domenica 31 luglio 2022

Ricchezza inconsistente

Qo 1,2; 2,21-23; Sal 89; Col 3,1-5.9-11; Lc 12,13-21

A Gesù non piacciono i ricchi?  Gesù disprezza la ricchezza? Gesù non ama possedere cose e persone?
Direi che occorre fissare l'attenzione su ciò che per Gesù è causa di tanti mali che affliggono l'uomo: la cupidigia, cioè dall’avidità di possedere.
Ma tutto ciò ci segna di una grande fragilità, tutto esprime anche i nostri limiti umani. Tutto ci conduce a compensare ciò che ci manca nello spasmodico bisogno di possedere.
È per distoglierci da questa ricerca affannosa della ricchezza, che Gesù racconta la parabola del ricco stolto, che crede di essere felice perché ha avuto la fortuna di una annata eccezionale e si sente sicuro per i beni accumulati.
Ma il vero problema è proprio il progetto che il ricco medita in sé stesso incurante dell'iniziativa di Dio. Pensa solo in sé stesso, in uno sforzo di assoluta solitudine.
Il ricco mette davanti a sé stesso, tre considerazioni: i molti beni, i molti anni, la tranquillità e il benessere sfrenato.
Ma la parola che Dio gli rivolge annulla questi suoi progetti. Invece dei "molti anni", Dio indica l’immediatezza: "stanotte morirai". Al posto del "godimento della vita" gli presenta il "rendere la vita e il giudizio". Per quanto riguarda la realtà dei molti beni accumulati su cui contare si erge il sarcasmo della domanda: "E quello che hai preparato, di chi sarà?"
Stolto: lo è perché ha rinnegato Dio; stolto è chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio.
E noi cosa siamo, siamo stolti pure noi?
I beni materiali sono necessari?
Sono beni! Sono un mezzo per vivere onestamente e nella condivisione con gli altri.
Gesù non odia la ricchezza ma ci invita cercare altre ricchezze, non quelle che incatenano il cuore e distolgono dal vero tesoro che è nei cieli, cioè di Dio: la giustizia, la solidarietà, l’accoglienza, la fraternità, la pace; tutte cose che costituiscono la vera dignità dell’uomo.
È questa la ricchezza secondo il vangelo: amare Dio con tutto il nostro essere, e amare il prossimo come lo ha amato Gesù, cioè nel servizio e nel dono di sé.
La cupidigia dei beni, la voglia di avere beni, non sazia il cuore, anzi provoca fame di possesso!
Se amare è la sola vera ricchezza, si comprende come il nostro mondo, la nostra cultura occidentale è in una corsa verso il declino, perché tutto viene vissuto come ricerca dell'immediato, del tutto e in una ricerca smisurata di ricchezza di beni materiali e di piacere che nessuno riesce a raggiungere, e che per questo non soddisfano. Questa ricerca di benessere alla fine è sorgente di inquietudine, e di avversità; di prevaricazioni e di guerre, come anche stiamo vivendo. Che cosa anima questa nuova guerra in Europa se non la bramosia dell'economia e dei flussi di denaro?
Davanti a Dio noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo condiviso; siamo ricchi di ciò che abbiamo donato con amore; siamo ricchi del cammino compiuto con chi aveva paura di restare solo; siamo ricchi di un cuore capace di perdonare, di amare.

sabato 30 luglio 2022

La forza redentiva del martirio

Geremia 26,11-16.24 e Matteo 14,1-12

La tragica vicenda di Giovanni Battista non ha nulla da invidiare a certe situazioni e accadimenti della nostra quotidianità. L’iniquità del mondo, le ingiustizie, la crudeltà sono i veri ostacoli alla conversione e al cambiamento. È evidente in questa periscope, come tutto ciò che resta legato al mondo di Erode - pur se affascinato dal Maestro che viene dalla Galilea -, non riesce a compiere il salto della fede; quel mondo iniquo non viene toccato dal dubbio che la verità accende nella coscienza. Neanche il Battista è riuscito a scalfire la durezza e la loro incredulità, ma alla fine sarà proprio il suo essere vittima innocente a determinare una irruzione inattesa.
Sarà proprio dalla mesta sepoltura di Giovanni che Gesù prende consapevolezza della pienezza del suo tempo; tutto è compiuto e la verità non può attendere oltre, cioè che la malvagità alla fine, invece che vincere sul bene diviene condizione affinché il bene si compia pienamente. Il male non prevarrà mai e neppure troppo a lungo.

venerdì 29 luglio 2022

Credi questo?

1 Giovanni 4,7-16 e Giovanni 11,19-27

Un dialogo oltre ogni immaginazione. Un dialogo non certo di circostanza: quale appunto la morte di un amico carissimo; Lazzaro. Certamente la morte improvvisa di Lazzaro ha gettato molti nell'inquietudine circa il senso della vita e la stessa vita dopo la morte. L’evangelista Giovanni, coglie nella drammatica situazione della morte di Lazzaro, l'occasione per introdurci nel cuore della fede in Gesù figlio di Dio e unico salvatore. La domanda di Marta pone l'accento sulla vita presente e sulla possibilità di Gesù di compiere quei gesti che l'avrebbero garantita, ma la risposta del Signore apre a una prospettiva totalmente diversa, che supera la domanda stessa. Il cuore della fede in Gesù, il vangelo, non sono una ulteriore rilettura morale dell'esistenza, una qualche nuova filosofia di vita, ma la possibile comprensione del mistero di Dio, che è amore e vita per sempre, anche per ciò che è insignificante, irrilevante ma comunque esistente.
Al centro della nostra fede, non ci sono i discorsi di Gesù, o le sue altissime parole, ma la sua risurrezione. Credere questo significa avere uno sguardo che supera il dramma del presente, e tutta l'esperienza della nostra fragilità e del male. Diversamente occorre adattarsi a rimanere rinchiusi in una realtà che non ci darà mai scampo.
Che cosa dice Gesù a Marta se non che il suo amore per noi non verrà mai meno, nemmeno di fronte ai nostri limiti e alla nostra morte. Credere questo significa da parte nostra scegliere lo stesso amore come origine della felicità; credere in Gesú significa scegliere di amare senza riserve, senza timori.

giovedì 28 luglio 2022

La pazienza di capire

Geremia 18,1-6 e Matteo 13,47-53

Quale obiettivo hanno le parabole del Regno che Gesù con abbondanza di immagini ci rappresenta? La mia impressione è quella di una rappresentazione del presente come anche personale, insieme, dove il mistero di Dio si intreccia alla nostra vita; è questo rapporto dinamico che costruisce e rappresenta il Regno. Tutto questo non si esaurisce nell’oggi ma è orientato a un compimento, la "fine", ma che si concretizza nel divenire progressivo, giorno per giorno.
Ma è proprio questo divenire che la parabola descrive con stupore e meraviglia attraverso le immagini. Come anche la rete gettata in mare che raccoglie ogni genere di pesce, non è forse immagine dell'amore del Padre che tutti vuole salvare, indistintamente: buoni e cattivi? Il Regno, poi, non è un tribunale che emette un giudizio secondo leggi, norme e precetti; il giudizio è il compimento del Regno, ma questo giudizio è frutto della pazienza di sedersi a contemplare la pienezza della rete e affidare il discernimento della vita all'infinito amore di Dio. Gesù non nega il giudizio, ma occorre che noi non lo travestiamo di legalismo puramente umano. In tutti noi si realizza la parabola della rete, quando siamo disposti a mettere nelle mani del Padre tutto ciò che siamo, bene e male, ogni fragilità e ogni limite, come anche ogni possibilità e dono; ma questo significa anche sedersi e discernere con amore, per ricollocare tutto nel compimento, e realizzare così il meglio di noi stessi.



mercoledì 27 luglio 2022

Il Regno per la mia vita

Geremia 15,10.16-21 e Matteo 13,44-46

Dopo anni di ascolto della Parola ... dopo tutto il nostro essere discepoli di Gesù, che cosa è il Regno di Dio? Riesco a dare alle parabole del Regno una qualche forma di concretezza, di esperienza, di vita?
Le parabole del tesoro nascosto e del mercante che cerca la perla, sono parte di una sezione che ha il suo inizio in quella del seme caduto in diversi terreni; Gesù afferma che il Regno di Dio è vicino - come il seme gettato -, e si mescola con la vita, con le soffrenze, con i progetti della gente comune. Ho l'impressione che il Regno di Dio abbia a che vedere con la vocazione personale; trovare, cercare, comprare ... hanno un obiettivo: coinvolgerci pienamente nel Regno, cioè nell'intreccio tra il dono di amore di Dio e la realizzazione della nostra felicità. Sì, perché il Regno è portatore di una gioia pari a quella di un tesoro nascosto o di una perla digrande valore.
Ecco che il Regno non è una questione di appartenenza a una istituzione e tantomeno l'adeguarsi a norme e precetti di vita; il Regno di Dio è proprio la conseguenza dell'amore del Padre che diviene parte della nostra storia e della nostra quotidianità. Il Regno è il vero investimento della vita; trovare il tesoro o la perla bellissima, significa accogliere un mistero inaspettato che ci supera, ma soprattutto fare di noi degli autentici cercatori di gioia: la gioia di Dio, la gioia che è Dio.

martedì 26 luglio 2022

La zizzania degli scandali e dell'iniquità

Geremia 14,17-22 e Matteo 13,36-43

"Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre  loro." Ieri papa Francesco ha iniziato il pellegrinaggio penitenziale in Canada per chiedere perdono ai nativi tradizionali per le violenze e uccisioni subite da oltre 150.000 bambini tra la metà del diciannovesimo secolo e la prima metà del ventesimo. Violenze, abusi sessuali, e uccisioni di cui anche Istituzioni Cattoliche e uomini di Chiesa si sono macchiati, rinnegando con i loro gesti e stili di vita il Vangelo di Gesù. Oggi è il tempo in cui i giusti risplendono come il sole in forza della misericordia e del perdono. La Chiesa quando ritrova la sua originaria vicinanza a Cristo, non può che essere fonte di riconciliazione e perdono, e condannando le atrocità commesse, si mette a raccogliere quella zizzania che ha causato lo spargimento del sangue innocente e il grido di troppe vittime. Oggi assistiamo al fuoco purificatore dell'amore del Padre.  Nello spiegare la parabola della zizzania, Gesù non si mostra come un giustiziere; ma ogni sua prerogativa di Figlio dell'uomo è per attendere conversione e salvezza. Conversione e salvezza al posto della zizzania fatta da scandali e iniquità. Oggi in questo nostro mondo distorto, occorre coltivare ogni atteggiamento di perdono, perché solo nella remissione del male ci sarà la vera redenzione.

lunedì 25 luglio 2022

Posti preziosi ...

2 Corinzi 4,7-15 e Matteo 20,20-28
Festa di San Giacomo apostolo

Non è certo per correggere san Paolo, ma con entusiasmo mi verrebbe da coniare questa espressione: "siamo un tesoro fatto di argilla". Preziosi per l'amore di Gesù per noi, ma fragili per la debolezza della nostra umanità; ma entrambe le cose sono indissolubilmente insieme, preziosità e fragilità.
Pensare una fragilità preziosa, è possibile proprio solo in forza della nostra umanità. La nostra fragilità è fatta spesso di ingenuità e anche di quella presunzione che gonfia l'amor proprio finanche ad essere incuranti dei fratelli; cioè trascurare la loro preziosità.
La madre di Giacomo e Giovanni voleva per i propri figli il massimo, forse li riteneva migliori degli altri, certamente ai suoi occhi, più preziosi di ogni altro. Ma il suo desiderio di preziosità (essere i primi) si scontra con l'essere primi nel regno dei cieli, che significa essere disposti al sacrificio di sé per il bene e la vita degli altri; inoltre, la vita e le opere non bastano, occorre la grazia che solo il Padre può donare. Infatti quella madre sta chiedendo a Gesù di rendere capaci i figli di donarsi totalmente come lui sta per fare. E Gesù risponde che questo non è possibile perché amare è un miracolo che si genera quando si sprigiona il “sì” che ciascuno di noi può dire. Questa è la nostra vera preziosità, il nostro unico tesoro.

domenica 24 luglio 2022

Quando pregate … dite …

Gen 18,20-32; Sal 137; Col 2,12-14; Lc 11,1-13

Cosa significa pregare? In questi giorni abbiamo pregato per la pioggia ... Ma abbiamo proprio pregato?
Quale tipo di preghiera è la mia preghiera?
E forse, occorre chiedersi che cosa rappresenta per me la preghiera?
Non svelo nessun segreto confessionale, ma la preghiera è tra le esperienze della fede cristiana quella più disattesa. Forse dipende anche da come nell'infanzia ci è stata proposta e insegnata "la preghierina". Non è che spesso l’abbiamo elaborata come l’esternazione a Dio dei nostri desideri, bisogni e necessità, desiderosi di essere esauditi ... cioè accontentati.
Di fronte alla pandemia abbia pregato? Difronte alla guerra abbiamo pregato? E per la siccità e per la pioggia, continuiamo a pregare?
Ammettiamolo, con una evidente delusione: la pandemia non è cessata e molti nostri amici se ne sono andati; la guerra continua ormai isolata in un paese lontano da noi, e con tutte le difficoltà che ne derivano e deriveranno; la siccità e la pioggia - non sbilanciamoci -, ma il caldo di questo luglio non da’ segni di cedimento.
E allora la nostra preghiera?
A cosa è servita? A cosa serve?
Il motivo della nostra preghiera era pur nobile? Eppure, il non esaudimento ci appare scandaloso.
Dobbiamo demolire l'idea di una preghiera come una bacchetta magica ...
Il nostro rapporto con Dio, la nostra relazione con lui non ha nulla di magico ... non può essere un dialogo di richiesta che defluisce in una pretesa di esaudimento.
Dice il papa che Gesù ha avuto "una grande sapienza mettendoci sulle labbra il Padre nostro", una preghiera in cui è Dio che deve convertirci, non siamo noi che dobbiamo convertire Dio a noi e ai nostri desideri.
Nella preghiera ci vuole tutta l'umiltà di chi si offre al Signore per essere convertito: "Tu, Signore, converti il mio cuore perché chieda quello che è conveniente; chieda quello che sarà meglio per la mia salute spirituale; ciò che è il meglio per la mia vita".
Detto questo occorre che anche noi chiediamo al Signore: insegnaci a pregare, per non domandare cose, ostentare desideri, ma per essere trasformati.
Pregare è riattaccarci a Dio, come ci si attacca alla fontana; è aprire noi stessi alla possibilità di essere riempiti e cambiati da Dio.
Questo cambiamento è il frutto di una relazione sincera e vera come quella tra un figlio e il proprio Padre; è espressione di una amicizia che non si trattiene dal concedere ciò che è necessario all'amico anche se in un momento non opportuno.
La preghiera che Gesù insegna è la consegna della sua preghiera personale; del suo modo di stare con il Padre. Ma è anche l'immagine di ciò che è il Padre per Gesù: non un Dio che signoreggia ma un Dio che si coinvolge; non un Dio rigoroso, ma un Dio che intreccia il suo sospiro con il nostro; non un Dio anaffettivo ma un Dio che mescola le sue lacrime con le nostre, e che chiede solo di lasciarlo essere nostro amico.
La preghiera non è un rito ripetitivo e neppure un atto di culto ... ma per un discepolo di Gesù, è accogliere un insegnamento e una proposta quella del maestro. Non si prega perché mi piace, non si prega perché è bello, si prega perché Gesù ci ha insegnato che solo nella preghiera si realizza in noi un luogo e un tempo concreti per il dialogo col Padre; un parlare che coinvolge e impegna tutta la realtà che viviamo.
Come è bello e pieno di affetto quel "Chiedete”, “cercate”, “bussate”, sono inviti che Gesù fa a ciascuno di noi affinché cresca sempre di più la nostra relazione con Dio, la nostra intimità con il Padre, perché Dio vuole essere intimo con ciascuno di noi!

sabato 23 luglio 2022

Uniti come è con cosa ...

Galati 2,19-20 e Giovanni 15,1-8
Santa Brigida

In Emilia Romagna oggi si ricorda sant'Apollinare, mentre in tutta la Chiesa oggi è la festa di Santa Brigida (di Svezia), patrona d'Europa.
È necessario rimanere uniti a Gesù per non dimenticarci di lui. Oltre a ogni spiegazione teologica e argomentazione spirituale ed esegetica, occorre ammettere ciò che per Gesù è una evidenza, che non nasconde e che condivide in modo immediato in quei discorsi, che Giovanni ci riporta come suo testamento nel contesto dell'ultima cena. "Rimanete in me e io in voi", è quindi ben altro di un invito; di una dichiarazione di principio; di un precetto da osservare; rappresentano l'espressione dei sentimenti di una relazione intensa e unica che vive il momento drammatico della crisi: il distacco, la separazione violenta e irrisolvibile. Rimanere in lui significa, per Gesù, dare concreta evidenza all'amore che si è generato nella relazione di amicizia; significa custodire con e nell'amore ciò che altro rappresenta.
Rimanere è un modo per dire non dimenticarmi, non escludermi, non trascurare ciò che sono per te, ma custodisci in te tutto di me. Chi custodisce è da questo, custodito. E come un fiume si alimenta perché c’è la fonte, così Gesù è la linfa che dalla fonte della misericordia da' senso ad ogni nostro gesto d’amore, ad ogni amore imperfetto, anche ad ogni amore che non lo conosce o non crede in Lui: dove c’è amore un briciolo di amore c’è Cristo, e dove c’è Gesù c’è la vera vita, donata a tutti. Rimaniamo ... custodiamo l'amore di lui, per essere dall'amore custoditi in Lui.

venerdì 22 luglio 2022

Sei l'amore dell'anima mia?

Cantico 3,1-4 e Giovanni 20,1-2.11-18
Santa Maria Maddalena

Fuori da ogni puro sentimentalismo, in cosa si concretizza la nostra relazione con Cristo?
È questa relazione una pura illusione? Una utopia dei sentimenti? Un privilegio solo di alcuni? Le nostre relazioni hanno bisogno di conferme, di vicinanza, di ricordo, di memoria, di affetto e, di quella presenza non solo fisica, ma esistenziale, cioè quel: "io esisto, ci sono per te". Il venir meno anche solo di parte di queste condizioni mette a rischio il sussistere della relazione, consegnandola alla dimenticanza, ovvero irrilevanza.
La questione è molto seria, perché è dalla relazione che ciascuno riconosce quale "tipo" di amore ha per Gesù; se é un amore che è a fondamento della fede.
Da dove nasce il nostro amore per Gesù? Che cosa significa averlo incontrato?
Tutto fa riferimento a una esperienza storica e, alla testimonianza di chi per primo lo ha conosciuto e lo ha amato; cioè a coloro che sono stati conosciuti ed amati. È a quella esperienza che anche si lega il mio conoscere il Signore, il mio essere stato educato e iniziato ai misteri cristiani. Nel momento in cui mi è stato annunciato il Vangelo, mi è stata affidata anche la testimonianza degli Apostoli come pure di Maria Maddalena; una testimonianza di amore. Quell'incontro al pari di ogni "annuncio" da parte di Dio, mette nella mia esistenza la scaturigine della fede e dell'amore, rispetto alla quale tutto di me viene a interrogarsi.
Nell'annuncio (il vangelo che mi raggiunge), Gesú chiede a ciascuno di radicare la vita in Lui, come fosse solo il “nostro” salvatore, come se fosse l’interlocutore privilegiato, come se fosse l'amore dell'anima mia; un amore che coinvolge, un amore personale e per tutti. Un amore che non va trattenuto, ma comunicato, diffuso, donato.

giovedì 21 luglio 2022

Orecchi e occhi per le parabole

Geremia 2,1-3.7-8.12-13 e Matteo 13,10-17

Dice Geremia - la prima lettura - "Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua"; cioè ha saziato la sua sete con gli idoli e non ha trattenuto nulla dell'amore di Yhwh. L'indifferenza per l'amore di Dio è ciò che prima di tutto spinge altrove i desideri e il cuore. Ciò che viviamo oggi non è solo indifferenza al mistero, ma è proprio disinteresse e disillusione per un Dio che ci ama, e che ama l'uomo fino a dare e stesso per amore. Le parabole in realtà sono delle immagini, molto immediate, di come Dio ci ama, di come Dio si fa accanto e di come Dio si prende cura di ciascuno di noi.
Ascoltare una parabola, immaginare una parabola, significa coinvolgerci nel comprendere, innanzi tutto con il cuore, il mistero di amore che intercetta tutta la nostra esistenza. Dio, Amore provvidente e benevolo, ci attrae e trattiene con sè, anche nei nostri allontanamenti, perchè la conversione del cuore e della vita siano una occasione sempre possibile per tutti.
Orecchi e occhi per le parabole sono la disponibilità ad uscire dal nostro punto di vista. La parabola permette un scentramento tale che ci rende permeabili all’amore, è ciò che ci fa incontrare realmente Gesù, anche se spesso significa essere incompresi ed isolati in un mondo per il quale la realtà è solo quella che si vede ma con occhi ciechi.

mercoledì 20 luglio 2022

Il seme di oggi

Geremia 1,1.4-10 e Matteo 13,1-9

Provo a immaginare questa scena e soprattutto quelle persone attorno a Gesú; come hanno capito o interpretato quelle sue parole, quella parabola sul seminatore ...
L'immagine parla da sé stessa: le persone sono a caso, non sono state convocate, non sono lì per un particolare motivo. L'ascolto è estemporaneo, al di fuori di ogni programmazione, ed è in questo una catechesi occasionale e non occasionata. Ecco allora che la parabola descrive prima di tutto ciò che accade: Gesú stesso, seminatore del regno di Dio, getta il seme della Parola, e la Parola stessa trova accoglienza e disponibilità in ragione della vita e della situazione di chi ascolta e di chi di fronte a quelle Parole non si chiude in un rifiuto di indifferenza.
Che cosa occorre intendere, da dove occorre partire ascoltando questa parabola?
Partiamo dal seme stesso che il seminatore sparge, esso è una promessa - pienezza, speranza, amore - che tocca a noi accogliere, custodire e donare.
D'altronde siamo di fronte alla parabola per eccellenza, anche se ogni brano di vangelo è qualcosa che assomiglia a un seme e non è mai qualcosa di concluso, ma è come un seme che gettato nel nostro terreno umano ha la possibilità di germogliare, radicare, crescere e giungere a compimento, cioè portare frutto: dove il 30, il 60 o il 100.

martedì 19 luglio 2022

Fratelli e sorelle ... di tutti

Michea 7,14-15.18-20 e Matteo 12,46-50

Padre, madre, fratelli e sorelle ... parole che descrivono il rapporto più intimo e di prossimità, che oggi risentono del più forte contrasto umano e sociale. Paternità e maternità negata, rifiutata o disattesa; fratelli e sorelle dimenticati ... oggi queste parole che nell'intimo di noi stessi tanto ci dicono, sono spesso parole sprecate, contraddittorie.
Gesù ci suggerisce come uscire da un cortocircuito nel quale rischiamo di invilupparci; egli ci insegna una fratellanza, una maternità e una paternità che vanno oltre il sangue e che si fondano sulla donazione di sé, totale e gratuita, così come gratuitamente siamo stati amati dal Padre. Nella "Fratelli tutti", papa Francesco dice: Dio «ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro» (...), di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole. (...) Desidero tanto che, in questo tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità. Tra tutti: «Ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme! […] Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme». Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!

lunedì 18 luglio 2022

Indifferenti anche ai segni ...

Michea 6,1-4.6-8 e Matteo 12,38-42

La "nostra generazione" neppure può confrontarsi con quella di Gesú; quella pretendeva un segno, ma non le fu dato nessun segno se non quello di Giona profeta. La nostra generazione è indifferente ai segni, è superba per una parte, come pure incapace di lasciarsi interrogare dai segni che la realtà pone davanti agli occhi.
Magari ci fosse una opposizione polemica nei confronti di Gesù, una opposizione alla sua Parola, alla sua opera di salvezza; ma in realtà oggi sembra che la sua Parola a noi non interessi più, e in aggiunta, siamo stanchi anche di sentire parlare di salvezza. Non siamo una generazione "malvagia e adultera", magari lo fossimo, ma siamo una generazione indifferente e irrilevante, incapace di reagire ai segni della realtà ..., ma è proprio questa realtà in cui Dio oggi ci parla e si rivela.
La pandemia è un segno? Cosa ci vuole dire?
La guerra così intrecciata con la nostra vita è un segno? Cosa ci vuole dire?
La crisi climatica e la siccità, sono un segno? Cosa vogliono dirci?
La migrazione dei popoli del sud e dell'est del mondo sono un segno? Cosa vogliono dirci? I segni oggi sono profetici, sono profezia del mistero negato: segni di una fraternità universale che è disattesa; segno della pace che soggiace agli interessi mortiferi; segno di una logica di sfruttamento e di tornaconto; segno della mancanza di dignità di sé e del valore dell'altro.
Nell'indifferenza e nell'inerzia della nostra generazione, al discepolo di Gesù è affidato l'unico segno che è pienezza dei segni, Gesù stesso. Il Signore è il segno della compassione di Dio, ma al tempo stesso il segno del compimento di tutto ... segno del "... già, e non ancora ..." che si manifesta e rivela strada facendo.

domenica 17 luglio 2022

Ospitalità ... è la parte migliore

Gn 18,1-10; Sal 14; Col 1,24-14; Lc 10,38-42

Dopo l'assemblea dell'Unità Pastorale dell'altra sera (14 luglio) non poteva esserci un vangelo più adatto a rimettere al centro del nostro progetto pastorale, non noi stessi, i nostri progetti personali, le nostre tradizioni sbiadite; non le nostre rigidità anacronistiche e spesso incapaci di comunicare la fede, ma Gesù. È lui la sola, vera, parte migliore, che non è detto che corrisponda a ciò che fino ad ora abbiamo sempre proposto, in un modo alquanto ripetitivo come esperienza comunitaria e di fede. Partiamo da cosa significa essere una comunità accogliente?
Ce lo ricorda papa Francesco quando ci ripete che la nostra missione è quella di vivere la comunione con Dio e tra noi sul modello della comunione trinitaria: per farlo occorre uscire da noi stessi e dai nostri stereotipi.
“Siamo chiamati a vivere non gli uni senza gli altri, sopra o contro gli altri, ma gli uni con gli altri, per gli altri, e negli altri. Questo significa accogliere e testimoniare concordi la bellezza del Vangelo; vivere l’amore reciproco e verso tutti, condividendo gioie e sofferenze, imparando a chiedere e concedere il perdono, valorizzando i diversi carismi sotto la guida dei Pastori”.
Queste parole esprimono anche l'identità della nostra Unità Pastorale.
Ecco allora che occorre urgentemente che ci mettiamo in cammino insieme, nell’ascolto reciproco, nella condivisione di idee e progetti, per far vedere il vero volto della Chiesa: cioè di una casa ospitale, dalle porte aperte, abitata dal Signore e animata da rapporti fraterni, una comunità cristiana-Chiesa accogliente, ospitale.
Ma come può esserlo se non siamo capaci di essere accoglienti tra di noi nella comunità? Come è possibile se prevalgono sempre le vecchie idee separatiste, se non proviamo a esercitarci nell'ospitalità, ma ci arrocchiamo nei nostri preconcetti.
Quando la comunità la percepiamo come un nemico del nostro attaccamento ai sacrosanti valori del passato e della nostra storia ... Ma se quella storia in realtà è già morta in sé, perché la Chiesa è già più avanti rispetto al nostro immobilismo e alle nostre resistenze?
Per fare Unita Pastorale, occorre prima di tutto esserlo, e non si fa finta di esserlo; per esserlo occorre essere ospitali gli uni gli altri e azzerare le pretese soggettive e gli egoismi personali di cui siamo abilissimi a rivestirci giustificandoli in cento modi.
La parola di Dio da cui dipende il discernimento della nostra vita personale, oggi ci pone di fronte al modo di fare ospitalità e di vivere l'ospitalità.
L'ospitalità era sacra a quel tempo ... e non solo per Abramo; non solo nella cultura ebraica, dove ha sempre rappresentato un aspetto centrale della vita sociale.
Abramo, è colui che è uscito dalla sua terra per andare in un luogo che Dio gli avrebbe indicato; viene presentato come un nomade che chiede ospitalità, ma è anche colui che é ospitale verso quei tre stranieri.
A seguito di questa ospitalità c'è il compimento di una promessa inaudita e inaspettata: quella della discendenza, l'accoglienza è portatrice e generatrice di vita, di relazioni e di amorevole cura. Accogliere significa infatti fare spazio all’inatteso, che si tratti della diversità di un’altra persona, o di un evento che muta la vita. Il “fare posto” apre a ciò che è la novità dell'altro e della quotidianità.
Se accogliere è fare spazio, alla parte migliore ... allora nell'accogliere in realtà lascia spazio all'imprevedibile di Dio. Il vangelo delle due sorelle Marta e Maria ci offre il senso profondo della ospitalità come deve essere vissuta dai discepoli di Gesù.
Apparentemente l’ospitalità di Marta segue tutti i criteri di quella offerta da Abramo. Se inizialmente siamo portati ad accomunare Abramo e Marta, il testo ci svela invece che l’atteggiamento profondo del patriarca è più vicino a quello di Maria: quest’ultima è seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola; Abramo, mentre i tre viandanti mangiano, stava in piedi, in loro attesa.
Egli è capace di ascolto e di vera accoglienza, ma è questa parte che occorre scegliere, proprio perché coinvolge un atteggiamento di radicale disponibilità nei confronti dell’altro che si presenta come portatore di una diversità. Ma noi questo non riusciamo a farlo, impauriti dal sospetto e dalla diffidenza.
Facciamo mille cose per compiacere Dio e compiacere gli altri; le mille cose che facciamo ogni giorno, anche buone e belle, ma sono cose di contorno, cose che forse nessuno ce le ha mai chieste! Ma ci illudiamo di essere accoglienti e ospitali, ma a questa accoglienza comunitaria ci opponiamo, mettiamo resistenza.
Forse occorre che anziché dare e/o fare “cose” per gli altri, impariamo a “stare” con gli altri! Essere ospitali verso l'altro è ciò che da oggi dobbiamo imparare a fare. L'ospitalità ci aprirà la via per la parte migliore. Diamo alla nostra ospitalità il senso di una vera accoglienza. Diamo all'ospite la dignità propria di Cristo.

sabato 16 luglio 2022

Parole di profezia

Mi 2,1-5 e Matteo 12,14-21

La profezia di Isaia è un grido di speranza che attraversa la storia umana. Il Messia non è un personaggio politico che rivoluziona un momento storico, neppure una fiammata di orgoglio nazionale che rivendica la propria autonomia dall'oppressore; il Messia e ogni profezia è anelito di speranza, di fronte alla limitatezza della esistenza umana e al tempo; è promessa di Dio e suo coinvolgimento con la nostra vita.
Una profezia è tale quando, non tanto si realizza - questo sarebbe quasi una previsione -; ma quando la sua verità non si estingue o si risolve nel tempo, e resta attuale come epifania e rivelazione di Dio. Gesù, la sua umanità, il suo essere con noi, è profezia del Padre, è concretezza di ciò che i profeti hanno proclamato, è compimento ma non conclusione delle profezie. Le profezie attraverso Gesù permangono vere e attuali sempre. Gesù conferma le profezie nel suo essere umile, Figlio che rivela il volto del Padre, uomo in mezzo agli uomini e Dio nelle piaghe della nostra fragile esistenza, ma al tempo stesso annuncio permanente della salvezza del mondo. Come è bella e piena di speranza la profezia di Isaia, anche oggi!

venerdì 15 luglio 2022

Tra un divieto l'altro non scordiamoci di amare

Isaia 38,1-6.21-22.7-8 e Matteo 12,1-8

Il sabato era il giorno del riposo di Dio e quindi, per la Legge di Israele, anche gli uomini e gli animali dovevano riposare e astenersi da ogni attività: ma i farisei scordano che questo comandamento ha un senso solo se lo si fa per amore di Dio. Se Dio, di sabato, si è fermato, non è stato per “non fare nulla”, ma per contemplare con amore infinito la creazione appena conclusa. Per dire che “è cosa molto buona”.
Gesù non si mostra come oppositore della Legge, ma cerca in ogni gesto, parola e atteggiamento di ridare cuore alla Legge. La legge non è contro l’uomo, bensì per l’uomo; non indica una strada di regole oppressive e di deterrenze, ma la strada di vita.
Mettere il cuore e la vita, nelle miserie umane è il fine vero della Legge. Ecco perché il Signore dà il cuore e il senso ad ogni Legge: l’amore che tutto crede, tutto copre, tutto sopporta, non avrà mai fine, e alla fine rimarrà l’ultima e l’unica verità.

giovedì 14 luglio 2022

Caricarsi il giogo leggero

Isaia 26,7-9.12.16-19 e Matteo 11,28-30

Parole che risuonano come quelle di un idealista ..., oppure parole che possono dare luce a una verità più profonda. Per ogni discepolo si delineano due proposte legate tra loro:
- imparate da me ... umiltà e mitezza ...
- prendete il mio giogo ... che è leggero ...
Oggi è sempre più evidente che, la fede in Cristo, non è fede in un ideale o affidamento a qualcosa di astratto e fumoso: significa realmente avere il coraggio di imitare la vita di Gesù nella nostra vita, nel solco della donazione gratuita e totale di sé, e nell'esercizio della carità che non è una elemosina, ma la concretezza dell'amare i "fratelli tutti". É questa la Verità che cambia e redime le secche della disumanità, ma è anche la condizione per riposare in Cristo, che è ben altro rispetto al dormire o rilassarsi.
Caricarci il giogo di Gesù significa rendere visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio e la sua tenerezza per ogni creatura. Dio, non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole. La Chiesa in mezzo all’umanità di oggi dice: "Venite a Gesù, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e troverete ristoro per le vostre anime". Ogni discepolo di Cristo è portatore di Cristo-giogo. C’è da chiedersi se chi ci incontra percepisce nella nostra vita il calore della fede; se vede nel nostro volto la gioia di avere incontrato Cristo! È questo riscontro positivo, il giusto riposo.

mercoledì 13 luglio 2022

Chi è il Padre di Gesù

Isaia 10,5-7.13-16 e Matteo 11,25-27

È questo Dio straordinariamente originale che abita l'esperienza umana di Gesù. Un Dio che è Padre degli umili e dei piccoli; anche Gesù, sperimenta nella sua umana piccolezza, la vicinanza dell'amore eterno del Padre. È questa l'esperienza che Gesù condivide con la nostra piccolezza, con la nostra umana fragilità, dandoci la gioia di sentirla abitata, nonostante tutto, da un mistero che la comprende totalmente: un mistero che si rivela e manifesta proprio nell'essere piccoli, a partire dall'insignificanza che molte persone sperimentano. Persone insignificanti, per le quali però amare è dare la vita. Dio non rivela nulla a chi pensa di detenere la verità, a chi presume di bastare a sé stesso, o di essersi fatto da sé, ma solo a chi, riconoscendosi piccolo e figlio, si riceve con gratitudine dal Padre, e tutto dona ai fratelli per lo stesso amore del Padre, come Gesù ha fatto nella sua vita.

martedì 12 luglio 2022

Misericordia incompresa

Isaia 7,1-9 e Matteo 11,20-24

Il rimprovero alle città luogo dei miracoli di Gesù, ci dice come i miracoli non conducono alla fede e neanche a riconoscere Gesù come Messia; a volte pure noi cadiamo nella stessa ingenuità.
In base a ciò che ci racconta Matteo, Cafarnao e Betsaida non andarono oltre allo stupore che suscita il miracolo avvenuto tra le loro vie. Quelle città non si lasciarono coinvolgere e interrogare dalla presenza di quell’uomo e dalle sue parole. Guardarono il Signore come un evento, una meteora luminosa che attraversa il cielo, ma non si cala nella loro vita.
Gesù, invece, con chi si è lasciato incontrare, ha toccato la fragilità e il peccato, anche il peccato più grave; egli non solo chiede di affidarglielo, ma previene nell'affidarglielo. Questo è quanto accaduto col centurione di Cafarnao: _"Signore, non sono degno che entri nella mia casa, ma di solo una parola e il servo guarirà"_. Ciò che Cafarnao e Betsaida non capirono, non compresero, e che invece sembra sia entrato a Tiro e a Sidone è appunto la misericordia di Dio.
Misericordioso è il Signore: cioè in Gesù, l'amore di Dio, diviene esperienza di vicinanza e di comunione; occasione di redenzione. Questa misericordia infinita non si esaurisce quindi nella disponibilità ad affidarsi a lui, ad affidargli la propria fragilità, ma nel riconoscere a priori che il suo amore ci precede sempre. Cafarnao non riesce a comprendere come in Gesù, l'amore precede sempre. È questa comprensione che da’ valore e senso al nostro affidarci al Signore, al nostro vivere il dono della misericordia.

lunedì 11 luglio 2022

100 volte tanto

Proverbi 2,1-9 e Matteo 19,27-29
San Benedetto patrono d’Europa


Un vero affare, soprattutto oggi, dopo i crolli di borsa e l'inflazione che galoppa verso le due cifre. Quale consulente finanziario proporrebbe questi utili vantaggiosi?
Proposta interessante, se non fosse che chi offre non ha credibilità, o meglio, chi offre e ciò che offre, non corrisponde all'interesse generale, come dire, oggi tra noi, non ha mercato, anzi è fuori mercato.
Faccio un esempio: ieri il Vangelo proponeva la parabola del buon Samaritano; ecco, al termine della messa una persona si avvicina e mi dice: "mi sa che questa parabola oggi sia un poco molto fuori moda, certamente non è condivisa dai più ..."
È questa la sola certezza della fede in Gesù: la garanzia dell'investimento o dell'operazione non è data nella logica del mondo, ma semplicemrnte nella relazione intima e veritiera con lui. Al di fuori di un incontro tra noi e Gesù, queste parole risuonano come assurde!
La risposta che Gesù dà a Pietro, mutua la misura dalla realtà, ma il senso pieno delle parole di Gesù sono chiare ed evidenti solo per coloro che mettono l'incontro con il Signore al cuore della loro vita. Ecco allora che, lasciare tutto non è una rinuncia o un sacrificio, ma è accogliere una prospettiva e una proposta che traccia un percorso nuovo, o anche solo diverso alla vita. Non sono lacrime e nostalgia la conseguenza della sequela, ma una diversa e nuova consolazione, cioè il "cento volte tanto e la vita eterna".
Cento volte tanto, è ben altro che una moltiplicazione, ma è la gioia di amare ed essere amati; la vita eterna è l'essere coinvolti già da ora, nel dare alla nostra esistenza una prospettiva infinita.

domenica 10 luglio 2022

La strada per Gerico

Dt 30,10-14; Sal 18; Col 1,15-20; Lc 10,25-37

Che cosa rappresenta questa parabola?
È un raccontino per invitarci a fare la buona azione quotidiana?
No, è invece una delle pagine più rivoluzionarie del Vangelo.
Alla domanda del dottore delle Legge: che cosa devo fare per “dare senso” alla mia vita? Gesù risponde, intenzionalmente con questo racconto.
Ma in queste parole si dischiude il cammino di uno uomo e la storia di questo nostro mondo, tutto in quei trenta km di strada da Gerusalemme a Gerico.
La strada da Gerusalemme a Gerico è oggi un sentiero che si inerpica in un canyon, tra rocce e zone deserte, tra ruderi di case di pastori, e pozze di acqua rimasta nel wadi dall'ultima stagione delle piogge. Al tempo di Gesù c'era anche una strada romana di collegamento, una strada percorsa da tutti coloro che scendevano da Gerusalemme a Gerico. Una ambientazione conosciuta da tanti, forse tutti, quasi a ricordarci che tutta la vita del mondo scorre in quella strada che congiunge il cielo (Gerusalemme) e la terra (Gerico).
La parabola è una metafora della vita di ieri come di oggi, é immagine della storia umana, per questo nessun lettore può dirsi estraneo ai problemi del mondo.
In quell’uomo picchiato dai briganti possiamo vedere le tante donne e uomini che quotidianamente sono ancora violentati, sfruttati, malati, soli, abbandonati. Oggi ai drammi che accadono sulla strada potremmo aggiungere anche quelli dei profughi in cerca di una vita migliore; delle famiglie provate dalla pandemia e dalle sue gravose conseguenze anche economiche; ci sono coloro che sono vittime e preda della guerra; ma anche chi ha perso tutto per colpa degli eventi siccitosi e climatici. Di fronte a tutto ciò... quante volte anche noi, vediamo e passiamo oltre.
Chi oggi vede e ha compassione …”
Tra i protagonisti della parabola ci sono due religiosi, un sacerdote e un levita. Vedono il malcapitato, ma hanno da fare, devono andare al Tempio, passano oltre. Gesù non li propone certo come modello di vita da imitare, ma sceglie un Samaritano, un eretico, uno straniero. Lui lo vide e “ne ebbe compassione”. Compassione del prossimo ...
Istintivamente ognuno di noi direbbe: prossimo è l’altro, è colui di cui mi prendo cura.
Per Gesù “prossimo” non è soltanto la persona che amo, che aiuto, che mi sta accanto. Prossimo invece “sono io”, ogni volta che mi prendo cura dell’altro che è in difficoltà. Concretamente Gesù ti dice: “Non chiederti chi è il tuo prossimo, ma cerca di essere tu prossimo per chi ha bisogno di te”. Per un vero discepolo del Vangelo la domanda cruciale non è “chi è il mio prossimo”, ma “come faccio io a diventare prossimo delle persone che incontro”?
Per Gesù il prossimo è anche chi ha avuto compassione di te. Tutti nella vita abbiamo incontrato dei samaritani che ci hanno aiutato a crescere, che ci hanno dato una mano nei momenti difficili. La vita ci insegna che amare è donare, ma anche lasciarsi amare. Riconoscere la propria fragilità. Accettare di essere aiutato. È anche questo un modo concreto di volersi bene.
Spesso è proprio l’incontro con l’altro che mi fa prende coscienza di quello che veramente sono: un mendicante di senso, di affetto, di salute, di speranza.
La domanda iniziale era: Che cosa devo fare per “dare senso” alla mia vita?
Ecco la risposta di Gesù: «Vai e anche tu fai come ha fatto il Samaritano. Diventa anche tu Samaritano. Sii prossimo per chi ha bisogno di te». Se farai questo… troverai la vita! Sarai felice!
Luca mettendo in fila dieci verbi per descrivere l’amore concreto: vide, ebbe compassione, si avvicinò, versò, fasciò, caricò, portò, si prese cura, pagò… fino al decimo verbo: al mio ritorno salderò… Ci insegna il nuovo decalogo, perché l’uomo sia promosso a uomo, perché la terra sia abitata da “prossimi” e non da briganti o nemici.
Ecco che al centro del messaggio di Gesù c'è una parabola; al centro della parabola c'è un uomo; e quel verbo: Tu amerai.
Fa così, e troverai la vita.

sabato 9 luglio 2022

Passeri e capelli

Is 6,1-8 e Matteo 10,24-33

Da sempre il Vangelo e il suo annuncio hanno incontrato diffidenza, chiusura, ostilità e rifiuto. Ma possiamo anche testimoniare che il Vangelo è stato promotore di integrazione, accoglienza e di crescita umana come anche di profonde rinascite culturali nei secoli passati, ma anche oggi. Tutto questo fa parte del tempo della missione, il tempo in cui ogni realtà incontrando il Vangelo reagisce e manifesta la verità di se stessa. La missione e l' annuncio non sono una sopraffazione, non è un sostituirsi, non è neppure un sincretismo, ma è rendere evidente la verità che abita il cuore dell'uomo. È un incontro, un abbraccio di verità: quella dell'uomo e quella di Dio. Una verità che Gesù ha concretizzato nell'amicizia condivisa e nell'amore sperimentato incontrando persone di villaggio in villaggio, sulle strade della Galilea. Questo è ciò che il maestro ha sussurrato "all'orecchio del discepolo". Che cosa sarà allora la missione se non un annuncio senza limitazione (il grido dal terrazzo) di una verità che riveste l'esistenza della stessa forza del maestro? Una amicizia che risuona come fratellanza e un amare che rinnova gli stili di vita chiusi in se stessi e carichi di odio e di egoismo? Non credo che ciò che Gesù ha sussurrato ai discepoli fossero le nozioni del catechismo e neppure la ripetizione delle norme e dei precetti della legge, ma il tentativo di fare comprendere che l'amore del padre per ciascuno dei suoi figli é come la tenerezza che si prova verso i passeri, ed è capace di prendersi cura anche del destino di un solo capello.

venerdì 8 luglio 2022

Oltre la realtà

Osea 14,2-10 e Matteo 10,16-23

Lupi, serpenti, colombe ... immagini per diffidare della realtà? Immagini per descriverla?
Certamente Matteo, legge la missione che Gesù condivide con i discepoli, nel contesto di una realtà che lascia pochi spiragli di successo. L'impressione è che ci si voglia preparare anche all 'inevitabile, evitando di idealizzare un regno dei cieli, come panacea di ogni stortura del reale. Il regno è altro rispetto alle nostre soluzioni.
Fin dall’inizio la Chiesa è stata in movimento, fin dall’inizio Gesù ha voluto una Chiesa in uscita, proprio come dice papa Francesco: Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di ‘uscita’ che Dio vuole provocare nei credenti. Oggi, in questa missione, sono presenti scenari e fide sempre nuovi, tutti siamo chiamati a questa nuova ‘uscita’ missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo. La Chiesa deve accettare questa libertà inafferrabile della Parola, che è efficace a suo modo, e in forme molto diverse, tali da sfuggire spesso le nostre previsioni e che rompe nostri schemi. (cfr Evangelii gaudium, n.20- 27)

giovedì 7 luglio 2022

Gratuità non significa gratis, ma avere a cuore

Osea 11,1-4.8-9 e Matteo 10,7-15

Potrebbe apparire un tono severo e di giudizio, quello che emerge dal vangelo; indicazioni precise e categoriche; ma proprio per questo occorre entrare in queste parole ricercando i sentimenti di Gesù, i suoi pensieri, la sua preoccupazione ...
Innanzi tutto non dobbiamo mai dimenticare che il vangelo porta in sé anche la lettura di una comunità di fede delle origini, e di come quella comunità, si è attivata rispetto alla missione in un contesto fatto di persone, comportamenti e cultura ben determinati e storicamente caratterizzati.
Detto questo ... occorre recuperare la premura di Gesù rispetto alle fragilità, alle fatiche e ai limiti delle persone che incontrava (prova compassione per loro; sono pecore sperdute; senza pastore). Di fronte a questo, gli inviati, i mandati, non sono una soluzione, così come molti oggi si attenderebbero, ma coloro che Gesù manda, caricati del solo abbandono in Lui (non portano nulla, né per sé e neppure per gli altri), testimoniano con la loro vita, la prossimità del Signore, ovvero che il Regno è vicino.
Ciò che rappresenta l'urgenza per Gesù è essere portatori di pace nelle case, nei villaggio e nelle città: "... la vostra pace." Una pace che è fatta della gratuità del nostro incontro con Gesù. Una pace che non corrisponde a un insegnamento, e neppure un annuncio di principio etico o morale, ma una pace fatta di vicinanza, di compassione e di quella particolare esperienza che è l'avere a cuore. Tutto questo, bene o male si incarna in una storia ...

mercoledì 6 luglio 2022

Ben di più di un piano di "propaganda fide"

Osea 10,1-3.7-8.12 e Matteo 10,1-7

In sette versetti, tutto ciò che occorre per annuciare il Regno. Chi vive l'esperienza di essere chiamato a stare con Gesù, a fare vita con lui, si accorge strada facendo, che nel lasciare che Gesù ti accompagni, cresce la comunione, l'intimità la relazione di amicizia con lui. Ciò che tanti hanno sperimentato in questa vicinanza col Signore, saranno anche quelle stesse cose che, altrettanti sperimenteranno incontrando coloro che Gesù ha chiamato e mandato: "diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità". Il potere di guarire e di scacciare i demoni viene infatti dall’essere chiamati da Gesù a stare vicino a lui. Ma guardiamo bene a chi Gesú sta mandando e di chi Gesù si interessa?
Gesù manda un manipolo di dodici uomini, certamente non dei più dotti e sapienti, non dei più pii e affidabili - d'altronde di uno, l’evangelista, ci dice pure che tradirà -. Ma c'è proprio questo all'inizio del Regno: il mistero di una chiamata che riveste di grazie impensabili.
Questa chiamata diviene un invio alla gente, agli uomini di tutti i tempi, dei quali Gesù ha compassione, perché sono pecore senza pastore: chi si prende cura di loro?
Tutto ciò che deriva dalla "chiamata a seguirlo" é finalizzato al prendersi cura di una umanità ferita e di per sé fragile.
In questo si delinea la vera identità della comunità dei credenti: non una Chiesa fatta di puri, di verginelle, di giusti, ma una Chiesa fatta di uomini che tra loro litigheranno; fatta pubblici peccatori e di devoti; di violenti zeloti e raffinati teologi; pescatori ed esattori; ecc ... a questi uomini e a questa Chiesa è affidato il compito di dire alle pecore smarrite di Israele che Dio si è fatto vicino, che si è fatto accanto, che bisogna svegliarsi e accorgersene.
La Chiesa, cioè noi, siamo i primi a sperimentare un annuncio di vicinanza che Gesù realizza proprio a partire da noi; per essere poi testimoni della buona notizia e della presenza di Dio. Convertiamo i nostri cuori, anzitutto, per poter dire al mondo con credibilità che è amato senza condizioni.

martedì 5 luglio 2022

Non siamo una multinazionale ... della fede

Osea 8,4-7.11-13 e Matteo 9,32-38

Quante volte abbiamo pensato: "ci sono poche vocazioni; occorre pregare perché aumentino!" Oppure quante volte ci siamo fissati, compiaciuti o delusi sul numero dei seminaristi o su quello di nuovi ingressi in monasteri e conventi.
Spessissimo, forse troppo, il nostro modo di pensare è come quello dei manager della multinazionale della fede. Il numero corrisponde alla possibilità di convertire?
O semplicemente corrisponde all'idea di presidiare Chiese e comunità?
Certe logiche e pensieri in realtà sono ben lontani dai sentimenti, pensieri e parole di Gesù.
Il suggerimento di Gesù riguardo la preghiera per gli operai della messe non significa, in primo luogo, la richiesta di nuove vocazioni, ma quella di essere noi stessi operai della messe del Signore, e non della “nostra” messe.
Significa aprire gli occhi su un mondo ferito e umiliato dalle fragilità e dal peccato. Quello stesso mondo che senza tanti se e senza tanti ma, Gesù ha scelto di percorrere e di amare di villaggio in villaggio. La preghiera non aumenta il numero, ma muove a consapevolezza; la preghiera suggerita da Gesù ci rende partecipi di una necessità: essere suoi discepoli fino in fondo, non solo nelle liturgie o nei precetti, ma nella fatica quotidiana che incontra i tanti limiti e ferite umane. Cosa significa: "Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore". Chi se ne prende cura di questa umanità fatta di scartati, profughi, affamati, poveri, delusi, malati ... Questa realtà sembra rinnovarsi, pienamente, ancora oggi; i nuovi operai non sono un numero di addetti al soccorso, ma sono la nostra volontà di mettere cuore e passione per accompagnare Gesù in questo mondo.

lunedì 4 luglio 2022

Anche solo sfiorarlo ci basta

Osea 2,16-18.21-22 e Matteo 9,18-26

Un miracolo dentro un altro miracolo. La protagonista non è tanto la donna guarita o la bambina che vive, quanto la fede di chi cerca in Gesù quella grazia che cambia tutto. Ciò che salva (che cambia tutto), come dice Gesù, in entrambi i casi, è la fede. La fede: non qualcosa di teorico, dottrinale, teologico, avulso dal mondo, bensì la situazione concreta e reale che richiede la mano di Gesù, il manto di Gesù, perché non è fede e basta, ma fede nella persona di Gesù.
Eccoci, la nostra fede esprime il nostro essere mendicanti; essere un poco tutti ladri che prendono di nascosto ciò di cui hanno bisogno, ma Gesú non si risente, lui ci ama così. Gesù riconosce nella nostra fragilità il luogo privilegiato della nostra fede in lui, e questo non lo disprezza perché vede il nostro riconoscerci figli, il sentirci poveri di tutto e svuotati delle nostre possibilità; bisognosi di essere anche solo sfiorati da lui e nella illegale condizione di “rubare” la sua presenza per metterla nella nostra vita, anche solo per un istante.

domenica 3 luglio 2022

ABC dell'annunciare

Is 66,10-14; Sal 65; Gal 6,14-18; Luca 10,1-12.17-20

Rischiamo la disconnessione dalla realtà. La globalizzazione, la digitalità, il virtuale stanno determinando un nuovo approccio alla creazione, all'universo.
Se per millenni la nostra umanità si è sempre confrontata con la concretezza, con una oggettività simbolica, che ha portato a strutturare anche il modo di pensare e l'approccio alla realtà, oggi dobbiamo ammettere che non è più così ... Tutto è estremamente relativo e sfuggente. Non dico che è un male, dico che siamo nel pieno di un vero processo di trasformazione storico-culturale, che coinvolge anche la nostra identità umana. Siamo dentro un cambiamento ... Ma come cristiano in che modo ci stò?
Nel passato altri trapassi epocali hanno attraversato la storia umana segnando profondamente delle differenze tra il prima e il dopo: ad esempio il crollo dell’Impero romano; la rivoluzione industriale; ecc ...
Oggi anche il modo in cui ci approcciamo alla guerra è cambiato; chi si sarebbe mai immaginato che l'avremmo vissuta come fosse una telenovela o come una puntata dell'isola dei famosi; con la cinica capacità di distaccarsi da tutto con un semplice, clic.
Ma stando al Vangelo di questa domenica è in questa realtà che i settantadue vengono inviati a preparare l'incontro con Gesù.
Cosa significa preparare oggi gli uomini a incontrare Gesù? Cosa significa vivere il vangelo? Come ci si sente ad essere dei mandati? In tutta questa transizione e cosa significa essere la Chiesa?
Riflettevo in questi giorni come la crisi dell'esperienza cristiana è dovuta al suo legarsi in modo rigido con la realtà storica, cioè all'essere espressione di stili di vita, modalità espressive e concettuali fortemente determinate dal contesto storico culturale. Una rigidità che determina il conseguente distanziamento e la mancata connessione con il processo di cambiamento in atto. Il cambiamento viene dai più percepito come un attentare alla ortodossia.
Ma è evidente che l'esperienza credente è sempre più marginale, in un esodo progressivo del senso Dio e la lontananza dalle domande dell'uomo.
Esiste uno spazio di recupero rispetto alla marginalità? Esiste una possibilità di riscatto del senso di Dio?
In un occidente, dove il cristianesimo si limita a fare resistenza nel tentativo di auto-conservarsi, non credo ci sia possibilità di recupero della marginalità, e sarà inevitabile l'esperienza di essere minoritari: cioè una parte, non troppo rilevante, rispetto a molto altro.
Oggi ogni credente, deve abbandonare il "fantasma" dei tempi passati; deve abbracciare con coraggio una sfida epocale ripartendo non dall'essere una istituzione; non dagli obiettivi dei progetti pastorali, ma dall'incontro quotidiano con le persone; perché è nello spazio relazionale che le domande riacquistano senso, significato e importanza.
Riattivare la domanda del cuore umano, significa oggi annunciare il Vangelo.
Un andare, un essere inviati senza alcuna pretesa di successo. Ma ciò che è importante è generare quel processo interiore che risveglia il desiderio di infinito.
In questo essere inviati, Gesù ci precede, dice il vangelo. Ma cosa significa se non che Gesù attraverso di noi cerca un incontro personale, per generare ancora una relazione profonda e intima.
Gesù attraverso la nostra missione vuole riaccendere l'interesse per il mistero, e portare a consapevolezza il senso della relazione con lui. Gesù vuole provocare una connessione tra la quotidianità e il desiderio di felicità, di pienezza e di senso.
Gesù si propone prioritario nella nostra vita; come cuore della storia; origine del desiderio di vita e di eternità; come anche la forza propulsiva e trasformante degli affetti e dell'amore.
Ma quale può essere oggi l'oggetto dell'annuncio?
Se il mondo si è allontanato da Dio, Gesù ostinatamente ci dice che "è vicino a voi il regno di Dio". È questa vicinanza che 
Gesù ci chiede di vivere, in qualsiasi casa, in qualsiasi città ... "pace a voi". Gesù sogna la ricostruzione dell’umano attraverso mille e mille case ospitali e braccia aperte: l’ospitalità è il segno più attendibile, indiscutibile, della maturità umana.

sabato 2 luglio 2022

Segni nuovi, otri nuovi, vino nuovo ...

Amos 9,11-15 e Matteo 9,14-17

Giovanni era già morto e i suoi discepoli continuarono a vivere l'insegnamento ricevuto; tutto quanto in una diretta sintonia con la tradizione farisaica, assumendone tutti quei segni che esprimevano e sostenevano un percorso umano di conversione e di rigenerazione. Ci sono infatti segni e gesti, che noi stessi rileggiamo e interpretiamo umanamente assumendoli come efficaci nel realizzare ciò che esprimono: la conversione, il cambiamento della vita, la scelta prioritaria di amare.
Alla luce di questo, forse riusciamo a riconoscere la capacità dei gesti e segni che compiamo rivestendoli anche del senso religioso.
Di fronte all'obiezione fatta a Gesù, cosa possiamo comprendere delle sue parole?
Se per noi Gesù è lo sposo, significa che è il fulcro il cuore del nostro amare. Significa che per noi tutto ruota attorno a lui, perché riconosco che lui è il Dio che amo; riconosco che è l'unico del cuore, della mente e della vita ... Se questo è l'orizzonte in cui mi "muovo", cioè in cui esisto, allora Gesù è anche il vino nuovo, che gli otri vecchi non possono contenere. I segni,i gesti e i digiuni, vanno adeguati alle circostanze affinché possano essere significativi.

venerdì 1 luglio 2022

Mai rifiutare uno sguardo

Amos 8,4-6.9-12 e Matteo 9,9-13

Chi è Levi (Matteo) il pubblicano? Credo che lui stesso sentisse il peso di essere uno scartato, un emarginato. Non era sufficiente per lui appagarsi con la ricchezza che proveniva dal suo ingrato lavoro; come non era gratificante il potere del suo ruolo di esattore ... È bastato lo sguardo di Gesù perché tutto in lui crollase; è bastato uno sguardo per accogliere la parola "seguimi".
Lo sguardo di Gesù, uno sguardo sempre diretto e penetrante, mai alle spalle, ma uno sguardo che mai ti volta le spalle. Uno sguardo d’amore, uno sguardo a chi non ha più nulla da perdere ed è escluso da tutti. Matteo coglie quello sguardo, dato in un istante, ma che basta per cambiare la vita, tutta la vita.
Anche a ciascuno di noi - è suggerito dal maestro - di donore il nostro sguardo di misericordia ad ogni fratello, ad ogni uomo: lo sguardo dona e concede la dignità.
Ogni nostro sguardo è una occasione che mettiamo nel cuore dei fratelli; infatti ogni volta che rifiutiamo di guardare negli occhi i fratelli, noi stessi li scartiamo.
Quanto è vitale (fonte di vita) guardarci negli occhi ... non sottrarre mai lo sguardo.