sabato 31 dicembre 2016

1 Giovanni 2,18-21 e Giovanni 1,1-18
Ore 5,57 davanti al Santo Sepolcro
Alla fine ... Il principio


Di nuovo a Gerusalemme, di nuovo qui davanti alla sepoltura del Signore; è l'alba dell'ultimo giorno dell'anno 2016. In questo luogo dove tutto sembra finire ... una tomba che sigilla la vita e il tempo; il suono delle campane; il sacerdote che inizia la Messa sull'altare delle sepolcro nuovamente sistemato e sigillato come sempre ... È in questa successione che risuonano le parole del prologo di Giovanni: "il Verbo era Dio" ... "In Lui era la vita ... era la luce degli uomini" ... "Il verbo si fece carne" ... "E noi abbiamo contemplato la sua gloria" ...
Il Prologo del Vangelo di Giovanni ci racconta come tutto, proprio tutto ciò che ci riguarda, e che riguarda la nostra vita e il nostro esistere, si compie nel mistero stesso di Gesù. La sua tomba, la Santa Tomba, non è un contenitore per il tempo passato e neppure il sarcofago per le spoglie di un corpo di carne morto. Giovanni ci racconta che tutto questo è il sigIllo, lo "sfraghis" il segno efficace dell'unzione dello Spirito (1 Giovanni) che consacra nell'eternità e con l'eternità la risurrezione del Signore: "abbiamo visto la sua Gloria"; consacra l'eterno mistero del Dio fatto uomo a causa e per  la nostra vita divina, per provocare, nuovamente in noi la vita di Dio; questo è il nuovo ed eterno "principio" ... per sempre!

venerdì 30 dicembre 2016

Siracide 3,3-7.14-17 / Salmo 127 / Colossesi 3,12-21 / Matteo 2,13-15.19-23
Magdala, Tabga, Monte Beatitudini, spiaggia del primato e Cafarnao
La famiglia di Gesù 

Il Vangelo di Matteo ci mostra come Giuseppe, vive concretamente il suo affidarsi alla volontà di Dio. Non dimentichiamo che la prima reazione di fronte al mistero fu di fare di testa propria: " ... di rimandare Maria a casa sua, senza farne un atto pubblico ... Perché lui amava Maria e non voleva ripudiarla". È bello scoprire che all'origine della manifestazione e realizzazione della volontà del Padre troviamo l'amore pieno e gratuito di un ragazzo e una ragazza, un amore giovane e pieno di futuro. Da quel momento Giuseppe ha cercato nella volontà di Dio il modo di realizzare e garantire il segno reale e concreto del suo amore: "il bambino e sua madre". A volte, a tutti noi, capita di stare di fronte alle nostre vicende e storie di famiglia solo con la nostra umanità, ma sbagliamo, perché, in questo modo proviamo la nostra famiglia della sua dimensione trascendente, occultiamo il dono di grazia che in essa si genera e da cui essa è alimentata perché essa è cuore del mistero di amore di Dio. Quando,come discepoli di Gesù, neghiamo la dimensione di grazia della famiglia, cioè di "luogo" della volontà di Dio, generiamo una tale ferita, che, farà male fintanto che un amore riconosciuto e condiviso non si affaccerà all'orizzonte della ragionevolezza e dei sentimenti pretendendo il suo spazio esistenziale e redentivo. Rileggere Siracide, oggi ci fa molto bene, ci fa bene per ripensare ai nostri legami famigliari passati, ma soprattutto per imparare a generarli in futuro, a generarli non solo umanamente ma nel misterioso compiersi del desiderio di Dio per ciascuno di noi: "Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole ...".

giovedì 29 dicembre 2016

1 Giovanni 2,3-11 e Luca 2,22-35
Haifa, Nazareth, Monte Tabor...


Iniziamo stamattina il pellegrinaggio in Terra Santa; iniziamo da Haifa, dal Monte Carmelo, dove la tradizione colloca  la vicenda del profeta Elia e l'uccisione dei profeti di Baal; Ma anche l'origine della spiritualità carmelitana.
Le parole di Simeone possono essere la giusta cornice per questa giornata: "... i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele ...".
In questa terra dove le promesse fatte ai padri giungono a compimento, da oggi lo sguardo su di noi e sulla nostra storia "salvata" è nella luce di Cristo. 

mercoledì 28 dicembre 2016

1 Giovanni 1,5-2,2 e Matteo 2,13-18
Se camminiamo nella luce ...

Se camminiamo nella luce siamo in comunione gli uni con gli altri e il sangue di Cristo ci purifica da ogni peccato.
La conseguenza immediata della vita in Cristo sta nella qualità delle relazioni fraterne. La luce di Cristo è luce per vedere il volto dei fratelli, e per mettere in luce anche il nostro volto, immagine del suo. Pure immediata conseguenza della luce di Cristo è l'esistenza nell'evento di purificazione dal peccato: immersi nel suo sangue versato sulla croce. Forse quesa immagine non ci appartiene come consuetudine di pensiero, ma noi siamo immersi nel suo sangue, quel sangue che è nostra vita.

martedì 27 dicembre 2016

1 Giovanni 1,1-4 e Giovanni 20,2-8
L'altro discepolo ...

In tutto il Vangelo di Giovanni, dell'altro discepolo, quello amato dal Signore, mai viene data chiara identità, sembra quasi quasi una astuzia letteraria per poterci immedesimare in lui. Allora conviene proprio mettersi nel ruolo dell'altro discepolo, e scoprire in questo modo, cosa significa essere amati dal Signore. Essere stati con lui nel cenacolo; aver posato il capo sul suo petto; averlo pianto durante il supplizio, sotto la croce; e ora correre all'impazzata, con lo stesso impeto e battito del cuore, per poi non vederlo nel sepolcro ... Essere amato, essere l'altro discepolo, significa, oltre la realtà, vederlo e credere. Lo si vede amando e lo si crede risorto. Giovanni sembra dirci: come io sono il discepolo amato, così l'altro, amato come me sei tu!

lunedì 26 dicembre 2016

Atti 6,8-12;7,54-60 e Matteo 10,17-22
Santo Stefano, protomartire
La salvezza è nella perseveranza fino alla fine ...


È evidente che la testimonianza della Fede si chiama martirio. I martiri del nostro tempo, i martiri cristiani di ogni parte del mondo, sono oggi molto di più di quelli delle persecuzioni dei primi secoli. I martiri sono il segno di quella identità che non viene meno rispetto a un modo che cerca in tutti i modi di sopraffare la luce di Cristo. Il sangue dei martiri, il rosso, è il colore della fedeltà all'amore ricevuto. Ha il calore del sangue vivo, della vita di Cristo, è versato da Stefano fino a noi per dare la vita pure alla nostra stessa vita. Oggi è il tempo in cui siamo consegnati al giudizio del mondo, per un giudizio di condanna e per una testimonianza suprema di amore. Testimoniare significa riprenderci lo spazio del tempo come spazio dell'incontro con Dio, uno spazio da condividere nella misericordia. Testimoniare significa esporre nella città dell'uomo non un semplice vessillo, ma esporre la verità ed essenzialità, ciò che per noi è la vera bellezza, quella di Cristo e del Vangelo.

domenica 25 dicembre 2016

Isaia 52,7-10 / Salmo 97 / Ebrei 1,1-6 /  Giovanni 1,1-18
Solennità del Natale del Signore
Egli di è ricordato del suo amore ...

Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Sono parole che Dio oggi sta dicendo a noi ... Quando i cristiani, smarriscono la loro identità di popolo di Dio e si limitano ad essere cristiani all'anagrafe battesimale, ma nella vita non vivono la loro appartenenza alla Chiesa e al Signore Gesù Cristo ... Dimenticando che "la Chiesa, e solo la Chiesa di Cristo custodisce il mistero della nostra vera umanità: "il figlio di Dio si è fatto uomo!"
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Quando i genitori e le famiglie, sono incapaci di trasmettere il germe della fede e riducono l'esperienza del Natale del Signore a un "cenone famigliare" e a qualche regalo, compensativo per le loro inadeguatezze e mancanze genitoriali ... Lì prevale lo spirito del mondo e non quello di Cristo!
Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
Quando la comunità si limita a vivere il rito di una Messa della notte o del giorno di Natale senza incarnare nel quotidiano la novità del Vangelo ... O almeno cercare di incarnarla ... Viene meno la vera gioia ...
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo ...

sabato 24 dicembre 2016

2 Samuele 7,1-16 e Luca 1,67-79
"... Io farò a te una casa ..."

La promessa di fedeltà di Dio non si basa su situazioni astratte ma diventa efficace e concreta, racchiusa nelle nostre vicende personali.
Così come per il Re Davide, che riconosce l'irruzione del "mistero" in quel progetto che lui stesso stava realizzando: una casa e un casato regale ... un Tempio per Yhwh ...
Così come per Elisabetta e Zaccaria, pure loro vedono e rifiniscono il  "mistero" nella vita che il loro amore fedele e perseverante è stato capace di attendere ....
Così come in Giuseppe e Maria, il "mistero" della Misericordia e dell'eterno amore diventa una possibilità non più sperata ma realizzata ...


Anche noi oggi a fine avvento 2016 possiamo cantare "benedetto il  Signore Dio di Israele, perché ha visitato è salvato il suo popolo!".

venerdì 23 dicembre 2016

Malachia 3,1-4.23-24 e Luca 1,57-66
... Perché possiamo offrire una offerta secondo giustizia ... La nostra vita!


La nostra umanità attende lei pure di essere visitata dal "Dio con noi", questa attesa porta a misura la nostra solitudine esistenziale, che trova concretezza nel desiderio di quel Dio e Padre, che nulla ha a che fare con il Dio della legge e del giudizio, ma che rappresenta l'esperienza manifesta della Misericordia. Il desiderio di Dio è desiderio di misericordia, questa mette nella nostra umanità la beatitudine dell'appagamento e della meraviglia. Anche oggi possiamo sperimentare la sua venuta invocandolo: "che io ti cerchi ancora Signore", e dopo averti cercato, continui a cercarti!

giovedì 22 dicembre 2016

1 Samuele 1,24-28 e Luca 1,46-55
"... per sempre"


Nelle parole che l'evangelista Luca attribuisce a Maria, la conclusione assume una forza dirompente ... quel "per sempre", conclude infatti la serie di azioni, quasi una litania, che descrive l'agire di Dio come salvatore: "ha spiegato ..., ha disperso ..., ha rovesciato ..., ha innalzato ..., ha ricolmato ..., ha rimandato ..., ha soccorso ... come aveva promesso ... per sempre".
Dopo questa questa comprensione della storia della salvezza, può non corrispondere corrisponde la nostra "consacrazione" dentro questo mondo? Un poco come quella di Maria: "l'anima mia magnifica il Signore ...", una pienezza dentro il tempo; come pure quella di Samuele: "... egli è richiesto per il Signore".
Se il Natale celebra il mistero di Dio dentro la storia umana, allora anche la nostra esistenza nella storia ha un il sapore del mistero.

mercoledì 21 dicembre 2016

Cantico dei Cantici 2,8-14 e Luca 1,39-45
Alzati amica mia ...

L'avvento del Signore, il suo Natale non sono mai stati esclusivamente un movimento dal cielo verso la terra; nelle parole del Cantico percepiamo il gioco dell'amore divino. La venuta del Signore si trasforma nella ricerca dell'amata del suo cuore! Che bello poter sentire che in questo Natale è racchiusa la dichiarazione d'amore del Dio del cielo per la sua Sposa incantevole, la Chiesa. Che meraviglia sentirsi parte della Chiesa che è l'amata del suo cuore! Misticamente tutto ciò si è compiuto in Maria, "E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto".
Quando Elisabetta e Maria si abbracciano, la gioia e l'esultanza non sono semplice soddisfazione dei sentimenti, ma è il riconoscimento reciproco del mistero di Dio nel suo compiersi: questa è vera gioia, frutto dell'amore.

martedì 20 dicembre 2016

Isaia 7,10-14 e luca 1,26-38
Perché non chiedere ... un segno?

Acaz non vuole chiedere un segno, cioè non vuole coinvolgere Dio negli avvenimenti e difficoltà che si stanno abbattendo su Gerusalemme: la guerra è alle porte.
Ma il segno del Signore, va ben oltre la soddisfazione immediata, o una garanzia circa il momento presente. Ilsegno è Dio stesso che efficacemente agisce nella storia.
Maria non chiede un segno e neppure lo rifiuta, ma con timore e disponibilità, si interroga e si apre al mistero di Dio in ciò che gli viene proposto.
A ciascuno di noi è fatta la proposta di vivere il presente con la promessa che lo Spirito  non è estraneo e neppure neutro spettatore. Dio ci meraviglierà quando dalle preoccupazioni del quotidiano saremo disposti a non caricarci di tutto il peso e di tutta la fatica, ma, con timore e disponibilità, accetteremo che ogni soluzione è una grazia già intessuta nella storia.

lunedì 19 dicembre 2016

Giudici 13,2-7.24-25a e Luca 1,5-25
Non hai creduto ...


Era una evidenza, un uomo religioso come Zaccaria, avrebbe potuto e dovuto capirlo, eppure non ha creduto ... Come Zaccaria che non credere alla possibilità che Dio mette bella sua storia personale così pure noi rischiamo la stessa esperienza.
Esercitarci nel discernimento, nel comprenderci davanti a Dio ... Ciò significa non ridurci a un agire religioso, che è rituale, come compiere i gesti dell'offerta dell'incenso. Non basta portare davanti al Signore nella preghiera la nostra vita con tutte le sue difficoltà. Esercitarsi nel discernimento significa decidere insieme a Dio i passi del nostro cammino. Ma questo è possibile solo per chi sa ascoltare il Signore, la cui voce, come quella degli angeli, non si amplifica oltre e sopra la nostra voce; per questo occorre avere attenzione a non ascoltare se stessi e trascurare l'ascolto di che da dentro le cose ci chiama a conversione, cioè a plasmarci secondo il Vangelo. Le preoccupazioni del quotidiano rischiamo di toglierci la serenità, ma la serenità è frutto della fortezza di Dio.
Il Signore è la mia forza! Vieni Signore Gesù!

domenica 18 dicembre 2016

Isaia 7,10-14 / Salmo 23 / Romani 1,1-7 / Matteo 1,18-24
Sognare la realtà ...


Se i sogni sono fantasie e frutto di desideri irrealizzabili, resta ben poco se non una magra consolazione. Ma se i sogni sono il modo di entrare nella realtà del regno di Dio che si attua come mistero nella quotidianità, allora anche il "Sogno" di San Giuseppe diviene qualcosa di straordinario.
Il sogno di Giuseppe, in realtà anticipa che Maria, sua moglie, ha nel grembo ciò che è generato dallo Spirito Santo. Giuseppe si confronta da subito con una realtà che non ha mai considerato: il mistero di Dio si dispiega belle vicende ordinarie della vita. È infatti attraverso Maria che Giuseppe è chiamato a misurarsi, aprirsi al mistero.
Il sogno di Giuseppe, gli anticipa un parto reale, come se lui stesso, e non solo Maria, debba generare quel bambino, non suo, ma quel bambino che nasce nella carne, Giuseppe deve partorirlo insieme alla sua sposa. Quel bambino è anche suo.
Il sogno anticipa a Giuseppe che quel bambino è un Figlio, quindi che lui ne sarà il padre.  Un essere padre per esprimere concretamente la paternità di Dio.
Il sogno anticipa a Giuseppe che quel bambino; e Maria stessa, realizzano le attese di un popolo, le attese espresse nella profezia. Ciò significa che il desiderio di Dio non solo si realizza ma che si congiunge ai desideri di tutti gli uomini e diventa espressine di come Dio legge la nostra storia: l'uomo non è un viandante solitario nel tempo, ma Dio ne è il compagno di cammino.
Il sogno di un cristiano, credente, non è mai frutto di un sonno inconsapevole o una macchinazione dell'inconscio. Il sogno rivela l'immanenza della trascendenza, cioè come il Dio del cielo (trascendenza), non sta nei cieli, ma vuole rivelarsi (immanenza) in terra.
Educhiamoci a sognare la realtà, non illudendoci, ma diventando artigiani del desiderio di un Dio incarnato: facciamo il desiderio di Dio, così come si fa conoscerei nelle pieghe della storia. Sogno di fraternitá, amore e pace.

sabato 17 dicembre 2016

Genesi 49,2.8-10 e Matteo 1,1-17
Di generazione in generazione ...


Il Vangelo di Matteo inizia senza introduzioni di alcun genere; inizia immediatamente con  la parola "genealogia". Questa parola accosta il Vangelo al primo libro delle Scritture la Genesi. Infatti, ciò che è narrato nel primo capitolo di Genesi è una "genealogia", che esprime il rapporto tra ciò che è parte della creazione di Dio e la sua origine. Anche a Gesù, generato nella carne e parte della storia umana, l'evangelista Matteo, vuole dare radici nella storia della creazione, per farci comprendere che l'incarnazione non è un evento alieno, che si intromette ad un certo punto, ma è espressione di ciò che di generazione in generazione si è puntualmente manifestato, ma che è parte del desiderio di Dio espresso fin dall'origine di tutte le "cose". Un Dio di carne, non dice semplicemente una qualità materiale, ma traduce l'intima appartenenza della natura umana - immagine e somiglianza della divina - al mistero stesso del creatore; ma questa intimità è trasversale a tutto - tutto, di generazione in generazione - ed è fin dall'origine parte del mistero di Dio.

venerdì 16 dicembre 2016

Isaia 56,1-3.6-8 e Giovanni 5,33-36
La testimonianza delle opere ...


L'evangelista Giovanni non ha dubbi nel mettere in evidenza che l'agire di Gesù era l'agire del Padre in lui. Questo significa che le sue opere, non solo erano buone, ma erano capaci di dare testimonianza. Il mistero di Dio Padre traspariva dell'agire del Signore, così pure il partecipare attraverso l'agire alla compassione e all'amore per i fratelli. Dice Papa Francesco: Nella vita del cristiano c’è una «doppia testimonianza»: quella dello Spirito che «apre il cuore» mostrando Gesù, e quella della persona che «con la forza dello Spirito» annuncia «che il Signore vive». Una testimonianza, quest’ultima, da portare «non tanto con le parole» ma con la «vita», anche a costo del martirio.
Oggi inizia la "novena di Natale", ci accompagni la doppia testimonianza dell'agire cristiano: mostrare Gesù e annunciare la sua venuta.

giovedì 15 dicembre 2016

Isaia 54,1-10 e luca 7,24-30
Respingere il disegno di Dio...


Il commento di Gesù quando gli inviati di Giovanni se ne vanno, si conclude senza mezzi termini: "respinsero da loro il progetto di Dio". L'immersione operata da Giovanni, il battesimo, non  corrisponde alla semplice riabilitazione morale, e sociale, rispetto alle colpe commesse, ma rappresenta quel "segno degno della conversione". Nell'immersione pubblicani e peccatori corrono avanti nella strada del regno, raccolgono il testimone del precursore - "colui che davanti prepara la strada sul Signore" - e danno forma al disegno di Dio su di loro. Ritenere di non aver bisogno di quel gesto di immersione, rappresenta il primo atto per "respingere" lo stesso progetto. "Il progetto di Dio" è il suo desiderio di Padre amorevole; nel rifiutare l'immersine, esso si dissolve nella presunzione di bastare a se stessi. L'immersione rappresenta la "compromissione" il mettervi la faccia circa "Il progetto di Dio", la nostra salvezza, ossia felicità.

mercoledì 14 dicembre 2016

Isaia 45,6-8.18.21-25 e Luca 7,19-23
Facciamo vedere ciò che Gesù fa vedere!


Domenica scorsa questa pagina di Vangelo, in Matteo risuonava in modo particolare rispetto alla domanda: "Sei tu colui che deve venire o attendiamo un altro?"
Oggi lo sguardo aperto da Luca è invece centrato sulla risposta: "dite a Giovanni ..."
La risposta non è solo un riportare il testo di una profezia, ma Luca sottolinea che Gesù volontariamente e provocatoriamente compie i segni annunciati nella profezia. A volte la nostra realtà va provocata a essere luogo e rivelazione delle profezie: il senso cristiano dell'esistenza e dell'agire. Una vera azione pastorale, una vera vita spirituale, un vero cammino di Chiesa, la nostra vera conversione, non può esulare dal corrispondere alla forza delle parole del Signore, e dal suo agire. Forse occorre, aderendo sempre e comunque al Vangelo, dare un po' di scandalo... Non scandalizzare mai nessuno significa spegnere le profezie!

martedì 13 dicembre 2016

Sofonia 3,1-2.9-13 e Matteo 21,28-32
Tra Si e No ...


Quando i Si e i No sono tutt'altro che affermazioni e negazioni, ma esprimono il contenuto del nostro itinerario di conversione.
Un Si al Signore corrisponde a un Figlio che realizza la sua esistenza a servizio del Regno; un No al Signore corrisponde a un Figlio che si auto realizza nel suo esistere. La differenza non è semplicemente nell'esisto rispetto al Regno di Dio, ma in ordine alla propria Fogliolanza. Essere Figli è la condizione che trova nel si di adesione e nel no di rifiuto la sua concreta manifestazione. Credo che il punto di snodo per comprendere queste parole sia proprio la consapevolezza di essere Figli, una consapevolezza come quella dei pubblicani e delle prostitute, che la vivono come itinerario esistenziale di conversione. Tutto questo corrisponde alla nostra conversione in Figli di un Padre, che costantemente si rivolge a noi ...

lunedì 12 dicembre 2016

Numeri 24,2-7.15-17 e Matteo 21,23-27
Con l'occhio penetrante ...


Nel Vangelo di oggi è evidente che per gli anziani dei sacerdoti e i capi del popolo, la realtà di cui fanno parte è impenetrabile, presi e ingabbiati nei loro "pensieri e ragionamenti"; per loro ogni vedere è un vedersi ... Siamo di fronte al soggettivismo assoluto. La prima lettura invece ci offre l'immagine di cosa significa vedere. Balaam, profeta, pur senza appartenere al popolo di Israele, profetizza ciò che è Israele, come popolo prediletto e amato da Dio. Per dare concretezza al "vedere e udire",  il testo usa l'espressione "occhio penetrante" che vede la visione dell'onnipotente. Per fare questo, il profeta "cade" in una sorta di "trance", in un'estasi paragonabile a certe forme di dissociazione dalla realtà causate da sostanze stupefacenti. Ma, senza entrare nel particolare, è importante notare che solo in questa condizione di abbandono della realtà per affidarsi all'onnipotente, il profeta entra nella visione di Dio circa la storia, il tempo e la vita. Rileggere la profezia, serve per entrare nella storia odierna, e comprenderne il senso rispetto alla narrazione della salvezza.

domenica 11 dicembre 2016

Isaia 35,1-6.8.10 / Salmo 145 / Giacomo 5,7-10 / Matteo 11,2-11
Questa attesa significativa ...

Da sempre Gesù, nel Vangelo che leggiamo e meditiamo, attraverso le parole e l'esperienza di Giovanni Battista, ci rinnova la stessa domanda: "sono io quello che attendi ... o in realtà attendi un altro?"
Al dubbio di Giovanni, segue la risposta di Gesù; ai nostri dubbi, quale risposta segue?
L'impressione personale è che oggi, più che dubbi, siamo di fronte a una assenza di domanda; il desiderio che muove interessi e progetti si spegne progressivamente dentro un contesto culturale e sociale che si vuole fare garante, a parole, di ogni soddisfazione, ma che in realtà ci sottrae a noi stessi.
Ma come nascono i desideri?
I desideri si coltivano e crescono quando la vita di tutti i giorni non si richiude e ripiega in se stessa. È l'apertura all'altro, il confronto con le idee, lo spendersi gratuitamente che alimenta la "fabbrica dei desideri". Una fede viva, dinamica, in confronto, diventa una fede che domanda a Gesù di essere presente e parte attiva della vita stessa.
Quando il dubbio nasce dalla frustrazione e dalla tristezza, dall'avvilimento e dal l'indifferenza, quel dubbio non è germe di scoperta, e neppure di crescita e di progetto. Quel dubbio è insano, è il dubbio di senso e significato che annichilisce l'uomo occidentale contemporaneo.
Il Vangelo, come sempre vuole essere uno strumento per suscitare i desideri, quasi un "arnese" della "fabbrica dei desideri". Gesù vuole che nasca in noi una domanda che implica la richiesta del suo venire. Di fronte a questa domanda, come per il Battista, la risposta del Signore chiede di essere cercata in ciò che è piccolo, povero e in ciò che rappresenta un limite: "I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo".
Gesù in queste domande e risposte ci vuole condurre a una costante presa di coscienza: una decisione che ci soddisfi, non tanto per la sua originalità, oppure per la sua compiutezza, quanto per la sua semplicità. L'evidenza della rivelazione, lo ripeto da anni, si impone a se stessa, senza la necessità di essere giustificata dal ragionamento e dal consenso. Rileggere la seconda lettura, questa settimana ci può solo fare bene, per capire perché Gesù continua a chiederci se è proprio Lui che aspettiamo. Ma soprattutto come si fa ad attenderlo.
"Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore".

sabato 10 dicembre 2016

Siracide 48,1-4.9-11 e Matteo 17,10-13
Beati coloro che si sono addormentati nell'amore.


Con questa espressione si chiude la seconda settimana di Avvento, dando una visione di consolazione, ma soprattutto di direzione. Tutta la storia di Elia è un susseguirsi di colpi di scena, ma nonostante tutto, l'epilogo è la brezza del mattino che nella pace rivela l'amore di Dio. Nascosto nel susseguirsi degli eventi, tra un sorriso e una preoccupazione, si cela quella presenza di Dio che fa storia attraverso di noi. Il Vangelo stesso ci invita ad avere occhi per vedere e orecchi per udire la salvezza che cammina nei passi di coloro che amando il Padre si affidano coraggiosamente al Suo amore misericordioso. Gesù stesso ci insegna questo cammino, che è un vero attivo abbandono nell'amore.

venerdì 9 dicembre 2016

Isaia 48,17-19 e Matteo 11,16-19
Mangioni e demoni ...


"Se avessi prestato attenzione ai miei comandi ..."
La nostra preparazione di Avvento arriva al punto nodale: "all'attenzione ai suoi comandi". Da oggi occorre che ciascuno i noi seguendo l'invito della Parola, si metta realmente in un ascolto obbedienziale. La sapienza di Dio si manifesta nelle sue opere giuste, ed è una giustizia che si impone a noi indipendentemente dalla ragione, per questo sono "comandi". Togliamo perciò il dubbio e la diffidenza, quella diffidenza che ci rende miopi e sordi. Una miopia che svia il nostro riconoscere il Signore come compagno di vita ... Una sordità che tura le orecchie rispetto al suono della Parola, che è melodia per la vita santa: non balliamo e non siamo nella gioia. Da oggi, per l'Avvento, diamo credito alla sapienza.

giovedì 8 dicembre 2016

Genesi 3,9-15.20 / Salmo 97 / Efesini 1,3-6.11-12 / Luca 1,26-38
Solennità dell'Immacolata Vergine Maria
Ci ha scelto per essere santi e immacolati nell'amore ...

In questa Solennità di Maria; del suo concepimento immacolato; per una volta, vorrei contemplare la bellezza della madre di Dio, attraverso la nostra natura umana, di cui Lei è  primizia e anticipazione e immagine del suo reale compimento. Per questo motivo le Parole di Efesini sono particolarmente significative: "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato".
1) La nostra esistenza, non è un caso, esistiamo nel desiderio di Dio e nella sua volontà, per cui, dal nulla ci ha chiamati alla vita, infondendo in noi la vocazione ad essere Figli, in Gesù Cristo. Questa condizione di esistenza corrisponde anche alla nostra dignità di uomini. 
Paolo, poi, aggiunge una serie di aggettivi, che non solo ci nobilitano, ma che dicono il valore e il senso della nostra vita terrena: "santi e immacolati nell'amore".
Possiamo dire che noi siamo chiamati ad esistere "in un atto di amore", e che l'amore e l'amare, ci determinano non solo nei sentimenti, ma soprattutto nella felicità e realizzazione della vita. Chi non ama è triste; chi non ama si avvilisce; chi non ama inaridisce e disumanizza.
2) Poi Paolo usa una parola inusuale: immacolati. Sembrerebbe quasi che essere senza peccato sia la condizione che meglio corrisponde alla nostra pienezza. La vera beatitudine è essere senza peccato. Maria ci dice che è possibile, per Lei è un dato di fatto, per grazia, per noi è un educare la nostra umanità alle scelte di bene, di vero e di bello.
3) E poi essere santi ... ma esserlo, non è fine a se stesso; esserlo neppure significa essere bravi o buoni, esserlo significa fare la Chiesa. La santità non è un premio, ma una condizione della vita che esprime il fare la volontà di Dio. La chiesa traduce nella storia la santità di Dio. 
Personalmente questa solennità ha sempre detto cose magnifiche circa la Chiesa, e circa il modo di amarla; in Maria credo di aver imparato ad amare la Chiesa nella sua bellezza ed espressione femminile, e non è un caso che in questa solennità moltissime espressioni dei doni e carismi dei laici, e del loro modo di essere Chiesa, trovino la loro origine e il loro radicamento nello stato di grazia della Madre di Dio.

mercoledì 7 dicembre 2016

Isaia 40,25-31 e Matteo 11,28-30
Quanti sperano nel Signore riacquistano forza ...


Dice Isaia: chi spera nel Signore, mette ali, corre senza affanno, cammina senza stancarsi ... La vita di tutti i giorni, per ciascun è condizione di grande fatica, ma la speranza, cioè l'affidarsi al Signore diventa nella vita stessa motivo di sostenibilità: anche la grande fatica trova una ragione. Forse è proprio questo lo sguardo attraverso il quale caricarsi il giogo del Signore... Non come una cosa in più da sostenere con tenacia insieme alle altre, ma il farsene carico per amore Suo, per dare un senso alle cose che ci sono chieste, che scegliamo o che sono doverose. La promessa racchiusa in questa offerta di amore al Signore, è una sorta di consolazione di cui lui stesso sembra farsi carico: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro". Gesù non ci aggiunge un peso da portare, ma si accompagna nel portare il peso, Lui non è il peso ulteriore, Lui, come amico, porta i nostri pesi e noi stessi ...

martedì 6 dicembre 2016

Isaia 40,1-11 e Matteo 18,12-14
Consolate, consolate ...


"... La sua misericordia si esprime anche nella vicinanza, nell’affetto e nel sostegno che tanti fratelli e sorelle possono offrire quando sopraggiungono i giorni della tristezza e dell’afflizione. Asciugare le lacrime è un’azione concreta che spezza il cerchio di solitudine in cui spesso veniamo rinchiusi. Tutti abbiamo bisogno di consolazione perché nessuno è immune dalla sofferenza, dal dolore e dall’incomprensione. Quanto dolore può provocare una parola astiosa, frutto dell’invidia, della gelosia e della rabbia! Quanta sofferenza provoca l’esperienza del tradimento, della violenza e dell’abbandono; quanta amarezza dinanzi alla morte delle persone care! Eppure, mai Dio è lontano quando si vivono questi drammi. Una parola che rincuora, un abbraccio che ti fa sentire compreso, una carezza che fa percepire l’amore, una preghiera che permette di essere più forte... sono tutte espressioni della vicinanza di Dio attraverso la consolazione offerta dai fratelli". ("Misericordia et misera", papa Francesco)

lunedì 5 dicembre 2016

Isaia 35,1-10 e Luca 5,17-26
Quale è il potere del Figlio dell'uomo?

"Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?" Se nel nostro cuore/mente pensiamo così, abbiamo un problema non solo di durezza, ma non conosciamo la vera identità del Figlio dell'uomo. Ciò che caratterizza questa identità è la misericordia di Dio, che si rivela nel salvare chi è perduto, e nel sanare chi è malato. Nel cuore di coloro che portano il paralitico è già riconoscono il potere del Figlio dell'uomo, di Gesù. Per loro, il giudizio di giustizia e legalità dei farisei e dei maestri della Legge è improponibile rispetto alla realtà di dolore e sofferenza di quel loro amico. Il potere del Figlio dell'uomo, è il potere della Misericordia, essa è l'azione di Dio che rinnova la faccia della terra a partire da una umanità ferita e umiliata. Ma questo potere del Figlio dell'uomo, ora è affidato alla Chiesa e a chi nella Chiesa ha il potere di sciogliere e legare sulla terra e sciogliere e legare nel cielo ... e nel regno dei cieli!

domenica 4 dicembre 2016

Isaia 11,1-10 / Salmo 71 / Romani 15,4-9 / Matteo 3,1-12
Il frutto della conversione: cambiare!


Il profeta Isaia descrive una situazione che si può pensare solo tra "favola e realtà", al punto che per molti, oggi, ma anche a suo tempo poteva essere compresa solo come illusione. Ma siamo sicuri che Isaia intendesse proporre una immagine di suggestione?
E se invece voleva provocare le persone rispetto alla disumanità della vita di quel tempo? Ecco che queste immagini messianiche, non sono un auspicio di una realtà nuova che si realizza alla venuta del Messia, ma sono denuncia di una realtà dura in cui occorre realmente l'agire dello Spirito, per animare con i suoi doni una vera umanità.
Ed ecco che la forza di Isaia non si estingue e riemerge nel grido forte di Giovanni: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!" E ancora, "fate frutti degni della vostra conversione !"
Quel convertitevi, letteralmente "metanoeite", cioè, cambiare mentalità, perché, essendo vicino il regno dei cieli, bisogna adeguarsi al cambiamento, alla novità del regno di Dio.
La conversione, non traduce, in questo caso l'ammenda dei peccati, il chiedere perdono, ma propone il cambiamento dello sguardo sulla realtà e sulle cose.
Abbiamo un grande bisogno di conversione, per poter dare vita alla realtà secondo Vangelo. Le parole di Paolo nella lettera ai Romani sono una vera strada aperta nel deserto della mediocrità: "... il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù ... Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio."
La prima conversione riguarda lo sguardo reciproco. La conversione riguarda sempre più l'essere Chiesa di Cristo: una conversione alla misericordia. La conversione riguarda sempre più tutti noi per adeguarci alLa 
realtà secondo il cuore di Dio, che è misericordioso!

sabato 3 dicembre 2016

Isaia 30,19-21.23-26 e Matteo 9,35-10,1.6-8
"Vedendo le folle ne sentì compassione ..."


Solo chi si accompagna realmente nel cammino, può sentire compassione per chi cammina. Ascoltando le parole del Vangelo di Matteo, oggi, siamo sostenuti nell'idea che la compassione non è un sentimento fugace, ma una condizione scelta e vissuta.
Farsi accanto fisicamente, per Gesù, ha significato caricarsi della fragilità umana: malattia, morte, impurità, tentazione. A tutto l'uomo egli si accosta, e il suo patire insieme diviene il dono gratuito di se stesso. Da questa offerta nasce la missione della comunità dei discepoli e quindi della Chiesa. Il nostro agire missionario, l'agire della Chiesa, non è quindi proselitismo, ma l'essere inviati per "accompagnare" nella compassione.
Nella compassione di Gesù, che è la compassione del Padre, lo Spirito realizza la compassione della Chiesa, cioè della comunità cristiana: "il Signore curerà la piaga del suo popolo e guarirà le lividure prodotte dalle sue percosse".

venerdì 2 dicembre 2016

Isaia 29,17-24 e Matteo 9,27-31
La liberazione dall'oscurità ...


Le nostre oscurità che attendono la liberazione, sono esplicito richiamo alla salvezza. Cosa debbo intendere per oscurità? È una condizione di peccato? È un limite o fragilità umana? Credo che a volte siamo troppo determinati nel voler a tutti i costi individuare lo stato di tenebra e quello di luce; la nostra vita invece è un insieme di luce e tenebre che si alternano a seconda della nostra consistenza e inconsistenza. Essere nella luce non è semplicemente la condizione morale positiva, buona, questa è una conseguenza. Essere nella luce è cercare, desiderare e custodire la relazione con il Signore, con colui che è la "luce del mondo". I due cechi del Vangelo, sono attratti da Gesù-luce che illumina la vita. Essi pur nella loro cecità percepiscono la luce, pur senza vedere sentono che quella luce è per loro ...
Il loro grido: "Figlio di Davide, abbi pietà di noi", rappresenta la condizione di tanti di noi che vivono il desideri della luce ma anche la loro fragilità, la loro "tenebra". Al desiderio di vedere, corrisponde l'essere salvato dal Signore, e si sperimenta quotidianamente nell'essere compresi nella luce di Cristo. 

giovedì 1 dicembre 2016

Isaia 26,1-6 e Matteo 7,21.24-27
Tra saggezza e rovina


E' ovvio, non ci vuole un genio a capire che chi costruisce sulla sabbia lo fa a suo rischio e pericolo! Gesù, ci pensi così sprovveduti?
Attenzione perché la risposta del Signore potrebbe essere: "Certo, figliolo ... perché allora continui a mettere da parte ma mia Parola e ti intestardisci nella ricerca di cose che non sono volontà di Dio, ma solo la tua?"
L'uomo saggio di cui parla Gesù, è l'uomo che costruisce sulla roccia. La saggezza è: non cedere alla tentazione della nostra vanità, del nostro amor proprio; alla nostra presunzione; quella condizione per cui io penso di essere meglio della parola di Gesù. Come discepoli la Parola va seguita, amata e vissuta, anche quando è in contrasto con il mio stato d'animo, con le mie abitudini, con i miei desideri. La roccia è Dio ("... il Signore è una roccia eterna ..."), la Parola edifica e mi costruisce ("... chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica ..."). L'effetto di tutto ciò è la stabilità, essere del regno dei cieli.

mercoledì 30 novembre 2016

Romani 10,9-18 e Matteo 4,18-22
Gesù vide ... e subito lo seguirono!


Questo brano del Vangelo di Matteo, risuona sempre con un fascino tutto suo, la Parola, oggi suggerisce di riflettere circa l'essere guardato. Essere visto da Gesù, sentirsi nel suo sguardo, assume nella mia vita una consapevolezza tutta particolare: quando io stesso vedo, guardo, qualcuno, qualcosa, ciò che è guardato e visto non mi è mai indifferente; stabilisco infatti una preferenza che ne determina una permanenza; essere visto è quindi un sentirsi abbracciati dallo sguardo di Dio. "Così amati", Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, reagiscono con un "subito" (come il Vangelo annota), essi ... corrisposero al Signore, lo seguirono, non si sottrassero più dal suo sguardo. Pure noi, con i nostri "subito" restiamo nel suo vedere!

martedì 29 novembre 2016

Isaia 11,1-10 e Luca 10,21-24
Ai suoi discepoli, in disparte, ...


Quasi una confidenza, ma anche un mettere i discepoli di fronte alla realtà: "... voi vedete, voi ascoltate ..."
Gli occhi di re e profeti non videro il volto del figlio dell'uomo.
La nostra unità con il Signore a Gesù ci colloca dentro uno sguardo che supera ogni nostra miopia, è lo sguardo della fede; ci apre a un ascolto che supera ogni nostra sordità e si fa attento ad ogni voce: alla voce della Parola e alla voce di ogni uomo. Vedere e ascoltare Gesù trascende, cioè va oltre la fisicità del vedere e ascoltare, e trasforma i nostri sensi in uno spazio di mistero, uno spazio in cui il mistero di Dio può essere accolto. Ed è proprio per questo che le parole di Gesù si soffermano sulla conoscenza di Lui, nessuno lo conosce e nessuno può conoscere Dio se non a partire da una intimità umana convissuta e condivisa. Lo spazio esistenziale di questa intimità è la preghiera, il servizio e la carità!

lunedì 28 novembre 2016

Isaia 2,1-5 (oppure Isaia 4,2-6) e Matteo 8,5-11
Una fede così grande ...


Che cosa ha di speciale questo centurione? Quale "fede così grande" possiede?
Credo che questo soldato romano, abbia dimostrato a Gesù prima di tutto quanto per lui l'amicizia/amore verso quel servo/amico era importante, e soprattutto quanto il "venire e guarire del Signore" rappresentasse non un semplice entrare nella sua casa e compiere un miracolo (livello normale di comprensione), ma il "venire" di Gesù era già anticipato come presenza nell'amicizia/amore, e il "guarire" era la salvezza che si esprimeva nella fedeltà, rispetto al servo/amico.
La venuta del Signore, è già, e realmente, dentro le nostre relazioni, in ciò che siamo, nel cammino di fede che siamo disposti a percorrere. Con lo sguardo del centurione anche noi possiamo "vedere" già la venuta di Gesù. Con Isaia oggi: "... Camminiamo nella luce del Signore".

domenica 27 novembre 2016

Isaia 2,1-5 / Salmo 121 / Romani 13,11-14 / Matteo 24,37-44
Un arrivo improvviso ... ma atteso!

Uno sguardo preoccupato, ma forse è lo sguardo di molti cristiani, vedrebbe la venuta del figlio dell'uomo come una catastrofe, una sciagura.
Gesù non vuole suscitare la nostra paura circa l'attesa, ma metterci in guardia da noi stessi e dalla nostra durezza di cuore e ottusità.
Una visione cristiana della venuta del figlio dell'uomo è cogliere nella improvvisa sua venuta il compiersi di una attesa buona, desiderata, positiva.
Una attesa buona: come quella di noi cristiani che impieghiamo questi 60,70,80 anni, cioè lo spazio della vita, per riempirli di bene, di gioia, di ricerca di verità. 
Saper attendere è realmente fare fruttare,  in quel tempo, la moneta d'oro ricevuta; usare il tempo affinché la nostra vita sia ricca di opere buone, di frutti. I credenti che disattendono ai loro frutti, non attendono più nessuno, se non la loro inevitabile morte.
Una attesa desiderata: "Vieni signore Gesù, Marana tha", è quella del cristiano innamorato, come l'attesa del giovane che che, sotto casa, in macchina aspetta l'arrivo della fidanzata ... Proviamo a fare memoria ... quanti sguardi allo specchio, quante frasi ripassate, quanti cambi di abbigliamento ... Il desiderio di Dio si coltiva con tanti atteggiamenti e cura dei particolari che sono parte della nostra vita, al di fuori non si coltiva nulla ... Se non l'indifferenza.
Una attesa positiva: noi abbiamo bisogno che Dio in Gesù ci si accusati, si faccia nostro compagno e che assuma le sembianze e "l'immagine e somiglianza" dei piccoli, dei poveri, degli abbandonati. Ne abbiamo bisogno perché solo così riconosceremo l'atteso!

sabato 26 novembre 2016

Apocalisse 22,1-7 e Luca ,34-36
Marana tha! Vieni, Signore Gesù


Queste sono le parole conclusive del libro dell'Apocalisse, esse rappresentano la condizione del discepolo dopo aver letto e ascoltato la parola, tutto diventa per lui attesa e desiderio del suo Signore.
Lo sguardo sulla realtà, riesce anche a trasfigurare la storia e gli avvenimenti è tutto prefigura il suo compimento: "... non più maledizione; ... Non vi sarà più notte; ... Non più lampada o luce di sole ..."; perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli. Ora possiamo comparire davanti al figlio dell'uomo.

venerdì 25 novembre 2016

Apocalisse 20,1-4.11-21,2 e Luca 21,29-33
Ispirazione delle scritture...

È nello "spazio" di queste parole (letture di oggi) che possiamo comprende cosa sia l'ispirazione delle scritture.
Scritti per una funzione di insegnamento didattico? Per una indicazione morale? Oppure per esprimere un contenuto teologico o catechetico?
Credo per nessuna di queste nobilissime funzioni. Per l'evangelista, tutte Le parole di Gesù (e qui l'evangelista si pone in relazione con tutta la narrazione dei quattro vangeli), sono sintetizzate in questa frase: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno", cioè non solo non verranno dimenticate, ma quelle parole risuoneranno in eterno come "Parola fatta carne". L'ispirazione della scrittura è la possibilità inaudita di quelle parole di rappresentarci al presente, svelandolo, lo stesso mistero di Dio. Nello stessa condizione, Apocalisse, trova nelle parole di Gesù la possibilità di essere, non l'insieme di visioni, ma lo spazio in cui la realtà, attraverso le immagini e i segni, costantemente si rigenera nella narrazione della storia della salvezza. La fatica di leggere l'Apocalisse è proprio questa, quella di voler a tutti i costi interpretare in modo categorico le immagini ... Attenzione, quelle immagini sono linguaggio di Dio, pensiero di Dio. Che cosa stupenda è la Scrittura, sua Parola!

giovedì 24 novembre 2016

Apocalisse 18,1-2.21-23; 19,1-3.9 e Luca 21,30-28
Dalle immagini alla realtà ...

Risulta difficile non scivolare nelle tentazione di interpretare in modo storico una immagine come quella di "Babilonia la grande"; il rischio è appunto quello di trasformare un simbolo è una immagine apocalittica in un fatto contingente, mentre l'immagine è trasversale rispetto agli avvenimenti della storia. Ugualmente però ogni avvenimento della storia va accostato alle immagini apocalittiche e da queste riceve inevitabilmente luce per il discernimento. In questo modo il Vangelo di oggi può essere riletto e meditato. Le parole apocalittiche di Gesù risuonano in una realtà che è quella dell'assedio e della distruzione di Gerusalemme dell'anno 70 dC. Da questo contatto emerge l'atteggiamento del discepolo che certo della fede in Cristo si pone con stabilità dentro la storia, per testimoniare la liberazione dal male e dalla corruzione del peccato. Il discepolo è colui che "si alza e leva la testa, verso liberazione ormai vicina". Il nostro sguardo, Signore, si alza verso il cielo da dove a me verrai!

mercoledì 23 novembre 2016

Apocalisse 15,1-4 e Luca 21,12-19
Salvare l'anima ...


L'immagine del libro dell'Apocalisse ci introduce nella visione della salvezza realizzata: è stata sconfitta la bestia e il suo numero. Questa è la certezza che accompagna il giudizio di Dio, alla fine, tutti verranno ad adorare e si prostreranno al cospetto di Dio, tutto ciò è immagine dei salvati.
A questa immagine (apocalittica) di un genere letterario non più consono ai nostri stili, accostiamo le parole del Signore del Vangelo di Luca. Ai segni dei tempi, si accosta il segno della testimonianza e della perseveranza. Il valore della testimonianza supera ogni avversità, è infatti nella testimonianza che noi ci giochiamo la salvezza. Cioè la salvezza che è dono gratuito, immeritato, del Signore, trova nella testimonianza lo spazio della realizzazione personale. Nella testimonianza la salvezza si concretizza e ci fa partecipare a quella visione gloriosa di Apocalisse.

martedì 22 novembre 2016

Apocalisse 14,14-19 e Luca 21,5-11
... e dal cielo segni grandi ci saranno!


La comprensione dei "segni dei tempi" non deve sottrarci alla compressione del "Dio con noi". Tutta la storia del mondo, da sempre, come pure la nostra storia e la nostra vita, sono nel travaglio di un "parto". Questo evento corrisponderà alla piena manifestazione del Signore "nel suo giorno", quando, le messi della terra e la vigne della terra saranno mietute e vendemmiate.
Portare Gesù nella vita fa parte del travaglio, fa parte della nostra possibilità di maturare i frutti della mietitura e della vendemmia. La stessa vita di fede, cioè la nostra testimonianza di credenti, è lo spazio nel tempo in cui i "segni" vengono gettati per ravvivare l'attesa ma anche esaltare la presenza di Gesù con noi, egli che mai si stanca di accostarsi al mostro cammino. Viviamo quindi nel presente una attesa di realtà, e non di semplice desiderio!

lunedì 21 novembre 2016

Apocalisse 14,1-3.4-5 e Luca 21,1-4
Nessuno comprendeva quel canto ...

"E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra." Queste parole del quattordicesimo capitolo dell'Apocalisse, quasi quasi  ... suggeriscono il modo ci accostarci ai fatti e alla vita della Chiesa dei nostri giorni. Ieri è stato chiuso l'Anno Santo, al canto dell'inno del giubileo, "Misericordes sicut Pater!", misericordiosi come il Padre ... Un canto nuovo che pervade la Chiesa, ma che non tutti riescono ad intendere, forse troppo timorosi che la misericordia cancelli la giustizia di Dio. Ma questa "Ecclesia semper reformanda est", trova nei moti di rinnovamento la forza di mettere se stessa, due spiccioli, nel tesoro della grazia di Dio, per trarne tutto il beneficio possibile per ogni uomo. Questa Chiesa che non vive per se stessa è la Chiesa sposa di Cristo che vive di Lui e per lui: "La Chiesa, cioè il regno di Cristo già pre­sente in mistero" (Lumen Gentium, n. 3)".

domenica 20 novembre 2016

2 Samuele 5,1-3 / Salmo 121 / Colossesi 1,12-20 / Luca 23,35-43
"Salva te stesso"


Silvano Fausti, che ora è nella gloria, scriveva: "Gesù è religiosamente un maledetto, politicamente un impotente, personalmente un fallito ..."
Ma, proprio per questo è veramente il Re, Lui salva prima di tutto gli altri,  quelli che il Padre gli ha affidato, assicurandogli, .. sembra ..., che nulla sarebbe andato perduto.
La regalità di Cristo, che oggi la liturgia ci fa conoscere, non è un privilegio, ma è il modo migliore per esprimere il servizio di amore.
È una regalità che si fa storia, che diventa il re atteso, il vero re Davide.
É una regalità che diventa carne per accogliere Dio, fino ad essere il Dio e Re crocifisso. È una regalità che trova una "immagine e somiglianza" in ogni uomo "immagine e somiglianza" di quel Re.
Dove si esprime la regalità?
Si esprime in quel dialogo tra due crocifissi, il Figlio di Dio e il Ladrone.
Il dialogo sulla croce tra Gesù e il ladrone, ora possiamo rileggerlo scoprendovi un senso misterioso che svela la nostra identità e dignità umana.
Da queste parole comprendiamo tutto ciò che c'è da sapere sulla regalità, su quella di Cristo e sulla nostra: "in verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso!"
"In verità" (amen): questa è una legge immodificabile, stabile! ... "Promulgo per tutto il mio regno che ..."
"Io ti dico": siamo di fronte a un decreto, a una autorità che determina ciò che vale per tutti.  ... "Oggi": questo tempo di salvezza inizia adesso, per tutto ciò che mi appartiene, per ogni suddito, io dispongo che ..."
"Con me sarai": "la garanzia della nostra salvezza è la sua misericordia, il suo essere Dio con noi" ... "Chi viene a me non lo respingerò perché sono venuto per salvare e non per condannare ...". Gesù ci viene a cercare fin sulla croce, dove noi siamo inchiodati dai nostri peccati.
"In paradiso": "la condivisione dello stesso destino di morte ci accomuna nello stesso destino di gloria" ... "La condivisione dell'amore ci fa pregustare il paradiso come possibilità eterna di vivere nell'amore".
La regalità di Gesù determina la condizione nuova ed eterna per cui anche un ladro, uno scarto, un colpevole, può, anzi è il primo che viene salvato.
Gesù non poteva salvare se stesso, perché prima doveva salvare quel ladrone, ma salvando lui, ha salvato tutti, e tutti ha unto con l'olio dell'amore come Re.

sabato 19 novembre 2016

Apocalisse 11,4-12 e Luca 20,27-40
Dopo tre giorni e mezzo ...


La testimonianza, non può soccombere alla Bestia! Questo è il senso più immediato dell'immagine di Apocalisse; coloro che sono testimoni della Gloria, della Presenza, cioè della Misericordia di colui che siede sul trono, questi, in forza della testimonianza sono figli della risurrezione e sono figli di Dio, quindi non possono morire. È in questo stretto legame che possiamo dare sintesi alla Parola di oggi. La nostra testimonianza di amore a Dio, va ben oltre il nostro desiderio e volontà di corrispondere alla scelta di fede. La testimonianza rappresenta lo spazio della presenza di Dio in noi e con noi; quindi non è solo un esempio, perché la Presenza che porta con sé tutto il mistero di vita che è il "Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe". Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui. Quando quindi, avremo concluso la nostra testimonianza, dopo tre giorni e mezzo il soffio di vita entrerà in noi e ci alzeremo in piedi, pure noi! Non possiamo escluderci dall'immagine di Apocalisse!

venerdì 18 novembre 2016

Apocalisse 10,8-11 e Luca 19,45-48
Quel libro dolce e amaro

Quando vengono sciolti i sette sigilli del "libro" (rotolo), assistiamo a un susseguirsi di immagini e di simboli, che ci conducono progressivamente al compiersi del tempo, al giudizio del Signore su quanto esiste e vive. Quel libro custodisce in se la storia dell'umanità è quella della salvezza, in un "unicum" di straordinario mistero. Vivere la vita e la salvezza significa nutrirsi di tali eventi, non lasciare che essi ci passino sopra la testa oppure che noi ne restiamo indifferenti o inermi. Dolcezza e ammarezza descrivono correttamente la gioia e la fragilità, la pienezza e il limite, l'amore e l'odio, la vita e la morte. Un contrasto che è parte di ciò che siamo; ma ugualmente un contrasto che non si conclude nelle nostre viscere, ma che e ci proietta nel compimento. Il nostro esistere contiene già da ora in segno della gloria di Dio.

giovedì 17 novembre 2016

Apocalisse 5,1-10 e Luca 19,41-44
Il libro con sette sigilli ...

Un'altra immagine antica legata all'idea della conoscenza della verità di ciò che deve accadere ... Comprendere le chiavi di lettura velate nelle immagini non è cosa facile, l'idea del libro suggerisce che la vicenda umana, della storia e del tempo, cioè tutto ciò che viviamo nel tempo ha un ruolo importante rispetto alla rivelazione di Dio. Gli avvenimenti della storia, il susseguirsi del tempo altro non è che il cammino della "salvezza", cioè il modo in cui la redenzione porta a compimento il progetto di amore di Dio e rende "il tutto" capace di esprimere la trascendenza che racchiude, il suo destino di eternità. Anche le lacrime di Gesù su Gerusalemme non sono solo un pianto sconsolato, ma l'annuncio di una storia anche di sofferenza, che liberata dal peccato, si compie nel mistero di Dio. Quando pensiamo la storia senza Dio, il tempo senza Dio, la vita senza Dio, nascondiamo a noi stessi il "giorno che porta alla pace".

mercoledì 16 novembre 2016

Apocalisse 4,1-11 e Luca 19,11-28
Fatele fruttare fino al mio ritorno ...


La parabola delle monete d'oro, sempre molto suggestiva, ci pone di fronte a un comando, quello di fare frutto. Il tempo della vita, tempo dell'attesa del ritorno del Signore, non può essere un tempo di staticità, di attesa inerme. Chi nasconde la sua moneta d'oro, si sottrarre alla conclusione festosa del "frutto". Ai molti non sembrerebbe poi così grave custodire in un fazzoletto "quella moneta", ma in realtà quella scelta non prepara per nulla al ritorno del Signore. Il Suo ritorno infatti è un evento che si compie a partire dal presente e a partire da noi stessi. Anche dell'immagine di Apocalisse, che descrive la corte divina, la gloria e l'adorazione, forse noi la comprendiamo in una estatica staticità, ma non è questo il modo corretto. La sala del trono del grande Re, del Signore dell'universo è un luogo che è raggiungibile attraverso la vita nel tempo, quella stessa vita della Chiesa che  stimolata dalle parole del suo Sposo e Signore (le sette lettere alle chiese) fa fruttare il tesoro di grazia che me è stato affidato nel tempo, fino al suo ritorno glorioso.

martedì 15 novembre 2016

Apocalisse 3,1-6.14-22 e Luca 19,1-10
Signore tu mi scruti e mi conosci ...

Le sette lettere dell'Apocalisse, inviate alle sette Chiese, sono immagine delle malattie della Chiesa; le parole del Signore rivolte a queste comunità non hanno solo una valenza di moralità, esse descrivono la Sposa di Cristo nel travaglio della storia.
Ieri, la sottolineatura era circa la mancanza di memoria del primo amore; oggi, si sottolinea la smemoratezza circa la Parola ascoltata e la tiepidezza di chi non si lascia educare e purificare dalla verità. Lo Sposo della Chiesa non cessa mai attraverso queste parole di condurre la Chiesa, passo dopo passo al compiersi del tempo, al momento del Suo ritorno. Questo momento è simile all'incontro voluto da Gesù e desiderato da Zaccheo; sotto quel sicomoro si realizza l'invocazione "vieni signore Gesù" ... "Oggi la salvezza è venuta per questa casa!"

lunedì 14 novembre 2016

Apocalisse 1,1-5;2,1-5a Luca 18,35-43
Il "vedere" che cambia


Sono due le sottolineature che oggi mi suggerisce la Parola di Dio:
- tornare al primo amore ... Compiere le opere di prima! A volte capita che nel passare del tempo, si stemperi la passione dell'incontro con il Signore, non perché non sia importante, ma perché la nostra umanità, fragile, si nutre della stessa passione e la consuma. Tornare al primo amore, non è nostalgia, ma è prima di tutto, rinnovare le azione (non solo ripeterle) che caratterizzano quell'amore; ad esempio ritornare a fare fatica del Vangelo, non rifiutarla; sopportare (farsi carico) esercitando in tal modo la perseveranza.
- un ceco chiede di vedere, vede da gloria a Dio; la gente vedendo, vede e da lode a Dio. Dal desiderio personale e nell'accostarsi di Gesù ci è dato di vedere la "Gloria" di Dio, cioè la sua presenza; ma dal mio vedere scaturisce anche il vedere di altri, che altrimenti resterebbero cechi.

domenica 13 novembre 2016

Malachia 3,19-20 / Salmo 97 / 2 Tessalonicesi 3,7-12 / Luca 21,5-19
Salvare la vita nel bel mezzo del "guazzebuglio"


Una lettura apocalittica dei nostri giorni:
- crisi economica conclamata dal 2008. Ormai sono 8 anni, abbiamo assistito al crollo delle sicurezze economiche, all'impoverimento di tanti, alla crisi dei mercati e delle speculazioni. Rovina di molti e spregiudicata ingiustizia di altri;
- il mondo si rovescia, popoli che sono in guerra contro altri popoli; migrazioni di massa, profughi che invocano pane, diritti negati e giustizia;
- terrorismo internazionale, forze occulte e potere economico intrecciati per tracciare nuove strategie di forza e soprattutto ridisegnare col sangue il volto della terra; le stesse persecuzioni alla chiesa, ai credenti agli uomini di pace;
- progressiva indifferenza e disumanizzazione. L'uomo perde la sua identità e dignità; non è più un popolo ma una massa. Un corpo senza cuore e senza volto, del quale nessuno si prende cura;
- la stessa natura manifesta tutta la sua contrarietà e disarmonia, terremoti, catastrofi atmosferiche e cataclismi. Ancora una volta le forze della natura dimostrano la loro violenza e corruzione apportatrice di morte e distruzione;
- confusione politica, tra riforme e referendum; incertezze su un leadr che eletto nella sorpresa di molti, inevitabilmente eserciterà il suo influsso sulle scelte dei popoli e la storia di questo mondo, nello stesso modo in cui è accaduto in passato.
Discernere il tempo, in forza della nostra vita e fede, significa non restarne imbrigliati, incatenati, imprigionati.
Nonostante tutto questo sguardo preoccupato e preoccupante, il nostro è anche un tempo in cui la Chiesa con forza e profezia sta rinnovando se stessa. Si spoglia e si spoglierà di tutta la pesantezza di orpelli che sono i tradizionalismi, che nulla hanno a che vedere con la santa tradizione; si rinnoverà nello stile del Vangelo recuperando la povertà evangelica come sfondo della comprensione di sé. Recupererà la missione come vocazione, cioè chiamata ad essere per il mondo prima che per sé stessa.
Anche le nostre comunità sentono l'urgenza del rinnovamento e allo stesso tempo alla fedeltà al pensiero di Cristo, e contemporaneamente sperimentano la fatica del "si è sempre fatto così" ... Che grande fatica.
Di fronte a tutto questo non si può stare inermi, ma come cristiani siamo chiamati a fare la nostra parte, incuranti delle nostre sicurezze ... Tanto sappiamo bene che: "... nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto ..."

sabato 12 novembre 2016

3 Giovanni 1,5-8 e Luca 18,1-8
Pregare stanca?


La nostra preghiera rischia di essere una esperienza deludente perché frutto di una praticoneria piuttosto che di una vera azione dello Spirito. L'insistenza la comprendiamo come ripetitività, fino a una forma di sfinimento di chi può esaudirci. Ma l'insistenza per Gesù non si esaurisce nell'azione ripetuta, l'insistenza è lo "stato di preghiera" ...
Cosa possiamo intende per stato di preghiera? Credo voglia dire: lasciare che la vita scorra tra le mani di Dio. Nelle sue mani, come se fosse un rosario; ogni "grano" è accarezzato dalle dita del Signore, senza esserne trattenuto, perché uno dopo l'altro, compongono una preghiera compiuta ...
Si comprende che l'esaudimento non è quindi il frutto della fatica o ripetizione, ma è la conseguenza dello stato di preghiera; è il frutto che si genera nello "stato orante", quindi non è detto che corrisponda a un desiderio, ma è una vera consolazione,dono dello Spirito Santo. Questa è un'ottima stanchezza!

venerdì 11 novembre 2016

2 Giovanni 1a,3-9 e Luca 17,26-37
"Cadaveri" e "avvoltoi"


Abituati alla dolcezza e tenerezza di un Dio misericordioso, nel modo in cui l'evangelista Luca ce lo rivela, il brano di Vangelo di stamattina rompe la nostra comprensione abitudinaria. Il Vangelo non è una raccolta di discorsi, ma narrazione di salvezza, data e realizzata nella vita stessa del Signore; per cui accanto alle "belle pagine delle parabole" ci stanno pure le belle pagine dallo stile "escatologico" (tempi ultimi) ricche di immagini dal sapore apocalittico (genere letterario che descrive per immagini gli eventi finali). Quale chiave di lettura dare oggi?
I discepoli non chiedono quando accadrà, ma dove accadrà tutto questo; quasi a dirci che non è più questione di tempo, ma che il tempo è già arrivato a compimento in Gesù... I discepoli che sono partecipi dei segni, ne ricercano la manifestazione: il discernimento dei tempi per colmarli dell'esperienza della loro fede. Quando ciò accade tutto rivela "il figlio dell'uomo" nel suo venire glorioso (cadaveri e avvoltoi). Allora sarà la fine, ma in realtà sarà l'inizio di ogni desiderio di vita, sarà infatti la misericordia di Dio per sempre. Questo, nella storia, si traduce in una "fatica" causata dalla corruzione (peccato) della creazione stessa.