giovedì 30 giugno 2016

Amos 7,10-17 e Matteo 9,1-8
Ti sono rimessi i peccati ...


Gli effetti del peccato, alla luce del Vangelo, hanno implicazioni non solo morali. Non dobbiamo considerare il peccato solo come azione "cattiva" compiuta, rispetto alla quale ciascuno risponde con la propria responsabilità, ma vi sono conseguenze che si imprimono nella esistenza personale: la paralisi del corpo; il pensiero cattivo nel cuore; il pregiudizio rispetto alla persona. La libertà connessa con la remissione del peccato, alla luce della parola di Gesù, è quindi espressione di una natura umana che, visitata dall'amore di Gesù, si svincola da ogni limitazione per agire secondo verità è bellezza nello spazio della "propria casa". La remissione del leccato ha come conseguenza il timore e il rendere gloria a Dio ...

mercoledì 29 giugno 2016

Atti 12,1-11 e Matteo 16,13-19
Solennità dei Santi Pietro e Paolo
Un potere immenso...


A Cesarea di Filippo, Gesù pone la fondamenta della Chiesa; Pietro ne è la prima pietra, la fondazione su cui tutto il resto verrà costruito. Noi subito corriamo col pensiero a tutto ciò che in duemila anni la Chiesa ha rappresentato, ma in realtà è bene non discostarsi mai dalle parole del Cristo, il figlio del Dio vivente. In quelle parole di Gesù si svela lo "straordinario" di Pietro rispetto al mistero di salvezza. PIetro non è semplicemente il primo o il capo della Chiesa; a Pietro è affidato il modo in cui l'amore di Dio per l'uomo troverà sempre una concretezza e la possibilità di essere riconosciuto. Pietro non è un funzionario del Cristo, ma è colui che "presiede la carità" per tutta la Chiesa, per tutte le Chiese. Pietro è beato per il semplice atto di Dio per cui condivide il dono dell'amore misericordioso; condivide,custodisce, garantisce e elargisce l'amore che è vita. A Pietro è affidato un potere immenso come immenso è l'amore.

martedì 28 giugno 2016

Amos 3,1-12 e Matteo 8,23-27
Chi è mai costui?


Poche righe per rappresentarci il modo nel travaglio del grande sconvolgimento e quella barca dove si confrontano la paura dei discepoli e la pace imperturbabile del maestro.
Gesù vuole abituare il discepolo a confrontarsi sempre con la potenza di Dio che opera in tutto e per mezzo d tutto ciò che esiste. Dice Amos : "In verità, il Signore non fa cosa alcuna senza aver rivelato il suo piano ..." Il signore non si sottrae agli eventi e alle situazioni della realtà, anche se queste come onde altissime sovrastano la barca fragile della Chiesa, della nostra fede. La fede si genera nel confronto col mistero; più che un atto di ragione, la fede è un arrendersi al mistero che si impone e si rivela nello stupore.

lunedì 27 giugno 2016

Amos 2,6-15 e Matteo 8,18-22
Tane, nidi e tombe ...

Ieri il Vangelo di Luca ci riportava le medesime parole del Signore che questa mattina ripetono uno strano ritornello: "... Tane, nidi e tombe ..."
Gesù ordina di passare all’altra riva. Dall'altra riva si può guardare il "lago" con una prospettiva nuova, inusuale, libera dai vincoli che ti tengono ancorati alla sponda.
Nella vita, prima o poi, ti accorgi che è necessario seguire Gesù nell'attraversata degli eventi e delle esperienze che ti coinvolgono. Seguirlo con determinazione e fiducia: seguirlo con amore, anzi, amandolo, seguirlo appunto perché lo si ama. 
Attraversare il lago porta sempre con sé un briciolo di timore, di paura, ma è proprio questa inquietudine che garantisce la genuinità e verità dell'amore al Signore: nulla ti turbi, nulla ti spaventi, solo Dio basta!
Amos 2,6-15 e Matteo 8,18-22
Tane, nidi e tombe ...

Ieri il Vangelo di Luca ci riportava le medesime parole del Signore che questa mattina ripetono uno strano ritornello: "... Tane, nidi e tombe ..."
Gesù ordina di passare all’altra riva. Dall'altra riva si può guardare il "lago" con una prospettiva nuova, inusuale, libera dai vincoli che ti tengono ancorati alla sponda.
Nella vita, prima o poi, ti accorgi che è necessario seguire Gesù nell'attraversata degli eventi e delle esperienze che ti coinvolgono. Seguirlo con determinazione e fiducia: seguirlo con amore, anzi, amandolo, seguirlo appunto perché lo si ama. 
Attraversare il lago porta sempre con sé un briciolo di timore, di paura, ma è proprio questa inquietudine che garantisce la genuinità e verità dell'amore al Signore: nulla ti turbi, nulla ti spaventi, solo Dio basta!

domenica 26 giugno 2016

1 Re 19,16.19-21 / Salmo 15 / Galati 5,1.13-18 / Luca 9,51-62
Un nuovo umanesimo.

Spesso nelle nostre riunioni pastorali, nei consigli, negli incontri di associazione, gruppi e movimenti, ci interroghiamo e "arrovelliamo" su come riuscire a fare un annuncio del Vangelo che possa trovare una accoglienza e che possa realmente chiamare a conversione. Questo desiderio spesso si traduce in una tecnica o in una strategia che ha tanto di campagna promozionale, pubblicitaria ... Ma Gesù, nell'annuncio del Vangelo non si è affidato né a società di promozione e neppure di sondaggio demoscopico. Questo Vangelo lo ascoltammo anche nel 1992, lo dico perché la frase conclusiva (in quel tempo) mi diede particolare fastidio: "nessuno che ha gettato mano sull'aratro e guarda ciò che è dietro è ben messo per il Regno di Dio". Una frase che risuonava in un momento della mia vita nel quale ero abbastanza travagliato e in crisi circa la mia vocazione. A questa fase faceva eco una espressione del mio bisnonno "chi non è buono per il re, non lo è neppure per la regina" ... Come dire: se non sei buono per il regno di Dio, per cosa pensi di esserlo?
Oggi, a distanza di ventiquattro anni, all'ascolto delle parole di Gesù non mi sento infastidito, anzi ne gusto un fascino straordinario: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo"; come pure: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio".
Gesù indurisce il suo volto, assume nel volto la determinazione della sua decisione e non si frantuma neppure di fronte alla ostilità di tutto il mondo attorno.
Queste parole stanno di fronte a noi, discepoli di oggi, e ci fanno chiarezza:
- oggi non occorre una durezza, che diventi estremismo o opposizione, quasi un "fuoco dal cielo che brucia tutte le opposizioni" ... Alcuni manoscritti (compresa la vulgata) citano che Gesù a Giacomo e Giovanni disse anche che il figlio dell'uomo non è venuto per perdere le anime degli uomini, ma per salvarle.
La durezza del volto corrisponde alla fermezza della decisione di vivere fino in fondo il Vangelo, la parola del Padre, e questa durezza del suo volto, ovvero fermezza, si traduce nella misericordia.
- oggi non occorre svendere in Vangelo, "un tre per due o uno sconto globale ..."
Queste tecniche commerciali svuoterebbero il volto di Gesù del fascino del mistero, del fascino del figlio di Dio. È il travaglio che la parola di Gesù è capace di generare che dimostra l'importanza di una adesione senza addolcimenti.
- oggi occorre riaccostarci all'idea di Gesù, annunciare un Vangelo che è capace di ridisegnare una nuova realtà umana. Papa Francesco parla di ecologia umana, di nuovo umanesimo. Questo può nasce solo dal Vangelo che sgorga dal pensiero di Gesù, dalla sua vita e da come lui lo ha vissuto.
Tre sintesi:
- neppure un sasso; siamo troppo legati alla "sicurezza";
- staccarsi dal mondo dei morti; il regno di Dio è vita;
- tendere lo sguardo alla meta; e la mano salda sull'aratro.
Questo per comprendere come la Chiesa e alla nostra comunità occorre:
- Uscire, per poter sperimentare il mettersi in cammino con Gesù verso Gerusalemme;
- Annunciare per poter ritrovare il gusto di testimoniare il Vangelo con la vita;
- Abitare per condividere gli spazi in cui l'uomo di oggi dimora e vive;
- Educare per suscitare il desiderio del vero e del bello;
- Trasfigurare, per fare vedere cosa c'è oltre i nostri limiti.

sabato 25 giugno 2016

Lamentazioni2,2.10-14.18-19 e Matteo 8,5-17
La nostra fragilità ... La sua misericordia ...


La paura più grande non è la morte, ma la "fragilità". Ciascuno ne porta in sè il segno della presenza e manifestazione. La nostra esperienza ne viene, infatti, sdegnata da subito, ed è spesso un appello costante a Dio, invocato come salvatore e liberatore. A Cafarnao, Gesù compie dei miracoli, ma soprattutto prende contatto con la nostra "fragilità"; non la tratta semplicemente come una malattia, non si comporta come un pranoterapeuta e neppure con un giudice che sentenzia una qualche etica purificativa. Gesù mostra come le nostre fragilità possono diventare uno spazio di grazia, di incontro tra la nostra umanità ferita e la misericordia del Padre. Gesù non compie dei miracoli - fatti straordinari - ma dimorando nella nostra umanità se ne prende cura a partire dal suo limite: questo suo modo di agire è un esempio è una profezia per tutti; occorre infatti fare come dice Isaia: "Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie".

venerdì 24 giugno 2016

Isaia 49,1-6 e Luca 1,57-66.80
... la sua grande misericordia ...


Giovanni rappresenta il segno della Misericordia, ma in un modo grande, straordinario, lo stesso commento della gente esprime come un Dio misericordioso sorprende e provoca una contentezza condivisa. Il significato di Giovanni è "dono di Dio", "misericordia di Dio". Tutta la vicenda di Elisabetta e Zaccaria è espressione di come la misericordia si manifesta nella fedeltà di Dio rispetto alle promesse. L'amore tra Elisabetta e Zaccaria non è un rapporto sterile; il loro amore è fecondo e in quell'amore la fedeltà di Yhwh si riversa nella storia di tutto Israele. In questo senso siamo di fronte alla manifestazione di una misericordia grande, coinvolgente, il cui dilatarsi è quasi un dilagare nel tempo e nella storia. Questa esperienza è di ogni dono di Dio, segno del suo amore fedele e quindi della sua misericordia.

giovedì 23 giugno 2016

2 Re 24,8-17 e Matteo 7,21-29Ascoltare le Parole ... per "farle"

Così come Abramo, Isacco e Giacobbe ... come Israele ascolta la Parola di Yhwh (Shemà), allo stesso modo il discepolo ascolta la Parola del suo Signore. L'ascolto è in se stesso la condizione per cui la Parola entra nella vita e realizza ciò che dice: "fare la volontà del Padre che è nei cieli". La forza e la fortezza che ne deriva è nell'attuare la volontà di Dio. Non è mai una semplice obbedienza alla legge, ma è corrispondere nella propria volontà a quella del Padre. La casa costruita sulla roccia, è salda e non cade perché è costruita sulla roccia, ma si tratta di una casa e non di una capanna. È una casa le cui caratteristiche sono proprie della Parola ascoltata, della Parola che realizza ciò che dice. La Parola non è un talismano, ma plasma la vita e la determina in un concorso di volontà divina e umana. Quando noi esiliamo la Parola dalla vita, riconduciamo tutto alla nostra volontà ed edifichiamo la casa come se fosse una capanna.

mercoledì 22 giugno 2016

2 Re 22,8-13;23,1-3 e Matteo 7,15-20
I nostri frutti ...


Nel "detto" del Vangelo di Matteo, Gesù denuncia i falsi profeti; ma di chi parla?
Parla di chi finge di essere profeta ... ovvero dei predicatori bugiardi, propositori di menzogne. Ma a chi li contrappone? Credo che il paragone sia con se stesso! Con i suoi discepoli! Il Vangelo è profezia, Gesù stesso profeta cioè "Parola del Padre" fatta carne; parla dei suoi discepoli quali profeti della "Parola". Il discernimento sui frutti: il riconoscere l'originalità della profezia a partire dal segno che produce, significa fare discernimento sul l'opera dello Spirito Santo.
"Dai loro frutti dunque li riconoscerete": quale sia il frutto della mia profezia, cioè del mio essere a servizio della Parola e dell'annuncio del Vangelo? I frutti di una Chiesa inquieta; i frutti di una adesione a Cristo che mi apre al mondo ... Tutto questo cosa produce? 

martedì 21 giugno 2016

2 Re 19,9-36 e Matteo 7,6.12-14
Non solo ... Parole sagge...


Queste "frasi" ci riportano a espressioni del Signore che rivelano la comprensione della realtà, per come lui vedeva la vita dei sui contemporanei.
La disaffezione al sacro, o l'ipocrisia di un sacro/santo vissuto esteriormente, e senza comprensione della sua preziosità: una perla in balia dell'abbrutimento dell'uomo. L'amore a Dio e al prossimo, così come proclamato nello Shemà, è il cuore di tutta l'esperienza di fedeltà e del patto tra Dio e il suo popolo; tutto questo va desiderato e vissuto.
L'immagine delle due porte, nella contrapposizione del facile e dell'impegnativo:  ciò che è facile non corrisponde necessariamente alla felicità. La perdizione nella porta Larga e della via spaziosa, traduce il concetto di inferno e di distruzione; mentre la via della vita è il frutto della prova sofferta, cioè profondamente sperimentata.

lunedì 20 giugno 2016

2 Re 17,5-8.13-15.18 e Matteo 7,1-5
Giudizi e travi ...


Il giudizio porta in sé la condizione definitiva della sentenza ... e la sentenza rischia di essere definitiva e senza appello ...
Verso i nostri fratelli, esercitiamo una aspettativa tale che la mancata corrispondenza spesso diviene giudizio di condanna.
Ma come insegnava mia nonna, da brava romagnola, mi diceva: "metti giudizio in testa ...!" Che voleva significare usa "buon senso nel fare le cose"; il discepolo del Vangelo, ha come criterio del giudicare non la definitività della sentenza ma l'esercizio della Misericordia, ovvero il "buon senso di mia nonna".
Ugualmente per le travi, e le pagliuzze, occorre una comprensione secondo il Vangelo: "chi mi aiuterà a togliere la trave dal mio occhio?" Mi potrà aiutare in questa opera di Misericordia proprio quel fratello, del quale sto fissando la pagliuzza!

domenica 19 giugno 2016

Zaccaria 12,10-11;13,1 / Salmo 62 / Galati 3,26-29 / Luca 9,18-24
La Croce è il Vangelo 

Queste parole di Gesù sono collocate tra due eventi straordinari della sua vita: la moltiplicazione dei pani e la trasfigurazione. Due eventi che ci rivelano la dimensione sociale e di comunione del regno e quella trascendente: la gloria del Cristo. Dalla domanda di Gesù, rispetto alla quale molte volte ci siamo interrogati, ne nasce una implicita: "Vuoi caricarti della croce per seguire il maestro?"
Per Gesù caricarsi della croce ha significato accettare il confronto con la realtà spesso ostile e dimostrare la forza rivoluzionaria della proposta del Vangelo.
Io in realtà, questa croce non la voglio caricare sulle spalle! Se infatti fosse vero che me la voglio caricare, la prima conseguenza sarebbe il mettere in discussione il mio servizio nella comunità e nella Chiesa.
Papa Francesco alla Chiesa italiana, quindi anche a noi, a Firenze dice: "Il nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare. La nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo Spirito Santo. Dobbiamo seguire questo impulso per uscire da noi stessi, per essere uomini secondo il Vangelo di Gesù. Qualsiasi vita si decide sulla capacità di donarsi. È lì che trascende sé stessa, che arriva ad essere feconda.
(...) Mi piace una Chiesa inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà."
Oggi le parole di Gesù, le parole del Vangelo diventano: "chi vuole venire dietro a me prenda questa croce e mi segua!"
Dobbiamo smettere di caricarci della croce che ci siamo costruiti con le nostre mani, frutto dei nostri desideri e delle nostre immagine, di ciò che noi vogliamo sia il Vangelo, la Chiesa, la comunità ... 
La croce rappresenta il "segno" nel quale Dio Padre chiede a Gesù di calare il Vangelo in tutta la sua vita, di viverlo fino in fondo, per permettere al Vangelo di essere strada di salvezza per chi lo accoglie.
Dire con Pietro "tu sei il Cristo di Dio", significa dire: lascia che mi carichi della croce. Ma questo implica non una semplice adesione intellettuale, ma un caricarsi di una concretezza reale. Per cui, di cosa mi carico se mi carico della croce?
Mi carico, cioè faccio mia la scelta di "lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare".
Come inizio a lavorare lottare per un mondo migliore?
Prima di prendere su di sé il patibolo, Gesù ha rinnovato nella sua persona il segno del pane. Spezzare il pane, spezzare la vita per donarla, per non trattenerla, ma per dividerla e condividerla. Ma se noi tutti fatichiamo a condividere la vita anche solo all'interno della comunità di fede, come impererò a donare la vita indistintamente ad altri?
La croce inizio a portarla, solo quando è il frutto dello spezzare del pane. Spezzare la vita non significa distruggerla o impoverirla. Ma significa prima di tutto partire da questa comunione (questa eucaristia) per riconosce l'importanza dell'altro.
Quando a croce è il segno della vita donata, allora tutto si trasfigura a immagine del Cristo, vivo è risorto, e anche la realtà diventa trasfigurazione.

sabato 18 giugno 2016

2 Cronache 24,17-25 e Matteo 6,24-34
Il domani che illude

La proposta di Gesù arriva fino al "discernimento del tempo": "Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta."
Cercare il regno di Dio, significa in una immagine avere lo sguardo rivolto al cielo. "Guardate gli uccelli del cielo", significa dare valore e senso alla vita a partire dalla relazione con il creatore, con Dio. Cercare la giustizia del regno di Dio, significa in immagine essere amanti della bellezza e della verità che semplifica: "Osservate come crescono i gigli del campo". Essi crescono bene anche nel deserto, e nel tempo manifestano un fiore che non ha paragone per originalità e bellezza!
Quando il nostro cuore si riempie del desiderio del domani, frutto esclusivo del nostro impegno ... dimentichiamo il regno di Dio per noi e ci illudiamo di tutto ciò che ci sarebbe dato in "aggiunta".

venerdì 17 giugno 2016

2 Re 11,1-4.9-18.20 e Matteo 6,19-23
Tesorizzate in cielo...


Nella visione economica che condiziona il nostro modo di pensare, possiamo investite in "azioni, obbligazioni e titoli della banca del cielo". Questi "titoli di credito" sono titoli di semplicità. Ci si potrebbe arenare sulle questioni morali, sui comportamenti eticamente corretti, ma in realtà ciò che "tesorizza in cielo" è la semplicità. Ogni complicazione è tenebrosa e offusca la luminosità di ciò che è semplice. Semplice, corrisponde a ciò che è vero e buono. La semplicità non è la semplificazione o la riduzione di un contenuto ai suoi minimi termini, ma la semplicità corrisponde alla chiarezza, alla trasparenza, alla limpidezza, tutto questo risalta rispetto a ciò che è cattivo, torbido, quindi tenebroso.

giovedì 16 giugno 2016

Siracide 48,1-14 e Matteo 6,7-15
A forza di parole ...


Elia, "nella sua vita compì prodigi, e dopo la morte meravigliose furono le sue opere". Parole che esprimono l'esaltazione della figura profetica, e traducono il senso autentico della profezia: "Parlare al posto di Dio", quindi un parlare che non sono "parole ripetute", ma una Parola che "fa" ciò che dice, e i cui effetti non si esauriscono. Anche le nostre parole possono essere ripetizioni inutili di precetti religiosi, oppure parole autentiche e profetiche. "Voi dunque  pregate così ..." La preghiera è il nostro spazio di profezia: le nostre parole diventano parola di Dio e quindi profezia. La preghiera del Signore, attraverso i nostri bisogni interpreta la nostra necessità profonda più vera: la misericordia; relazioni in cui il perdono non sia funzionale o compensativo.

mercoledì 15 giugno 2016

2 Re 2,1.6-14 e Matto 6,1-6.16-18
Vedere nel segreto ...


Questa frase del Vangelo è affascinante, lo sguardo del Padre nel segreto, non è solo lo sguardo nell'intimo della coscienza buona di ciascuno, ma assomiglia allo sguardo di tenerezza di un Padre che si compiace del proprio figlio. L'orgoglio paterno, diventa la causa della ricompensa: il Padre porterà a compimento la tua preghiera, il tuoi digiuno, il tuo agire. Il Segreto non è fatto di cose nascoste, il segreto, oggetto dello sguardo del Padre del Cielo, si dipinge di giustizia, di elemosina, di preghiera, di digiuno. Non si tratta di un segreto di nascondimento, ma di vivere segretamente l'intenzione buona che abita il nostro agire; il segreto è l'umiltà che accompagna l'azione; quella umiltà non è nascosta, quella umiltà deve precedere il nostro volto.

martedì 14 giugno 2016

1 Re 21,17-29 e Matteo 5,43-48
Dio che fa storia ...


Fare la storia, intrecciarsi con le vicende della nostra vita, comprendere i segni della sua presenza e del suo agire... Yhwh non è un Dio muto e inerme, non è un Dio ceco è sordo; tutta la vicenda di Nabaot e di Acaz ci propone un Dio estremamente coinvolto e attivo rispetto alle scelte umane. Anche nell'intrigo e nel peccato del mondo, Yhwh non ne risulta defilato. È sorprendente comprendere come l'agire umano e l'agire di Dio si intrecciano nel determinare la realtà stessa. Ed ecco che la nostra comprensione, il nostro discernimento non può essere solamente una analisi dei fatti, ma si mostra in tutta a sua potenzialità di immissione di condizioni e processi capaci di attuare un compimento più alto: "siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste"; questo obiettivo è attraente e umanamente esaltante oppure è umanamente umiliante.

lunedì 13 giugno 2016

1 Re 21,1-16 e Matteo 5,38-42
Il malvagio è alla porta ...


Il racconto di Nabot, è inquietante, ci fa toccare il male come frutto del l'invidia e della sopraffazione: una ingiustizia che diviene condizione di ciò che è reale. Il problema reale è che il racconto descrive situazioni veritiere ... Alcune sono fati e avvenimenti della nostra quotidianità, altre sono quelle "piccole" ingiustizie che noi stessi architettiamo per soddisfare i nostri desideri. Ma il Vangelo, ci educa diversamente! Non è un invito o una esortazione: il Vangelo è un modo diverso di generare la realtà: l'ingiustizia non è conduzione del reale, ma ne è un accidente, di fronte ad essa è l'atteggiamento di non violenza che pone le condizioni di un ribaltamento e della redenzione, perché sono le azioni "ribaltate" che generano il ribaltamento del reale.

domenica 12 giugno 2016

2 Samuele 2,7-10.13 / Salmo 31 / Galati 2,16.19-21 / Luca 7,36-8,3
Amare e perdonare ...


Lo diciamo molto spesso e con estrema facilità ... "Dio va amato" ...
Nelle letture di questa domenica ... Un po' lunghe emerge chiaramente quanto è ingrovigliato il percorso dell'amore umano ... Quanto la nostra fragilità ci spinge ad amare e ad amare male ... L'amore umano ha in sé tutta la potenzialità della bellezza e della passione positiva come pure anche tutto il fermento del ripiegamento egoistico dell'amare. Del Vangelo, fa notare come Gesù attende amore da Simone e non gli è dato, non lo attende dalla donna e gli viene riconosciuto abbondantemente ... Gesù chiede di essere amato: lo chiede a Simone il fariseo, lo chiede alla peccatrice, lo chiede a ciascuno di noi ...
In tutto questo non siamo chiamati a una valutazione morale, ma a suscitare in noi quelle condizioni che ridisegnano la nostra possibilità di amare.
Se non amiamo, muoriamo! Se non amiamo perdiamo la fede! Se non amiamo non possiamo dirci cristiani!
Il nostro esser cristiani si traduce nella capacità, possibilità e volontà di amare, di introdurci in quel percorso che ci educa ad amare. La nostra scuola dell'amore è la comunità eucaristica, è qui da questa chiesa e da questo altare che possiamo imparare ad amare, non da noi stessi.
Ad amare impariamo dal Signore:
- Tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Nell'ultima cena Gesù ha realizzato il gesto di amore ricevuto dalla donna, lui ha lavato e asciugato i piedi hai discepoli ... Chiedendoci di fare quel gesto gli uni gli altri.
- Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. C'è solo un alto bacio nei vangeli, quello di Giuda... È il bacio dell'uomo che tradisce, Gesù ci insegna ad amare, ci chiede di amare anche chi ci tradisce, chi ci fa del male ...
- Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Anche a Betania nella casa di Lazzaro, nella cena che è preludio alla passione e all'ultima cena, la casa è piena del profumo di chi si ama... 
Il profumo dell'amore è odore di uomo, odore di pecora ... È odore di vita vissuta. Il vero Crisma è l'odore della vita dell'uomo che ci tende la sua mano...
Amare allora è perdonare "i suoi molti peccati, perché ha molto amato".

sabato 11 giugno 2016

Atti 11,21-26;13,1-3 e Matteo 10,7-13
San Barnaba Apostolo
Relazioni missionarie ...


Essere "missionari" al tempo degli apostoli forse era diverso da come oggi lo pensiamo. Dal Vangelo e dagli Atti degli apostoli emerge una condizione che non è per degli "specialisti" dell'annuncio (in troppi e per troppo tempo abbiamo redito alla missione come opera del PIME). Essere missionari significa mandati gli uni agli altri. È l'amico che mi porta e rivela il Vangelo di Cristo, così come io, nel medesimo modo lo sono per un altro fratello. Questo genera una rete missionaria, una relazione stretta e vitale. "Quando entri nella casa del tuo amico o fratello, porta la tua benedizione ..." Nello stile missionario ci si affida vicendevolmente, e ci si accoglie vicendevolmente; per questo non esiste nulla di cui preoccuparsi e per cui agitarsi. La nostra paura, e la nostra diffidenza sono la causa del nostro allontanarci dalla vocazione missionaria. 

venerdì 10 giugno 2016

1 Re 19,9.11-16 e Matteo 5,27-32
La Legge nel cuore


Gesù nuovo legislatore ... Una immagine non adeguata è incompleta sarebbe quella che oggi potremmo desumere dal Vangelo: "vi è stato detto, ma io vi dico ..."
Rivestendo Gesù del ruolo di interprete e restauratore della pienezza della legge, rischiamo di relativizzare la Parola. Il discepolo di Gesù ha con la Legge un rapporto esclusivo e speciale; la legge per un ebreo e per Gesù, non è semplicemente il decalogo o l'insieme delle norme etiche e morali che guidano la vita del popolo di Dio. La Legge è il Cuore! La legge è rivelazione come brezza leggera, che annuncia la presenza di Yhwh. Nelle parole di Gesù non si torna semplicemente all'origine della Legge, ma si recupera la Legge nella sua esperienza umana e vitale: la vita dell'uomo ha in quelle parole una comprensione e una pienezza che permette di discernere il dimorare di Dio nel tempo dell'uomo. Tutto questo è ben altro rispetto all'enunciato di principi morali ed etici.

giovedì 9 giugno 2016

1 Re 18,41-46 e Matteo 5,20-26
La pioggia torrenziale ...


Dopo la siccità che ha pervaso per tutta la terra, finalmente la pioggia, in questa immagine si racchiude non solo la pedagogia elaborata dal mondo antico per cui, di fronte alla infedeltà di Israele, Dio piega la durezza nell'unica condizione capace di generare conversione, in modo anche innaturale, nel cuore dell'uomo: la sofferenza e la prova. Ma l'agire di Dio, non si limita mai a una condanna, il suo agire si compie nella misericordia e nel perdono, sempre. Ma questa pedagogia di Dio, apre il nostro discernimento al superamento di quella "giustizia" da scriba e da fariseo. Il pensiero di Dio porta sempre in sé il regno dei cieli come condizione di pienezza per la vita e la storia dell'uomo: quando il "regno dei cieli" si mostra è come la pioggia torrenziale dopo la siccità.

mercoledì 8 giugno 2016

1 Re 18,20-39 e Matteo 5,17-19
La profezia e il profeta ...


... Provocato il popolo non rispose nulla! Elia non teme di essere rimasto l'unico a invocare il nome di Yhwh, non è infatti la forza o il numero dei profeti ha dare affidabilità a Dio, ma è Yhwh che si rivela pienamente nell'agire e nella fede del profeta. Il profeta è lo strumento per raggiungere il cuore del popolo: "...questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!  Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!".
Il contatto con la Parola  (Tanak), genera in ciascuno  l'esperienza "profetica". La Parola converte il nostro cuore e purifica la nostra sete di Dio, è in questo modo che entriamo anche noi nel compimento della legge e dei profeti.

martedì 7 giugno 2016

1 Re 17,7-16 e Matteo 5,13-16
Le opere buone ...


Le opere buone hanno il sapore del "sale", non sono solo opere edificanti e belle, sono opere che hanno un gusto che ci corrisponde e che rivelano il loro "sapore" dentro, mediante il senso del gusto dell'esistenza. Se ci riconosciamo discepoli, sappiamo già un sapore che non possiamo negare, o rinnegare, è il sapore di Gesù il Cristo.
Le opere buone, non solo si gustano, ma come ogni buon cibo, anche la vista ha la sua parte! Le opere buone chiedono di essere viste in quella luce che ne esalta tutte le caratteristiche più vere. Come una luce che dall'interno le illumina e irradia tutto ciò che è intorno. La luce è "sotto" le opere buone, ma non ne è nascosta come se fosse sotto il moggio, ma l'opera buona ne è come il suo candelabro. 

lunedì 6 giugno 2016

1 Re 17,1-6 e Matteo 5,1-12
La gioia che ci precede.


Dopo aver proclamato le Beatitudini, come condizione rivoluzionaria in cui il regno dei cieli riesce a trasformare da dentro il mondo dell'uomo, Gesù, proprio dentro l'esperienza più difficile, la sua stessa esperienza, quella dell'essere rifiutato e perseguitato dalla sua gente, ci antipatici l'arma vincente rispetto al male e all'infelicità: la gioia. La gioia non è il premio per chi resiste; "gioia ed esultanza" devono prevenire ciascuno di noi nel dare testimonianza di Gesù al mondo. Noi non siamo nella gioia come conseguenza della perseveranza, nonostante la prova, noi siamo nella gioia, perché la gioia precede il nostro essere. La gioia è il Vangelo stesso che Gesù ci affida come condizione della nostra esistenza in lui ... La gioia è Lui! Fatta questa scoperta, ogni Beatitudine rivela che la vera felicità si compie in Lui e attraverso Lui: "... per causa mia!"

domenica 5 giugno 2016

1 Re 17,17-24 / Salmo 29 / Galati 1,11-19 / Luca 7,11-19
Richiamare alla vita ... Per la risurrezione ...


La nostra stessa esistenza è lo spazio (il palcoscenico) in cui vita e morte non semplicemente si affrontano ma mettono in scena un dramma esistenziale in cui la morte ha un ruolo da protagonista. Ed è in questo rappresentazione che la risurrezione pone le condizioni nuove perché il dramma non si concluda con un monologo della morte.
Ciò che il risorto determina con la sua incarnazione, morte e risurrezione è semplicemente dare concretezza alla misericordia dentro la nostra vita.
Il Vangelo ci mostra Gesù che si commuove, che si muove a compassione ... Dio non è impassibile della sofferenza umana e della morte, non lo è mai. Gesù si avvicina, Gesù vuole entrare in relazione con questa vedova,questa mamma, ma anche con quel simulacro di morte che è la bara. Gesù pala, la sua parola non gira intorno a quel dramma ma si pone a confronto con a morte: Alzati.
Noi che cosa crediamo?  Se crediamo in Gesù Cristo figlio di Dio, incarnato, morto e risorto, non possiamo essere passivi nella rappresentazione dell'esistenza.
Esiste una leggera incongruenza tra la nostra fede e il modo in cui certe vicende di oggi ci vengono proposte e di come noi reagiamo.
La morte di tanti profughi in mare, uomini, donne e bambini ... Da parte nostra su limita spesso a una registrazione passiva della loro morte ... E forse anche a un assistere immobile all'accadere della morte.
Noi che siamo di Cristo, dobbiamo sentire in noi stessi compassione, noi dobbiamo porre in atto tutto ciò che testimonia la vita ... Di fronte all'assordante silenzio del morire, noi dobbiamo trovare il modo di toccare la disperazione e avere il coraggio di raccontare come la vita vince sempre sulla morte, e che noi, i viventi possiamo sempre porre condizioni in cui sia possibile gustare la vita per imparare a conoscere il sapore della vita eterna. Dio ha visitato il suo popolo allora ... ma non smette di visitarlo oggi.

sabato 4 giugno 2016

2 Timoteo 4,1-8 e MArco 12,38-44
Lascia che il mondo vada per la sua strada ...


Nella lettera a Timoteo, Paolo, profetizza che: "Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole". Vivere come il Signore; vivere per il Vangelo e con il Vangelo non sarà mai scontato; anche un uomo religioso come uno scriba, o un uomo ricco, rischia di rivestiti dell'abito del fedele senza lasciarsi permeare la vita da Dio.
Ci sono esperienze umane e spirituali inappagabili: possedere la verità di se stessi; amare la persona amata; suscitare la gioia in un cuore triste; dare speranza a chi non ha futuro ... Ma esiste pure una esperienza che è insieme inappagabile e totalizzante: offrire a Dio la propria vita, cioè consacrare se stessi attraverso la povertà, la castità e l'obbedienza; la vedova del Vangelo è povera, ha solo due monetine; è casta, custodisce il suo amore nella vedovanza; è obbediente alla legge, non obietta nel compiere l'offerta. Questa condizione il mondo non la comprende!

venerdì 3 giugno 2016

Ezechiele 34,11-16 e Luca 15,3-7
Solennità del Sacro Cuore di Gesù
Un amore vero ... di un vero amante!


"Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle valli e in tutti i luoghi abitati della regione", la promessa racchiusa nelle parole di Ezechiele, ci pone di fronte all'agire misericordioso di Dio, come agire del Pastore che vuole portare a compimento il legame, la relazione per cui le pecore gli appartengono, e il pastore appartiene al gregge. Questa relazione è amore, e come tale presuppone un amante e un amato. Solo per questa particolare condizione è comprensibile "lasciare le novantanove (pecore) nel deserto e andare in cerca di quella perduta, finché non la trova". Quale mistero di amore trova eco nella nostra natura umana ... quasi che essere creatura voglia dire essere amati da Dio stesso: "l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato".

giovedì 2 giugno 2016

2 Timoteo 2,8-15 e Marco 12,28-34
Scrupolosi dispensatori della verità ...


Ma è proprio vero che nell'amore a Dio e al prossimo si trova la pienezza di ciò che vale più di ogni "sacrificio" ...
Il sacrificio è un segno di offerta a Dio in riconoscimento di quanto Dio ha già fatto e operato; ogni sacrificio della legge antica è riconoscere la fedeltà di Dio e il suo amore per il popolo che gli appartiene. La prima conseguenza dell'amore a Dio è l'esperienza della sua fedeltà, del suo non venir meno, del pieno coinvolgimento nell'amare (mente, cuore, agire); la prima esperienza dell'amore al prossimo è quella della mia fedeltà nell'amore nel non venir meno rispetto alla possibilità di amare anche ciò che non è sempre amabile.
Ogni discepolo del Signore riconosce che nel comandamento dell'amore sta ben più di un sentimento, è una benevolenza. Egli riconosce che l'amore è possibile so se è fedele a se stesso, altrimenti non è amore ma è una convenienza.

mercoledì 1 giugno 2016

2 Timoteo 1,1-3.6-12 e Marco 12,18-27
Se siamo in grave errore anche noi?


Questi Sadducei, non solo sbagliano nei loro ragionamenti, ma sono in grave errore: l'errore è alla base della loro fede; sottolinea Gesù: "non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio?"
La scrittura è la potenza di Dio è ciò che rivela lo stesso mistero di  Gloria, loro lo stravolgono nei loro ragionamenti ottusi e privi dello sguardo di misericordia. Comprendersi nella relazione con il "Dio dei padri, il Dio dei viventi" significa comprendere che siamo "salvati e chiamati con una vocazione santa"; significa comprendersi non in forza dei nostri ragionamenti, ma in quel rapporto di fede per cui "so a chi ho creduto e son convinto che egli è capace di conservare fino a quel giorno il deposito che mi è stato affidato".