, svolgo il mio servizio senza strumentalizzare gli altri, senza desiderio di dominio e possesso?
Non cerco un giudizio di condanna o di innocenza ma che in questo domandarmi, anche ogni membro della comunità si possa interrogarsi su come quelle parole di Gesù gli appartengono ...
Mi accorgo che lo stimolo più forte può nascere semplicemente dal fare del proprio meglio affinché quel meglio sia il bene dei miei fratelli ...

Inviato da iPad

sabato 19 settembre 2015

1 Timoteo 6,13-16 e Luca 8,4-15
Ti ordino di osservare il comandamento.


Stranamente Paolo fa appello alla sua autorità per ordinare a Timoteo di custodire il comandamento. Tale comandamento è il Vangelo ricevuto, di questo deve esserne testimone fino alla venuta del Signore.
Discorso strano che in realtà apre alla perseveranza, alla pazienza e al dono della fede.
La fede seminata dal Signore attraverso la sua Parola, che è il nuovo comandamento, ha in sè la forza di farci testimoni fino al punto di sentire sempre la venuta del Signore nella nostra vita come una presenza quotidiana, una vicinanza stabile, per sempre ...
Come quel seme che ora germoglia, radica e fruttifica ...
Conservare senza macchia ... significa prendersi cura del dono ricevuto: quale comando è più dolce e desiderabile di questo? Se il dono ricevuto è la Sua parola, imparerò a custodirne la dolcezza come risposta di amore? 
Mai ordine fu più bello e desiderabile da eseguire!

venerdì 18 settembre 2015

1 Timoteo 6,2c-12 e Luca 8,1-3
Tu uomo di Dio combatti la buona battaglia ...


Questo gergo militare di Paolo lo si può capire a partire dall'idea che la  fede è la conseguenza di una combattimento. La fede non si identifica con una serie di idee, conoscenze e osservanze di precetti; questi generano un uomo religioso, ma l'uomo di Dio è ben altro!
L'uomo che appartiene a Dio è "gettato" nella mischia della storia per un corpo a corpo, una lotta con tutto ciò che è il "mondo" nel costante tentativo di ricondurre tutto alla verità.
La lotta non è un atto di violenza ma di tenacia, di fedeltà e testimonianza di amore.
Allora il buon combattente di Cristo armato di giustizia, di pietà, di fede, di carità, di pazienza e di mitezza riusciranno ad estirpare la radice di ogni male: l'attaccamento al denaro; questo è infatti il senso del combattimento, generare il desiderio di salvezza, ma la salvezza è un dono e non si mercanteggia.

giovedì 17 settembre 2015

1 Timoteo 4,12-16 e Luca 7,36-50
Tutti vedano il tuo progresso ...


Prendersi cura di sé, insegna Paolo, è un percorso che mette ciascuno di noi di fronte alla comunità di fronte allo scandalo del cambiamento. In realtà noi siamo molto, molto legati al "si è sempre fatto così" non tanto rispetto alle attività e ai progetti, ma soprattutto rispetto alle idee e ai giudizi. Infatti si potrebbe dire "eri così ... perché sei cambiato?"
Prendersi cura di sé significa riconoscere il dono dello Spirito e lasciare che sia proprio lo Spirito a guidarti nel discernimento della vita. Il discernimento diviene quindi un'opera di misericordia da accogliere e generare, la cui prima manifestazione è la conversione degli stili di vita.
Per conversione intendo: la fedeltà alla Parola va oltre all'insegnamento morale; la carità come motivazione deve supportare realmente ogni  le scelta; la purezza è la trasparenza cristallina dell'intelletto nel suo manifestarsi. Solo quando Simone il fariseo avrà il coraggio di prendersi cura di sé stesso, smetterà di pensare: "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice".

mercoledì 16 settembre 2015

1 Timoteo 3,14-16 e Luca 7,31-35
Grande è il mistero ... È gloria!


Per chi vuole vivere alla presenza di Dio, grande è il mistero. La pietà altro non è che questo desiderio, questa tensione di vita: essere alla Sua presenza.
"Grandi le opere del Signore, le contemplino coloro che le amano" ... "Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi: pietà e tenerezza è il Signore" (Salmo 111). Il desiderio di Dio non è semplicemente il frutto della nostra educazione, ma è un desiderio che si genera a partire da una azione, da un suggerimento che è Dio stesso. Se Dio è vero ed è vivo, allora è Dio a interagire con noi!
Il nostro desiderio di Dio abita la nostra esperienza, la nostra vita concreta, allo stesso modo in cui ha abitato la vita terrena di Gesù. Egli ci racconta cosa è stato il suo essere alla presenza del Padre: ha vissuto nella carne consacrandola (la carne diviene segno del mistero); si è lasciato condurre dallo Spirito (ha fatto la volontà del Padre); ci ha manifesto visibilmente il Regno dei cieli offrendolo agli uomini come possibilità reale di esistenza (le parabole sono immagini della vita); ci ha dato una nuova chiave di lettura della storia, del futuro, della vita: la Gloria! Che cosa è la Gloria? Queste parole del Vangelo di Luca ne danno il giusto significato: "E' venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori" (Lc 7,35).

martedì 15 settembre 2015

Ebrei 5,7-9 e Giovanni 19,25-27
Nella vita terrena ...


Dopo aver celebrato ieri l'esaltazione della Croce, oggi la Chiesa si ricorda del dolore di Maria di fronte al corpo morto del figlio, straziato dalla Passione.
Nessuno nega l'entità del dolore, nessuno nega che pure Gesù ha pregato, supplicato e versato lacrime a colui che poteva liberarlo dalla morte ...
Tutto questo non è descritto come espressione di disperazione; la lettera agli Ebrei dice "avendo offerto" - proprio così - Gesù ha offerto a Dio, al potente tutta la sua umana fragilità, quella umanità che ha preso su di sé, lasciando che essa esprimesse tutto il suo condizionamento. Così come Gesù anche sua madre, Maria, vive il dolore della passione come un offrirsi al Padre, Lei è lì sotto la croce, in un silenzioso ascolto dell'ultima parola del Figlio. La morte non è l'ultima parola, ma solo Gesù è l'ultima parola!

lunedì 14 settembre 2015

Numeri 21,4b-9 e Giovanni 3,13-17
Verso l'alto!


"Come Mosè innalzo il serpente nel deserto, così bisogna che sua innalzato il figlio dell'uomo". Questo innalzamento, cioè la croce, è causa di vita...di vita eterna!
Ma come è possibile tutto questo? L'impossibilità di una spiegazione razionale non significa escluderne ma possibilità e veridicità. Ciò che congiunge il cielo e la terra è il figlio di Dio nel suo essere inviato dal Padre; questo invio trova concretezza nell'incarnazione, nella nascita, nella vita stessa di Gesù, e anche nella sua morte. Tutto ciò che riguarda Gesù, se pur legato al limite della creaturalità, porta nella realtà Dio stesso, la sua natura divina si manifesta nella creazione e attraverso ciò che è la creazione. Quando Giovanni parla di innalzamento, parla di croce, ma soprattutto di gloria, quindi di salvezza! In questi termini possiamo sperimentare l'innalzamento come una attrazione per amore: l'amore attrae a se l'amato, così come l'amato desidera essere sottratto a se stesso per comprendersi in ciò che ama; questa condizione è la vita eterna.

domenica 13 settembre 2015

Isaia 50,5-9 / Salmo 114 / Giacomo 2,14-18 / Marco 8,27-35
Pensare le cose di Dio ... Pensare le cose degli uomini.

Un sano esercizio per il discernimento
Gesù si allontana, meglio Gesù esce dai soliti luoghi e raggiunge la sua "periferia", geografica Cesarea di Filippo, ma anche umana, chi non è israelita, ed è percorrendo quella strada verso la periferia che pone le sue domande, che non trovano una risposta univoca e consistente ... Ma è anche il luogo dove pone quella domanda che spezza interiormente i discepoli: Chi sono io per voi?
Fintanto che continuerò a farmi domande su di Lui, non comprenderò nulla di Lui ...
Potrei dire tutto e il contrario di tutto, così come può essere affascinante e buono per alcuni, per altri può essere un illusionario e un ingenuo. La questione invece diventa importante quando dalle domande su di Lui l'obiettivo si sposta su di noi, su cosa Lui è per noi.
Ma non è una domanda soggettiva ... Gesù non cerca mille risposte ... Ma vuole portarmi all'unica risposta che serve all'uomo: "tu sei il Cristo", cioè l'unto.
Tu sei il Cristo
Quella unzione cambia tutto! Gesù porta nella periferia dell'umano, attraverso quella domanda ai discepoli, il suo essere unto, il suo essere Cristo. Forse, per noi essere unto non significa più un gran ché, ma questa parola richiama invece il suo essere Sacerdote, Re e Profeta. Una identità complessa che si colloca di fronte e anche in noi in forza del battesimo, ma che risponde alle domande fondamentali dell'uomo:
- a chi appartengo, da dove vengo e dove vado? Il Sacerdozio dice una mediazione e una relazione che è celebrata nell'amicizia eterna tra Dio e ciascuno di noi.
- chi si prende cura di me? Il Re è colui che l'ha dal Padre la missione di prendersi cura di me, del mio destino, della mia vita ... Il Re è colui che per prendersi cura di me, prima di tutto mi ama!
- quale "parola" può narrarmi la vita: illuminarmi, riempirmi di verità? Il Profeta è quella parola di Dio che viene seminata nell'oggi.
Comprendere chi è il Cristo, significa prendere seriamente sul serio Gesù, e tradurla come priorità di vita. Le sue parole sulla sequela, diventano la condizione della nostra missione. Ciò che Gesù mi propone non è un semplice contratto di collaborazione e di dipendenza lavorativa. Le sue parole implicano una condizione di assoluto dono, chiedono una vita spesa in questo mondo per generare una vita spesa per il regno dei cieli.
«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà
Ma tutto questo è il pensiero di Dio!

sabato 12 settembre 2015

1 Timoteo 1,15-17 e Luca 6,43-49
Mi ha usato magnanimità ...


Ciò che Paolo ha sperimentato di Gesù, è la sua magnanimità, cioè la sua grandezza d'animo espressa attraverso una generosità incalcolabile. È Gesù che sceglie Paolo come amico, affinché attraversi quella amicizia tutte ciò che di vero, bello e buono Gesù rappresenta per l'uomo potesse essere sperimentato, e donato a tutti colo che attraverso Paolo avrebbero creduto nella vita eterna. In questo modo la magnanimità del Signore divine condizione personale di ciascuno di noi, cioè anche noi possiamo riconoscerla e affermarla a nostro vantaggio. Ogni nostro gesto e azione può divenire in questo modo portatore della grandezza d'animo di Gesù, quando quel gesto è generato nella gratuità e generosità. 

venerdì 11 settembre 2015

1 Timoteo 1,1-14 e Luca 6,39-42
Una grazia sovrabbondante ...

Tra i tanti modi di corrispondere al Vangelo e lo sforzo di attuare una vita cristiana degna del Maestro, è inevitabile sfocare l'obiettivo della fede.
È inevitabile, come conseguenza della sovraesposizione del fare rispetto a ciò che la fede dischiude: "la grazia sovrabbondante".
Capita infatti di avere maggiore preoccupazione di essere cristiani che di essere di Cristo.
San Paolo, ben sa, che essere di Cristo è il frutto di una misericordia inattesa. Non è semplicemente la conseguenza di una opzione, di una scelta anche se fondamentale; ma l'origine dell'essere di Gesù è nella sua libertà e volontà: "così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù".
Non è facile riconoscere e percepire di essere immersi in questa "grazia" ... eppure tra una pagliuzza e una trave, un inciampo e l'altro, questa grazia ci prepara pazientemente ad essere discepoli del maestro.

giovedì 10 settembre 2015

Colossesi 3,12-17 e Luca 6,27-38
Tutto quello che fate ...


"L'imperativo" cristiano coinvolge tutto e tutti noi ... Quel "rivestitevi" in quanto amati da Dio della misericordia (Paolo ai Colossesi), si congiunge col Vangelo di Luca con quelle parole del Signore che tanto ci edificano, ma anche stordiscono: "siate misericordiosi come il Padre".
L'imperativo cristiano che traduce la misericordia non è un semplice ordine, una imposizione, ma in realtà è una proposta di uno stile di vita e di esistenza diversi dal solito. Abbiamo bisogno di scardinare e scuotere il nostro "solito" modo di fare le cose e di vivere le relazioni. La misericordia, diventa la proposta per non non smarrire il senso profetico della nostra fede. 
La misericordia ci porta a perfezione; attuarla significa lasciarci toccare nelle fibre più intime del nostro essere, significa lasciare che l'agire di Dio Padre possa portare a compimento il nostro desiderio di corrispondere a Gesù. La misericordia ci permette di attuare la volontà del Padre.

martedì 8 settembre 2015

Michea 5,1-4a e Matteo 1,1-23
Nella tua misericordia ho confidato!


La fede Cristiana ha in se una pretesa assurda è sconvolgente: la "grazia", cioè la vita stessa di Dio ci viene condivisa, donata, attraverso la nostra carne. È in questa staffetta, che si snoda di generazione in generazione, che la nostra esistenza si congiunge con quei giorni remoti in cui Dio Padre, "nella sua misericordia",  ha segnato la nostra carne umana con la promessa della vita eterna, cioè con la salvezza. In Maria, anche oggi, la misericordia di Dio si rende evidenza. Il mistero della incarnazione, la nascita, la morte è la risurrezione di Gesù non sono un segno di straordinaria potenza, ma sono la grazia stessa di Dio attraverso la carne di Maria. Nella nostra indifferenza la "carne" non ha alcun valore trascendente, riducendosi a semplice supporto biologico; nella fede, nella carne risiede la promessa di Dio: Gesù stesso.

lunedì 7 settembre 2015

Colossesi 1,24-29.2,1-3 e Luca 6,6-11
L'uomo nel mezzo ...


Gesù mette al centro l'uomo, non un malato con la mano rattrappita. E'questo lo sguardo che dobbiamo affinare. Al di là di ogni fragilità, inabilità e fatica rispetto allo stare davanti all'uomo, Gesù ci insegna che al centro del cuore di Dio c'è la nostra umanità. Di questa egli si prende cura, e anche noi dobbiamo prendercene cura. Dire la nostra umanità significa non assumere un atteggiamento autoreferenziale, ma assumere l'umanità come bene comune che va portato a maturazione. Nella prendermi cura dell'uomo, dell'altro, del fratello, anche della mia personale umanità mi prendo cura, proprio perché l'umanità è un bene, è la condizione comune. Attraverso l'altro, io, completo la mia umanità e l'umanità di Cristo: divento uomo/donna completo/a e porto a compimento l'umanità di Gesù, il suo corpo, che è la Chiesa.

domenica 6 settembre 2015

Isaia 35,4-7a / Salmo 145 / Giacomo 2,1-5 / Marco 7,31-37
Effatà ... Cioè apriti!

L'immagine del Vangelo a volte ci condiziona al punto che non riusciamo a percepire la portata e il significato di questo "apriti". Per noi, spesso tutto si concentra nella guarigione  da una inabilità, e ci sfugge che la nostra vita tende inevitabilmente a rinchiudersi in se stessa per le toppe ferite e delusioni ...
Le ferite spesso ci trasformano e ci rendono duri e insensibili; essere sordi e muti non è solo la condizione di una malattia che isola dal mondo e rinchiude in se stessi; esser sordi e muti è spesso la nostra normale condizione di vita dove per paura non facciamo entrare nessuno in noi stessi, ci barrichiamo dietro a tante scuse e falsi problemi.
Quando Gesù dice "apriti" non solo compie un gesto straordinario di potenza, ma ci riconduce a una esperienza umana che è originaria: l'apertura all'amore, l'apertura alla parola dell'altro e all'ascolto dell'altro, ma soprattutto l'apertura al Padre, a Dio e alla sua parola che ci fa capaci di "missione".
Oggi l'apristi a Dio si traduce nella possibilità di aprirsi ai fratelli, al loro ascolto alle loro parole ...
Aprirci significa pensarci, sentirci e agire come in stato permanente di missione! Occorre coltivate in noi l'irresistibile chiamata a incontrare l'uomo per vivere con lui la "bellezza del Vangelo"
Per essere missionari e aperti occorre quindi capacità di ascolto ... E questa è possibile solo attraverso l'ascolto della Parola ... Attraverso l'ascolto della voce dello spirito che parla alla Chiesa e la si spinge verso la missione ...

sabato 5 settembre 2015

Colossesi 1,21-23 e Luca 6,1-5
... Il grano è maturo ...


Il Vangelo di oggi si apre con una immagine di estrema dolcezza, Gesù che cammina e passa per i campi di grano maturi, ormai pronti per la mietitura. Un passare che sembra più un segno di tenerezza e di amore che un semplice camminare ... Ci riporta infatti all'immagine suggerita da Giovanni nel brano della samaritana ... "Ormai le messi biondeggiano pronte per la mietitura". Il campo di grano esprime tutta la vicenda umana di cui il a Signore è parte; ciò che fanno i discepoli non è una appropriazione indebita ma è partecipare a un dono di amore. La nostra realtà, la nostra vita nella quale il Signore è presente, è capace di dare un frutto di cui ogni discepolo di Gesù può partecipare ... Quel grano maturo infatti sembra proprio rappresentare il dono della vita che viene ancora una volta offerta a Dio. Ogni altro tentativo di comprendere. tutelare la realtà imbrigliandola in leggi umani genera una struttura di colpa dalla quale siamo incapaci di liberarci. Mangiare di quel grano non è un peccato, ma un atto di appartenenza alla Sua riconciliazione.

venerdì 4 settembre 2015

Colossesi 1,15-20 e Luca 5,33-39
Facciamo esperienza di Gesù?


È necessario ed urgente che ciascuno possa fare esperienza di Gesù, ne va della nostra identità.
Nell'inno hai Colossesi, Paolo, riesce a comunicarci tutto ciò che egli ha sperimentato in Gesù, pur senza averlo mai conosciuto storicamente, ma nonostante questo egli ha fatto esperienza del rimanere e del dimorare di Gesù con lui, nella sua vita. Riportare tutta l'esistenza a Lui; riconoscerlo capo della chiesa e primizia della vita eterna; origine e insieme misericordia del Padre attraverso il sacrificio della croce. Tutte situazioni e realtà che non ci possono lasciareci indifferenti, non possono!
Se il nostro è il tempo in cui "lo sposo" ci è stato "strappato", questa lacerazione va curata e guarita attraverso quella identità cristiana che da consistenza alla nostra esistenza è vita quotidiana.

giovedì 3 settembre 2015

Colossesi 1,9-14 e Luca 5,1-11
Come si cresce nella volontà di Dio ...


Nella lettera ai Colossesi, Paolo, mette in relazione questa crescita fondamentale per il discepolo, con la sapienza e l'intelligenza spirituale; ciò per dirci che fare la volontà di Dio è ben altro che una semplice esecuzione di azioni o qualcosa relativo alla vocazione personale o assumere un ruolo.
Fare la volontà di Dio sembra avere come punto di partenza una esperienza di vita interiore dove il discernimento è frutto di una continua speculazione spirituale, che si esprime in un agire morale, che diviene in questo modo la visibile volontà di Dio.
La volontà di Dio diviene espressione del comportarsi in modo degno del Signore, per piacergli in tutto, portando frutti e crescendo nella conoscenza (relazione/comunione) con il Padre.
Anche nel Vangelo, Pietro e gli altri, sono chiamati a fare una esperienza tale della volontà di Dio, che gli si impone un discernimento sulla vita talmente dirompente che è impensabile non stringere con il maestro una relazione esistenziale, non solo una aggregazione. La volontà di Dio la si comprende a partire da quella relazione: "sulla tua Parola".

mercoledì 2 settembre 2015

Colossesi 1,1-8 e Luca 4,38-44
Paolo apostolo di Cristo ...


In quest'inizio della lettera ai Colossesi sta la bellezza di avere capito quale relazione ci lega a Gesù... Essere apostoli, essere mandati ... Non importa dove, non importa a chi, e certamente non è una rappresentanza formale o istituzionale; quell'essere mandati presuppone un incontro "straordinario" nella vita personale dell'apostolo e di chi incontra.
Paolo in definitiva vive del suo essere apostolo. Non è una pura condizione, una espressione della sua missione, ma è condizione di esistenza. Anche per Gesù essere apostolo è condizione di esistenza, finalizzata a realizzare il "regno del Padre", la sua volontà.
Anche per Gesù, vivere l'apostolato è una scoperta di "alterità" ... La suocera di pietro, la gente, i malati, la gente di Cafarnao e quelli della Giudea.
Consapevoli di un invio ... questo da consistenza alla vocazione personale e ne struttura la realizzazione ... Quella speranza che deriva dalla Parola non resta una idea è una teoria, diviene apostolato... diviene l'apostolo.

martedì 1 settembre 2015

1 Tessalonicesi 5,1-11 e Luca 4,31-37
Una cosa ho chiesto al Signore, questa io cerco ...

La descrizione di Luca circa l'attività di Gesù è interessante: il Signore discende in Galilea a Cafarnao per insegnare, non ci dice cosa, ma ci dice la meraviglia di chi ascolta e l'autorevolezza (autorità) dell'insegnamento. Tra le meraviglie si afferma la liberazione dal male: un uomo che aveva uno spirito di demonio ... Ciò che infrange la logica di male e di divisione è in assoluto il confronto con il "Santo di Dio".
"Il Santo di Dio" è colui che corrisponde alla volontà del Padre, la cui vita non accoglie lo spirito di male ma la cui vita è un continuo echeggiare della vita di Dio. È questa la potenza che viene riconosciuta e che dimora nelle parole di Gesù; sono parole di santità, di verità!
Chiediamo a Gesù di desiderare ardentemente di essere uniti a Lui e di vincere così ogni divisione che disgrega e ferisce la nostra umanità, quella dei figli della luce, non possiamo dimenticarlo, siamo figli della luce.